Alla
fine i Guardiani erano anche riusciti a
riunirsi tutti al covo di Nord, solo che la sua agitazione metteva
tutti in un
costante stato di allerta che, almeno alla loro vista, era del tutto
ingiustificata: Calmoniglio che batteva furiosamente la zampa a terra
con le
braccia incrociate, Dentolina che svolazzava a destra ed a sinistra
senza
tregua, Sandman che osservava perplesso, Nord che camminava per la
stanza con
aria severa.
E
poi c’era Jack Frost, beatamente assopito nella
propria ignoranza, che proprio non capiva tutta quella preoccupazione
per la
convocazione sua e degli altri Guardiani: era dalla sconfitta di Pitch
Black
che Nord non li riuniva tutti insieme, anche perché dopo il
suo delirio di
onnipotenza era seguito un periodo di pace e calma piatta, eppure il
Guardiano del
divertimento sentiva nell’aria che gli spirava addosso un
qualcosa di
terribilmente sinistro, come se una qualche forza fosse finita per
inquinare
anche il vento.
Quel
suo atteggiamento di costante disinteresse
verso i problemi che affliggevano gli altri Guardiani probabilmente lo
rendeva
anche il meno considerato fra i presenti, e forse era proprio per
questo che
gli altri quattro parlottavano fra loro senza nemmeno guardarlo, motivo
per cui
aveva deciso di intromettersi con decisione nel discorso:
«Ragazzi!
Ragazzi, avanti! Di cosa parlate, eh? Di
cosa parlate? Eh? Eh?»
iniziò a
chiedere senza ottenere nulla in cambio, ma i suoi dubbi erano presto
stati
sciolti dal Guardiano più anziano:
«Immagino
volete sapere perché ho riunito Guardiani
in periodo di pace, o almeno spero che domanda sia questa
perché ho preparato
discorso.» asserì fermandosi in mezzo alla stanza
e prendendo posto su una grossa
poltrona di velluto rosso per poi invitare gli altri a fare lo stesso,
ma da
parte sua Calmoniglio si rifiutava di fingersi tranquillo:
«Evita
i giri di parole e vieni al punto Nord, non
ho lasciato la mia sessione quotidiana di pittura delle uova per
ascoltare i
tuoi discorsi che fra un’ora non avranno portato a niente di
niente.» si
lamentò sbuffando annoiato, e in effetti il suo stato
rifletteva quello un po’
di tutti.
Il
vecchio Guardiano stava per rispondere alla
frecciatina del coniglio pasquale, ma si era trattenuto iniziando a
massaggiarsi le tempie recitando un misterioso mantra per mantenersi
lontano
dalla voglia di stufato di prima mattina, cosa che però
servì a ben poco dato
che si rivolse verso Sandman, ovviamente occupato a mantenere la sua
costante
calma:
«Manda
Jack a prendere rosmarino, tra poco cuciniamo
coniglio che si lamenta e
mangiamo lui in panino farcito: io non mi divertire a girare
intorno a
discorso, tu divertire a farlo!» gli disse inarcando le
sopracciglia
puntandogli contro il dito:
«Io?
Io stavo lavorando! Pasqua e vicina e tu cosa
fai? Ci convochi così a caso!» rispose impettito
alzando lo sguardo con fare
minaccioso:
«Guardati
intorno, Nord: quello spilungone
maleodorante è stato ricacciato dal buco dal quale veniva, i
bambini credono di
nuovo in noi e siamo belli freschi a goderci la pace che abbiamo
faticato a
conquistare, per quale motivo dovremmo
pensare che c’è un problema?»
fece notare incrociando le braccia ed
esibendo un facepalm degno di Manny in persona.
Nord
da parte sua non sapeva più cosa fare per
convincere Calmoniglio a darsi una calmata, ed ascoltarlo,
così aveva optato
per smetterla con le buone maniere ed iniziare ad affrontarlo faccia a
faccia,
o forse faccia a muso:
«Stammi
a sentire, coda pulciosa, ho
già detto che non mi divertire a convocare
Guardiani, se dico che abbiamo problema allora abbiamo problema, chiaro
o no?»
asserì sperando di averlo finalmente convinto, ma
l’altro gli puntò l’indice
sulla pancia:
«Sorvolerò
sul fatto che mi hai chiamato coda
pulciosa, panzone ubriaco, ma fino
a
quando qualcuno non mi dimostrerà che abbiamo realmente un
problema non intendo
nemmeno muovere una zampa, ok?» rispose a tono
drizzando le orecchie, poi si
girò di scatto e fece per uscire dalla stanza:
«Ed
ora signori, se volete scusarmi, ho delle uova
da dipingere mentre voi state qui a fare GNEGNEGNE tutto il
giorn-»
«Hanno
violato l’Abisso, Phobos è libero.»
disse semplicemente Nord con freddezza,
abbastanza perché al coniglio pasquale si rizzasse la
pelliccia solo a sentire
quelle parole.
Poi
il silenzio.
Il
gelo.
E
non era quello sprigionato normalmente da Jack Frost.
Nessuno
aveva proferito parola, tutti erano come
rimasti pietrificati al solo sentire pronunciare quel nome: Phobos, lo
stesso
che era stato imprigionato non senza difficoltà in quella
spaccatura nel terreno
conosciuta come Abisso, era davvero
riuscito ad evadere dalla sua prigionia?
Certo
che c’era riuscito, ma per loro sfortuna non
erano ancora al corrente di tutto ciò che era accaduto su
Exodus, motivo per
cui ai loro occhi no, non poteva esserci
riuscito, d’altronde non ce l’aveva fatta
fino a quel giorno.
O
almeno quello era ciò che tutti i Guardiani si
ripetevano come una cantilena per cercare di convincersi che la
verità fosse
quella.
Ma
Nord non diceva stronzate, e tutti lo sapevano fin troppo bene.
Persino
Calmoniglio aveva improvvisamente
abbassato le orecchie stringendo i pugni fino a quando non
iniziò a provare
dolore, e tutti i Guardiani erano finiti per guardarsi confusi
l’uno con
l’altro nella speranza di scorgere in almeno uno di loro un
minimo di
sicurezza:
«Avanti
Nord, fai il serio e smettila di prenderci
in giro, sappiamo entrambi che l’Abisso è
inviolabile, figurarsi poi da
qualcuno che non ha poteri, ah!» cercò di
sdrammatizzare ridacchiando
nervosamente per convincere anche se stesso, ma lo sguardo freddo e
distaccato
del Guardiano aveva parlato per lui.
Nessuno
sapeva bene cosa dire, così prese parola
Dentolina, visibilmente spaventata ed addirittura tremante:
«Calmoniglio
ha ragione: Phobos è stato privato
dei propri poteri da secoli, ed anche le sue creature sono state
imprigionate,
non vedo motivi per cui preoccuparci, giusto?»
domandò sbattendo furiosamente
le ali evidentemente disturbata da quella surreale situazione, ansia
alla quale
si aggiunse quella palpitante del coniglio pasquale:
«Nord.
Seriamente. Non può essere scappato. Vero? Vero?»
disse per trovare una conferma
delle proprie parole, prendendo di rimando solo il silenzioso cenno di
Nord di
seguirlo in una stanza che per Jack Frost si rivelò essere
del tutto nuova.
Era
uno spazio immenso, grande decine di volte il
quartier generale del vecchio Guardiano dove si trovava quella sorta di
mappamondo luminoso, con le pareti di un blu talmente profondo da
sembrare
quasi nero interrotto qua e là da sottile filamenti
multicolore che andavano
tutti a confluire in ciò che aveva catturato lo sguardo del
giovane Guardiano,
probabilmente perché occupava buona parte della grandezza di
quello spazio
misterioso: sullo sfondo di quella che sembrava una vera e propria
volta
stellata, con tanto di Costellazioni, se ne stava in un angolo in alto,
quasi
invisibile in tutta la struttura, lo stesso globo che vedeva e rivedeva
nella
stanza principale del palazzo di Nord, così piccolo rispetto
alla grande stella
dorata che se ne stava al centro dell’intricato labirinto che
gli si parava
davanti, circondata su tutti i lati da altre sfere più o
meno grandi.
Avvicinandosi
di più Jack notò che la stella
centrale era in realtà una sorta di composizione che
ricordava vagamente un
castello immerso nello spazio più profondo, recante sopra la
scritta “May the stars shine
forever”, “Che le
stelle possano brillare per sempre”: una frase
rincuorante, pensò il
giovane Guardiano che, ovviamente incuriosito, era finito per spostare
lo
sguardo all’altezza di quella che riconobbe essere la
Costellazione di Orione,
e allora non si sentì più così
rincuorato come lo era stato prima.
“Conquest
and Destroy”, “Conquista e Distruggi”.
Proprio
una cosa tanto bella.
Poco
più sotto a quella scritta, in un punto non
meglio definito di quella sorta di mappa galattica, vide poi una forma
che
ricordava vagamente, molto
vagamente,
una sinuosa fenice azzurro ghiaccio la cui coda si snodava fino ad
incontrare
altre due stelle poste ai due estremi della Costellazione dello
Scorpione, una rosso
intenso ed una verde acceso, il tutto ovviamente coronato dai soliti
motti che
poco lasciavano all’immaginazione: le ali
dell’uccello recavano la scritta “Soar
higher than yesterday, lower than tomorrow”,
“Ergersi più in alto di ieri, più in
basso di domani”.
Poco
ambiziosi a quanto pare, giusto un po’
megalomani.
L’altra
scritta invece aveva lasciato Jack
piuttosto perplesso, ma allo stesso tempo l’aveva fatto
ridere male
guadagnandosi gli sguardi interrogativi degli altri: “Take
it from behind”, “Prendetelo da dietro”.
“Prendetelo
da dietro” cosa, esattamente?
Non
voleva nemmeno saperlo, ma le sue risate
avevano parlato per lui e le guance di Dentolina, improvvisamente
colorate di
un tenue alone di imbarazzo, gli avevano fatto capire che
sì, era proprio quello
ciò che bisognava
prendere da dietro.
Quella
gente aveva fantasia a scegliere frasi ad
effetto, anche troppa.
Jack
Frost era talmente occupato a mantenere la
bocca aperta per lo stupore che aveva ignorato tutto ciò che
gli stava
accadendo intorno, compreso Nord che gli si era avvicinato intuendo
ciò che
aveva catturato l’attenzione del giovane Guardiano:
«Questo
è Palazzo di Creazione» disse calmo
indicando la grande stella al centro:
«Sua
sovrana è Mother Galaxy, proprio lei: donna
potente, Jack, più potente di nostro Uomo di Luna, e tu
sapere perché?» domandò
all’altro, che però scosse la testa:
«Allora
ti dire io perchè: lei fa brillare stelle,
stelle che illuminano buio, e buio essere pericoloso in spazio senza
confini, molto pericoloso.»
asserì toccando dei
puntini luminosi biancastri che si mossero sullo sfondo nero-bluastro
della
stanza come stelle cadenti, per poi posarsi sul naso di Jack Frost e
scomparire
in una nebbiolina biancastra che lo aveva lasciato a bocca aperta.
Nord
si girò verso il giovane, che per poco non
finì con la testa contro la sua immensa pancia, e
spostò l’indice sulla
Costellazione di Orione che tanto aveva inquietato Frost:
«Loro
invece essere Chandrasekhar, signori di
guerra più potenti che Galassia conosca: loro capo
è Idhunn Orionis
Chandrasekhar, donna più temibile che tu puoi avere sfortuna
di incontrare,
sempre se tu riuscire a toccare suoi confini.»
spiegò seguendo con il dito la
sagoma della Costellazione nella sua immensità, per poi
spostare il proprio
sguardo su Jack che tremava nemmeno gli avessero detto che non aveva
nevicato
durante la notte.
Jack
si era anche accontentato di quella
spiegazione palesemente ambigua, ma Calmoniglio aveva dato una gomitata
divertita
a Frost per poi mettergli una mano intorno alle spalle mentre con
l’altra gli
indicava la fenice che si stagliava diafana in quella sorta di cielo:
«Quello
invece è il regno di Jexiha Eclypsis
Aeternae, una donna decisamente poco raccomandabile sotto certi punti
di vista
dalla quale è meglio stare lontani: se si sveglia con le
piume arruffate apriti
cielo, per non dire Galassia!» gli disse scherzoso
scompigliandogli i capelli, ma
Nord non sembrava totalmente d’accordo con la sua spiegazione
piena di
frecciatine:
«Ciò
che coda
pulciosa volere dire è che sovrana di
Costellazione di Fenice non essere
cattiva persona, ma mettere interessi verso polvere di stelle prima di
altro:
Jexiha è potente alleata di Chandrasekhar, ma anche lei
dovere sottostare a loro
se non volere problemi.» rettificò atteggiandosi
come un vecchio professore
voglioso di insegnare.
Un
dubbio però era ancora nella mente di Jack, ma
ci pensò Sandy a sbrogliarsi velocemente: il Guardiano fece
prima apparire una
ciambella fatta di polvere dorata, poi un wurstel, e allora
indicò la
Costellazione dello Scorpione iniziando a fare movimenti ambigui con le
due
pietanze, salvo poi essere fermato da un’imbarazzata
Dentolina:
«Sanderson
Mansnoozie! Per tutti i denti cariati abbi un po’ di riguardo!»
lo sgridò
mentre lui rotolava via tenendosi la pancia dal ridere.
Il
facepalm di Calmoniglio che ne seguì scatenò
anche le risate di Nord, il quale guardò Jack che se ne
stava a metà fra il
divertito ed il traumatizzato a vita al quale era stata appena bloccata
la
crescita, se mai fosse cresciuto:
«Alexia
Dhambros preso molte delusioni amorose,
per questo suo motto è che persone hanno messo in suo
didietro loro pen-»
«Smettetela
con queste cose! Siete vergognosi!»
intervenne nuovamente la fatina dei denti mentre si chiudeva le
orecchie con le
mani iniziando a canticchiare sopra ciò che dicevano gli
altri Guardiani intorno
a lei, tutti lieti che finalmente l’atmosfera cupa di prima
si fosse almeno
leggermente dissolta lasciando poste a battute di pessimo gusto, ma
sempre
battute erano.
A
quel punto Jack stava capendo anche qualcosa,
fra uccelli a destra ed altri uccelli a sinistra, ma una stella
verdastra
collocata sull’altra estremità della Costellazione
dello Scorpione l’aveva
incuriosito, dal momento che non aveva nessuna scritta:
«Il
suo motto quale sarebbe?» chiese perplesso,
prendendosi di rimando lo sguardo altrettanto confuso di Nord che fece
spallucce:
«Nessuno
avvicinato mai abbastanza per chiedere a
Tayaran quale essere suo motto, Jack Frost, strega di fuoco verde
è tanto
misteriosa quanto acida quando suoi incantesimi non funzionare,
soprattutto
incantesimo di trasformare sassi in pizze: meglio non fare domande su
lei, o
potresti trovare tuo letto con fuoco, e allora tu diventare pizza
fumante, ah!»
lo liquidò lasciando più inquietato di quanto
già fosse per via della storia
dei Chandrasekhar.
Dopo
essere tornato con i piedi per terra al
seguito dei violenti brividi che gli avevano percorso la schiena, una
cosa decisamente rara per lo
spirito dell’Inverno,
si era ricomposto ed avvicinato ad un minuscolo quanto insignificante
pallino
luminoso rosso scarlatto che lampeggiava incessantemente sulla
superficie di un
altro di quei globi, che recava la curiosa scritta “May
Her hooves never be shod”, “Possano i suoi zoccoli
non essere mai
ferrati”.
Il
Guardiano stava per allontanarsi quando l’altro
si riprese dal suo temporaneo stato di torpore e subito
afferrò la manica della
sua giacca per chiamarlo:
«E
questo?» chiese indicando curioso il puntino
rosso lampeggiante; il viso di Nord si
era improvvisamente trasformato in una maschera che non
lasciava
trasparire nessuna emozione, ma poco dopo aveva cercato di sembrare
perfettamente calmo:
«Quello
è Abisso, luogo più oscuro che tua mente
possa mai immaginare, ancora più oscuro di lato nascosto di
Luna dove abita l’Altro,
ma tu giovane Guardian-»
«Nord! Per
l’amor dei molari taci!» lo interruppe
Dentolina volando vicino a lui con
un guizzo repentino e tappandogli la bocca con le sue mani coperte di
soffici
piume variopinte.
Ma
era troppo tardi, e dagli sguardi attoniti dei
compagni anche Jack lo aveva capito.
«Momento
momento momento!» lo interruppe bruscamente
sbattendo il proprio bastone contro le pareti, che risposero con un
sordo eco
sinistro:
«Posso
capire di essere il novellino, che magari
ci siano cose delle quali non mi avete mai parlato, ma siamo sinceri:
l’Abisso?
Il lato nascosto della Luna? L’Altro? Ragazzi, ma
di cosa state parlando?» aveva subito domandato
Jack non più
incuriosito quanto insospettito, sospsetto che venne messo da parte
piuttosto
velocemente:
«Ma
no Jack, nulla di importante, non ti
nasconderemmo mai nul-»
«Lo
state facendo, e vorrei delle risposte: le
esigo, me le dovete.» ordinò con aria
severa, talmente tanto da non sembrare nemmeno lo scherzoso Guardiano
del Divertimento.
E
allora il brusio di sottofondo, provocato dai
Guardiani che confabulavano fra loro rimproverando il povero Nord,
colpevole di
aver parlato troppo, si era improvvisamente interrotto, quasi come uno
sciame
di fastidiose mosche spazzato via dalla brezza che spirava dietro il
giovane
Guardiano, che al momento sembrava leggermente
nervoso.
Nessuno
aveva osato proferire parola dato che parlare
di quello sarebbe stato difficile
per
tutti, ma alla fine Jack aveva ragione: c’erano complotti che
lui non
conosceva, stelle che brillavano dove non avrebbero dovuto farlo,
fratelli che
tornavano per riprendersi ciò che avrebbe dovuto essere
loro, famiglie talmente
potenti da poter spazzare via il creato con il semplice schiocco delle
dita, c’erano
Abissi dove erano stati gettati problemi, ricordi, nostalgie, dolori,
sofferenze, promesse.
E
persone, soprattutto quelle.
Il
silenzio che era seguito all’ordine di Jack era
stato imbarazzante ed inquietante allo stesso tempo, sembrava quasi che
persino
il tempo stesso si fosse fermato dalla curiosità di
conoscere la risposta alla
domanda del giovane Guardiano, ma alla fine Nord aveva raccolto tutto
il
coraggio che sentiva di avere dentro e si era limitato ad avvicinarsi a
Jack,
che lo guardava non senza diffidenza, per poi fargli mestamente strada
verso
una stanza collegata a quella in cui si trovavano: era più o
meno grande quanto
l’altra, con le pareti bianco latte ed un arredamento che,
fatta eccezione per librerie
che si innalzavano per metri e metri fino all’apertura
circolare sul soffitto,
decisamente molto sobrio composto da un grosso tavolo centrale ed una
dozzina
di sedie poste intorno ad esso.
Dopo
aver fatto accomodare tutti, compreso Frost
che si era quasi sdraiato sulla sedia, Nord aveva fatto per prendere
una teiera
che gli era gentilmente portata da uno dei propri yeti, il tutto
fingendo di
non vedere l’impazienza negli occhi del giovane Guardiano:
probabilmente Jack
temeva che stesse per prenderlo in giro con un’altra delle
sue storie come
faceva sempre, giusto per distrarlo dal vero obbiettivo, ma aveva
dovuto
ricredersi quando si era trovato faccia a faccia con i volti di tutti
gli
altri, con un velo di tristezza a nascondere la gioia di pochi istanti
prima e
gli occhi ridotti a due fessure dalle quali non traspariva nulla se non
un
crescente senso di sconfitta.
Il
primo a prendere parola fu proprio Nord, il
quale cercava di distrarsi fissando il fumo che fuoriusciva dalla tazza
ancora
bollente:
«E’
stato molti secoli fa, Jack, tanto tempo è
passato, ma noi Guardiani ricordare bene grande guerra di Luna, anche troppo bene» disse mentre
il
costante battere della zampa di Calmoniglio faceva vibrare il tavolo
creando
onde concentriche nel tè:
«Risparmierò
te dettagli, ma questo devi sapere:
grande guerra si è scatenata quando Uomo di Luna ha deciso
di combattere
l’Altro, così noi chiamiamo signore che vive su
Lato Nascosto di satellite, guerra
sua che diventata guerra nostra, di
tutti Guardiani.»
raccontò stringendo il
manico della tazza così tanto che sembrava fosse pronto a
rompersi da un
momento all’altro.
Calmoniglio,
già visibilmente agitato, diede un
colpo con la zampa ad una sedia facendola cadere rovinosamente:
«E
certo che è diventata la nostra guerra, mica
potevamo starcene fuori, ti pare Jack?» lo canzonò
con aria severa «Quando ti
dicono “Come vi ho creato, io vi distruggo!” non
è che hai molta scelta, soprattutto
se devi la tua stessa esistenza ad una palla di lardo
rotolant… no Sandy, non parlo di te.»
precisò facendo
un cenno al Guardiano dei Sogni, che nel frattempo aveva incrociato le
braccia sembrando
offeso dall’affermazione.
L’Uomo
della Luna… che minacciava i
Guardiani?
Manny,
così osannato per la sua indole pacifica e
del proprio ammmore verso i Guardiani che lui stesso aveva creato, che iniziava una guerra contro qualcuno?
No,
non poteva essere lui, gli altri cercavano solo di confonderlo.
Jack
si era quasi sentito tirato in causa a quelle
parole, le stesse che dipingevano l’uomo che gli aveva ridato
la vita come un mostro:
«State
mentendo!» sbottò all’improvviso
sbattendo
con violenza i pugni sul tavolo:
«Manny
non è così! Io lo conosco! Voi lo
conoscet-»
«Lo
conosciamo?» ripeté Calmoniglio
alzandosi ed avvicinandosi a Jack per poi
puntargli minacciosamente un dito al petto:
«Il
tuo Manny, il
tuo caro Uomo nella Luna, ha lasciato che sterminassero la
mia gente, Jack
Frost, lo ha permesso senza nemmeno
battere le sue lunghe e grasse ciglia biondo platino: non mi
credi forse?
Chiedi a loro, avanti!» lo provocò prendendosi di
rimando solo uno sguardo
ammutolito.
E
allora fu lui a parlare, se Frost non voleva
farlo, indicando prima Dentolina:
«Racconta
al nostro amico Jack di come l’Uomo nella
Luna ha lasciato che l’Altro spazzasse via il tuo regno,
dille di come ha
ammazzato le tue sorelle e tua madre! E tu Nord, sì, proprio
tu…» continuò
indicando il vecchio Guardiano, i cui occhi si erano incupiti a tal
punto da
non capire più se quello che provava fosse imbarazzo o
dolore:
«Spiega
a Jack come ti ha fatto trovare il corpo
di Olga, la tua Olga, impalato
sulle
corna del tuo Rudolph, spiegagli quanti anni sono passati senza il
Natale!» lo
accusò puntando infine il dito verso Sandman, che intanto
aveva abbassato lo
sguardo:
«E
tu Sandy, proprio tu che eri l’amicone di
Manny… alla faccia, ah!» disse con una risata
amara e piena di rancore «Narra a
Jack di Phobos, dei tuoi inutili tentativi di salvargli il culo prima
che
l’Altro gli riducesse il cervello ad una pappetta molle che
ha potuto plasmare
a suo piacimento, di come lo abbiamo sbattuto in una fottutissima
voragine su
di un pianeta in culo all’Universo! Raccontaglielo!»
concluse con il respiro che gli moriva in gola per quanta rabbia aveva
messo in
quelle parole, quelle che Jack chiamava “GNEGNEGNE ditemi la
verità GNEGNEGNE”.
Ancora
una volta,
l’ennesima in quella giornata, il silenzio era calato sui
Guardiani,
soprattutto su Jack che guardava Calmoniglio mentre… aveva le lacrime agli occhi?
Calmoniglio?
Proprio
lui?
Lui,
che
ostentava una fierezza ed una forza che nemmeno gli appartenevano, ormai sul punto di piangere come un
bambino?
Ma
presto si era accorto che riportare a galla
quei ricordi non era stato difficile solo per il coniglio pasquale, era
stato
terribilmente difficile per tutti: non conosceva le sorelle di
Dentolina o sua
madre, non aveva idea di chi fosse Olga e nemmeno Phobos, né
aveva mai sentito
parlare della presunta razza dalla quale discendeva Calmoniglio, ma
quelle
cose, quelle che avevano appena incriminato Manny, erano troppo
dolorose per
non essere vere.
Aspettò
qualche minuto perché tutti si
ricomponessero, salvo Dentolina che era stata portata fuori dal
coniglio
pasquale quando era scoppiata in un pianto a dirotto, così
Jack si fece
coraggio per parlare con Nord:
«Manny…
lui… lui
dov’era?» chiese infine stringendosi le
braccia al petto quasi stesse per
avere un mancamento, anche se quello che sembrava sull’orlo
di una crisi di
pianto sembrava essere Nord, che tuttavia trovò la forza per
rispondere:
«Uomo
di Luna occupato a nascondere suo culo
grasso mentre intera galassia combatteva l’Altro, lui non ha
fatto vedere sua
faccia in giro per tutta durata di guerra»
spiegò aprendo una mano e prendendo
una delle piccole stelle biancastre che dall’altra stanza si
era intrufolata in
quella sorta di biblioteca:
«Grandi
famiglie di Costellazioni si sono alleate
per proteggere nostro mondo, loro mondo:
Mother Galaxy salvato tutti, lei e Chandrasekhar stati decisivi per
sconfiggere
Altro, ma anche lei pagato prezzo per idiozia di Manny, tutti
avere pagato.» spiegò prendendo da una
tasca del pesante
cappotto un campanellino con un nastro di velluto verde e rosso che
aveva preso
a girarsi e rigirarsi fra le mani con aria nostalgica.
Jack
non sapeva cosa stesse passando per la mente
di Nord, tuttavia non riuscì a trattenersi
dall’allungare il collo per
osservare meglio l’intricato mosaico di rifiniture su quel
piccolo oggetto
dorato e luccicante, cosa che non sfuggì all’altro:
«Olga
era mia compagna, lei aiutato Guardiani
quando l’Altro arrivato su Terra e minacciato distruzione di
pianeta se noi non
consegnare Manny in sue viscide mani» raccontò
senza distogliere lo sguardo dal
prezioso ninnolo:
«Avvertimento
di Altro è stato fuoco, fuoco che
scioglieva ghiaccio di questo regno, Jack Frost, ma fuoco non poteva
spegnere
volontà di resistere, non di Olga: lei donna coraggiosa,
più di me e di nostri
amici Guardiani, ma anche impulsiva, tanto eh!»
continuò lasciandosi scappare
un sorriso forzato che gli riportò alla mente ricordi che
pensava di aver
dimenticato:
«Olga
combattuto fino a stremo di sue forze con
Altro, più di quanto avere combattuto io: lei guidato slitta
in viaggio senza
ritorno verso mostro, lei e mie renne, nostre
renne, ma lui era potente, troppo potent-»
«Lei
è morta?» domandò stupidamente Jack
pentendosi subito di aver buttato lì una domanda di quel
genere, sapendo già la
risposta tra l’altro.
Nord
impiegò qualche minuto a rispondere, e quando
lo fece si sentiva chiaramente che gli stava costando un carico immenso
di
emozioni non troppo piacevoli:
«Morta
per salvare mio regno, pochi minuti prima
di mio arrivo, insieme a tutti altri Guardiani che hanno guidato
Resistenza di
Terra: dobbiamo a loro nostra vita, se loro non avere combattuto a
nostro posto
allora nessuno avrebbe fatto, a famiglie di Costellazioni non
interessare
nostro piccolo e inutile pianeta.» disse mettendo al proprio
posto il
campanello con il quale stava riportando a galla chissà
quali emozioni
contrastanti, ma non si era reso conto di aver dato al giovane Jack
l’incipit
per una nuova domanda.
La
Resistenza della Terra, l’Altro, i Guardiani
caduti… ecco, proprio loro: chissà chi erano,
cosa proteggevano, se avevano
avuto paura come lui quando aveva affrontato Pitch oppure se si erano
immolati
guardando in faccia la morte.
Tutti
quei dubbi continuavano a ronzare prepotenti
nella mente di Frost, tanto da costringerlo ad altre domande sempre
più
precise:
«Non
voglio essere di disturbo con tutte queste
domande, ma gli Altri Guardiani… insomma, loro…
loro sono arrivati come me? Chi
erano? Cosa proteggevano? Perché loro
son-»
«Oh
oh oh, Jack, quante domande!» esclamò Nord
dandogli una vigorosa pacca sulla spalla che lo fece sobbalzare, poi si
picchiettò la testa con un dito come a pensare:
«In
guerra partecipato sorelle Temporibus,
Guardiane di stagioni su Terra: loro combattuto contro Altro per
salvare grande
foresta di Madre Natura quando lei fuggita, quattro sorelle avere
dimostrato
grande unione in combattimento, molto grande! E Vincent, Vincent
Valentine,
proprio lui caro Jack!» continuò facendogli
l’occhiolino:
«Vincent
era Guardiano di amore, lui è caduto per
primo quando Altro portato disperazione in cuori di gente: nessuno
creduto in
amore per lungo tempo, ma Vincent cercato fino ad ultimo momento di
riportare
speranza, e lui riuscito darci volontà di continuare,
sai?» puntualizzò notando
un leggero rossore sulle guance del giovane Guardiano:
«Anche
piccolo
burrito farcito è mancata come suoi compagni, ma
lei morta ridendo, come
sempre rideva in sua vita: beffata di Altro anche prima di morire,
tutti hanno
sentito sua mancanza quando lei scomparsa in guerra.» gli
disse notando che
anche Sandman aveva accennato un sorriso:
«Ah,
Sandy! Ricordi di lei, di nostra “El
Burrito”? Lei piaceva che gente chiamasse così,
ragazza adorava burritos! Devi
sapere che in real-» stava dicendo quando venne interrotto
dall’arrivo di
Calmoniglio e Dentolina, che ormai sembrava essersi visibilmente
calmata.
Nord
ed il coniglio pasquale, complice
l’imbarazzante discussione di qualche istante prima, non si
erano guardati
negli occhi da quando era rientrato nella stanza con la fata dei denti,
tuttavia lo sguardo pentito di Calmoniglio sembrava parlare da solo.
I
momenti che erano seguiti non erano certo stati
facili, fra litigi vari e ricordi ormai dimenticati che tornavano alla
mente,
ma i pensieri di Jack continuavano a farsi spazio con prepotenze fra le
pieghe
del suo buonsenso, portandolo a fare domande inopportune:
d’altronde nessuno
gli aveva ancora detto chi fosse quel Phobos, e nemmeno gli avevano
raccontato
molto sulla questione dell’Abisso che tanto aveva agitato
tutti, ma c’era una
domanda che lo perseguitava da secoli interi, dal primo istante in cui
la sua
vita era finita in quel dannato lago dove si specchiava
l’imponente sagoma
della luna bianca.
Una
domanda alla quale nessuno aveva mai fatto
riferimento, anche se probabilmente tutti immaginano la
curiosità del giovane
Guardiano al riguardo.
Per
quanto però la curiosità gli stesse ruggendo
dentro
con una furia immane, Jack Frost cercò di trattenersi,
preoccupandosi invece
delle condizioni della compagna di lavoro:
«Tutto
bene, Dentolina?» domandò in modo
piuttosto scontato senza nascondere un velo di imbarazzo che si era
manifestato
con un tenue rossore sulle guance, imbarazzo ricambiato
dall’altra, che accennò
un timido sorriso decisamente forzato:
«Tutto
bene, grazie per l’interesse, Jack, ora sto
meglio.» rispose mostrando fiera le proprie piume che
fremevano dandole
l’aspetto di un passerotto arruffato:
«Si
è trattato solo di un attimo di mancamento,
nulla di qui preoccuparsi: parlare della guerra contro
l’Altro è sempre
difficile, soprattutto…» continuò
sospirando e posandosi a terra, facendo
svanire l’improvvisa euforia di qualche istante prima
«Soprattutto se hai perso
tutto, o meglio tutti, come me… o come Calmonigl-»
«Parla
per te, Dentolina: per quanto possa
apprezzare l’interessamento pensa a preoccuparti delle tue perdite, che alle mie
ci
penso io.» rispose stizzito il coniglio pasquale, facendo
comparire sul volto
della fata un’espressione di rimorso per quelle parole di
troppo.
Calmoniglio
stava soffrendo, ormai Jack ne aveva
la conferma, solo che non voleva ammetterlo; d’altronde
ognuno soffriva a modo
suo, che fosse piangendo o tenendosi tutto dentro non aveva importanza,
ma
nessuno di loro era solo, con tutti i compagni a sostenerlo.
Tranne
Frost, lui era davvero solo: lo
spirito del divertimento, lo stesso tanto amato
dai bambini, quello che aveva rimandato Pitch Black nella sua tana
impolverata
sotto il letto di qualcuno a mangiarsi bruschette alla cenere condite
con le
sue lacrime di solitudine, era sempre stato solo, almeno da quando era
diventato Guardiano.
Non
perché non avesse amici che lo facessero
sentire amato, quelli li aveva, ma c’era una persona della
quale sentiva
terribilmente la mancanza in ogni singolo istante da più di
trecento anni, una
persona sulla quale nemmeno Manny si era mai pronunciato: Emma.
Emma
Overland, la sua sorellina,
chissà che fine aveva fatto… morta era morta,
quello
sicuramente dato tutto il tempo passato, ma in Jack c’era
sempre stata la
speranza di rivederla, magari nelle vesti di Guardiana: nessuno le
aveva detto
nulla sulla sua sorte, nemmeno Dentolina aveva mai tirato fuori i denti
con i
ricordi della piccola, ma era certo che sapessero qualcosa e che non
volessero
proprio rivelargli nulla.
I
Guardiani intanto erano occupati a confabulare,
giustamente senza far caso alla figura di Jack che li guardava dal
basso verso
l’altro:
«Servire
provvedimenti per questione di Abisso,
non potere stare qui a leccare pelo tutto giorno grattandosi
orecchie!»
«Cosa? Parli
tu di non fare nulla? Ah! Raccontaci cosa fai in estate, quando il
Natale non è
così vicino, dillo a tutti!»
«Tu
dire che io essere fannullone? Parlare quello
che fare bagno con fragole in cioccolato fuso!»
ribatté Nord dando vita
all’ennesima discussione del giorno.
Doveva
parlare adesso, non avrebbe avuto altre possibilità.
Per
sciogliere i dubbi di una vita.
Jack
Frost doveva parlare.
Doveva
farlo per sé stesso.
Doveva
farlo per Emma.
Ovviamente
i due continuarono imperterriti, come
se non ci fosse nessuno intorno:
«Io
prendere tue grasse orecchie e farci stufato!»
«Ed
io prendo a calci il tuo lardoso fondoschiena
sotto Natale, così vediamo se riesci a metterlo sulla tua
slitta trainata da
capre vogliose di carrube!»
«Non
ti azzardare ad insultare mie ren-»
«Voi
sapete che fine ha fatto mia sorella, che fine ha fatto Emma?»
Lo
aveva fatto, dunque, aveva trovato il
coraggio di chiedere, ma gli altri non avevano
ugualmente trovato il coraggio di rispondere.
Nessuno
di loro lo aveva fatto.
Ma
se lo aspettavano, era solo questione di tempo:
la domanda non era “se” e
“come” Jack avrebbe fatto domande sulla sorella,
era
un “quando”, una questione con quale prima o poi
tutti avrebbero dovuto fare i
conti senza troppi giri di parole per nascondere la verità
al giovane
Guardiano, nonché al fratello dell’interessata.
Questa
volta, quella in cui Frost si aspettava di
incontrare maggiore resistenza e silenzio di quelle precedenti, i
Guardiani si
decisero finalmente a parlare, e con sorpresa del ragazzo fu Dentolina
a
prendere la parola mentre Dente da Latte si spostava dalla sua spalla
alle mani
aperte dell’altro, che le aveva dischiuse per accogliere la
piccola fata nel
frattempo che la Guardiana della Memoria gli si avvicinava librandosi
lentamente:
«Non
pensare che ti abbiamo nascosto ciò che
sapevamo di lei per farti del male, ti prego» gli disse
mentre la fatina gli si
premeva sulla guancia come ad abbracciarlo «E’
stata una decisione difficile
per tutti, quella di non dirti nulla, ma è stato per il tuo
bene, perché non
volevamo che la notizia di facesse più male di quanto
dovrebbe: noi ti vogliamo
bene, Jack, te ne abbiamo sempre voluto, e volevamo bene anche ad Emma,
puoi
starne certo.» lo rassicurò mentre il suo sguardo
si perdeva negli occhi vuoti
del compagno, probabilmente non ancora pronto ad ascoltare ma
sicuramente
voglioso di sapere la verità.
Su
di lei, sulla sua vita e, con molta probabilità, anche sulla
sua
fine.
Per
Jack fu istintivo prendere nuovamente fra le
mani l’aiutante della fatina dei senti ed iniziare ad
arruffarle le piume
facendola ridere divertita, ma la sua mente era altrove:
«Tu hai i
suoi ricordi? Li hai? Devi averli, Dentolina, quindi
mostrameli, per
favore.» la pregò con gli occhi lucidi, ma
l’altra lo guardò mestamente:
«Purtroppo
non ho i ricordi di tua sorella, però
pos-
«Perché?»
domandò alzando la voce, tanto che Dente da Latte gli
lanciò un’occhiata
infastidita
«Jack,
devi capire che tua sorel-»
«Non
devo capire nulla, vogl… vorrei sapere
dove si trova, solo quello… solo
quello.» continuò mentre le sue
dita, forse per il nervosismo o forse per un gesto inconscio, si
chiudevano sul
piccolo corpo della fatina facendola fremere e contorcere per lo
spavento:
«Jack?»
chiese Dentolina impaurita, non
riconoscendo più l’amico «Jack basta! Le
stai facendo male! Jack! Smettila!»
urlò facendo riprendere il
giovane, che con lo sguardo perso e sconvolto osservò la
creatura che aveva fra
le mani la quale, dopo avergli pizzicato la mano con il sottile becco
per
liberarsi, era schizzata via impaurita verso le braccia di Dentolina.
O
almeno ci aveva provato.
Ciò
che era accaduto negli istanti successivi era
un mistero per tutti, soprattutto la modalità in cui
ciò era avvenuto: tutto
quello che Jack aveva visto era un’imponente figura nera
scagliarsi fra lui e
la fata con un rombo assordante, un qualcosa di simile ad un ruggito
che si era
mischiato ai mattoni ed al legno della stanza che si frantumavano sotto
quell’immane forza che, a quanto pare, aveva fatto irruzione
nella stanza dove
si trovavano tutti.
Udì
un grido strozzato quasi impercettibile,
seguito da uno molto più acuto che gli rimbombava nei
timpani: il rumore di
qualcosa che si serrava con violenza facendo schizzare
chissà cosa contro le
sue guance, un lungo suono sordo accompagnato da un tonfo altrettanto
rumoroso
al suolo, le voci degli altri Guardiani che gridavano chissà
cosa, voci che man
mano diventavano sempre più ovattate ed incomprensibili.
Poi
il rosso.
Ovunque.
Sangue,
era quella la prima cosa che Jack aveva
pensato quando i suoi occhi, aprendosi, si erano trovati davanti solo
quel
colore, un rosso intenso così scuro che non avrebbe lasciato
dubbi a nessuno.
O
meglio, non ne avrebbe lasciati se la sua
guancia, quasi per caso, non avesse sfiorato quella macchia
monocromatica
avvertendo che non era liquida e nemmeno inconsistente, ma sembrava
più simile
a… velluto?
Di
sangue vellutato non ne aveva mai sentito
parlare, così si decise a sgranare gli occhi alzandosi dalla
posizione fetale
che aveva istintivamente assunto, e ciò che vide lo
lasciò ancora più sconvolto
di quanto avessero fatto le storie di Nord: il mare cremisi che aveva
visto non
era altro che il tessuto di un mantello che scendeva morbido lungo i
fianchi di
qualcosa, un qualcosa di non ancora meglio definito, che gli si
stagliava
davanti, una massa grigia che tendeva al bianco man mano che si
avvicinava a
quattro grosse colonne che, in un primo momento, il Guardiano non aveva
capito
bene cosa fossero.
Aveva
reagito esattamente come quando aveva
incontrato Pitch Black, e lo aveva fatto senza pensarci sopra troppo
tempo:
bastone alla mano ed orecchie ancora tappate per il frastuono di prima,
aveva
richiamato il vento come faceva sempre quando doveva togliersi dai guai
il più
velocemente possibile per poi, appena sentita la leggera brezza che gli
aveva
risposto, fare un piccolo salto per cavalcarla.
Salvo
essere atterrato malamente da un qualcosa di
non meglio definito, ma sicuramente ricoperto di un’ispida
pelliccia simile,
almeno per consistenza, a quella di Calmoniglio:
«Non
andrai da nessuna parte, Jack Frost, e ti
conviene non fare scherzi: Spettro non si fa problemi a divorarti, e
nemmeno
io, nessuno lo verrà a sapere.»
gli
raccomandò una voce femminile che inizialmente non
riuscì a distinguere troppo
bene.
Poi
riuscì a distinguerla, e allora sfiorò
l’infarto miocardico: ad appena qualche centimetro dal suo
naso c’era una
gigantesca bocca irta di canini color avorio sporchi di sangue e piume
opalescenti che gli ringhiava contro con un suono sordo che gli
riempiva le
orecchie, due occhi azzurri come il ghiaccio che lo scrutavano in malo
modo.
Sangue…
e piume.
Il
frastuono di poco prima.
Dente
da Latte.
Non
ci volle molto perché facesse due più due e
capisse che il gridolino strozzato di prima fosse quello della povera
fatina,
probabilmente catturata dalle fauci di quella bestia mentre cercava di
tornare da
Dentolina, e in effetti gli bastò guardare la fata dei denti
per capire che
aveva ragione: si agitava convulsamente per scagliarsi contro la massa
grigia,
trattenuta per i polsi da Calmoniglio che se la strinse a sé
non senza una
certa difficoltà, che nel frattempo aveva alzato la testa
quasi a tastare e
fiutare l’aria.
Quello
era il momento buono per scappare, osservò Frost:
con un gesto fulmineo, derivato dalle serate fatte di vodka e limbo
sfrenato, si era lasciato scivolare fra le gambe della bestia
oltrepassandola
in tutta la sua lunghezza che, ad occhio e croce, dalla testa alla
coda,
sfiorava qualcosa come i quattro metri buoni, spuntando vicino ai
propri
compagni con l’aria di chi ha appena vinto chissà
cosa.
Tipo
l’ennesima sorpresa della giornata.
Aveva
ipotizzato che ci fosse una donna a cavalcare
quel mostro dalla voce femminile che aveva sentito, ma non immaginava quel genere di donna: alta e possente,
probabilmente rasentava il metro e novanta d’altezza, il
corpo robusto protetto
da una spessa armatura argentea decorata con intricati motivi floreali,
ovviamente
compreso il prosperoso seno che lasciava ben poco
all’immaginazione dal momento
che era decisamente scoperto a
mostrare il piccolo rubino che pendeva dal collo, armatura che era
identica a
quella che copriva l’immensità del corpo e la
testa del grosso lupo che
cavalcava, con tanto di rubino corredato.
A
guardarla bene era anche affascinante, una
macchina da guerra con il fascino di un’indomita lupa
selvatica: i capelli
biondi lunghi fino alle spalle quasi non si vedevano sotto il cappuccio
rosso
che teneva calcato sulla fronte, cappuccio che si trasformava in un
lungo
mantello che scendeva lungo i fianchi del lupo, ovviamente in tinta con
la
gonna che le copriva a malapena le nudità mostrando tutto
ciò che
l’immaginazione non poteva nemmeno lontanamente immaginare.
Ma
ciò che aveva colpito Frost, e che non avrebbe
dimenticato presto, erano stati gli occhi della donna: freddi
come il ghiaccio, di una curiosa tonalità di
grigio che
tendeva all’argento, si sposavamo alla perfezione con
quell’aria fiera che
aveva avuto dal primo istante in cui aveva fatto irruzione nel covo di
Nord.
Per
quanto Calmoniglio si stesse visibilmente
impegnando nel tenere a bada Dentolina, una sua distrazione ed un
allentamento
della sua presa avevano fatto sì che la fata dei denti
sfruttasse l’opportunità
per divincolarsi più del solito e riuscire a sfuggirli prima
che potesse
rendersene minimamente conto:
«Maledetta!
Maledetta! Maledetta!»
urlò con le lacrime agli occhi mentre si gettava a
capofitto verso la propria avversaria, che invece manteneva uno sguardo
calmo
ed assente.
Forse
perché aveva in mano una lancia di due metri
alla quale nessuno aveva fatto caso prima, forse perché il
grosso lupo aveva
spiccato un balzo verso di lei atterrandola con una zampata, o forse
era perché
ora Dentolina se ne stava a terra bloccata da mezza tonnellata di
muscoli che
tenevano fra le fauci una delle sue ali mentre la donna le teneva un
piede
sulla schiena e la propria arma puntata sulla nuca.
Forse,
ma non ne era proprio sicura.
La
situazione non era delle migliori, ma i suoi
lamenti di dolore soffocati sembravano divertire i due ospiti,
soprattutto
quando la bestia stringeva la presa:
«L’avvertimento
di non fare scherzi vale anche per
te, feticista dei denti, quindi
vedi di
stare al tuo posto e nessuno si farà male… tranne
la tua fatina, lei si è già
fatta male, vero?» la sbeffeggiò sorridendo
prendendosi di rimando una serie di
insulti che lasciarono sconvolto Jack Frost, abituato a vedere la
compagna
calma e riflessiva:
«Non
ti a-aveva fatto n-nulla!» riuscì a
rispondere con un filo di voce, complice il sangue che aveva iniziato a
colare
dai denti dell’animale:
«Non
stava f-facendo nulla… ma t-tu! Tu! L’hai
a-ammazzata! L’ha uccis-»
«Non stava
facendo nulla?» ripeté la donna piegando
la testa «Era sulla mia
traiettoria, quando io e Spettro
sfondiamo i muri non vediamo anche attraverso, non credi?»
domandò inclinando
la testa incuriosita, poi le afferrò il mento guardandola
negli occhi ormai
persi nel vuoto:
«Un
cacciatore non ha pietà per la propria preda, e
la Cacciatrice non ha pietà nemmeno per i
cacciatori, ormai dovresti averlo imparat-»
«Ah,
Scarlet! Piacere davvero rivederti!»
intervenne Nord con un tono stranamente calmo, non certo in linea con
la
situazione, e le occhiate che aveva lanciato ai compagni volevano dire
qualcosa
del tipo “Fate come se nulla fosse
altrimenti qui crepiamo tutti”, e nessuno era in
disaccordo con quell’idea.
Dunque
era così che si chiamava, Scarlet,
l’ennesima di tante conoscenze di quella giornata, o almeno
Jack la vedeva
così:
«Sì,
certo, un vero piacere, non aspettavo altro
che incontrarvi» rispose sarcastica mollando la presa della
lancia su
Dentolina, così Nord ne approfittò per prendere
Jack fra le braccia e
costringerlo ad allungare una mano verso di lei:
«Jack
Frost, lei essere Scarl-»
«Prego,
Nord, le mie presentazioni vorrei
farle da sola, se permetti» lo rimproverò
afferrando la mano del giovane Guardiano che, seppur con titubanza, si
era reso
conto che sua stretta era anche più forte di quella di Nord:
«Il
mio nome è Scarlet Redcape, anche se alcuni
preferiscono rivolgersi a me come la Cacciatrice» si presentò con
un leggero inchino del capo richiamando
a sé il gigantesco lupo, finalmente facendogli mollare
l’ala della povera
Dentolina, ormai ridotta ad un grumo informe e sanguinante di piume
opalescenti:
«Lui
è mio fratello Spettro, mio fratello ed anche
il mio fidato compagno di viaggio: la tua amica ha avuto il piacere di
stringergli la zampa, o forse è
stato lui
a stringerla a lei.» continuò mentre il
lupo, o meglio Spettro, si sedeva
al suo fianco leccandosi i denti ancora sporchi di sangue, ed il fatto
che da
seduto fosse anche più alto di Scarlet non era certo poco
inquietante:
«Serviamo
la principessa guerriera Alice Castle
Wonderwood, sovrana del regno di Fairy Oak del pianeta Exodus, e siamo
qui
perché la mia signora ha modo di pensare che i tuoi amici
Guardiani siano
coinvolti nella liberazione del Ciciarampa, e
tutti sanno cosa succede a chi ruba il Ciciarampa.»
puntualizzò lasciando
tutti con una smorfia di sorpresa sul volto.
Il
Ciciarampa… scomparso?
Una
bestia di dodici metri… scomparsa
nel nulla?
Tutto
ciò aveva senso per i Guardiani, ma non per
Jack Frost, il quale si intromise nuovamente:
«Il
Ciciacosa? Cosa sarebbe? Un animal-»
«E’
uno dei guardiani del regno di Fairy Oak, piccolo
spirito impiccione, e si da il
caso che sia casualmente scomparso quando la mia signora è
stata avvertita
dalla Regina di Phantasia che c’era qualcosa che non andava
con l’Abisso… ma almeno
sai di cosa e chi sto parlando?»
domandò confusa abbassandosi per toccare con
l’indice la punta del naso di
Jack, che iniziò a scuotere la testa prendendosi un facepalm
di rimando:
«Peggio
di quanto pensassi… seriamente non
gli avete detto nulla, nemmeno su Phobos ed Harmonia?» chiese
ai Guardiani, i quali fecero spallucce:
«Stavamo
spiegando lui di Abisso quando tu entrata
senza bussare!» si giustificò Nord
facendo spallucce imbarazzato «Stavamo
dicendo che l’Altr-»
«L’Altro? Lo
chiamate ancora così?»
domandò incuriosita ridendo e facendo una smorfia di
compassione «Sembra quasi che voi, i potenti Guardiani di
Manny, abbiano paura
a pronunciare il suo nome, nemmeno fosse affare vostro
anziché della gente
delle Costellazioni: ma d’altronde bisogna capirvi,
incompetenti come siete
stati nella guerra contro “l’Altro”
è
già tanto che non siate morti male… come
avreste meritato.» concluse tirando
l’ennesima frecciatina della giornata,
quella che aveva lasciato i presenti senza nulla con cui controbattere
alle sue
affermazioni.
Perché
alla fine, che lo volessero ammettere o
meno, erano tutti consapevoli che la loro utilità in quel
conflitto era stata
marginale, decisamente marginale.
Tuttavia,
nonostante la discussione tutt’altro che
pacifica, il motivo per cui Scarlet si fosse scomodata ad attraversare
chissà
quali cunicoli nel ventre dell’Universo per arrivare dai
Guardiani sulla Terra
era ancora ignoto, e Nord dubitava che fosse lì solo per
accusarli di aver rubato
il Ciciarampa:
«Noi
non volere essere poco educati, ma volere
sapere perché grande Cacciatrice venuta da noi, solo per
sapere se noi dovere
preoccupare di avere fatto qualc-»
«Sono venuta
qui per questo» disse indicando al vecchio
Guardiano il puntino rosso che
lampeggiava sul gigantesco globo formato Universo, ormai visibile dopo
che lei
ed il compagno avevano fatto irruzione:
«Alice
ha motivo di credere che Phobos si sia liberato,
o meglio che sia stato liberato:
senza poteri non può fare molto, ma se quei poteri li avesse
riottenuti beh,
lascio immaginare a voi le conseguenze della
cosa…» spiegò incrociando le
braccia «Ed il Ciciarampa è sparito nel nulla:
probabilmente non siete stati
voi a prenderlo, dal momento che non siete capaci nemmeno di
riprendervi la
fiducia dei bambini che quel povero disgraziato di Pitchone vi aveva
sottratto
piuttosto male, ma mi è stato comunque chiesto di
accompagnarvi al cospetto
della mia signora per sciogliere ogni dubb-»
«Venire
a Fairy Oak? Noi non potere venire a Fairy
Oak! Avere molto da far-»
«Non mi
interessa cosa avete da fare nei vostri patetici palazzi»
rispose fredda
con aria strafottente mentre con un gesto felino si era nuovamente
messa in
groppa del proprio lupo, il quale aveva approvato con un ululato appena
accennato.
Vedendo
che ne stavano ancora tutti con le mani in
mano, o con Dentolina in braccio nel caso di Calmoniglio, aveva pensato
Scarlet
a dare una svegliata ai Guardiani, punzecchiando la fata con il lato
meno affilato
della lancia:
«Nessuno
escluso, sia chiaro, e tutti sono pregati
di camminare con le proprie gambe, capito?»
le chiese prendendosi di rimando un cenno assopito «Bene, ora
che siamo tutti
d’accordo vi chiederei di stare indietro, se ci tenete alla
pelle.»
Jack
conosceva solo, oltre al compagno sempre
presente vento, le gallerie di Calmoniglio e le sfere di neve di Nord
come
metodi per raggiungere luoghi lontani, ma a quanto pare quella donna
aveva in
mente ben altro: con la lancia iniziò a disegnare strani
segni sulle assi di
legno del muro rimasto in piedi, il quale si era improvvisamente
ricoperto di
quelle che dovevano essere lettere simili ad antichi quanto arcaiche
rune
violacee, segni che avevano iniziato a brillare mentre lei, con il capo
chino,
recitava formule il cui significato era ignoto.
Appena
il tempo di realizzare ciò che stava
succedendo e Jack si trovò davanti a quello che aveva tutto
l’aspetto di un
portale come quello che utilizzava Nord, solo variopinto dei colori e
delle
forme più insolite: nemmeno lui, come del resto gli altri,
ci aveva messo molto
a fare il primo passo per entrare in quella misteriosa porta verso
chissà cosa,
si sentiva come attratto da una forza invisibile che, volente o meno,
lo aveva
costretto ad avanzare senza sapere la meta.
Qualche
istante di attesa in quel vortice
colorato, poi una luce bianca così intensa da ricordargli
quella della Luna che
gli era apparsa quando era morto, quando era diventato un Guardiano di
Manny,
dell’Uomo nella Luna.
Poi
l’odore dell’erba fresca, nient’altro.
Non
poteva crede ai suoi occhi.
Non
poteva farlo.
Non
doveva.
Ma
lo aveva fatto, nonostante il trauma iniziale:
dinanzi al giovane Guardiano si stagliava un’immensa distesa
di prati ed alberi
dalle forme e dai colori più impensabili che sembravano
macchie di colore
buttate completamente a caso su quella tavolozza verde acceso in un
ordine
talmente casuale da risultare affascinante come pochi, un quadro con
sprazzi
qua e là formati da complessi di case bianche delle
dimensioni più disparate, con
torrenti e fiumi che si sovrapponevano in giochi d’acqua
capaci di rapire lo
sguardo di chiunque, con persone che camminavano da un lato
all’altro di quello
spazio incontaminato affiancate da strani animali dei quali Jack, nei
suoi
oltre trecento anni di vita da Guardiano, non aveva mai nemmeno osato
pensare
potessero esistere, un luogo dove la magia e le favole che conosceva da
quando
ne aveva memoria si incontravano in un perfetto insieme, appunto,
fiabesco.
Il
regno di Fairy Oak, il Paese delle Meraviglie,
si era certo meritato quel soprannome.
Solo
quando aveva alzato lo sguardo aveva poi
notato l’immane castello che svettava lontano da dove erano
atterrati senza
problemi, e quello lo aveva lasciato nuovamente senza fiato: era
gigantesco, un
enorme blocco di preziosa pietra bianca immacolata come la neve fresca,
pietra
che era stata lavorata nei modi più disparati per formare
intricate e sinuose
decorazioni che parevano rincorrersi su quelle mura che, anche se fatte
di pietra,
non sembravano affatto fredde, ma invece riscaldate dai limpidi fasci
di luce
che si riflettevano nelle finestre dai tre soli alti nel cielo.
Tre
soli?
Tre
soli, a quanto pareva: d’altronde erano su un
altro pianeta, non si poteva mica pretendere che ce ne fosse uno
normale che se
ne stava bello fresco nel cielo.
Nord
inspirò a pieni polmoni una ventata d’aria
fresca rilassandosi dopo tutto quello che era accaduto in quel giorno:
«Ah,
quanto tempo! Proprio come ricordavo, tutto
meraviglioso come sempre stato!» esclamò gonfiando
il petto fiero, poi prese di
forza Frost «Visto, Jack? Guarda spettacolo che questo posto
ti offre! Guarda
quanto è meravig-»
«Benvenuti,
Guardiani, nel regno di Fairy Oak.» disse una voce
femminile appena
accennata dietro di loro all’improvviso.
Immediatamente
Scarlet scese da Spettro e fece un
lungo inchino piegandosi sul ginocchio, gesto che venne
sorprendentemente
imitato dal lupo, il quale abbassò il muso piegando una
zampa e tenendo tesa
l’altra come a salutare:
«Mia
signora, ti ho portato i Guardiani come mi
avevi chiest-»
«Suvvia,
Scarlet, prima o poi dovrai abituarti a
darmi del tu senza tutte quelle formalità, ma ti ringrazio
per il tuo operato,
ti sono immensamente grata» la ringraziò con un
breve inchino a sua volta «Vai
pure a riposarti, il viaggio è stato lungo,
penserò io ai Guardiani.» la
congedò per poi, con l’ennesimo gesto formale
della giornata, vederla
allontanarsi insieme al fidato compagno.
Jack
iniziò a squadrare quella che avrebbero
dovuto essere una donna che, in realtà, si era rivelata
essere una ragazzina poco
più alta di lui: i capelli biondi non troppo lunghi
ricadevano morbidi sulle
spalle, incorniciando quel viso innocente coronato da due occhi di un
azzurro
talmente intenso da fare invidia ad uno zaffiro, il corpo esile ma al
tempo
stesso ben proporzionato era coperto, alla faccia
dell’espressione da ragazzina
innocente, da un lungo vestito blu con dei merletti bianchi coperto per
la
maggioranza da quella che aveva tutta l’aria di essere una
pesante armatura
argentea finemente lavorata che, oltre a proteggerle petto e braccia
con una
grossa placca pettorale e dei guanti di metallo, scendeva
sull’ampia gonna
dell’abito in una cascata metallica argentea e dorata
donandole un aspetto da
guerriera reso più mite dal mantello bluastro con pregiate
rifiniture di
pelliccia bianca e nera ai bordi.
E
la spada, soprattutto
quella, una spada più grande di lei che
però sembrava maneggiare senza
alcun problema degno di nota.
La
ragazza li aveva squadrati tutti soffermandosi
su Dentolina tuttavia, quasi senza farci troppo caso, si era rivolta a
Jack
Frost facendogli un cenno con la testa:
«Immagino
che mi abbiano già presentata, ma mi
permetto di presentarmi da sola al nuovo Guardiano» disse
sfoderando un sorriso
che il Guardiano non capì bene se essere sincero o meno:
«Il
mio nome è Alice Castle Wonderwood, principessa
guerriera del glorioso regno di Fairy Oak e generale delle Armate delle
Meraviglie, è un piacere per me conoscere l’ultima
creazione di Manny e presentarti il luogo dove te ed i tuoi amici passerete
l’eternità se non verrà
fuori chi mi ha fottuto il mio dannatissimo Ciciarampa, ma non vorrei
dilungarmi troppo.» spiegò mentre Jack,
baciandogli elegantemente la mano
come si conviene ad un vero gentiluomo, si rendeva conto che il sorriso
e la
gentilezza di prima avevano fatto posto ad uno sguardo minaccioso che
lasciava
presagire ben poco di buono, poi fece strada a tutti ed
iniziò a camminare
senza proferire parola, atteggiamento che venne imitato
all’unanimità.
Era
appena arrivato e già lo accusavano di
qualcosa che nemmeno sapeva!
O
meglio, che
non ancora sapeva.
Ma
lo avrebbe scoperto molto presto.
[
Intanto sulla Luna… ]
«Scacco
matto, per l’ennesima volta.»
Quella
voce iniziava ad irritarlo seriamente, ed
il fatto che provenisse da una donna di quel
fascino lo irritava ancora peggio: anche se non era nei suoi
abiti formali,
la veste bianca che scendeva fino al pavimento accompagnando la sinuosa
forma
della sedia le dava un aspetto a dir poco etereo ed evanescente,
impressione
resa ancora più forte dai lunghi capelli biondo grano
raccolti sulla nuca che
lasciavano ricadere dei grossi boccoli ai alti del viso mentre,
esattamente
come una corona, dei filamenti dorati che ricordavano piccole stelle
scendevano
lungo la folta chioma formando un intricato mosaico d’oro che
pareva provenire
da un’altra dimensione.
Ed
era cosa, più o meno, e guardandola meglio si
poteva capire il perché: gli occhi celesti, se osservati da
vicino,
nascondevano nel loro immenso e profondo mare dei puntini luminosi e
delle
variegate sfumature che ricordavano le forme e di colori di una
galassia,
persino la pupilla pareva essere un vero e proprio pianeta.
E
se quelle prove non fossero bastate per provare
quanto la donna che aveva davanti fosse tutto tranne che una donna
comune
bastava rivolgere lo sguardo verso la sua schiena, dove due grandi e
morbide
ali di soffici piume bianche immacolate si stagliavano prepotenti verso
il suo
interlocutore facendo sembrare che l’altra fosse seduta su
quelle, anziché su una
sedia.
Da
parte sua, l’interlocutore stesso non poteva
che essere d’accordo con quelle frecciatine, visti i
risultati ottenuti nelle
partite dell’ultimo millennio:
«Meravigliosa
come sempre, mi sorprende che Nonno
Drago non ti abbia ancora convocato per un torneo di scacchi con
lui, sarebbe
uno spettacolo per il quale mezza Galassia pagherebbe più
polvere di stelle di
quanta ne estragga Idhunn in un decennio.»
asserì l’uomo mentre afferrava un
bicchiere posto vicino alla scacchiera, il tutto mentre la donna si
lisciava le
lunghe piume imitando il suo gesto: «Non sottovalutare
Idhunn, conoscendola
potrebbe anche sentirti» rispose ridacchiando
«Queste tue lusinghe mi fanno
pensare che tu voglia evitare di parlarne.»
«Parlarne?»
ripeté l’altro come se nulla fosse
«Non so proprio di cosa tu stia
parl-»
«Hanno
risvegliato i poteri di Phobos, poco fa, e
le tue pedine si sono mosse, come d’altronde era prevedibile
che facessero»
continuò alzandosi e rigirandosi il bicchiere fra le dita:
«Mi
chiedo solo come pensi di sistemare le cose,
ora che hai appena permesso che si muovessero dal loro stato di
torpore:
nessuno è disposto a combattere nuovamente in una guerra
come quella appena
passata… ma d’altronde cosa lo dico a fare, i tuoi
Guardiani sono già pronti a
morire e immolarsi per il loro Manny, o almeno è quello che
tu pensi, vero?»
domandò senza ricevere alcuna risposta.
Ci
volle un po’ per trovare il coraggio di
rispondere senza offenderla:
«I
Guardiani sanno cavarsela, se necessario, e
loro combatteranno per me come hanno sempre fatto, come fanno e come
sempre
faran-»
«Non lo
faranno.» annunciò una voce dal nulla,
voce che si materializzò nella vaga
sagoma di una figura nascosta nella penombra della quale si distingueva
solo un
occhio azzurro luminescente con la pupilla bianca dal quale si
diramavano
strani filamenti dello stesso colore, il tutto posto piuttosto in alto
rispetto
a terra:
«Non
combatteranno, non come l’ultima volta, l’ho visto
molto chiarament-»
«Vedi
troppe cose, vecchio mio, è meglio se torni
alla tua torre a risposare quell’occhio anziché
stare qui ad ubriacarti di latte,
molto buono del resto, invocando profez-.»
«O forse è
meglio se tu inizia a giocare a scacchi in modo presentabile»
intervenne la
donna alzandosi e facendo per andarsene, ma non prima di afferrare la
pedina
del re avversaria:
«Tu,
il re, hai i tuoi pedoni che ti difendono a
costo della vita, tuttavia….» continuò
prendendo la sua pedina che
corrispondeva alla regina «Io ho una regina ed
un’intera corte che la
proteggerà: sta a te la scelta di come muovere le pedine, ma
stai attento Manny
caro» disse posando la regina e riprendendo il re per poi
metterglielo in mano
«Prima o poi faranno scacco matto, e
lo
faranno all’Uomo nella Luna.» concluse
andandosene e lasciando dietro di sé
una scia dorata.
Era
questione di tempo.
Ed
il turno avversario era appena iniziato.
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Angolino
dell’autrice
Buongiorno
a tutti ed eccoci finalmente al secondo
capitolo che, fra impegni scolastici vari, ho aggiornato solo oggi, ma
meglio
tardi che mai no? :D
Non
mi dilungherò troppo sulle spiegazioni perché
se lo facessi uscirebbero spoiler a random che MYSONANTIS VI RIVELO
TUTTO COSA,
ma una cosa fondamentale che vorrei fare è ringraziare
l’adorabile _Dracarys_
per il suo supporto anche in questo capitolo: se non fosse stato per
lei che mi
ha chiarito le idee sui vari avvenimenti sarei ancora ferma a mangiare
crackers
con la cenere grigia insieme a Pitchone, per cui ti ringrazio davvero
tanto
ancora una volta per il supporto e l’aiuto che mi dai con
questa fan fiction
<3
Detto
questo ringrazio chi sta seguendo la storia
e chi ha voglia o ne avrà di recensirla: la vostra opinione
è molto importante
per me, giusto per sapere se le vicende vi stanno piacendo e cosa ne
pensate di
tutte le cose GNE che stanno spuntando :3
Qui
di seguito vi lascio l’aspetto di Scarlet
Redcape insieme a Spettro e di Alice Castle Wonderwood, giusto per
chiarirvi le
idee, ed il castello molto GNE di Alice :D
Ci vediamo al prossimo capitolo!