Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: dreamkath    01/09/2016    0 recensioni
Cosa ci può essere dietro una chiave? Una storia? L'amicizia? Un mondo? Un percorso verso un nuovo se stesso? Tutto questo. Lidia, Gaia e Sara sono tre sorelle con caratteri totalmente differenti. Vanno a scuola, hanno degli amici... ma non sarebbe monotono se qualcosa non rompesse questo equilibrio? Grazie a una chiave e a un ragazzo turbolento vivranno la loro vita tra finzione e realtà.
Dal primo capitolo:
Lidia non riusciva a smettere: era letteralmente piegata in due dalle risate. Roberto, dato che Lidia era leggera e piccola di statura, riuscì a sollevarla e a caricarla sulla sua spalla a testa in giù. La ragazza, non molto contenta della situazione dato che soffriva di vertigini, protestava e dava dei piccoli pugni sulla schiena del ragazzo. Giulia guardò insieme a Gaia la scena ridendo, mentre Paolo approfittava della distrazione di Giulia per fornirsi anche lui di un cuscino e per iniziare la vera lotta.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La palestra

Era passata solo una settimana dal primo giorno di scuola, ma già circolavano nuove voci, una più assurda dell'altra, su Luca, il nuovo compagno di classe di Giulia e Lidia. C'era chi scommetteva che la sua precedente scuola lo aveva espulso per il suo comportamento violento contro i compagni di classe, chi giurava che facesse parte di un gruppo di motociclisti di corse clandestine, chi ancora diceva di averlo visto coinvolto in una rissa, e, infine, c'era chi aveva azzardato l'ipotesi che avesse combattuto per amore. Tutto questo trambusto era sorto perché Luca si era presentato in classe con un livido sulla mascella, qualche abrasione su entrambe le braccia, e un piccolo ematoma violaceo sulla clavicola molto simile ad un succhiotto. Quando i più temerari avevano tentato di chiedergli cosa fosse successo, lui li aveva fulminati con lo sguardo e li aveva liquidati con un breve e coinciso "fatevi i cazzi vostri". Inutile a dire che le sue parole riuscirono a far sì che nessuno gli ronzasse a torno, con l'effetto collaterale di alimentare i pettegolezzi e l'antipatia di chi aveva ricevuto la suddetta risposta. Luca, però, non se ne curava affatto. Si estraniava dalle chiacchiere con l'aiuto di un paio di auricolari e scribacchiava qualche appunto confuso su un agendina di carta riciclata.

Lidia guardò fuori dalla finestra dopo che la campanella aveva segnalato l'inizio della ricreazione. Il cielo era nuvoloso e sembrava che dovesse piovere da un momento all'alto, quasi come se il tempo volesse riflettere ciò che il cielo aveva nel cuore, come se la volta celeste attraverso le nuvole esprimesse la propria tristezza e la propria ostilità. A questo pensiero Lidia girò lo sguardo verso Luca e, involontariamente, rimase per qualche minuto a fissarlo. C'era qualcosa in quel ragazzo che richiamava il cielo in quel momento. Forse era il suo atteggiamento freddo e quegli occhi che non infondevano calore. Forse era la sua assente voglia di comunicare. Forse entrambe le cose. La verità era che Lidia non lo sapeva. I suoi gesti, le ragioni dietro le sue azioni erano zone sconosciute. L’unica certezza era la curiosità e il timore, sentimenti opposti che pervadevano la sua mente di dissidi e di domande confuse.

Il ragazzo, sentendosi osservato, girò lo sguardo verso di lei e per qualche secondo i loro occhi si incrociarono. Per un attimo gli occhi di Luca cambiarono come se volessero capire quello che passava per la mente di Lidia, senza però riuscirci.

Giulia sorrise e fece capire all'amica che lui la stava fissando. La ragazza, vergognandosi, diventò rossa e distolse lo sguardo.

“Il principe del mistero ha colpito ancora, vero?”

Lidia non rispose alla domanda perché sapeva dal suo tono che la stava punzecchiando e che dandole una risposta non avrebbe fatto altro che gettare benzina sul fuoco.

Giulia, notando l'atteggiamento dell'amica, non smise di ridere per tutto l'intervallo mentre Lidia diventava ogni minuto più rossa.

Le ore rimanenti passarono da una lezione all'altra non senza bisbigli e mormorii che riguardavano l'argomento della settimana.

Lidia guardò perplessa Giulia che alzò le spalle e disse:

“Che esagerati. Potrebbe essere successo qualunque incidente...ma devo ammettere che lui sa proprio come attirare l'attenzione.”

“Io credo solamente che voglia essere lasciato in pace.”

“Questo non lo metto in dubbio...”

“Andiamo a fare un giro al parco oggi pomeriggio dato che è sabato.” La interruppe Lidia nel tentativo di reindirizzare l’argomento.

“Con questo tempo? E poi non me la fai. Vuoi parlare d’altro in modo che io non ti rinfacci i minuti che hai perso ad osservarlo.”

“Non è vero!”

Giulia la guardò e, cercando di rimanere seria, alzò le sopracciglia come a dirle “Ah sì?”, senza, però, riuscire a mantenere a lungo quella parvenza di superiorità. Dopo pochi secondi la sua espressione era diventata talmente ridicola che, mentre le sue labbra si incurvarono in un sorriso nonostante i suoi sforzi per reprimerlo, Lidia ruppe il silenzio con una sonora risata e una pacca sulla schiena della sua amica.

“Ah, ci rinuncio! Questa volta hai vinto. Per oggi cercherò di non rinfacciarti nulla”

“Ecco, brava”

“Però quel rossore…”

“La vuoi smettere? Guarda, c’è Roberto che sta uscendo dall’aula.”

Lidia trascinò Giulia con sé per salutarlo, sperando di aver messo una pietra sopra l’argomento.

“Finite le lezioni, Tappette?” disse Roberto aprendo così un nuovo conflitto armato.

“Bene, Gigante. Se la metti così che ne dici di una sfida a basket?” rispose Giulia dimenticandosi di aggiornarlo sul comportamento di Lidia.

Come risposta chiamò Gaia e Paolo che erano ancora in classe e, dopo avergli spiegato la situazione, si accordarono sull’orario e sul luogo.

“Campetto dello sport, quattro e mezza. Due contro due. Paolo fa da arbitro.”

“Non fare il boss, Roberto. Quello è il mio compito.”

“Non prima delle quattro e mezza” Replicò ridendo e scambiandosi il cinque con Gaia.

Paolo a suo malgrado rise.

Quell’atmosfera di pace, ironia e autoironia era stato da sempre il loro solido equilibrio che negli anni della loro adolescenza avevano reso sempre più saldo. Ogni tanto scoppiava qualche litigio, ma non duravano mai a lungo. Si sostenevano a vicenda e molto spesso trovavano dei modi per cacciarsi nei guai per poi tirarsene fuori con qualche lacrima che alla fine si trasformava in sorriso.

Le sfide erano un loro modo di confrontarsi e divertirsi in armonia. Ma presto quell’equilibrio sarebbe stato incrinato per la serie di eventi che sarebbero andati ad intrecciarsi inesorabilmente con le loro vite. Un primo passo verso di essi era stato l’arrivo del nuovo studente. Un secondo, ciò che accadde nel pomeriggio.

Il campetto dello sport era una struttura di medie dimensioni e piuttosto vecchia. Dopo l’inaugurazione della nuova struttura, era stato abbandonato a se stesso, senza alcuna manutenzione né interna né esterna. L’erba ormai cresceva selvaggia dove il cemento era crepato e pezzi di intonaco dondolavano dalla struttura per poi cadere e sbriciolarsi sull’asfalto. Il comune non si era nemmeno preoccupato di chiudere a chiave la porta, solo il piccolo cancello d’ingresso era stato serrato con un lucchetto.

“Dai, Roby ce la puoi fare.” Disse Lidia che aveva già scavalcato il cancello.

“No che non ce la fa” Replicò Paolo con una risatina sommessa, guardando l’amico seduto sopra il cancello. “Ha paura delle altezze.”

“Tutto ciò è semplicemente ridicolo.” Disse Gaia rincarando la dose. “Sei un vigliacco. Scendi da lì proprio come ci sei salito”.

“Dai, Gaia” –disse Giulia- “non fare così, ha solo bisogno di una spintarella”

Prima che Roberto potesse comprendere ciò che voleva fare Giulia, la ragazza lo aveva già raggiunto sul cancello e gli aveva dato una pacca sulla spalla che lo fece scivolare e restare appeso a penzoloni aggrappato alle sbarre con una sola mano.

“Bene, adesso molla la presa. La terra sotto ai tuoi piedi è molto più vicina di ciò che pensi.”

Roberto si lasciò andare, non perché avesse vinto la paura, ma semplicemente perché la mano aveva perso la presa sulle sbarre. Una volta a terra guardò con aria risentita Giulia e disse:

“Te la farò pagare sul campo di basket. Piccola peste! Non aspettarti nessuno sconto.”

“Questo lo vedremo.” Replicarono in coro Giulia e Lidia.

Paolo diede una mano a Roberto a rialzarsi da terra e seguì le ragazze che li avevano preceduti all’interno del campetto.

Lo scenario all’interno, se possibile, era ancora più pietoso dell’esterno: le linee del campo erano quasi del tutto cancellate, i canestri erano arrugginiti e senza rete e la maggior parte delle sedie che componevano gli spalti erano state rimosse da vandali. Per fortuna il pavimento del campo non presentava crepe, altrimenti sarebbe stato molto facile cadere durante la partita.

I due schieramenti si posizionarono sul campo: Gaia e Roberto da un lato, Lidia e Giulia dall’altro. A bordo campo, invece, Paolo si preparava a usare il pollice e l’indice come sostituti del fischietto di gara.

“Pronti, partenza, via!” - urlò Paolo- “La gara ha inizio, signori. Oggi siamo qui per assister a una partita fenomenale. Tappetti contro Tappette. La gente urla negli spalti. È un vero e proprio delirio. Delle esclamazioni di gioia, sostegno e qualche insulto random volano da entrambe le parti. Ah ecco che Giulia perde il possesso di palla grazie a un favoloso intervento di Roberto che viene acclamato come una star. E poi inaspettatamente le ragazze iniziano anche a osannare l’arbitro”

Il suo discorso vanaglorioso venne interrotto da Gaia che urlò un “ma per favore!” mentre metteva a segno un punto a favore per la sua squadra.

“Fai la cronaca della partita” concordò Roberto mentre ghignava e gongolava nella direzione di Giulia.

“Non è ancora finita. Anzi è appena iniziata” Replicò Giulia a denti stretti.

“Il campo si sta infervorando già da adesso. Auspico che non si inizi a fare il gioco sporco. Ed ecco che Lidia tocca per la prima volta palla, con un favoloso dribbling sorpassa gli avversari e tira… ma purtroppo non va a segno. Il disappunto del pubblico si fa sentire, ma un coro di non ‘arrendetevi e forza’ esplode scacciando a calci i criticoni. Il rimbalzo preso da Gaia non ha portato alcun vantaggio perché la palla è stata rubata da Giulia che finalmente pareggia i conti.”

Un figura confusa si appiccicò alla finestra e piano piano prese forma. Poteva essere tranquillamente scambiata per l’ombra proiettata da un albero, tranne per il fatto che l’unica vegetazione al di fuori del campo erano le sterpaglie. Lidia fu l’unica a notarla e in essa vi vide un ragazzo non molto più grande di lei che le faceva segno di seguirlo.

“…Giulia va di nuovo all’attacco e mette Roberto sulla difensiva. La marca in modo così serrato che è costretta a passare la palla a Lidia e… ahi, ahi che botta!”

Tutti quanti accorsero dalla ragazza per accertarsi che stesse bene. Di certo un palla d basket in pieno viso non era stata una sensazione piacevole.

“Stare più attenta, no eh? Che cosa stavi guardando?” le disse Gaia tra il preoccupato e il furioso.

“Ho visto qualcuno dalla finestra.” Si umettò le labbra secche “Un ombra… o qualcosa del genere”.

Tutti seguirono lo sguardo di Lidia e indugiarono per qualche secondo sull’erba incolta e sulla grondaia arrugginita appena visibili dalle finestre sporche della palestra.

“Non sembra esserci nessuno.”

Delle voci abbastanza vicine per essere udite, ma sufficientemente lontane da non essere capite, presagivano l’avvicinarsi di due o più persone all’entrata nord della struttura.

“È ora di tagliare la corda”

“Per una volta sono d’accordo con te”

"Non è la prima volta".

"Ma stai zitto"

Giulia e Lidia fecero segno ai due di tacere, mentre Paolo controllava se dall’uscita più vicina potevano squagliarsela, prima di essere beccati in reato di violazione di domicilio. Badando a tener occhi e orecchie ben aperti, si lasciano alle spalle il cigolio di una delle porte della palestra e, senza correre, si affrettarono a scavalcare il cancello per mettere quanta più strada possibile tra loro e chiunque fosse entrato nel campo da basket.

“Fermi” disse Lidia ansimante “siete troppo veloci e poi siamo…” “lontani”. Si portò una mano al petto e una al muretto che segnava il nome della via. “No…Oh, no!”

E proprio mentre Lidia si tastava il collo e capiva cosa si era lasciata dietro, la mano di un ragazzo raccolse la catenina dal ciondolo a forma di chiave che, dopo la caduta, era scivolata sul pavimento della palestra.

“Ragazzacci, lasciano bottiglie e sporcizia dappertutto”

“Muoviamoci” disse la seconda voce maschile, mentre si metteva in tasca l’oggetto che aveva appena raccolto “Non siamo qui per questo” si passò una mano tra i capelli “Prima chiudiamo il portale e meglio sarà per tutti”.

“Odio questo lavoro”

Ignorando le lamentele del collega, il giovane si fece avanti e, portando una mano davanti al volto come per mostrare gli anelli che aveva sulle dita, disse:

“Revelio”

Una luce, che nessun umano avrebbe potuto guardare senza restarne accecato, avvolse l’intera palestra per mostrare ai guardiani il confine che era stato violato. Dal suo colore violetto, appresero due notizie. Quella buona era che nessun umano aveva accidentalmente varcato il portale, quella cattiva era che uno spirito aveva avuto accesso al mondo terrestre.

“Afferra lo spirito, Edoardo. È ancora nelle vicinanze”.

“Lo so meglio di te.”

Chiuse gli occhi e nella sua mente iniziò a definirsi, con pennellate bianche e nere sempre più precise, la stessa palestra che ad occhi aperti avrebbe visto a colori: spalti divelti, canestri senza rete, le soffice volute del portale e una macchia bianca dalle sembianze confuse presero forma nel suo personalissimo mondo parallelo. Era lui. Lo aveva trovato. Una scarica di euforia mista a compiacimento personale trasformarono la curva delle labbra indignate per il degrado della palestra in un ghigno soddisfatto e strafottente.

“Sei mio!”. Alzò i palmi delle mani contro il fantasma e lo colpì con un onda d’urto tale da farlo indietreggiare fino ad inciampare sull’ingresso del portale.

“È ora di sigillare quel bastardo”.

Clauditis te

Con uno chiocco delle dita la nuvola viola si dissolse e la palestra tornò ad essere più desolata di prima.

“Stai attento a come parli. C’è andata bene solo perché era uno spirito malinconico. Se ci fossimo trovati di fronte ad uno spirito iroso, o peggio, ad un Viandante, le cose non sarebbero andate così bene”.

“Luca, smettila di farmi la paternale…” “ehi, aspetta.”

Il viso sudato del ragazzo si contorse in una smorfia e, senza girarsi, fece un cenno stanco al suo compagno.

“Lascia perdere, torniamo a casa”.

Angolo dell'autrice:

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito. Se avete qualche commento o qualche appunto da fare, lasciate una recenzione o tuttalpiù contattatemi sul mio profilo di efp. Se invece non volete (per un motivo o per un altro), vi ringrazio ugualmente per aver letto fino a qui. Alla prossima.

D.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: dreamkath