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Autore: EmilyW14A    02/09/2016    3 recensioni
Succede spesso di convincerci che le persone ci guardano e critichino ogni singola cosa che facciamo, ma non è così. La verità è che gli esseri umani sono tutti perfettamente egoisti e non hanno tempo da dedicare agli altri, anche se si tratta di uno sconosciuto seduto nel sedile davanti sul treno. Noi ci convinciamo che gli altri passino il loro tempo a commentare i nostri abiti, i nostri capelli, i piercings, i tatuaggi, i nostri lineamenti, il nostro fisico; in realtà nessuno si sofferma veramente a giudicare cosa fanno gli altri. Nonostante ciò, in questo momento non riesco a togliermi di dosso la sensazione che tutti i passeggeri della metropolitana si siano accorti di quello che ho appena fatto e mi stiano fissando con sguardo indagatore. Cerco di darmi velocemente un contegno, sistemo la camicia e la giacca, e proseguo nel mio cammino. Controllo l'orologio e mi accorgo che tra meno di due ore devo iniziare il turno a lavoro. Decido di fermarmi qualche fermata prima per pranzare in un posto tranquillo. Ho bisogno di riflettere da solo su tutto quello che è appena successo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Reita, Ruki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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WITHOUT YOU I'M NOTHING















I.



“Mi dispiace non saprei proprio come aiutarla” l'impiegato pronuncia queste parole a testa bassa, mentre fissa lo schermo del pc e tiene stretto sulle gambe un grosso fascicolo di fogli e documenti disordinati.
“Ascolti. Io so che lei può aiutarmi. Lo so. Mi basta solo un nome!” dico io cercando di mantenere un atteggiamento calmo. Appoggio entrambi i gomiti sul piccolo bancone di fronte a me e guardo l'uomo sulla cinquantina al di là del vetro. Gli mancano molti capelli e i pochi rimasti sono di un grigio spento. A pensarci bene tutta la sua faccia, la sua espressione e persino il suo sguardo sono spenti. Come se qualcuno avesse abbassato al minimo la luminosità dello schermo.Riflettendo, tiro fuori dalla tasca il mio telefono: le 17.45. Merda. Sono qui da ormai due ore e nessuno è riuscito a darmi risposta. Tra meno di un quarto d'ora l'ufficio chiuderà e io non avrò risolto assolutamente nulla.
“Senta, mi ascolti. Io sono stanco, lei è stanco. Facciamo che mi dice un nome e io me ne vado, così lei può chiudere il suo maledetto ufficio e andarsene a casa.” ribadisco io cercando di convincere il signore. Ma nonostante il viso ottuso, sembra un uomo dalla testa troppo dura.
“Beh se mi aspetta qui vado a cercare in archivio” afferma lui con un sospiro. Si alza goffamente dalla sedia, appoggia il mucchio di fogli sul tavolo e sparisce nel retro dell'ufficio. Aspetto con ansia nonostante non riponga molta fiducia nel povero impiegato che, nonostante l'estrema gentilezza, mi sembra un tizio non troppo sveglio.
Dopo interminabili minuti lo vedo tornare a mani vuote e mi rassegno all'idea che nemmeno oggi sono riuscito a concludere qualcosa.
“Signore allora. Io non so davvero come aiutarla. Il server non mi permette una ricerca accurata; i documenti da sfogliare sono troppi. E come se non bastasse, né io né lei abbiamo l'autorizzazione per fare questa cosa. Ringrazi che oggi non c'è il direttore sennò l'avrebbe già sbattuta fuori” il signore inizia a sudare dalla fronte e si gratta velocemente il collo appiccicoso. Nonostante Aprile sia iniziato da poco, fa già molto caldo e devo ammettere che non invidio il signore dall'altra parte del vetro chiuso in questo ufficio da tutto il giorno. L'uomo sembra molto scocciato dalla mia presenza e così alla fine decido di alzare bandiera bianca.
“Ma non può fare proprio nulla per aiutarmi? Basterebbe un piccolo aiuto e poi me la sbrigherei da solo...nulla di più!” ribatto io cercando di essere il più possibile convincente.
“Mi dispiace signore...nulla da fare” dice lui mimando un gesto di apprensione e delusione.
Poco male. E io che pensavo che i signori bassi, grassottelli e con pochi capelli fossero i più tonti e malleabili. Anche oggi ho ricevuto l'ennesima porta in faccia.
“Ho capito. Me ne vado...riproverò un altro giorno e spero di essere più fortunato.” dico io sistemandomi la giacca leggera che tengo ripiegata sull'avambraccio sinistro.
“Sì ecco. Vada ad importunare qualche altro povero impiegato...” dice il signore stempiato, ma non riesco a sentire la fine della sua frase perchè sono già fuori dall'edificio. Mi guardo intorno. Il Sole sta tramontando e c'è davvero tanta gente per le strade. Decido di non prendere il bus e farmi una passeggiata per tornare a casa. Un leggero venticello mi accompagna nella mia camminata mentre osservo le punte delle mie scarpe e sono immerso nei miei pensieri.
'Certo che quell'impiegato è stato davvero scorbutico' penso riflettendo alla mia giornata inconcludente. Beh sarò più fortunato da qualche altra parte. Odio dover migrare ogni giorno in tutti gli uffici della città ma non posso fare altrimenti.
Mentre penso ardentemente a cosa dire al prossimo impiegato che mi risponde che non potrà aiutarmi vengo quasi investito da un ragazzo in bicicletta e cado in terra.
“Ma....signore! Ma guardi un po' dove va quando cammina!!” mi urla il ragazzino rimettendo in piedi la bici e ignorandomi totalmente. Mi rialzo da solo e mi scuoto i pantaloni dalla ghiaia e dalla polvere dell'asfalto. Non rispondo e tiro dritto. Mia nonna mi ha sempre detto, fin da piccolo, di guardare sempre davanti a me ovunque andassi, ma è più forte di me. Mi piace annegare nei miei pensieri e guardare le strisce asimmetriche dell'asfalto.
'Signore'. Quel ragazzino mi ha chiamato 'signore' e non mi ha nemmeno aiutato a rialzarmi. Sto proprio diventando vecchio. Inizio a essere stufo delle nuove generazioni e la gente mi chiama 'signore'. Beh non posso negare di non essere più un ragazzino. Ho 37 anni ormai e anche se mi tingo i capelli di biondo scuro da ormai anni, si vede che non sono più un ragazzo. Sono un uomo adulto con grandi responsabilità, un lavoro che amo e che svolgo da tanti anni e ho molti interessi. Lavoro in una pasticceria nel centro di Tokyo, ho due pappagalli come animali domestici, suono il basso elettrico durante i momenti di pausa e tre volte a settimana vado in palestra. Amo la musica e amo molto anche leggere. Ammetto di essere fortunato a lavorare in una pasticceria di piccola produzione: lavoro sì e no sei ore al giorno e poi ho il resto della giornata libera. Guadagno bene e non posso lamentarmi anche se spesso farei a meno di alzarmi alle 4 del mattino per andare a preparare enormi vassoi di donuts e muffins. Ma tutto sommato c'è di peggio.E poi ho il resto del pomeriggio libero per fare quello che mi pare. Non nascondo che la mia vita sia veramente interessante e piena di cose; tuttavia a volte sento dentro di me un senso di vuoto. È qualcosa di così difficile da spiegare. È qualcosa che mi tiene sveglio la notte, che non mi permette di concentrarmi durante il giorno. Sento che manca qualcosa. Probabilmente questo è dovuto soprattutto al fatto che ho superato i trent'anni ormai da un pezzo e sto entrando in quella che tutti chiamano 'crisi di mezza età'. Probabilmente tra qualche anno inizierò a rimpiangere certe cose, a rimuginare sul passato e lamentarmi di ciò che verrà. Forse avrei bisogno di cambiare stile di vita, di fare qualcosa di pazzo come fanno quei tranquilli quarantenni nei film americani che decidono di fare cose pazze e, chissà come, la fortuna gira in loro favore e si ritrovano dall'altra parte del mondo, ricchi, felici e magari trovano pure l'amore della loro vita. Non mi piacciono molto i film così quotidiani. Ho sempre amato quelli gialli o thriller e in particolare i film dei grandi registi. Amo i film di Tarantino, è il mio regista preferito fin da ragazzo. Ricordo di avere un poster arrotolato da qualche parte a casa di mia madre.
Camminando, tiro fuori dalla tasca una sigaretta e me la accendo velocemente. Non sono un fumatore ma amo concedermi una sigaretta ogni tanto, soprattutto quando ho molti pensieri per la testa. Mi aiuta a ragionare e a rilassare la tensione accumulata durante la giornata. Già. Oggi non ho concluso nulla. Sono due mesi ormai che torno a casa a mani vuote e sto quasi perdendo la speranza. Forse ho sbagliato a intestardirmi così tanto su una cosa del genere. Forse dovrei lasciare perdere e continuare per la mia strada. Eppure sento che devo farlo. C'è qualcosa che mi attira e io voglio lasciarmi trascinare. Non mi interessa se sarà difficile.
Mentre cammino per tornare nel mio quartiere, passo davanti ad un piccolo cinema situato in un edificio coloratissimo e vicino ad una rumorosa sala giochi. Osservo le locandine dei film trovandole tutte poco interessanti e con disappunto aumento il passo dirigendomi verso casa.
'In ogni caso sarebbe inutile sapere quali sono i film in programma questo mese visto che non avrei nessuno con cui andare al cinema' penso tra me e me mentre percorro gli ultimi cinquecento metri che mi separano dalla mia abitazione. È vero; non ho amici. O meglio: ne ho pochi e abitano tutti lontano. Ci sentiamo pochissimo e solo raramente riusciamo a metterci d'accordo per vederci. I miei colleghi sono tipi simpatici ma probabilmente io lo sono meno di loro e così nonostante lavori lì dentro da cinque anni, non ho stretto un legame di amicizia con nessuno. Ammetto di essere sempre stato un bambino ed un ragazzo solitario. Mi piace passare il tempo da solo. Guardare un film, allenarmi, andare in cerca di vinili nei negozi di musica. Sono tutte attività interessanti per persone solitarie come me.
Mia sorella mi rimprovera di passare troppo tempo con me stesso e mi ripete che alla fine finirò per venirmi a noia e allora lì mi dovrò cercare una fidanzata o un fidanzato. Mia sorella ha sempre saputo i miei gusti sessuali. Sono bisessuale e ne vado fiero. Ho avuto alcune donne nella mia vita, ma anche alcuni uomini. Tuttavia sono state sempre storie di poco conto; la relazione più lunga è durata due anni ma ripensandoci mi sembrano solo due mesi. Non sono molto portato per la vita di coppia, sono un solitario, un taciturno e non ho molta simpatia per i luoghi affollati di gente. Quando ero giovanissimo andavo a tanti concerti insieme a Kouyou, il mio amico di infanzia. Ricordo che una volta riuscimmo ad intrufolarci al concerto degli AC/DC senza avere il biglietto e nessuno si accorse della nostra marachella. Dopo il concerto andammo ad ubriacarci come pazzi e per tornare a casa mi persi otto volte durante il tragitto. Mi subii una ramanzina di mia madre e il giorno dopo dovetti occuparmi di fare le pulizie in casa come punizione per il mio comportamento. Mia madre non è mia stata una donna severa, né con me, né con mia sorella.
Giro le chiavi di casa nella serratura aspettando un sonoro 'click' ed entro in casa. Accendo la luce e mi tolgo le scarpe. Vado in camera e mi tolgo i vestiti di lavoro. Ripiego tutto accuratamente cercando di non stropicciare la stoffa. Odio stirare e odio ancora di più dover chiamare mia sorella per venire a farlo una volta alla settimana. Indosso una maglia e dei pantaloni sportivi e corro in cucina a scaldare qualcosa per la cena. Mentre lascio le pietanze sul fuoco, mi dirigo in salotto, vicino alla gabbia dei miei due pappagalli, Keiji e Oscar. Mi accorgo che hanno quasi terminato le scorte di cibo e così li rifornisco con abbondanti semi. Accarezzo dolcemente Keiji che mi sale sul dito indice con le sue piccole zampette. Massaggio lentamente il suo piumaggio morbido e di un colorito bellissimo e sgargiante. Kouyou mi ripete sempre che i miei pappagalli mi somigliano.Hanno entrambi delle piume gialle e io mi tingo i capelli di biondo da ormai molto tempo. Quando ero un ragazzino osavo molto di più. Amavo tingermi i capelli e provavo ogni sfumatura di biondo. A trentasette anni ho optato per un biondo cenere molto scuro: mi dà un'aria più matura – dice Kouyou.
Rimetto Keiji nella gabbia e do loro la buonanotte. Corro in cucina a mangiare velocemente la mia cena. Sono esausto e vorrei andare a letto. L'indomani dovrò svegliarmi alle cinque in punto per essere a lavoro alle sette. Lavo i piatti velocemente, mi lavo i denti e spengo le luci della casa. Prendo distrattamente in mano un romanzo ma lo riposo poco dopo: sono stanco e voglio dormire. Domani ho ancora due uffici da visitare. Spero di avere almeno un briciolo di fortuna. Mi addormento intrappolato in un groviglio di pensieri.
















Eccomi qua. Dopo un bel paio di mesi di silenzio sono tornata. Come è nata questa fanfiction? è nata in una situazione molto particolare e in un luogo molto particolare che ancora non svelerò. Una sera mi sono addormentata e ho sognato tutta la storia dall'inizio alla fine e così ho deciso di scrivere tutto quello che avevo 'visto' in sogno. Avverto tutti i lettori e le lettrici che questa storia sarà molta lunga, introspettiva e oserei dire...quotidiana. E' una storia molto particolare, non voglio svelare troppo, ma posso dire che ogni capitolo sarà scandito dal ritmo della vita quotidiana del protagonista. Per chi si chiedesse quali sono i personaggi....beh anche qui non posso dire molto, però posso suggerirvi che ci sono tanti personaggi e alcuni sono del tutto nuovi e interessanti. Alcuni dei prossimi capitoli saranno più lunghi di altri a seconda delle situazioni e degli eventi. Il titolo della fanfiction è ovviamente ispirato alla canzone dei Placebo, Without You I'm Nothing, nonchè titolo di uno dei miei album preferiti di sempre. Vi consiglio di ascoltare quella canzone nel corso della storia perchè ogni singola nota e ogni singola parola è parte integrante di tutto quello che succede ai protagonisti. 
   
 
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