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Autore: ILOVELIAMM    02/09/2016    0 recensioni
Dopo anni di matrimonio, qualcosa tra Kurt e Bline sembra spezzarsi e Blaine scompare nel nulla. Passano gli anni ma l'unica cosa che non passa è il profondo ed intenso amore di Kurt per Blaine.
"Blaine sarebbe tornato, dovevo solo aspettare. E non mi importava quanto ancora avrei dovuto farlo, io avrei aspettato mio marito per sempre. Mi ero ripromesso che se mai fosse tornato, lo avrei investito di scuse per il mio comportamento, per averlo tagliato fuori dalla mia vita, per averlo trattato come non meritava. Perchè lui era stata la persona migliore che il mondo mi avesse mai regalato. Lui era il mio Yang, io il suo Yin."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6 Luglio 2018. 
Erano passati tre anni precisi dall'ultima volta che l'avevo visto. Da quando aveva aperto la porta del nostro appartamento, dicendomi che sarebbe tornato 'presto'. Oramai nessuno ci sperava più. Tre anni erano troppi per pensare ancora che fosse vivo. Non si era nemmeno fatto sentire, cosa che mi aveva fatto capire che avevo sprecato il tempo che mi rimaneva per stare con lui ad urlargli contro di non lasciare la camera da letto in disordine, o di pulire il distastro combinato in cucina. Ma cosa ne potevo sapere che non lo avrei rivisto più? Gli ultimi mesi che Blaine passò qui con me, furono orribili. Non facevamo altro che litigare, e tutto per colpa mia. Ero troppo stressato per la NYADA, per il lavoro, per l'adozione. Si, avevamo pensato di adottare un bambino, per formare una vera e propria famiglia, la nostra famigliola. Forse era stato questo che lo aveva spinto a scappare? Per tre anni ero stato convinto del fatto che se ne fosse andato per la continua tensione che c'era fra di noi, ma ora forse avevo trovato il vero senso: Blaine non voleva adottare questo bimbo. E perchè mai? Beh, quando glielo proposi, la prima volta, in effetti, mi era sembrato un po' titubante. Era contro l'adozione di un bambino per una coppia gay? Sarebbe stato strano. Fatto stava, che non ce la facevo più. Da quando se n'era andato, non facevo altro che piangere. Ogni fottutissimo giorno, dopo essere tornato da lavoro, entravo in casa e il suo profumo mi invadeva le narici, riempendomi i polmoni, e ricordandomi che lui non c'era più, facendo scendere il solito fiume di lacrime, che trattenevo per una giornata intera. Ma, quel sei luglio, non ci ero andato a lavoro, e così per gli ultimi tre anni. Rachel mi aveva mandato dall'analista dopo i primi mesi: diceva che dovevo accettarlo, dovevo accettare il fatto che non sarebbe tornato mai più, ma io non ce la facevo. Ogni notte, prima di addormentarmi, mi rannicchiavo sulla parte destra del letto, con il suo cuscino tra le braccia, e fissavo la porta, aspettando di vedere il suo sorriso stampato sul suo volto. Ma non accadeva mai. Eppure, continuavo a sperarci. Blaine sarebbe tornato, dovevo solo aspettare. E non mi importava quanto ancora avrei dovuto farlo, io avrei aspettato mio marito per sempre. Mi ero ripromesso che se mai fosse tornato, lo avrei investito di scuse per il mio comportamento, per averlo tagliato fuori dalla mia vita, per averlo trattato come non meritava. Perchè lui era stata la persona migliore che il mondo mi avesse mai regalato. Lui era il mio Yang, io il suo Yin.
Il mio occhio cadde sul mio braccio, segnato da diverse cicatrici, alcune fresche di qualche giorno. Nè l'analista nè Rachel sapevano di questi segni, perchè riuscivo a tenerli nascosti sotto la giacca, o la camicia. Non avrebbero mai dovuto scoprirlo, o mi avrebbero dato altri farmaci, ed io ne avevo le palle piene di questi rimedi che non rimediavano un bel niente. Blaine era il mio unico rimedio. Lui era l'unico che mi avrebbe fatto stare bene, e se non potevo avere lui, non avrei avuto nessun'altro. "Blaine ti prego, torna da me". Come ogni notte, quello fu il mio ultimo pensiero, prima di chiudere gli occhi, pronto a farmi cullare da Morfeo. Era come una sostituzione alla buonanotte, che accompganavo con un tenero bacio, prima di dormire, quando lui era ancora con me. Ma qualcosa mi bloccò. Un rumore. Un rumore di una porta che veniva sbattuta.  Non poteva essere..Rachel ora aveva anche le mie chiavi di casa? Come le aveva avute, chi gliele aveva date? Io no, di certo. Basta, era diventata un'ossessione quella di controllare che non avessi più istinti suicidi. Era successa una volta, una sola, e basta. Non lo avrei più rifatto, l'avevo promesso a lei, a Bart e a Blaine. Feci per alzarmi, ma una figura mi bloccò. E fu lì, che, dopo tre anni, lo rividi. Il sangue si congelò nelle mie vene, e mi sembrò tutto vorticare attorno a me. Pensai fosse un allucinazione data dai farmaci, cosa probabile perchè scritta sul retro della scatolina di carta. Ma, se anche fosse stata un allucinazione, decisi di godermela, perchè era l'unico modo per riportarlo da me. Alzai di poco la testa, impaurito, ma con il cuore colmo di speranza della certezza che fosse lui per davvero, che fosse tornato da me, dalla sua metà.  Nella penombra, i suoi capelli non erano coperti dal gel, ma erano spettinati. Tanti ricci neri che prendevano una direzione a sè. Quei ricci che amavo tanto accarezzare, o intrecciarci le dita, o semplicemente affondarci il naso dentro, beandomi del profumo di balsamo e non di gel, che li copriva molto più spesso. Tentai di alzarmi, davo ordini al mio corpo di muoversi, ma invano. Ero completamente pietrificato, insomma, lui era lì, davanti a me! Sbattevo le palpebre in continuazione, cercando di vederlo sparire al quindicesimo battito di ciglia, ma non fu così. E fu là che cominciai davvero a crederci, a credere che fosse tornato. L'avevo detto. Fanculo a chi mi aveva dato del pazzo a pensare che non c'era più possibilità di vederlo, a chi mi aveva detto che era morto, a chi aveva detto che era scappato per sempre. Fanculo a tutti: a Rachel, all'analista, e persino a papà e Carol che, dopo Finn, si erano già rassegnati a pensare che Blaine potesse essere vivo. Fanculo a tutti loro, perchè lui ora era qui, in piedi di fronte al letto. "Basta gambe, ora dovete ascoltarmi. Muovetevi, portatemi dalla mia unica ragione di vita". E fu così, che riuscii a poggiare i piedi nudi a terra, sollevandomi e tenendomi in equilibrio su quelle due fragili gambe consumate dal tempo che avevo, che mi portarono sempre più vicino a lui. Quando fui di fronte a lui, mi venne da trattenere il respiro, perchè sapevo che se avessi solo provato ad inspirare il profumo che emanava, gli sarei saltato addosso in meno di un attimo.
-Kurt-. Risentire la sua voce, non avrei mai pensato fosse stato possibile, ma ci avevo sperato con tutto me stesso. Le sue labbra assaporarono il mio nome, e capii che anche lui non aveva aspettato altro che questo momento. Mi decisi a respirare, ma riuscii a mantenere la calma, nonostante la voglia di lui tra le mie braccia mi opprimesse a tal punto da farmi venire da piangere. Il cuore premeva contro le costole, voglioso di volersi ricongiungere con il tassello mancante che era il cuore di Blaine. I nostri battiti erano così forti che a tratti mi parve di poterli sentire, nel silenzio che si era creato tra di noi.
-Blaine-. La mia voce uscì in un sussurro lieve, fu quasi un soffio. Era strano poterlo richiamare, poter di nuovo poter pronunciare il suo nome, sapendo che lui l'avrebbe sentito, e forse mi avrebbe risposto. Ma tutto sparì, tutti i pensieri, tutti i complessi, tutti i ricordi, nel momento esatto in cui afferrò la mia mano, ed un brivido mi pervase. La sua mano era fredda, e mi affrettai a riscaldarla con la mia, afferrando anche l'altra e unendole con le mie. Portai, in seguito, le mani alle labbra, lasciando lievi ed umidi baci sulle nocche. Ma non riuscii a finire l'operazione, dato che sfilò le sue mani dalle mie, prendendomi da dietro la nuca, per attirarmi a sè, in un bacio. Non esitai nemmeno per un istante, mi avventai sulle sue labbra, facendo si che la mia lingua sfiorasse e si intrecciasse con la sua.
-Mi sei mancato così tanto, Kurt-. Sussurrò, non appena le sue labbra lasciarono le mie, anche se sapevo che entrambi non aspettavamo altro che recuperare il tempo perduto.
-Anche tu, Blaine. Dove sei stato per tutto questo tempo? Perchè te ne sei andato? E perchè non ti sei fatto sentire?- Sapevo che forse tutte queste domande sarebbero state troppo per Blaine, ma avevo bisogno di sapere. Era sparito per tre anni, e avevo il diritto di sapere. Con il pollice fece su e giù sulla mia guancia, guardandomi dritto negli occhi. Due fari verdi, che mi avevano guidato per degli anni, ma che poi erano scomparsi nel buio, facendomi perdere la strada e naufragare in un isola deserta, chiamata Solitudine, o forse era Depressione? In qualsiasi caso, ero felice di aver ritrovato la mia strada per la felicità, di cui il nome era stampato nel cuore e nella mente: Blaine Anderson.
-Kurt, mi dispiace. Io..io non mi sentivo abbastanza per te. Non facevamo altro che litigare ed urlare per giorni interi, e pensavo di non essere più l'uomo di cui avevi bisogno.. Kurt...mi dispiace.. t-t-tanto..-. Mi sentii male, quando cominciai a vedere delle lacrime rigare le sue gote leggermente colorate di rosa. No, non doveva piangere. Basta lacrime, ne avevo abbastanza. Gli stampai un bacio sulle labbra, poi due, poi tre, sperando che fermasse le lacrime, che riuscivo perfino ad assaporare, catturandole sulle sue labbra.
-Basta Blaine, basta piangere. Ora sei qui, è tutto finito. Siamo di nuovo insieme, sei tornato e non ti lascerò andare via mai più-. Allora non era per il bambino, era per la mia prima teoria. Ma lui non doveva pensare di non essere abbastanza, lui era anche troppo. Lui era tutto quel che avevo sempre desiderato, che un uomo poteva mai desiderare, ed io ero stato così fortunato ad averlo come marito. Sempre che si ritenesse ancora tale. Afferrai nuovamente la sua mano, e notai che la fede c'era ancora, quindi sospirai: si, era ancora mio marito, era ancora Blaine Anderson-Hummel. Ma, forse sbagliai a tenere per troppo tempo il braccio girato, mentre guardavo la mano, perchè Blaine notò quel che non avrebbe mi dovuto notare.
-Kurt, cosa...cosa sono questi?-. Passò un dito sulle cicatrici, e sussultai al tocco, sia perchè bruciavano ancora, e sia perchè la sua soffice pelle mi regalava una fitta rete di brividi inimitabili e fantastici. Però, mi dovetti concentrare sul suo volto, sui suoi occhi, pieni d'orrore, sensi di colpa e delusione.
-Sono io la causa di questi?-. E i suoi occhi si rimepirono di lacrime per la seconda volta. Che avrei dovuto fare? Avrei dovuto mentire, per evitare che si sentisse in colpa? In fondo non era colpa sua, avrei potuto affrontare la sua assenza in modo diverso da questo, quindi era colpa mia se adesso avevo dei segni indelebili sul mio braccio. 
-No, Blaine, è colpa mia. Avrei potuto limitarmi a prendere i farmaci dell'analista e..-
-Aspetta cosa? Hai...hai dovuto prendere dei farmaci?-. Annuii, sospirando e preparandomi a fare uno dei discorsi più lunghi negli ultimi tre anni.
-Blaine, da quando te ne sei andato, sono caduto in depressione, è inutile farci tanti giri intorno. Mi sei mancato come l'aria, e..-. Strizzai gli occhi, sentendo far male il cuore, ma far male forte. I sensi di colpa erano andati a colpire una delle parti più distrutte di me. -...ho tentato anche il suicidio, approfittando del'assenza di Rachel per sporgermi dal terrazzo del'ottavo piano dove abita lei..ma fortuntamente è riuscita a fermarmi. Poi, mi ha portato da un analista che mi ha dato dei farmaci abbastanza pesanti..e si, devo ammettere che ho anche preso la lametta in mano. Ma non è colpa tua. Perchè avrei potuto affrontare tutto ciò in modo diverso, ed invece ho scelto questo-. Ingoiai il groppo alla gola che mi si era formato a raccontare tutto ciò che era successo in questi anni in sua assenza. I tre anni peggiori della mia vita, forse neanche nei primi anni in cui persi mia madre, mi ero sentito così male. Lo guardai negli occhi, cercando qualche segno. Lui si avventò di nuovo sulle mie labbra, poggiando la sua mano sulla mia nuca, amavo quando lo faceva. Mi faceva sentire benissimo, mi faceva sentire la sua presenza, mi faceva capire che era il mio Blaine. Quello che mi aveva preso la mano sulle scale della Dalton, e che me l'aveva chiesta sempre lì. Quello che si era trasferito al Mc Kinley e poi a New York, solo per me. Quello che, anche dopo averlo lasciato per un asciugamano sporco di dentifricio, mi aveva perdonato ed era stato disposto a sposarmi, senza nessun preavviso, nè preparativo, solo con la consapevolezza di riuscirmi ad amare per tutta la sua vita. Ed anche io l'avrei fatto. L'avrei amato ogni mese, ogni giorno, ogni minuto, ogni singolo attimo della mia vita. Perchè, dopo tre anni senza di lui, non avevo più intenzione di lasciarlo andare. Avrei fatto in modo che dopo ogni litigata avremmo fatto l'amore, che dopo esserci presi a parole ripetendoci che ci odiavamo, ci saremmo detti di amarci, e soprattutto, avrei fatto in modo che lui si innamorasse di me ogni giorno come fosse stato il primo, così come lui aveva fatto con me dalla prima volta che i miei occhi incontrarono i suoi. Fino a qualche anno prima, il sei luglio era stato il mio giorno nero, ma, da quel giorno in poi, sarebbe stato il secondo tra i giorni più importanti della mia vita, dopo quello del mio matrimonio. Sarebbe stato il giorno in cui, avrei sempre ricordato, che lui era tornato da me, e mi aveva amato ancora più di prima. 
-Ti amo tantissimo, Kurt-
-Io ti amo di più, Blaine-
  
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