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Autore: Jinny82    03/09/2016    3 recensioni
All we are saying is give peace a chance
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Shun, Ophiuchus Shaina, Phoenix Ikki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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La canzone del titolo e citata nell'introducione è give peace a chance di John Lennon. Il tutto è nato da una specie di incubo che ho avuto stanotte (e dal fatto che forse ho visto fragole e sangue troppe volte?) . 
Non volevo scriverla, tanto che stavo proponendo a Littlelotte se voleva scriverla lei, ma alla fine m'è scapata fuori (si, la poverina s'è pippata parte del mio sogno anche se solo a idee generali XD)

Spero che adesso non deformi più la pagina O_O


Shun aprì gli occhi nella penombra, cercando di ricordare dove si trovasse o come ci fosse finito ... attorno a lui ragazzi e ragazze della sua età, poco più grandi, poco più giovani. Sbarre. Erano in una cella, ammassati alla meno peggio sul pavimento. Alcuni erano feriti e si lamentavano. Provò a muoversi, ma gli girava la testa
<< Stai fermo. >> disse una voce femminile vicino a lui. Una voce un po’ brusca, con un forte accento straniero. Shun mise a fuoco la ragazza: capelli chiari, mossi, grandi occhi verdi, fisico minuto, ma, da quanto si poteva dedurre sotto gli strati di fiorelloni e volant, muscoloso.
<< Hai preso davvero una bella botta in testa ... >> ridacchiò lei. Shun sorrise e riuscì a mettersi seduto, appoggiando la schiena alla parete. Si era trovato per puro caso nel mezzo delle proteste. Era arrivato in America da poco, per studiare un anno lì, insieme a suo fratello maggiore. Ed era venuto fuori che il governo voleva andare in Vietnam a fare guerra, cosa a cui molti studenti si stavano opponendo strenuamente. Anche perché volevano studiare, non andare ad ammazzare gente o farsi ammazzare. Si passò una mano sul viso, ricordando che poche ore prima alcuni si erano fatti ammazzare pur senza essere in guerra. La polizia li aveva caricati. Fumogeni, lacrimogeni, manganelli, ed era partito pure qualche sparo ...
<< Dov’è mio fratello? >> si trovò a chiedere. La ragazza alzò le sopracciglia e si strinse nelle spalle: non ne aveva idea. Shun fece una smorfia: ovvio che lei non lo sapesse. Nemmeno si conoscevano ...
<< A proposito, come ti chiami? >> si trovò a chiederle, accigliandosi. Lei ridacchiò, vedendo quanto fosse serio e confuso, e gli tese la mano
<< Shaina. >> si presentò. Shun le strinse la mano presentandosi a sua volta
<< Bella merda trovarti coinvolto in questa faccenda dopo tre giorni che sei qui ... >> sbuffò lei.
<< Come ... >>
<< Siamo nello stesso corso di storia, anche se io sono in ritardo di un paio d’anni sugli esami ... succede se preferisci farti le canne a studiare ... >>
Shun sorrise, scuotendo leggermente la testa. Si tirò indietro i capelli e si guardò di nuovo intorno. Ikki non era li, e la cosa lo fece sentire sollevato ...
<< Tu, mafiosetta, e il vietkong coi colori sballati, devo farvi uscire. >>
Shun sussultò e si scambiò uno sguardo con la ragazza che, sorridendo, scattò in piedi, con un grande frusciare della gonna lunga, e gli tese la mano, aiutandolo ad alzarsi
<< Muovetevi! >> sbraitò il poliziotto davanti alla porta, tenendo sotto controllo gli altri ragazzi, manganello alla mano. Shun si affrettò a seguirlo alll’esterno della cella. Lo vide chiudere la porta a sbarre e non riuscì a non chiedere che ne sarebbe stato degli altri
<< Nessuno ha pagato la loro cauzione. >> si limitò a rispondere il poliziotto
<< Ma ci sono dei feriti! Hanno bisogno di un medico! >> sbottò allora Shun. Il colpo al fianco lo lasciò senza fiato
<< Hey, attento, o dovrai restituire le cauzioni ... >> sibilò Shaina, sostenendo Shun mentre uscivano nell’ufficio gremito di persone. Genitori che cercavano i propri figli, insegnanti che chiedevano dei propri allievi ... Shun vide Ikki, alto e con l’espressione severa, gli occhi blu fissi su di lui. Ringraziò Shaina e si avvicinò al fratello maggiore
<< Sanno che casino diplomatico hanno rischiato? >> chiese il più grande, controllandogli il viso e tastandogli la testa. Shun sussultò e si lamentò quando Ikki trovò il bernoccolo
<< Lascia fuori Otoo-san, per favore ... >> mormorò poi. Era già abbastanza dura essere figlio di un politico, senza andarlo a tirare in ballo anche ora che non erano propriamente sotto la sua oppressiva al protettiva ... Ikki sospirò
<< Mi ha chiamato vietkong con i colori sballati, comunque ... >> ridacchiò, per alleggerire la tensione. Ikki rise, scuotendo la testa e scompigliandogli i capelli. Shun sorrise, seguendolo all’esterno della centrale di polizia. Vide Shaina parlare fitto fitto e a volume piuttosto alto, in una lingua che lui non comprendeva, con un ragazzo sui venticinque, alto, con i capelli neri e gli occhi ... occielo, erano rossi! Rabbrividì leggermente, trovandolo inquietante ... e trovandosi assolutamente e totalmente geloso ... sbuffò, mentre con Ikki raggiungeva la fermata dell’autobus che li avrebbe portati al loro alloggio
<< Le coincidenze ... >> ridacchiò Ikki << La ragazza che ti stava sostenendo è la sorellina dell’italiano inquietante ... >>
Shun venne riportato bruscamente alla realtà da quella frase
<< Sorellina? >> chiese. Ikki rise
<< Ebbene si. Ma guarda te che fratello mi ritrovo. Devo andare a ripescarlo alla centrale di polizia e fa pure conquiste, e io niente! >>
<< Ma se hai mezzo campus che ti corre dietro! >> lo prese in giro Shun. Ikki sbuffò
<< Non me ne faccio molto di quelle smorfiose. E poi credo che il nonno non approverebbe un ulteriore mescolarsi del nostro sangue con quello americano ... già riconoscere papà e quindi noi gli è costato fin troppo. Una terza generazione lo porterebbe a perseguitarci come fantasma ... >>
Shun alzò gli occhi e scosse la testa a quelle parole. Pessima idea, in un autobus in movimento, stando in piedi e con un colpo alla testa ancora fresco, si trovò a pensare, franando addosos a Ikki
<< Ti porto in ospedale. >> sentenziò quello, e solo quando tre medici, controllando una radiografia, gli dissero che i capogiri erano normali, e che nel giro di poche ore sarebbero passati, si tranquillizzò e riportò Shun a casa
<< Te l’avevo detto che stavo bene, nii-san! >> protestò Shun, aprendo il frigo e prendendo una birra. Un piccolo “lusso” che a casa non potevano permettersi per questioni di immagine pubblica. Ikki gli tolse la birra di mano
<< Vai a sdraiarti. >> quasi ordinò. Shun sbuffò ed obbedì di malavoglia. Stava bene! Però appena toccò il cuscino si addormentò. Sognò Shaina, e nel sogno ricordò di averla effettivamente vista al corso di storia, anche se non le aveva mai prestato attenzione, tutto preso dagli apunti com’era. Come aveva fatto a non accorgersi di quegli occhi? Anche lui aveva gli occhi di un colore molto simile, solo un poco più scuri, e sembrava che il verde lo attirasse come una calamita ... Ed ora sapeva che Shaina aveva un buon profumo, anche dopo una manifestazione, in una cella gremita ... si svegliò di soprassalto, completamente lucido. Si alzò ed uscì dalla piccola camera da letto entrando nel soggiorno con angolo cottura dove Ikki stava parlando con altri ragazzi, suoi compagni di corso
<< Oh! Il nostro piccolo eroe! >> lo salutò John, un ragazzo alto e dinoccolato con una folta barba e baffi enormi. Sean e Martin, rosso di capelli il primo e biondo il secondo, risero a quell’affermazione
<< Mi sono trovato li per caso. >> ammise Shun, prendendosi finalmente l’agoniata birra e sedendosi accanto a Ikki. Quello gli tastò la nuca e Shun si scostò
<< Non fa neanche più male! >> borbottò
<< E si sta sgonfiando. >> dovette ammettere Ikki, con un sospiro rassegnato, accettando lo spinello che Martin gli porgeva. Shun fece una smorfia. “Quella roba” era profumata, ma per quante volte l’avesse provata non era mai riuscito a farsela piacere ... bevve due lunghi sorsi
<< Stavamo dicendo a tuo fratello che fareste meglio a tornare in Giappone ... >> sospirò Sean in quel momento, grattandosi il naso ricoperto di efelidi.
<< E io ti ho detto che non ne ho la minima intenzione. >> sbuffò Ikki
<< Siete abbastanza americani per venir arruolati a forza, Ikki. Anche se avete nome e cognome giapponese, i vostri passaporti sono un’arma a doppio taglio ... >>
<< Siamo abbastanza americani per opporci alla chiusura delle università e agli arruolamenti forzati, allora. >> mormorò Shun, accigliandosi. Dopotutto il loro vero nonno era americano, loro madre pure ... lui aveva capelli castano chiaro ed enormi occhi a mandorla spudoratamente verdi a ricordarglielo ogni volta che si specchiava. E l’altezza e la struttura fisica di Ikki, nonché i suoi occhi tra il blu scuro ed il viola, non lasciavano molti dubbi.
<< Molti studenti stranieri stanno tornando a casa, in questo periodo, dovreste farlo anche voi, per la vostra sicurezza. E ... beh, saremmo più tranquilli anche noi a sapere che almeno due nostri amici sono al sicuro ... ci siamo già presi abbastanza spavento a vedere Shun trascinato via dalla polizia oggi! >> ribattè Sean. La “mamma” del gruppo.
<< Che vergogna crollare solo per una botta in testa. >> si lamentò Shun, tirandosi le ginocchia al petto
<< Non è colpa tua se riesci a stare rannicchiato su una sedia da cucina. Sei piccoletto, fattene una ragione. E una manganellata in testa fa crollare gente molto più grossa di te. >> lo canzonò John. Shun gli fece una linguaccia, facendo scoppiare a ridere tutti. L’argomento venne abbandonato, man mano che gli spinelli e le birre facevano effetto, e Shun si trovò a parlare di Shaina. Tutti convennero che era davvero molto bella, ed intelligente a detta di Martin, che ci aveva provato un paio di volte senza alcun successo, prima di trovare la sua attuale ragazza, ma il fratello era inquietante abbastanza da far fuggire anche lo spasimante più coraggioso.
 
Shun tornò a seguire i corsi dopo un paio di giorni di riposo più o meno forzato. Ormai le lezioni erano più che altro delle riunioni per capire come fermare la follia che pareva aver colpito il governo. Le manifestazioni pacifiche aumentavano, e Shun partecipava sempre più spesso, cercando di essere accanto a Shaina, in prima linea.
Ikki partì per una manifestazione in una città vicina: si sarebbe svolta durante un discorso pro arruolamento di un politico locale. Shun venne a sapere della partenza di suo fratello tramite John, che era rimasto li. Martin e Sean erano partiti assieme a lui. I giorni in cui Ikki rimase assente, furono orribili per Shun. Era roso dalla preoccupazione in maniera orrenda e solo Shaina riuscì a farlo ragionare e farlo rimanere dov’era. E riuscì a fargli fumare uno spinello apprezzandone il gusto. Doveva avere qualche potere magico, pensò Shun quel giorno, con Shaina accoccolata sulle sue ginocchia a fumare sul prato del campus, aspettando che scendesse il buio per guardare le stelle.
<< E’ vero che tu e tuo fratello avete la doppia cittadinanza? >> gli chiese ad un tratto lei. Shun scrollò le spalle
<< Si ... >>
<< Quindi potrebbero arruolarvi da un momento all’altro se non tornate in Giappone ... ti prego, torna in Giappone, non sopporterei se ti mandassero in Vietnam! >>
Shun la guardò a lungo, poi sorrise scuotendo la testa
<< Non posso. >> disse << A meno che ... >> si fermò, rendendosi conto di cosa stesse per dire. Shaina lo guardò negli occhi, mettendosi a sedere e prendendogli una mano
<< A meno che? >> chiese, stringendo un po’ di più. Shun sospirò, sperando che il cuore non gli saltasse fuori dal petto
<< A meno che tu non venga con me ... >> mormorò. Shaina lo guardò in silenzio, le labbra socchiuse per lo stupore. Shun percepiva i battiti accelerati attraverso le loro dita intrecciate. Shaina continuò a non rispondere e Shun si chinò in avanti, posando le proprie labbra su quelle di lei, fremedo a quel contatto che non si era ancora reso completamente conto di volere. Shaina assecondò quel bacio e ben presto le sue mani erano nei capelli di Shun, sulle sue spalle, poi sul petto, allontanandolo con decisione. Shun la guardò negli occhi qualche istante, ma lei si alzò, correndo via. Shun rimase fermo dov’era, giocherellando con una ciocca di capelli. Si sdraiò sul prato, osservando senza interesse le stelle che iniziavano a farsi vedere. Nessuna era abbastanza brillante, si trovò a pensare. Passò solo meno di mezz’ora, perché Shaina tornò, accoccolandoglisi accanto e posandogli la testa sul petto
<< Se ci scopre mio fratello ci fa fuori. >> sbuffò << Ma è la mia vita. Non la sua. Però ... non posso venire in Giappone con te. Non con quello che sta succedendo adesso qui ... >>
Shun le passò un braccio attorno alle spalle, sospirando
<< Allora non puoi chiedermi di tornare la. Non con te qui in questa situazione ... se ti succedesse qualcosa ... >>
Shaina si scostò leggermente, guardandolo negli occhi, poi sospirò, gli diede un bacio a fior di labbra e gli si raggomitolò di nuovo contro.
 
Due giorni dopo, Ikki telefonò per dire che non sarebbe ancora tornato e di stare attento: la polizia era sempre più aggressiva.
<< Stai attento anche tu, Nii-san ... >> si trovò a mormorare Shun, sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi. Le ricacciò indietro, o Ikki avrebbe sentito la sua voce tremare.
<< E torna presto, per favore ... >> bisbigliò poi, senza riuscire a trattenere il moto di paura che aveva sentito. La sensazione che non si sarebbero rivisti ...
Ikki concluse la telefonata in fretta, senza dare dettagli su dove si trovasse o cos’avessero intenzione di fare. I telefoni del campus erano controllati, lo sapevano entrambi.
Quella stessa sera, Shaina marciò all’interno dell’alloggio universitario, sconvolta. Tremava, mentre camminava avanti ed indietro, senza lasciarsi fermare. Fumò quattro sigarette senza fermarsi. Poi gridò qualche impropero in italiano e si sedette, improvvisamente esausta. Solo allora lasciò avvicinare Shun, stringendoglisi contro e scoppiando in singhiozzi. Il ragazzo la lasciò sfogare, accarezzandole la schiena ed i capelli. Lei si calmò di botto, allontanandolo bruscamente
<< Quel cretino! >> gridò poi, in inglese, aggiungendo tutta un’altra serie di insulti che Shun no capì
<< Che succede? Non sto ... capendo molto ... >>
Shaina sospirò, annuendo, si morse le labbra, sospirò ancora una volta e si accese un’altra sigaretta. Almeno, notò Shun, aveva smesso di tremare ...
<< Quel coglione imbecille deficiente di Angelo ... si è arruolato. Volontariamente! Abbiamo litigato, mi ha accusata di non rispettare lui né il Paese che ci ospita ... noi siamo nati qui! Non siamo ospiti! Non lo vuole capire, i miei gli hanno fatto il lavaggio del cervello ... ma adesso ... mi rimane solo lui, ed il fatto che finga di non capire il mio punto di vista mi manda in bestia! E quindi eccomi qui che piango come una fottutissima bambina! Che nervi! >>
Shun la abbracciò stretta, di slancio, affondandole il viso nei capelli e serrando gli occhi. Lei lo scostò, accigliandosi leggermente e scostandogli i capelli dal viso.
<< Anche tu sei preoccupato per tuo fratello, eh? >> gli chiese in un soffio, sorridendo dolcemente. Shun fece una smorfia
<< Preoccupato? Sono spaventato a morte ... >> ammise, arrossendo violentemente << Noi non siamo soli al mondo, ma abbiamo una famiglia fin troppo presente, e pressante ... siamo da soli contro tutta una serie di regole che ci vorrebbero più automi che persone ... >>
<< Suona piuttosto ansiogeno ... >>
Shun scrollò le spalle
<< A me è capitata la parte semplice: sono il secondogenito, mio padre non vuole vedermi perché gli ricordo troppo mia madre, mio nonno non vuole vedermi perché sembro troppo straniero, mia nonna non mi vuole vedere perché, occhi a mandorla e dimensioni a parte, assomiglio troppo al suo amante, che è il vero padre di mio padre. Quindi qualsiasi interazione con la famiglia è tramite Ikki ... ecco perché siamo così “appiccicosi” tra di noi ... >> ridacchiò. Poi sospirò << Se solo tornasse ... non riesco a ragionare quando non ce l’ho a portata di mano ... >> rise. Anche Shaina rise, per poi però tornare seria
<< E tua madre? >> chiese, accigliandosi. Shun scrollò le spalle di nuovo
<< Il nonno l’ha mandata via quand’eravamo piccoli. Per anni pensavamo ci avesse abbandonati, e nostro padre credo ne sia ancora convinto o finge di esserlo per riguardo all’uomo che l’ha riconosciuto. Ma Ikki ha trovato una sua lettera anni fa ... a dirla sembra molto peggiore ... però non ci manca niente, infatti appena abbiamo avuto l’idea di studiare un anno all’estero siamo stati mandati qui ... >>
Shaina rise
<< Io dovrò lavorare anni per prendere un biglietto per il Giappone! >> disse. Shun sentì le orecchie andargli in fiamme
<< Cosa? Quando? >>
Shaina rise di nuovo, alzandosi ed allacciandogli le braccia dietro il collo
<< Non lo so ancora. Ma lascia che sia una cosa che facco da sola, d’accordo? >>
Shun fece per ribattere che non ce n’era bisogno, sarebbe stato lui a portarla, ma lei lo zittì, baciandolo.
Quella sera fecero l’amore, tante volte, poi Shaina se ne andò senza dire nulla, dandogli solo un bacio a fior di labbra e sorridendogli.
 
Il giorno seguente arrivò la notizia che alcune alte cariche dell’esercito sarebbero venute nel loro campus per parlare “ai loro cuori” e convincerli a combattere per il loro Paese quella guerra in cui non centravano assolutamente nulla. E già arrivavano le prime notizie sui danni a discapito dei civili. Ed erano iniziati a tornare i primi cadaveri.
Shun era in prima fila al picchettaggio, accanto a Shaina. Non stavano facendo nulla, erano fermi in piedi, in silenzio. Anche John era accanto a loro, col suo cartello col simbolo della pace disegnato sopra.
Quando i militari iniziarono a parlare alla folla che si era radunata sotto il palco allestito nel campus, qualcuno di loro iniziò a cantare “give peace a chance” e ben presto stavano tutti cantando. John, con la sua voce baritonale, seminascosto dalla barba e dai baffi scuri che, in quel momento, lo facevano assomigliare al suo omonimo inglese ma senza gli occhiali. Shaina, leggermete roca per il troppo fumo. Shun, con la sua voce chiara, “così giapponese” come lo canzonava sempre la governante della casa dei nonni. Un coro di un centinaio di elementi perfettamente intonati tra di loro. Credevano fermamente nella pace, credevano fermamente che fosse la soluzione.
La polizia li prese alle spalle. Quando Shun si rese conto della carica, stava già per essere travolto. Spinse via Shaina, dicendole di scappare. Sapeva dove doveva aspettarlo e doveva andare li. Lei scosse la testa, ma Shun la spinse via di nuovo
<< Scappa! >> le gridò. Lei serrò la mandibola, poi sbuffò, furiosa, ma obbedì. Un istante prima dei fumogeni e dei lacrimogeni. Si trovò piegato in due a tossire, colpito da ogni parte. Sentiva grida tutto attorno, ma non riusciva a fare altro che proteggersi la testa ed il viso, incassando manganellate e calci alla meno peggio. Vomitò quando lo colpirono parecchie volte allo stomaco. Poi sentì un grido più vicino e qualcuno lo tirò in piedi, trascinandolo fuori dalla bolgia. Un sacco di ragazzi erano stati caricati sulle camionette della polizia e pensò sarebbe di nuovo stato il suo destino, invece si trovò all’interno di un magazzino, poco lontano dal campus. Riconobbe John accanto a lui e si rese conto di faticare a respirare. Si girò su un fianco, tossendo fuori sangue, poi cadde sdraiato, con il fiato spezzato. Era il luogo dove aveva mandato Shaina, ma lei dov’era? ...
<< Ho dovuto fare il giro lungo ... >> mormorò una voce subito fuori dal suo campo visivo. Shun riconobbe immediatamente Shaina ed allungò una mano
<< Dobbiamo portarlo al prontosoccorso ... >> sibilò John
<< E’ pieno di poliziotti, portano via quelli che arrivano dal campus ... >> sospirò Shaina. Si inginocchiò accando a Shun, iniziando ad accarezzargli la fronte. John borbottò qualcosa e si avviò alla porta a fare da palo. Shun guardò Shaina e tentò di sorriderle. Lei si chinò a baciarlo, accarezzandogli i capelli, e Shun la strinse debolmente a sé. Aveva un freddo micidiale, si rese conto. Qualcosa non andava da qualche parte all’altezza delle costole e dello stomaco, perché faceva tanto male da non riuscire a respirare se non in piccoli sibili affrettati. E si rese conto di essere terrorizzato. Vide le lacrime formarsi negli occhi di Shaina, e gocce di smeraldo caddero a bagnargli il viso
<< Resisti, appena si calmano le acque ti portiamo in ospedale ... >> mormorò lei, sorridendo tra le lacrime. Shun sorrise a sua volta, annuendo, ma iniziava a vedere sempre più sfocato. Ed aveva così freddo ...
<< Che cazzo è successo?! >> sbraitò la voce di Ikki. Shun aprì a fatica gli occhi, rendendosi conto di averli chiusi per un momento ed allungò la mano in direzione della voce
<< Nii-san ... >> riuscì a sussurrare
 
 
Ikki guardò Shun a terra. Aveva sangue sulla bocca. Shaina accanto a lui, quella ragazza all’apparenza tanto forte e controllata, piangeva senza preoccuparsi di chi aveva intorno. Shun doveva averlo sentito, perché girò leggermente il volto, aprendo gli occhi. Ikki si sentì gelare vedendo lo sguardo che si stava spegnendo. Si slanciò quando Shun allungò una mano, vedendo o sguardo supplichevole di Shaina. Ma quando cade in ginocchio accanto a Shun, la mano, ormai fredda, era già ricaduta a terra. Ikki rimase bloccato. Prese la mano di Shun, cercando di risvegliarlo, scuotendolo. Si trovò a singhiozzare, chiamandolo. Shaina era accanto a lui e non riusciva nemmeno più a piangere, seduta con una spalla contro il muro, la testa di Shun in grembo, le dita fra i suoi capelli. Ikki si allontanò, smettendo di scuotere Shun. Si sedette, guardando il suo fratellino, sapendo che non avrebbero più parlato di cambiare il mondo. Guardò ancora una volta Shaina e gli salì una rabbia mai provata prima
<< Se non fosse stato per te se ne sarebbe stato buono! >> sbraitò. Shaina alzò lo sguardo, alzando un sopracciglio
<< L’ho conosciuto in una cella, ti ricordo. >> disse, atona. Ikki cercò qualcosa da dire, ma lei lo fissava ancora, togliendogli ogni possibilità di ribattere
<< E per inciso, sei tu quello che è arrivato tardi. John l’ha portato qui. Non tu. >>
Ikki abbassò il viso.
<< Non mi sembra il momento di recriminare. >> li riprese John. Sean e Martin, arrivati insieme ad Ikki, stavano osservando la scena, pallidi in viso.
<< Dovrò dirlo alla famiglia ... >> mormorò Ikki, chiudendo gli occhi. Se avessero saputo la verità non gli avrebbero nemmeno fatto il funerale ... serrò la mandibola, mentre nuove lacrime gli rigavano il volto
<< Ci inventiamo qualcosa noi. >> sospirò Sean, posandogli una mano sulla spalla, per poi far allontanare gli altri due ragazzi
<< Non apprezzerebbero quello che ha fatto, vero? >> mormorò Shaina. Ikki si limitò a sospirare, tentando inutilmente di arginare le lacrime ccon le mani.
<< Stavamo solo cantando ... >> singhiozzò lei, chinandosi fino a coprire il proprio viso e quello di Shun con i capelli. Ikki le posò una mano sulla testa. Con l’altra prese di nuovo la mano di Shun, portandosela al viso.
 
Ikki guardò i propri parenti. Non voleva nessuno li. Non sapevano perché Shun fosse morto. Non sapevano che non si era trattato di un incidente. Non sapevano che dei poliziotti lo avessero ucciso.
John e Martin avevano preso un’auto abbandonata da giorni sul ciglio di una strada. Sean, che studiava per diventare medico legale, aveva fatto in modo che l’auto risultasse la causa delle ferite di Shun. Perché era figlio di un politico, e i bravi figli di politici non si immischiano in certe cose. Serviva una versione ufficiale, bisognava far venire la polizia, denunciare il fantomatico autista dell’ato, che risultò rubata un mese prima, bisognava far portare il corpo in Giappone. Così l’auto era stata portata sulla strada davanti al magazzino, strada che Shun aveva “probabilmente percorso per evitare la manifestazione”. In quanto ad Ikki era stato ufficialmente ad un seminario di un professore su un argomento di scienze politiche che gli serviva per un esame.
Ed ora tutti i parenti si disperavano. Non si poteva ignorare un membro della famiglia una volta morto, dopotutto. Ikki si girò verso il proprio padre, che gli aveva posato una mano sulla spalla, poi tornò a guardare la foto bordata di nero di Shun.
Aveva offerto a Shaina di farla venire per il funerale, ma lei aveva rifiutato, dicendo che non avrebbe retto.
 
Qualche settimana dopo gli giunse notizia, da una lettera di John, che suo malgrado Shaina ad un funerale aveva comunque dovuto andarci: quello di Angelo. Ikki ripensò al ragazzo inqueitante con cui aveva scambiato poche parole in centrale, ma saperlo morto in Vietnam non gli fece alcun effetto. Si chiese però come stesse Shaina, che aveva visto Shun spegnersi sotto i suoi occhi ...
Pensò molte volte di scriverle, ma continuò a rimandare, prima per settimane, poi mesi, alla fine divennero anni. La incontrò per puro caso in un caffé a New York, mentre lui era in viaggio d’affari. Lei era sposata con un uomo del posto.
<< Quanto sono continuate le manifestazioni? >> si trovò a chiedere Ikki. Lei prese qualche tiro dalla sigaretta, poi scrollò le spalle
<< Dovresti chiedere ai tuoi amici. Io ... ho smesso. Dopo quel giorno sono tornata in campagna dai nonni ... non potevo più ... quello in cui credevamo era giusto, ci credo ancora. Ma io non avevo più abbastanza forza per continuare. Non sono i morti a perdere le battaglie, sai? Sono quelli che rimangono che perdono la forza di andare avanti ... >>
<< Tu di forza ne hai sempre avuta tanta, più di tutti noi ... >>
Shaina scosse la testa, spegnendo la sigaretta e prendendo un sorso dalla sua tazza di caffé.
<< Forse ero abbastanza forte per affrontare la polizia. Non mi spaventavano le manganellate. Ma qualsiasi motivazione mi avesse spinta fino a quel momento mi è sembrata futile davanti alla morte di Shun. Sapeva che stava morendo, sai? Quando gli ho detto di resistere che appena la polizia fosse andata via dall’ospedale ce l’avremmo portato, lui ha tentato di rassicurarmi ... non credo nemmeno che se ne sia reso conto ... a malapena vedeva ancora qualcosa in effetti ... >> sospirò, per poi accendersi un’altra sigaretta
<< E tu? Ti sei sposato? >> chiese, cambiando argomento. Ikki fece una smorfia
<< Ovviamente si. Una ragazza di buona famiglia. Carina e gentile. Aspetta un bambino, ma non sappiamo se questo migliorerà i nostri rapporti ... anche se, almeno dalla mia parte, è andata bene. Poteva capitarmi una come la moglie di mio cugino ... che strega! I matrimoni combinati raramente portano a qualcosa di buono ... >>
<< Beh, se vi siete simpatici potete arrivare comunque a dei compromessi ... e il bambino? Sai già se sarà maschio o femmina? >>
<< L’ecografia dice maschio ... manca poco ormai, si vede bene ... >>
Tacquero entrambi. Non c’era bisogno di dire ome si sarebbe chiamato
<< E tuo marito? >> si risolse a chiedere Ikki. Shaina rise, vedendolo arrossire improvvisamente
<< E’ uno psichiatra. Era il mio psichiatra in realtà ... quando ci hanno detto che Angelo era morto ho dato di matto e mi hanno ricoverata ... oh, non guardarmi così. Adesso sto bene. Solo che mentre ero la beh ... è successo qualcosa. Lui è ... gentile ... e beh, pure belloccio a dirla tutta ... e non c’è dubbio che mi conosca meglio di chiunque altro. Avevo sentito di gente che si innamorava del proprio analista, dello psichiatra no, ma mi è capitato ... e alla fine, quando non sono più stata sua paziente, mi ha sposata. >>
Ikki sorrise, sentendo quelle parole. Shun avrebbe voluto che Shaina stesse bene e fosse serena. Ed ora sembrava proprio che fosse ccosì ...
<< Ora devo lasciarti, devo correre a cucinare, abbiamo invitato un po’ di parenti stasera, sono già in ritardo ... sai, è di origine greca lui, ha un esercito di zii, cugini e fratelli ... per fortuna le mie cognate vengono a darmi una mano ... >> e con queste parole, Shaia si alzò ed uscì dal locale, lasciando il conto da pagare ad Ikki. Lui si trovò a sorridere, scuotendo la testa. Si affrettò a lasciare i soldi sul piattino del conto ed uscire. Avrebbe dovuto essere su un aereo per Tokyo di li a quattro ore, se non voleva rischiare di perdere la venuta al mondo del piccolo Shun ...    
 
  
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