Film > Le 5 Leggende
Segui la storia  |       
Autore: Neferikare    02/09/2016    2 recensioni
Dopo l'ultimo delirio di onnipotenza di Pitch Black, per i Guardiani è iniziato un periodo di relativa pace e calma piatta, uno di quelli che fanno pensare al lieto fine delle favole.
Un periodo che non è però destinato a durare, dopo l'improvviso quanto casuale arrivo di una stella cometa fin troppo ubriaca per capire le conseguenze delle proprie azioni tutt'altro che responsabili, conseguenze che hanno il volto di un antico nemico dimenticato in un Abisso da tutti.
O almeno quasi, tutti.
Perché nulla è per sempre, nemmeno la pace.
Nemmeno l'amore.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Manny/L'uomo nella Luna, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alla fine i Guardiani erano anche riusciti a riunirsi tutti al covo di Nord, solo che la sua agitazione metteva tutti in un costante stato di allerta che, almeno alla loro vista, era del tutto ingiustificata: Calmoniglio che batteva furiosamente la zampa a terra con le braccia incrociate, Dentolina che svolazzava a destra ed a sinistra senza tregua, Sandman che osservava perplesso, Nord che camminava per la stanza con aria severa.

E poi c’era Jack Frost, beatamente assopito nella propria ignoranza, che proprio non capiva tutta quella preoccupazione per la convocazione sua e degli altri Guardiani: era dalla sconfitta di Pitch Black che Nord non li riuniva tutti insieme, anche perché dopo il suo delirio di onnipotenza era seguito un periodo di pace e calma piatta, eppure il Guardiano del divertimento sentiva nell’aria che gli spirava addosso un qualcosa di terribilmente sinistro, come se una qualche forza fosse finita per inquinare anche il vento.

Quel suo atteggiamento di costante disinteresse verso i problemi che affliggevano gli altri Guardiani probabilmente lo rendeva anche il meno considerato fra i presenti, e forse era proprio per questo che gli altri quattro parlottavano fra loro senza nemmeno guardarlo, motivo per cui aveva deciso di intromettersi con decisione nel discorso:

«Ragazzi! Ragazzi, avanti! Di cosa parlate, eh? Di cosa parlate? Eh? Eh?­» iniziò a chiedere senza ottenere nulla in cambio, ma i suoi dubbi erano presto stati sciolti dal Guardiano più anziano:

«Immagino volete sapere perché ho riunito Guardiani in periodo di pace, o almeno spero che domanda sia questa perché ho preparato discorso.» asserì fermandosi in mezzo alla stanza e prendendo posto su una grossa poltrona di velluto rosso per poi invitare gli altri a fare lo stesso, ma da parte sua Calmoniglio si rifiutava di fingersi tranquillo:

«Evita i giri di parole e vieni al punto Nord, non ho lasciato la mia sessione quotidiana di pittura delle uova per ascoltare i tuoi discorsi che fra un’ora non avranno portato a niente di niente.» si lamentò sbuffando annoiato, e in effetti il suo stato rifletteva quello un po’ di tutti.

Il vecchio Guardiano stava per rispondere alla frecciatina del coniglio pasquale, ma si era trattenuto iniziando a massaggiarsi le tempie recitando un misterioso mantra per mantenersi lontano dalla voglia di stufato di prima mattina, cosa che però servì a ben poco dato che si rivolse verso Sandman, ovviamente occupato a mantenere la sua costante calma:

«Manda Jack a prendere rosmarino, tra poco cuciniamo coniglio che si lamenta e mangiamo lui in panino farcito: io non mi divertire a girare intorno a discorso, tu divertire a farlo!» gli disse inarcando le sopracciglia puntandogli contro il dito:

«Io? Io stavo lavorando! Pasqua e vicina e tu cosa fai? Ci convochi così a caso!» rispose impettito alzando lo sguardo con fare minaccioso:

«Guardati intorno, Nord: quello spilungone maleodorante è stato ricacciato dal buco dal quale veniva, i bambini credono di nuovo in noi e siamo belli freschi a goderci la pace che abbiamo faticato a conquistare, per quale motivo dovremmo pensare che c’è un problema?» fece notare incrociando le braccia ed esibendo un facepalm degno di Manny in persona.

Nord da parte sua non sapeva più cosa fare per convincere Calmoniglio a darsi una calmata, ed ascoltarlo, così aveva optato per smetterla con le buone maniere ed iniziare ad affrontarlo faccia a faccia, o forse faccia a muso:

«Stammi a sentire, coda pulciosa, ho già detto che non mi divertire a convocare Guardiani, se dico che abbiamo problema allora abbiamo problema, chiaro o no?» asserì sperando di averlo finalmente convinto, ma l’altro gli puntò l’indice sulla pancia:

«Sorvolerò sul fatto che mi hai chiamato coda pulciosa, panzone ubriaco, ma fino a quando qualcuno non mi dimostrerà che abbiamo realmente un problema non intendo nemmeno muovere una zampa, ok?­» rispose a tono drizzando le orecchie, poi si girò di scatto e fece per uscire dalla stanza:

«Ed ora signori, se volete scusarmi, ho delle uova da dipingere mentre voi state qui a fare GNEGNEGNE tutto il giorn-»

«Hanno violato l’Abisso, Phobos è libero.» disse semplicemente Nord con freddezza, abbastanza perché al coniglio pasquale si rizzasse la pelliccia solo a sentire quelle parole.

 

Poi il silenzio.

Il gelo.

E non era quello sprigionato normalmente da Jack Frost.

 

Nessuno aveva proferito parola, tutti erano come rimasti pietrificati al solo sentire pronunciare quel nome: Phobos, lo stesso che era stato imprigionato non senza difficoltà in quella spaccatura nel terreno conosciuta come Abisso, era davvero riuscito ad evadere dalla sua prigionia?

Certo che c’era riuscito, ma per loro sfortuna non erano ancora al corrente di tutto ciò che era accaduto su Exodus, motivo per cui ai loro occhi no, non poteva esserci riuscito, d’altronde non ce l’aveva fatta fino a quel giorno.

O almeno quello era ciò che tutti i Guardiani si ripetevano come una cantilena per cercare di convincersi che la verità fosse quella.

Ma Nord non diceva stronzate, e tutti lo sapevano fin troppo bene.

Persino Calmoniglio aveva improvvisamente abbassato le orecchie stringendo i pugni fino a quando non iniziò a provare dolore, e tutti i Guardiani erano finiti per guardarsi confusi l’uno con l’altro nella speranza di scorgere in almeno uno di loro un minimo di sicurezza:

«Avanti Nord, fai il serio e smettila di prenderci in giro, sappiamo entrambi che l’Abisso è inviolabile, figurarsi poi da qualcuno che non ha poteri, ah!» cercò di sdrammatizzare ridacchiando nervosamente per convincere anche se stesso, ma lo sguardo freddo e distaccato del Guardiano aveva parlato per lui.

Nessuno sapeva bene cosa dire, così prese parola Dentolina, visibilmente spaventata ed addirittura tremante:

«Calmoniglio ha ragione: Phobos è stato privato dei propri poteri da secoli, ed anche le sue creature sono state imprigionate, non vedo motivi per cui preoccuparci, giusto?» domandò sbattendo furiosamente le ali evidentemente disturbata da quella surreale situazione, ansia alla quale si aggiunse quella palpitante del coniglio pasquale:

«Nord. Seriamente. Non può essere scappato. Vero? Vero?» disse per trovare una conferma delle proprie parole, prendendo di rimando solo il silenzioso cenno di Nord di seguirlo in una stanza che per Jack Frost si rivelò essere del tutto nuova.

 

 

Era uno spazio immenso, grande decine di volte il quartier generale del vecchio Guardiano dove si trovava quella sorta di mappamondo luminoso, con le pareti di un blu talmente profondo da sembrare quasi nero interrotto qua e là da sottile filamenti multicolore che andavano tutti a confluire in ciò che aveva catturato lo sguardo del giovane Guardiano, probabilmente perché occupava buona parte della grandezza di quello spazio misterioso: sullo sfondo di quella che sembrava una vera e propria volta stellata, con tanto di Costellazioni, se ne stava in un angolo in alto, quasi invisibile in tutta la struttura, lo stesso globo che vedeva e rivedeva nella stanza principale del palazzo di Nord, così piccolo rispetto alla grande stella dorata che se ne stava al centro dell’intricato labirinto che gli si parava davanti, circondata su tutti i lati da altre sfere più o meno grandi.

Avvicinandosi di più Jack notò che la stella centrale era in realtà una sorta di composizione che ricordava vagamente un castello immerso nello spazio più profondo, recante sopra la scritta “May the stars shine forever”, “Che le stelle possano brillare per sempre”: una frase rincuorante, pensò il giovane Guardiano che, ovviamente incuriosito, era finito per spostare lo sguardo all’altezza di quella che riconobbe essere la Costellazione di Orione, e allora non si sentì più così rincuorato come lo era stato prima.

“Conquest and Destroy”, “Conquista e Distruggi”.

Proprio una cosa tanto bella.

Poco più sotto a quella scritta, in un punto non meglio definito di quella sorta di mappa galattica, vide poi una forma che ricordava vagamente, molto vagamente, una sinuosa fenice azzurro ghiaccio la cui coda si snodava fino ad incontrare altre due stelle poste ai due estremi della Costellazione dello Scorpione, una rosso intenso ed una verde acceso, il tutto ovviamente coronato dai soliti motti che poco lasciavano all’immaginazione: le ali dell’uccello recavano la scritta “Soar higher than yesterday, lower than tomorrow”, “Ergersi più in alto di ieri, più in basso di domani”.

Poco ambiziosi a quanto pare, giusto un po’ megalomani.

L’altra scritta invece aveva lasciato Jack piuttosto perplesso, ma allo stesso tempo l’aveva fatto ridere male guadagnandosi gli sguardi interrogativi degli altri: “Take it from behind”, “Prendetelo da dietro”.

“Prendetelo da dietro” cosa, esattamente?

Non voleva nemmeno saperlo, ma le sue risate avevano parlato per lui e le guance di Dentolina, improvvisamente colorate di un tenue alone di imbarazzo, gli avevano fatto capire che sì, era proprio quello ciò che bisognava prendere da dietro.

Quella gente aveva fantasia a scegliere frasi ad effetto, anche troppa.

Jack Frost era talmente occupato a mantenere la bocca aperta per lo stupore che aveva ignorato tutto ciò che gli stava accadendo intorno, compreso Nord che gli si era avvicinato intuendo ciò che aveva catturato l’attenzione del giovane Guardiano:

«Questo è Palazzo di Creazione» disse calmo indicando la grande stella al centro:

«Sua sovrana è Mother Galaxy, proprio lei: donna potente, Jack, più potente di nostro Uomo di Luna, e tu sapere perché?» domandò all’altro, che però scosse la testa:

«Allora ti dire io perchè: lei fa brillare stelle, stelle che illuminano buio, e buio essere pericoloso in spazio senza confini, molto pericoloso.» asserì toccando dei puntini luminosi biancastri che si mossero sullo sfondo nero-bluastro della stanza come stelle cadenti, per poi posarsi sul naso di Jack Frost e scomparire in una nebbiolina biancastra che lo aveva lasciato a bocca aperta.

Nord si girò verso il giovane, che per poco non finì con la testa contro la sua immensa pancia, e spostò l’indice sulla Costellazione di Orione che tanto aveva inquietato Frost:

«Loro invece essere Chandrasekhar, signori di guerra più potenti che Galassia conosca: loro capo è Idhunn Orionis Chandrasekhar, donna più temibile che tu puoi avere sfortuna di incontrare, sempre se tu riuscire a toccare suoi confini.» spiegò seguendo con il dito la sagoma della Costellazione nella sua immensità, per poi spostare il proprio sguardo su Jack che tremava nemmeno gli avessero detto che non aveva nevicato durante la notte.

Jack si era anche accontentato di quella spiegazione palesemente ambigua, ma Calmoniglio aveva dato una gomitata divertita a Frost per poi mettergli una mano intorno alle spalle mentre con l’altra gli indicava la fenice che si stagliava diafana in quella sorta di cielo:

«Quello invece è il regno di Jexiha Eclypsis Aeternae, una donna decisamente poco raccomandabile sotto certi punti di vista dalla quale è meglio stare lontani: se si sveglia con le piume arruffate apriti cielo, per non dire Galassia!» gli disse scherzoso scompigliandogli i capelli, ma Nord non sembrava totalmente d’accordo con la sua spiegazione piena di frecciatine:

«Ciò che coda pulciosa volere dire è che sovrana di Costellazione di Fenice non essere cattiva persona, ma mettere interessi verso polvere di stelle prima di altro: Jexiha è potente alleata di Chandrasekhar, ma anche lei dovere sottostare a loro se non volere problemi.» rettificò atteggiandosi come un vecchio professore voglioso di insegnare.

Un dubbio però era ancora nella mente di Jack, ma ci pensò Sandy a sbrogliarsi velocemente: il Guardiano fece prima apparire una ciambella fatta di polvere dorata, poi un wurstel, e allora indicò la Costellazione dello Scorpione iniziando a fare movimenti ambigui con le due pietanze, salvo poi essere fermato da un’imbarazzata Dentolina:

«Sanderson Mansnoozie! Per tutti i denti cariati abbi un po’ di riguardo!» lo sgridò mentre lui rotolava via tenendosi la pancia dal ridere.

Il facepalm di Calmoniglio che ne seguì scatenò anche le risate di Nord, il quale guardò Jack che se ne stava a metà fra il divertito ed il traumatizzato a vita al quale era stata appena bloccata la crescita, se mai fosse cresciuto:

«Alexia Dhambros preso molte delusioni amorose, per questo suo motto è che persone hanno messo in suo didietro loro pen-­»

«Smettetela con queste cose! Siete vergognosi!» intervenne nuovamente la fatina dei denti mentre si chiudeva le orecchie con le mani iniziando a canticchiare sopra ciò che dicevano gli altri Guardiani intorno a lei, tutti lieti che finalmente l’atmosfera cupa di prima si fosse almeno leggermente dissolta lasciando poste a battute di pessimo gusto, ma sempre battute erano.

A quel punto Jack stava capendo anche qualcosa, fra uccelli a destra ed altri uccelli a sinistra, ma una stella verdastra collocata sull’altra estremità della Costellazione dello Scorpione l’aveva incuriosito, dal momento che non aveva nessuna scritta:

«Il suo motto quale sarebbe?» chiese perplesso, prendendosi di rimando lo sguardo altrettanto confuso di Nord che fece spallucce:

«Nessuno avvicinato mai abbastanza per chiedere a Tayaran quale essere suo motto, Jack Frost, strega di fuoco verde è tanto misteriosa quanto acida quando suoi incantesimi non funzionare, soprattutto incantesimo di trasformare sassi in pizze: meglio non fare domande su lei, o potresti trovare tuo letto con fuoco, e allora tu diventare pizza fumante, ah!» lo liquidò lasciando più inquietato di quanto già fosse per via della storia dei Chandrasekhar.

Dopo essere tornato con i piedi per terra al seguito dei violenti brividi che gli avevano percorso la schiena, una cosa decisamente rara per lo spirito dell’Inverno, si era ricomposto ed avvicinato ad un minuscolo quanto insignificante pallino luminoso rosso scarlatto che lampeggiava incessantemente sulla superficie di un altro di quei globi, che recava la curiosa scritta “May Her hooves never be shod”, “Possano i suoi zoccoli non essere mai ferrati”.

Il Guardiano stava per allontanarsi quando l’altro si riprese dal suo temporaneo stato di torpore e subito afferrò la manica della sua giacca per chiamarlo:

«E questo?­» chiese indicando curioso il puntino rosso lampeggiante; il viso di Nord si  era improvvisamente trasformato in una maschera che non lasciava trasparire nessuna emozione, ma poco dopo aveva cercato di sembrare perfettamente calmo:

«Quello è Abisso, luogo più oscuro che tua mente possa mai immaginare, ancora più oscuro di lato nascosto di Luna dove abita l’Altro, ma tu giovane Guardian-»

«Nord! Per l’amor dei molari taci!» lo interruppe Dentolina volando vicino a lui con un guizzo repentino e tappandogli la bocca con le sue mani coperte di soffici piume variopinte.

Ma era troppo tardi, e dagli sguardi attoniti dei compagni anche Jack lo aveva capito.

«Momento momento momento!» lo interruppe bruscamente sbattendo il proprio bastone contro le pareti, che risposero con un sordo eco sinistro:

«Posso capire di essere il novellino, che magari ci siano cose delle quali non mi avete mai parlato, ma siamo sinceri: l’Abisso? Il lato nascosto della Luna? L’Altro? Ragazzi, ma di cosa state parlando?» aveva subito domandato Jack non più incuriosito quanto insospettito, sospsetto che venne messo da parte piuttosto velocemente:

«Ma no Jack, nulla di importante, non ti nasconderemmo mai nul-­­»

«Lo state facendo, e vorrei delle risposte: le esigo, me le dovete.» ordinò con aria severa, talmente tanto da non sembrare nemmeno lo scherzoso Guardiano del Divertimento.

 

E allora il brusio di sottofondo, provocato dai Guardiani che confabulavano fra loro rimproverando il povero Nord, colpevole di aver parlato troppo, si era improvvisamente interrotto, quasi come uno sciame di fastidiose mosche spazzato via dalla brezza che spirava dietro il giovane Guardiano, che al momento sembrava leggermente nervoso.

Nessuno aveva osato proferire parola dato che parlare di quello sarebbe stato difficile per tutti, ma alla fine Jack aveva ragione: c’erano complotti che lui non conosceva, stelle che brillavano dove non avrebbero dovuto farlo, fratelli che tornavano per riprendersi ciò che avrebbe dovuto essere loro, famiglie talmente potenti da poter spazzare via il creato con il semplice schiocco delle dita, c’erano Abissi dove erano stati gettati problemi, ricordi, nostalgie, dolori, sofferenze, promesse.

E persone, soprattutto quelle.

 

Il silenzio che era seguito all’ordine di Jack era stato imbarazzante ed inquietante allo stesso tempo, sembrava quasi che persino il tempo stesso si fosse fermato dalla curiosità di conoscere la risposta alla domanda del giovane Guardiano, ma alla fine Nord aveva raccolto tutto il coraggio che sentiva di avere dentro e si era limitato ad avvicinarsi a Jack, che lo guardava non senza diffidenza, per poi fargli mestamente strada verso una stanza collegata a quella in cui si trovavano: era più o meno grande quanto l’altra, con le pareti bianco latte ed un arredamento che, fatta eccezione per librerie che si innalzavano per metri e metri fino all’apertura circolare sul soffitto, decisamente molto sobrio composto da un grosso tavolo centrale ed una dozzina di sedie poste intorno ad esso.

Dopo aver fatto accomodare tutti, compreso Frost che si era quasi sdraiato sulla sedia, Nord aveva fatto per prendere una teiera che gli era gentilmente portata da uno dei propri yeti, il tutto fingendo di non vedere l’impazienza negli occhi del giovane Guardiano: probabilmente Jack temeva che stesse per prenderlo in giro con un’altra delle sue storie come faceva sempre, giusto per distrarlo dal vero obbiettivo, ma aveva dovuto ricredersi quando si era trovato faccia a faccia con i volti di tutti gli altri, con un velo di tristezza a nascondere la gioia di pochi istanti prima e gli occhi ridotti a due fessure dalle quali non traspariva nulla se non un crescente senso di sconfitta.

Il primo a prendere parola fu proprio Nord, il quale cercava di distrarsi fissando il fumo che fuoriusciva dalla tazza ancora bollente:

«E’ stato molti secoli fa, Jack, tanto tempo è passato, ma noi Guardiani ricordare bene grande guerra di Luna, anche troppo bene» disse mentre il costante battere della zampa di Calmoniglio faceva vibrare il tavolo creando onde concentriche nel tè:

«Risparmierò te dettagli, ma questo devi sapere: grande guerra si è scatenata quando Uomo di Luna ha deciso di combattere l’Altro, così noi chiamiamo signore che vive su Lato Nascosto di satellite, guerra sua che diventata guerra nostra, di tutti Guardiani.» raccontò stringendo il manico della tazza così tanto che sembrava fosse pronto a rompersi da un momento all’altro.

Calmoniglio, già visibilmente agitato, diede un colpo con la zampa ad una sedia facendola cadere rovinosamente:

«E certo che è diventata la nostra guerra, mica potevamo starcene fuori, ti pare Jack?» lo canzonò con aria severa «Quando ti dicono “Come vi ho creato, io vi distruggo!” non è che hai molta scelta, soprattutto se devi la tua stessa esistenza ad una palla di lardo rotolant… no Sandy, non parlo di te.» precisò facendo un cenno al Guardiano dei Sogni, che nel frattempo aveva incrociato le braccia sembrando offeso dall’affermazione.

L’Uomo della Luna… che minacciava i Guardiani?

Manny, così osannato per la sua indole pacifica e del proprio ammmore verso i Guardiani che lui stesso aveva creato, che iniziava una guerra contro qualcuno?

No, non poteva essere lui, gli altri cercavano solo di confonderlo.

Jack si era quasi sentito tirato in causa a quelle parole, le stesse che dipingevano l’uomo che gli aveva ridato la vita come un mostro:

«State mentendo!» sbottò all’improvviso sbattendo con violenza i pugni sul tavolo:

«Manny non è così! Io lo conosco! Voi lo conoscet-»

«Lo conosciamo?» ripeté Calmoniglio alzandosi ed avvicinandosi a Jack per poi puntargli minacciosamente un dito al petto:

«Il tuo Manny, il tuo caro Uomo nella Luna, ha lasciato che sterminassero la mia gente, Jack Frost, lo ha permesso senza nemmeno battere le sue lunghe e grasse ciglia biondo platino: non mi credi forse? Chiedi a loro, avanti!» lo provocò prendendosi di rimando solo uno sguardo ammutolito.

E allora fu lui a parlare, se Frost non voleva farlo, indicando prima Dentolina:

«Racconta al nostro amico Jack di come l’Uomo nella Luna ha lasciato che l’Altro spazzasse via il tuo regno, dille di come ha ammazzato le tue sorelle e tua madre! E tu Nord, sì, proprio tu…» continuò indicando il vecchio Guardiano, i cui occhi si erano incupiti a tal punto da non capire più se quello che provava fosse imbarazzo o dolore:

«Spiega a Jack come ti ha fatto trovare il corpo di Olga, la tua Olga, impalato sulle corna del tuo Rudolph, spiegagli quanti anni sono passati senza il Natale!» lo accusò puntando infine il dito verso Sandman, che intanto aveva abbassato lo sguardo:

«E tu Sandy, proprio tu che eri l’amicone di Manny… alla faccia, ah!» disse con una risata amara e piena di rancore «Narra a Jack di Phobos, dei tuoi inutili tentativi di salvargli il culo prima che l’Altro gli riducesse il cervello ad una pappetta molle che ha potuto plasmare a suo piacimento, di come lo abbiamo sbattuto in una fottutissima voragine su di un pianeta in culo all’Universo! Raccontaglielo!» concluse con il respiro che gli moriva in gola per quanta rabbia aveva messo in quelle parole, quelle che Jack chiamava “GNEGNEGNE ditemi la verità GNEGNEGNE”.

 

Ancora una volta, l’ennesima in quella giornata, il silenzio era calato sui Guardiani, soprattutto su Jack che guardava Calmoniglio mentre… aveva le lacrime agli occhi?

Calmoniglio?

Proprio lui?

Lui, che ostentava una fierezza ed una forza che nemmeno gli appartenevano, ormai sul punto di piangere come un bambino?

Ma presto si era accorto che riportare a galla quei ricordi non era stato difficile solo per il coniglio pasquale, era stato terribilmente difficile per tutti: non conosceva le sorelle di Dentolina o sua madre, non aveva idea di chi fosse Olga e nemmeno Phobos, né aveva mai sentito parlare della presunta razza dalla quale discendeva Calmoniglio, ma quelle cose, quelle che avevano appena incriminato Manny, erano troppo dolorose per non essere vere.

Aspettò qualche minuto perché tutti si ricomponessero, salvo Dentolina che era stata portata fuori dal coniglio pasquale quando era scoppiata in un pianto a dirotto, così Jack si fece coraggio per parlare con Nord:

«Manny… lui… lui dov’era?» chiese infine stringendosi le braccia al petto quasi stesse per avere un mancamento, anche se quello che sembrava sull’orlo di una crisi di pianto sembrava essere Nord, che tuttavia trovò la forza per rispondere:

«Uomo di Luna occupato a nascondere suo culo grasso mentre intera galassia combatteva l’Altro, lui non ha fatto vedere sua faccia in giro per tutta durata di guerra­» spiegò aprendo una mano e prendendo una delle piccole stelle biancastre che dall’altra stanza si era intrufolata in quella sorta di biblioteca:

«Grandi famiglie di Costellazioni si sono alleate per proteggere nostro mondo, loro mondo: Mother Galaxy salvato tutti, lei e Chandrasekhar stati decisivi per sconfiggere Altro, ma anche lei pagato prezzo per idiozia di Manny, tutti avere pagato.» spiegò prendendo da una tasca del pesante cappotto un campanellino con un nastro di velluto verde e rosso che aveva preso a girarsi e rigirarsi fra le mani con aria nostalgica.

Jack non sapeva cosa stesse passando per la mente di Nord, tuttavia non riuscì a trattenersi dall’allungare il collo per osservare meglio l’intricato mosaico di rifiniture su quel piccolo oggetto dorato e luccicante, cosa che non sfuggì all’altro:

«Olga era mia compagna, lei aiutato Guardiani quando l’Altro arrivato su Terra e minacciato distruzione di pianeta se noi non consegnare Manny in sue viscide mani» raccontò senza distogliere lo sguardo dal prezioso ninnolo:

«Avvertimento di Altro è stato fuoco, fuoco che scioglieva ghiaccio di questo regno, Jack Frost, ma fuoco non poteva spegnere volontà di resistere, non di Olga: lei donna coraggiosa, più di me e di nostri amici Guardiani, ma anche impulsiva, tanto eh!» continuò lasciandosi scappare un sorriso forzato che gli riportò alla mente ricordi che pensava di aver dimenticato:

«Olga combattuto fino a stremo di sue forze con Altro, più di quanto avere combattuto io: lei guidato slitta in viaggio senza ritorno verso mostro, lei e mie renne, nostre renne, ma lui era potente, troppo potent-­»

«Lei è morta?» domandò stupidamente Jack pentendosi subito di aver buttato lì una domanda di quel genere, sapendo già la risposta tra l’altro.

Nord impiegò qualche minuto a rispondere, e quando lo fece si sentiva chiaramente che gli stava costando un carico immenso di emozioni non troppo piacevoli:

«Morta per salvare mio regno, pochi minuti prima di mio arrivo, insieme a tutti altri Guardiani che hanno guidato Resistenza di Terra: dobbiamo a loro nostra vita, se loro non avere combattuto a nostro posto allora nessuno avrebbe fatto, a famiglie di Costellazioni non interessare nostro piccolo e inutile pianeta.» disse mettendo al proprio posto il campanello con il quale stava riportando a galla chissà quali emozioni contrastanti, ma non si era reso conto di aver dato al giovane Jack l’incipit per una nuova domanda.

La Resistenza della Terra, l’Altro, i Guardiani caduti… ecco, proprio loro: chissà chi erano, cosa proteggevano, se avevano avuto paura come lui quando aveva affrontato Pitch oppure se si erano immolati guardando in faccia la morte.

Tutti quei dubbi continuavano a ronzare prepotenti nella mente di Frost, tanto da costringerlo ad altre domande sempre più precise:

«Non voglio essere di disturbo con tutte queste domande, ma gli Altri Guardiani… insomma, loro… loro sono arrivati come me? Chi erano? Cosa proteggevano? Perché loro son-­»

«Oh oh oh, Jack, quante domande!» esclamò Nord dandogli una vigorosa pacca sulla spalla che lo fece sobbalzare, poi si picchiettò la testa con un dito come a pensare:

«In guerra partecipato sorelle Temporibus, Guardiane di stagioni su Terra: loro combattuto contro Altro per salvare grande foresta di Madre Natura quando lei fuggita, quattro sorelle avere dimostrato grande unione in combattimento, molto grande! E Vincent, Vincent Valentine, proprio lui caro Jack!» continuò facendogli l’occhiolino:

«Vincent era Guardiano di amore, lui è caduto per primo quando Altro portato disperazione in cuori di gente: nessuno creduto in amore per lungo tempo, ma Vincent cercato fino ad ultimo momento di riportare speranza, e lui riuscito darci volontà di continuare, sai?» puntualizzò notando un leggero rossore sulle guance del giovane Guardiano:

«Anche piccolo burrito farcito è mancata come suoi compagni, ma lei morta ridendo, come sempre rideva in sua vita: beffata di Altro anche prima di morire, tutti hanno sentito sua mancanza quando lei scomparsa in guerra.» gli disse notando che anche Sandman aveva accennato un sorriso:

«Ah, Sandy! Ricordi di lei, di nostra “El Burrito”? Lei piaceva che gente chiamasse così, ragazza adorava burritos!­ Devi sapere che in real-» stava dicendo quando venne interrotto dall’arrivo di Calmoniglio e Dentolina, che ormai sembrava essersi visibilmente calmata.

 

 

Nord ed il coniglio pasquale, complice l’imbarazzante discussione di qualche istante prima, non si erano guardati negli occhi da quando era rientrato nella stanza con la fata dei denti, tuttavia lo sguardo pentito di Calmoniglio sembrava parlare da solo.

I momenti che erano seguiti non erano certo stati facili, fra litigi vari e ricordi ormai dimenticati che tornavano alla mente, ma i pensieri di Jack continuavano a farsi spazio con prepotenze fra le pieghe del suo buonsenso, portandolo a fare domande inopportune: d’altronde nessuno gli aveva ancora detto chi fosse quel Phobos, e nemmeno gli avevano raccontato molto sulla questione dell’Abisso che tanto aveva agitato tutti, ma c’era una domanda che lo perseguitava da secoli interi, dal primo istante in cui la sua vita era finita in quel dannato lago dove si specchiava l’imponente sagoma della luna bianca.

Una domanda alla quale nessuno aveva mai fatto riferimento, anche se probabilmente tutti immaginano la curiosità del giovane Guardiano al riguardo.

Per quanto però la curiosità gli stesse ruggendo dentro con una furia immane, Jack Frost cercò di trattenersi, preoccupandosi invece delle condizioni della compagna di lavoro:

«Tutto bene, Dentolina?­» domandò in modo piuttosto scontato senza nascondere un velo di imbarazzo che si era manifestato con un tenue rossore sulle guance, imbarazzo ricambiato dall’altra, che accennò un timido sorriso decisamente forzato:

«Tutto bene, grazie per l’interesse, Jack, ora sto meglio.» rispose mostrando fiera le proprie piume che fremevano dandole l’aspetto di un passerotto arruffato:

«Si è trattato solo di un attimo di mancamento, nulla di qui preoccuparsi: parlare della guerra contro l’Altro è sempre difficile, soprattutto…» continuò sospirando e posandosi a terra, facendo svanire l’improvvisa euforia di qualche istante prima «Soprattutto se hai perso tutto, o meglio tutti, come me… o come Calmonigl-»

«Parla per te, Dentolina: per quanto possa apprezzare l’interessamento pensa a preoccuparti delle tue perdite, che alle mie ci penso io.» rispose stizzito il coniglio pasquale, facendo comparire sul volto della fata un’espressione di rimorso per quelle parole di troppo.

Calmoniglio stava soffrendo, ormai Jack ne aveva la conferma, solo che non voleva ammetterlo; d’altronde ognuno soffriva a modo suo, che fosse piangendo o tenendosi tutto dentro non aveva importanza, ma nessuno di loro era solo, con tutti i compagni a sostenerlo.

Tranne Frost, lui era davvero solo: lo spirito del divertimento, lo stesso tanto amato dai bambini, quello che aveva rimandato Pitch Black nella sua tana impolverata sotto il letto di qualcuno a mangiarsi bruschette alla cenere condite con le sue lacrime di solitudine, era sempre stato solo, almeno da quando era diventato Guardiano.

Non perché non avesse amici che lo facessero sentire amato, quelli li aveva, ma c’era una persona della quale sentiva terribilmente la mancanza in ogni singolo istante da più di trecento anni, una persona sulla quale nemmeno Manny si era mai pronunciato: Emma.

Emma Overland, la sua sorellina, chissà che fine aveva fatto… morta era morta, quello sicuramente dato tutto il tempo passato, ma in Jack c’era sempre stata la speranza di rivederla, magari nelle vesti di Guardiana: nessuno le aveva detto nulla sulla sua sorte, nemmeno Dentolina aveva mai tirato fuori i denti con i ricordi della piccola, ma era certo che sapessero qualcosa e che non volessero proprio rivelargli nulla.

I Guardiani intanto erano occupati a confabulare, giustamente senza far caso alla figura di Jack che li guardava dal basso verso l’altro:

«Servire provvedimenti per questione di Abisso, non potere stare qui a leccare pelo tutto giorno grattandosi orecchie!»

«Cosa? Parli tu di non fare nulla? Ah! Raccontaci cosa fai in estate, quando il Natale non è così vicino, dillo a tutti!»

«Tu dire che io essere fannullone? Parlare quello che fare bagno con fragole in cioccolato fuso!» ribatté Nord dando vita all’ennesima discussione del giorno.

Doveva parlare adesso, non avrebbe avuto altre possibilità.

Per sciogliere i dubbi di una vita.

Jack Frost doveva parlare.

Doveva farlo per sé stesso.

Doveva farlo per Emma.

Ovviamente i due continuarono imperterriti, come se non ci fosse nessuno intorno:

«Io prendere tue grasse orecchie e farci stufato!»

«Ed io prendo a calci il tuo lardoso fondoschiena sotto Natale, così vediamo se riesci a metterlo sulla tua slitta trainata da capre vogliose di carrube!»

«Non ti azzardare ad insultare mie ren-­»

«Voi sapete che fine ha fatto mia sorella, che fine ha fatto Emma?»

 

Lo aveva fatto, dunque, aveva trovato il coraggio di chiedere, ma gli altri non avevano ugualmente trovato il coraggio di rispondere.

Nessuno di loro lo aveva fatto.

Ma se lo aspettavano, era solo questione di tempo: la domanda non era “se” e “come” Jack avrebbe fatto domande sulla sorella, era un “quando”, una questione con quale prima o poi tutti avrebbero dovuto fare i conti senza troppi giri di parole per nascondere la verità al giovane Guardiano, nonché al fratello dell’interessata.

Questa volta, quella in cui Frost si aspettava di incontrare maggiore resistenza e silenzio di quelle precedenti, i Guardiani si decisero finalmente a parlare, e con sorpresa del ragazzo fu Dentolina a prendere la parola mentre Dente da Latte si spostava dalla sua spalla alle mani aperte dell’altro, che le aveva dischiuse per accogliere la piccola fata nel frattempo che la Guardiana della Memoria gli si avvicinava librandosi lentamente:

«Non pensare che ti abbiamo nascosto ciò che sapevamo di lei per farti del male, ti prego» gli disse mentre la fatina gli si premeva sulla guancia come ad abbracciarlo «E’ stata una decisione difficile per tutti, quella di non dirti nulla, ma è stato per il tuo bene, perché non volevamo che la notizia di facesse più male di quanto dovrebbe: noi ti vogliamo bene, Jack, te ne abbiamo sempre voluto, e volevamo bene anche ad Emma, puoi starne certo.» lo rassicurò mentre il suo sguardo si perdeva negli occhi vuoti del compagno, probabilmente non ancora pronto ad ascoltare ma sicuramente voglioso di sapere la verità.

Su di lei, sulla sua vita e, con molta probabilità, anche sulla sua fine.

Per Jack fu istintivo prendere nuovamente fra le mani l’aiutante della fatina dei senti ed iniziare ad arruffarle le piume facendola ridere divertita, ma la sua mente era altrove:

«Tu hai i suoi ricordi? Li hai? Devi averli, Dentolina, quindi mostrameli, per favore.» la pregò con gli occhi lucidi, ma l’altra lo guardò mestamente:

«Purtroppo non ho i ricordi di tua sorella, però pos-­

«Perché?» domandò alzando la voce, tanto che Dente da Latte gli lanciò un’occhiata infastidita

«Jack, devi capire che tua sorel-»

«Non devo capire nulla, vogl… vorrei sapere dove si trova, solo quello… solo quello.» continuò mentre le sue dita, forse per il nervosismo o forse per un gesto inconscio, si chiudevano sul piccolo corpo della fatina facendola fremere e contorcere per lo spavento:

«Jack?» chiese Dentolina impaurita, non riconoscendo più l’amico «Jack basta! Le stai facendo male! Jack! Smettila!» urlò facendo riprendere il giovane, che con lo sguardo perso e sconvolto osservò la creatura che aveva fra le mani la quale, dopo avergli pizzicato la mano con il sottile becco per liberarsi, era schizzata via impaurita verso le braccia di Dentolina.

O almeno ci aveva provato.

 

Ciò che era accaduto negli istanti successivi era un mistero per tutti, soprattutto la modalità in cui ciò era avvenuto: tutto quello che Jack aveva visto era un’imponente figura nera scagliarsi fra lui e la fata con un rombo assordante, un qualcosa di simile ad un ruggito che si era mischiato ai mattoni ed al legno della stanza che si frantumavano sotto quell’immane forza che, a quanto pare, aveva fatto irruzione nella stanza dove si trovavano tutti.

Udì un grido strozzato quasi impercettibile, seguito da uno molto più acuto che gli rimbombava nei timpani: il rumore di qualcosa che si serrava con violenza facendo schizzare chissà cosa contro le sue guance, un lungo suono sordo accompagnato da un tonfo altrettanto rumoroso al suolo, le voci degli altri Guardiani che gridavano chissà cosa, voci che man mano diventavano sempre più ovattate ed incomprensibili.

Poi il rosso.

Ovunque.

 

 

Sangue, era quella la prima cosa che Jack aveva pensato quando i suoi occhi, aprendosi, si erano trovati davanti solo quel colore, un rosso intenso così scuro che non avrebbe lasciato dubbi a nessuno.

O meglio, non ne avrebbe lasciati se la sua guancia, quasi per caso, non avesse sfiorato quella macchia monocromatica avvertendo che non era liquida e nemmeno inconsistente, ma sembrava più simile a… velluto?

Di sangue vellutato non ne aveva mai sentito parlare, così si decise a sgranare gli occhi alzandosi dalla posizione fetale che aveva istintivamente assunto, e ciò che vide lo lasciò ancora più sconvolto di quanto avessero fatto le storie di Nord: il mare cremisi che aveva visto non era altro che il tessuto di un mantello che scendeva morbido lungo i fianchi di qualcosa, un qualcosa di non ancora meglio definito, che gli si stagliava davanti, una massa grigia che tendeva al bianco man mano che si avvicinava a quattro grosse colonne che, in un primo momento, il Guardiano non aveva capito bene cosa fossero.

Aveva reagito esattamente come quando aveva incontrato Pitch Black, e lo aveva fatto senza pensarci sopra troppo tempo: bastone alla mano ed orecchie ancora tappate per il frastuono di prima, aveva richiamato il vento come faceva sempre quando doveva togliersi dai guai il più velocemente possibile per poi, appena sentita la leggera brezza che gli aveva risposto, fare un piccolo salto per cavalcarla.

Salvo essere atterrato malamente da un qualcosa di non meglio definito, ma sicuramente ricoperto di un’ispida pelliccia simile, almeno per consistenza, a quella di Calmoniglio:

«Non andrai da nessuna parte, Jack Frost, e ti conviene non fare scherzi: Spettro non si fa problemi a divorarti, e nemmeno io, nessuno lo verrà a sapere.» gli raccomandò una voce femminile che inizialmente non riuscì a distinguere troppo bene.

Poi riuscì a distinguerla, e allora sfiorò l’infarto miocardico: ad appena qualche centimetro dal suo naso c’era una gigantesca bocca irta di canini color avorio sporchi di sangue e piume opalescenti che gli ringhiava contro con un suono sordo che gli riempiva le orecchie, due occhi azzurri come il ghiaccio che lo scrutavano in malo modo.

 

Sangue… e piume.

Il frastuono di poco prima.

Dente da Latte.

 

Non ci volle molto perché facesse due più due e capisse che il gridolino strozzato di prima fosse quello della povera fatina, probabilmente catturata dalle fauci di quella bestia mentre cercava di tornare da Dentolina, e in effetti gli bastò guardare la fata dei denti per capire che aveva ragione: si agitava convulsamente per scagliarsi contro la massa grigia, trattenuta per i polsi da Calmoniglio che se la strinse a sé non senza una certa difficoltà, che nel frattempo aveva alzato la testa quasi a tastare e fiutare l’aria.

Quello era il momento buono per scappare, osservò Frost: con un gesto fulmineo, derivato dalle serate fatte di vodka e limbo sfrenato, si era lasciato scivolare fra le gambe della bestia oltrepassandola in tutta la sua lunghezza che, ad occhio e croce, dalla testa alla coda, sfiorava qualcosa come i quattro metri buoni, spuntando vicino ai propri compagni con l’aria di chi ha appena vinto chissà cosa.

Tipo l’ennesima sorpresa della giornata.

Aveva ipotizzato che ci fosse una donna a cavalcare quel mostro dalla voce femminile che aveva sentito, ma non immaginava quel genere di donna: alta e possente, probabilmente rasentava il metro e novanta d’altezza, il corpo robusto protetto da una spessa armatura argentea decorata con intricati motivi floreali, ovviamente compreso il prosperoso seno che lasciava ben poco all’immaginazione dal momento che era decisamente scoperto a mostrare il piccolo rubino che pendeva dal collo, armatura che era identica a quella che copriva l’immensità del corpo e la testa del grosso lupo che cavalcava, con tanto di rubino corredato.

A guardarla bene era anche affascinante, una macchina da guerra con il fascino di un’indomita lupa selvatica: i capelli biondi lunghi fino alle spalle quasi non si vedevano sotto il cappuccio rosso che teneva calcato sulla fronte, cappuccio che si trasformava in un lungo mantello che scendeva lungo i fianchi del lupo, ovviamente in tinta con la gonna che le copriva a malapena le nudità mostrando tutto ciò che l’immaginazione non poteva nemmeno lontanamente immaginare.

Ma ciò che aveva colpito Frost, e che non avrebbe dimenticato presto, erano stati gli occhi della donna: freddi come il ghiaccio, di una curiosa tonalità di grigio che tendeva all’argento, si sposavamo alla perfezione con quell’aria fiera che aveva avuto dal primo istante in cui aveva fatto irruzione nel covo di Nord.

 

Per quanto Calmoniglio si stesse visibilmente impegnando nel tenere a bada Dentolina, una sua distrazione ed un allentamento della sua presa avevano fatto sì che la fata dei denti sfruttasse l’opportunità per divincolarsi più del solito e riuscire a sfuggirli prima che potesse rendersene minimamente conto:

«Maledetta! Maledetta! Maledetta!» urlò con le lacrime agli occhi mentre si gettava a capofitto verso la propria avversaria, che invece manteneva uno sguardo calmo ed assente.

Forse perché aveva in mano una lancia di due metri alla quale nessuno aveva fatto caso prima, forse perché il grosso lupo aveva spiccato un balzo verso di lei atterrandola con una zampata, o forse era perché ora Dentolina se ne stava a terra bloccata da mezza tonnellata di muscoli che tenevano fra le fauci una delle sue ali mentre la donna le teneva un piede sulla schiena e la propria arma puntata sulla nuca.

Forse, ma non ne era proprio sicura.

La situazione non era delle migliori, ma i suoi lamenti di dolore soffocati sembravano divertire i due ospiti, soprattutto quando la bestia stringeva la presa:

«L’avvertimento di non fare scherzi vale anche per te, feticista dei denti, quindi vedi di stare al tuo posto e nessuno si farà male… tranne la tua fatina, lei si è già fatta male, vero?» la sbeffeggiò sorridendo prendendosi di rimando una serie di insulti che lasciarono sconvolto Jack Frost, abituato a vedere la compagna calma e riflessiva:

«Non ti a-aveva fatto n-nulla!» riuscì a rispondere con un filo di voce, complice il sangue che aveva iniziato a colare dai denti dell’animale:

«Non stava f-facendo nulla… ma t-tu! Tu! L’hai a-ammazzata! L’ha uccis-­»

«Non stava facendo nulla?» ripeté la donna piegando la testa «Era sulla mia traiettoria, quando io e Spettro sfondiamo i muri non vediamo anche attraverso, non credi?» domandò inclinando la testa incuriosita, poi le afferrò il mento guardandola negli occhi ormai persi nel vuoto:

«Un cacciatore non ha pietà per la propria preda, e la Cacciatrice non ha pietà nemmeno per i cacciatori, ormai dovresti averlo imparat-­»

«Ah, Scarlet! Piacere davvero rivederti!» intervenne Nord con un tono stranamente calmo, non certo in linea con la situazione, e le occhiate che aveva lanciato ai compagni volevano dire qualcosa del tipo “Fate come se nulla fosse altrimenti qui crepiamo tutti”, e nessuno era in disaccordo con quell’idea.

Dunque era così che si chiamava, Scarlet, l’ennesima di tante conoscenze di quella giornata, o almeno Jack la vedeva così:

«Sì, certo, un vero piacere, non aspettavo altro che incontrarvi» rispose sarcastica mollando la presa della lancia su Dentolina, così Nord ne approfittò per prendere Jack fra le braccia e costringerlo ad allungare una mano verso di lei:

«Jack Frost, lei essere Scarl-­»

«Prego, Nord, le mie presentazioni vorrei farle da sola, se permetti» lo rimproverò afferrando la mano del giovane Guardiano che, seppur con titubanza, si era reso conto che sua stretta era anche più forte di quella di Nord:

«Il mio nome è Scarlet Redcape, anche se alcuni preferiscono rivolgersi a me come la Cacciatrice»  si presentò con un leggero inchino del capo richiamando a sé il gigantesco lupo, finalmente facendogli mollare l’ala della povera Dentolina, ormai ridotta ad un grumo informe e sanguinante di piume opalescenti:

«Lui è mio fratello Spettro, mio fratello ed anche il mio fidato compagno di viaggio: la tua amica ha avuto il piacere di stringergli la zampa, o forse è stato lui a stringerla a lei.» continuò mentre il lupo, o meglio Spettro, si sedeva al suo fianco leccandosi i denti ancora sporchi di sangue, ed il fatto che da seduto fosse anche più alto di Scarlet non era certo poco inquietante:

«Serviamo la principessa guerriera Alice Castle Wonderwood, sovrana del regno di Fairy Oak del pianeta Exodus, e siamo qui perché la mia signora ha modo di pensare che i tuoi amici Guardiani siano coinvolti nella liberazione del Ciciarampa, e tutti sanno cosa succede a chi ruba il Ciciarampa.» puntualizzò lasciando tutti con una smorfia di sorpresa sul volto.

 

Il Ciciarampa… scomparso?

Una bestia di dodici metri… scomparsa nel nulla?

 

Tutto ciò aveva senso per i Guardiani, ma non per Jack Frost, il quale si intromise nuovamente:

«Il Ciciacosa? Cosa sarebbe? Un animal-»

«E’ uno dei guardiani del regno di Fairy Oak, piccolo spirito impiccione, e si da il caso che sia casualmente scomparso quando la mia signora è stata avvertita dalla Regina di Phantasia che c’era qualcosa che non andava con l’Abisso… ma almeno sai di cosa e chi sto parlando?» domandò confusa abbassandosi per toccare con l’indice la punta del naso di Jack, che iniziò a scuotere la testa prendendosi un facepalm di rimando:

«Peggio di quanto pensassi… seriamente non gli avete detto nulla, nemmeno su Phobos ed Harmonia?» chiese ai Guardiani, i quali fecero spallucce:

«Stavamo spiegando lui di Abisso quando tu entrata senza bussare!­» si giustificò Nord facendo spallucce imbarazzato «Stavamo dicendo che l’Altr-­»

«L’Altro? Lo chiamate ancora così?» domandò incuriosita ridendo e facendo una smorfia di compassione «Sembra quasi che voi, i potenti Guardiani di Manny, abbiano paura a pronunciare il suo nome, nemmeno fosse affare vostro anziché della gente delle Costellazioni: ma d’altronde bisogna capirvi, incompetenti come siete stati nella guerra contro “l’Altro” ­è già tanto che non siate morti male… come avreste meritato.» concluse tirando l’ennesima frecciatina della giornata, quella che aveva lasciato i presenti senza nulla con cui controbattere alle sue affermazioni.

Perché alla fine, che lo volessero ammettere o meno, erano tutti consapevoli che la loro utilità in quel conflitto era stata marginale, decisamente marginale.

Tuttavia, nonostante la discussione tutt’altro che pacifica, il motivo per cui Scarlet si fosse scomodata ad attraversare chissà quali cunicoli nel ventre dell’Universo per arrivare dai Guardiani sulla Terra era ancora ignoto, e Nord dubitava che fosse lì solo per accusarli di aver rubato il Ciciarampa:

«Noi non volere essere poco educati, ma volere sapere perché grande Cacciatrice venuta da noi, solo per sapere se noi dovere preoccupare di avere fatto qualc-­»

«Sono venuta qui per questo» disse indicando al vecchio Guardiano il puntino rosso che lampeggiava sul gigantesco globo formato Universo, ormai visibile dopo che lei ed il compagno avevano fatto irruzione:

«Alice ha motivo di credere che Phobos si sia liberato, o meglio che sia stato liberato: senza poteri non può fare molto, ma se quei poteri li avesse riottenuti beh, lascio immaginare a voi le conseguenze della cosa…» spiegò incrociando le braccia «Ed il Ciciarampa è sparito nel nulla: probabilmente non siete stati voi a prenderlo, dal momento che non siete capaci nemmeno di riprendervi la fiducia dei bambini che quel povero disgraziato di Pitchone vi aveva sottratto piuttosto male, ma mi è stato comunque chiesto di accompagnarvi al cospetto della mia signora per sciogliere ogni dubb-»

«Venire a Fairy Oak? Noi non potere venire a Fairy Oak! Avere molto da far-­»

«Non mi interessa cosa avete da fare nei vostri patetici palazzi» rispose fredda con aria strafottente mentre con un gesto felino si era nuovamente messa in groppa del proprio lupo, il quale aveva approvato con un ululato appena accennato.

Vedendo che ne stavano ancora tutti con le mani in mano, o con Dentolina in braccio nel caso di Calmoniglio, aveva pensato Scarlet a dare una svegliata ai Guardiani, punzecchiando la fata con il lato meno affilato della lancia:

«Nessuno escluso, sia chiaro, e tutti sono pregati di camminare con le proprie gambe, capito?» le chiese prendendosi di rimando un cenno assopito «Bene, ora che siamo tutti d’accordo vi chiederei di stare indietro, se ci tenete alla pelle.»

Jack conosceva solo, oltre al compagno sempre presente vento, le gallerie di Calmoniglio e le sfere di neve di Nord come metodi per raggiungere luoghi lontani, ma a quanto pare quella donna aveva in mente ben altro: con la lancia iniziò a disegnare strani segni sulle assi di legno del muro rimasto in piedi, il quale si era improvvisamente ricoperto di quelle che dovevano essere lettere simili ad antichi quanto arcaiche rune violacee, segni che avevano iniziato a brillare mentre lei, con il capo chino, recitava formule il cui significato era ignoto.

Appena il tempo di realizzare ciò che stava succedendo e Jack si trovò davanti a quello che aveva tutto l’aspetto di un portale come quello che utilizzava Nord, solo variopinto dei colori e delle forme più insolite: nemmeno lui, come del resto gli altri, ci aveva messo molto a fare il primo passo per entrare in quella misteriosa porta verso chissà cosa, si sentiva come attratto da una forza invisibile che, volente o meno, lo aveva costretto ad avanzare senza sapere la meta.

Qualche istante di attesa in quel vortice colorato, poi una luce bianca così intensa da ricordargli quella della Luna che gli era apparsa quando era morto, quando era diventato un Guardiano di Manny, dell’Uomo nella Luna.

Poi l’odore dell’erba fresca, nient’altro.

 

 

Non poteva crede ai suoi occhi.

Non poteva farlo.

Non doveva.

Ma lo aveva fatto, nonostante il trauma iniziale: dinanzi al giovane Guardiano si stagliava un’immensa distesa di prati ed alberi dalle forme e dai colori più impensabili che sembravano macchie di colore buttate completamente a caso su quella tavolozza verde acceso in un ordine talmente casuale da risultare affascinante come pochi, un quadro con sprazzi qua e là formati da complessi di case bianche delle dimensioni più disparate, con torrenti e fiumi che si sovrapponevano in giochi d’acqua capaci di rapire lo sguardo di chiunque, con persone che camminavano da un lato all’altro di quello spazio incontaminato affiancate da strani animali dei quali Jack, nei suoi oltre trecento anni di vita da Guardiano, non aveva mai nemmeno osato pensare potessero esistere, un luogo dove la magia e le favole che conosceva da quando ne aveva memoria si incontravano in un perfetto insieme, appunto, fiabesco.

Il regno di Fairy Oak, il Paese delle Meraviglie, si era certo meritato quel soprannome.

Solo quando aveva alzato lo sguardo aveva poi notato l’immane castello che svettava lontano da dove erano atterrati senza problemi, e quello lo aveva lasciato nuovamente senza fiato: era gigantesco, un enorme blocco di preziosa pietra bianca immacolata come la neve fresca, pietra che era stata lavorata nei modi più disparati per formare intricate e sinuose decorazioni che parevano rincorrersi su quelle mura che, anche se fatte di pietra, non sembravano affatto fredde, ma invece riscaldate dai limpidi fasci di luce che si riflettevano nelle finestre dai tre soli alti nel cielo.

Tre soli?

Tre soli, a quanto pareva: d’altronde erano su un altro pianeta, non si poteva mica pretendere che ce ne fosse uno normale che se ne stava bello fresco nel cielo.

Nord inspirò a pieni polmoni una ventata d’aria fresca rilassandosi dopo tutto quello che era accaduto in quel giorno:

«Ah, quanto tempo! Proprio come ricordavo, tutto meraviglioso come sempre stato!» esclamò gonfiando il petto fiero, poi prese di forza Frost «Visto, Jack? Guarda spettacolo che questo posto ti offre! Guarda quanto è meravig-­»

«Benvenuti, Guardiani, nel regno di Fairy Oak.» disse una voce femminile appena accennata dietro di loro all’improvviso.

Immediatamente Scarlet scese da Spettro e fece un lungo inchino piegandosi sul ginocchio, gesto che venne sorprendentemente imitato dal lupo, il quale abbassò il muso piegando una zampa e tenendo tesa l’altra come a salutare:

«Mia signora, ti ho portato i Guardiani come mi avevi chiest-­»

«Suvvia, Scarlet, prima o poi dovrai abituarti a darmi del tu senza tutte quelle formalità, ma ti ringrazio per il tuo operato, ti sono immensamente grata» la ringraziò con un breve inchino a sua volta «Vai pure a riposarti, il viaggio è stato lungo, penserò io ai Guardiani.» la congedò per poi, con l’ennesimo gesto formale della giornata, vederla allontanarsi insieme al fidato compagno.

Jack iniziò a squadrare quella che avrebbero dovuto essere una donna che, in realtà, si era rivelata essere una ragazzina poco più alta di lui: i capelli biondi non troppo lunghi ricadevano morbidi sulle spalle, incorniciando quel viso innocente coronato da due occhi di un azzurro talmente intenso da fare invidia ad uno zaffiro, il corpo esile ma al tempo stesso ben proporzionato era coperto, alla faccia dell’espressione da ragazzina innocente, da un lungo vestito blu con dei merletti bianchi coperto per la maggioranza da quella che aveva tutta l’aria di essere una pesante armatura argentea finemente lavorata che, oltre a proteggerle petto e braccia con una grossa placca pettorale e dei guanti di metallo, scendeva sull’ampia gonna dell’abito in una cascata metallica argentea e dorata donandole un aspetto da guerriera reso più mite dal mantello bluastro con pregiate rifiniture di pelliccia bianca e nera ai bordi.

E la spada, soprattutto quella, una spada più grande di lei che però sembrava maneggiare senza alcun problema degno di nota.

La ragazza li aveva squadrati tutti soffermandosi su Dentolina tuttavia, quasi senza farci troppo caso, si era rivolta a Jack Frost facendogli un cenno con la testa:

«Immagino che mi abbiano già presentata, ma mi permetto di presentarmi da sola al nuovo Guardiano» disse sfoderando un sorriso che il Guardiano non capì bene se essere sincero o meno:

«Il mio nome è Alice Castle Wonderwood, principessa guerriera del glorioso regno di Fairy Oak e generale delle Armate delle Meraviglie, è un piacere per me conoscere l’ultima creazione di Manny e presentarti il luogo dove te ed i tuoi amici passerete l’eternità se non verrà fuori chi mi ha fottuto il mio dannatissimo Ciciarampa, ma non vorrei dilungarmi troppo.» spiegò mentre Jack, baciandogli elegantemente la mano come si conviene ad un vero gentiluomo, si rendeva conto che il sorriso e la gentilezza di prima avevano fatto posto ad uno sguardo minaccioso che lasciava presagire ben poco di buono, poi fece strada a tutti ed iniziò a camminare senza proferire parola, atteggiamento che venne imitato all’unanimità.

Era appena arrivato e già lo accusavano di qualcosa che nemmeno sapeva!

O meglio, che non ancora sapeva.

Ma lo avrebbe scoperto molto presto.

 

 

[ Intanto sulla Luna… ]

 

«Scacco matto, per l’ennesima volta.»

Quella voce iniziava ad irritarlo seriamente, ed il fatto che provenisse da una donna di quel fascino lo irritava ancora peggio: anche se non era nei suoi abiti formali, la veste bianca che scendeva fino al pavimento accompagnando la sinuosa forma della sedia le dava un aspetto a dir poco etereo ed evanescente, impressione resa ancora più forte dai lunghi capelli biondo grano raccolti sulla nuca che lasciavano ricadere dei grossi boccoli ai alti del viso mentre, esattamente come una corona, dei filamenti dorati che ricordavano piccole stelle scendevano lungo la folta chioma formando un intricato mosaico d’oro che pareva provenire da un’altra dimensione.

Ed era cosa, più o meno, e guardandola meglio si poteva capire il perché: gli occhi celesti, se osservati da vicino, nascondevano nel loro immenso e profondo mare dei puntini luminosi e delle variegate sfumature che ricordavano le forme e di colori di una galassia, persino la pupilla pareva essere un vero e proprio pianeta.

E se quelle prove non fossero bastate per provare quanto la donna che aveva davanti fosse tutto tranne che una donna comune bastava rivolgere lo sguardo verso la sua schiena, dove due grandi e morbide ali di soffici piume bianche immacolate si stagliavano prepotenti verso il suo interlocutore facendo sembrare che l’altra fosse seduta su quelle, anziché su una sedia.

Da parte sua, l’interlocutore stesso non poteva che essere d’accordo con quelle frecciatine, visti i risultati ottenuti nelle partite dell’ultimo millennio:

«Meravigliosa come sempre, mi sorprende che Nonno Drago non ti abbia ancora convocato per un torneo di scacchi con lui­, sarebbe uno spettacolo per il quale mezza Galassia pagherebbe più polvere di stelle di quanta ne estragga Idhunn in un decennio.­» asserì l’uomo mentre afferrava un bicchiere posto vicino alla scacchiera, il tutto mentre la donna si lisciava le lunghe piume imitando il suo gesto: «Non sottovalutare Idhunn, conoscendola potrebbe anche sentirti» rispose ridacchiando «Queste tue lusinghe mi fanno pensare che tu voglia evitare di parlarne.»

«Parlarne?» ripeté l’altro come se nulla fosse «Non so proprio di cosa tu stia parl-­­»

«Hanno risvegliato i poteri di Phobos, poco fa, e le tue pedine si sono mosse, come d’altronde era prevedibile che facessero» continuò alzandosi e rigirandosi il bicchiere fra le dita:

«Mi chiedo solo come pensi di sistemare le cose, ora che hai appena permesso che si muovessero dal loro stato di torpore: nessuno è disposto a combattere nuovamente in una guerra come quella appena passata… ma d’altronde cosa lo dico a fare, i tuoi Guardiani sono già pronti a morire e immolarsi per il loro Manny, o almeno è quello che tu pensi, vero?» domandò senza ricevere alcuna risposta.

Ci volle un po’ per trovare il coraggio di rispondere senza offenderla:

«I Guardiani sanno cavarsela, se necessario, e loro combatteranno per me come hanno sempre fatto, come fanno e come sempre faran-­»

«Non lo faranno.» annunciò una voce dal nulla, voce che si materializzò nella vaga sagoma di una figura nascosta nella penombra della quale si distingueva solo un occhio azzurro luminescente con la pupilla bianca dal quale si diramavano strani filamenti dello stesso colore, il tutto posto piuttosto in alto rispetto a terra:

«Non combatteranno, non come l’ultima volta, l’ho visto molto chiarament-»

«Vedi troppe cose, vecchio mio, è meglio se torni alla tua torre a risposare quell’occhio anziché stare qui ad ubriacarti di latte, molto buono del resto, invocando profez-.»

«O forse è meglio se tu inizia a giocare a scacchi in modo presentabile» intervenne la donna alzandosi e facendo per andarsene, ma non prima di afferrare la pedina del re avversaria:

«Tu, il re, hai i tuoi pedoni che ti difendono a costo della vita, tuttavia….» continuò prendendo la sua pedina che corrispondeva alla regina «Io ho una regina ed un’intera corte che la proteggerà: sta a te la scelta di come muovere le pedine, ma stai attento Manny caro» disse posando la regina e riprendendo il re per poi metterglielo in mano «Prima o poi faranno scacco matto, e lo faranno all’Uomo nella Luna.» concluse andandosene e lasciando dietro di sé una scia dorata.

Era questione di tempo.

Ed il turno avversario era appena iniziato.

 

 

____________________________________________

 

Angolino dell’autrice

 

Buongiorno a tutti ed eccoci finalmente al secondo capitolo che, fra impegni scolastici vari, ho aggiornato solo oggi, ma meglio tardi che mai no? :D

Non mi dilungherò troppo sulle spiegazioni perché se lo facessi uscirebbero spoiler a random che MYSONANTIS VI RIVELO TUTTO COSA, ma una cosa fondamentale che vorrei fare è ringraziare l’adorabile _Dracarys_ per il suo supporto anche in questo capitolo: se non fosse stato per lei che mi ha chiarito le idee sui vari avvenimenti sarei ancora ferma a mangiare crackers con la cenere grigia insieme a Pitchone, per cui ti ringrazio davvero tanto ancora una volta per il supporto e l’aiuto che mi dai con questa fan fiction <3

Detto questo ringrazio chi sta seguendo la storia e chi ha voglia o ne avrà di recensirla: la vostra opinione è molto importante per me, giusto per sapere se le vicende vi stanno piacendo e cosa ne pensate di tutte le cose GNE che stanno spuntando :3

Qui di seguito vi lascio l’aspetto di Scarlet Redcape insieme a Spettro e di Alice Castle Wonderwood, giusto per chiarirvi le idee, ed il castello molto GNE di Alice :D

Ci vediamo al prossimo capitolo! 

Image and video hosting by TinyPic

Image and video hosting by TinyPic

Image and video hosting by TinyPic
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: Neferikare