Erano in
macchina diretti all’aeroporto.
Lucia guidava.
Giulio seduto vicino appoggiava la mano
di uomo forte su quella di lei.
Avevano dormito tutta la notte stretti
in un abbraccio.
La sua donna aveva cercato di rassicurarlo tenendolo stretto
come si fa con un bambino.
Eva e Walter seduti dietro, erano
persi
ognuno nei propri pensieri.
La ragazza guardava fuori dal finestrino.
Avrebbe voluto vedere il sole apparire
timido, ma a Roma il sole tramontava non sorgeva.
In quel giorno avrebbe pagato qualunque
cifra per vedere nascere ogni cosa e non tramontare.
Sapeva che lei non si sarebbe accorta di
nulla, presa com'era dai pensieri che le agitavano l’anima.
Spesso si domandava perché i suoi due
migliori amici dovevano sempre complicare le cose più
semplici.
Quante volte si erano lasciati e poi
ripresi in quegli anni?
Quante volte li aveva visti escogitare
cose assurde per potersi ritrovare?
Quante volte?? Infinite, ma questa le
batteva veramente tutte.
Avrebbe fatto un discorsetto al bel
Cesaroni.
Non importava fosse in coma, anzi meglio, non avrebbe potuto
replicare.
Lo avrebbe guardato dritto negli occhi
chiusi e gli avrebbe detto:
- Ma se la volevi vedere dovevi proprio andare a
sbattere contro una macchina e per di più in moto???? -
Si, gli avrebbe detto proprio
così.
Walter sapeva che tutto quel pasticcio
era capitato perché i suoi due migliori amici erano
destinati a stare insieme.
L’unica cosa che lo preoccupava era il
fatto che questa volta avrebbe potuto essere l’ultima loro
occasione.
Visto
gli orari rigidi del reparto di terapia intensiva
dell’ospedale, l’autista
aveva prima accompagnato i tre in albergo.
Giulio su questo era stato
irremovibile con Maya: non aveva intenzione di alloggiare a palazzo.
Lui aveva
bisogno di sentirsi libero in quella circostanza e alla reggia non lo
sarebbe
stato.
Maya
aveva capito ed era stata tanto gentile da prenotare per loro un albergo.
Era abbastanza vicino all’ospedale,
sarebbero stati
liberi di andare e venire a piacimento.
Giulio aveva apprezzato il gesto della
ragazza che amava suo figlio.
- Ci
siamo – disse l’uomo ai due ragazzi.
Erano
davanti alle porte scorrevoli dell’ospedale.
Le porte continuavano ad aprirsi e
chiudersi, ma loro rimanevano fermi li davanti.
Tutti
quelli che entravano ed uscivano li osservavano, ma a loro poco
importava.
Stavano cercando dentro di se la forza giusta per andare incontro a
quel letto
di ospedale.
Le
porte si aprirono ancora una volta.
Maya
li stava guardando dall’androne.
Non vedendoli arrivare era scesa per
aspettarli all’ingresso.
Li aveva
trovati ancora fuori a guardare le grandi porte.
Quando
li aveva visti aveva avuto un mancamento: non aveva capito che ci
sarebbe stata
anche Eva.
Vederla le mise
agitazione.
Poteva capire la presenza di Walter, ma perché era venuta
anche
lei? Perché?
Eva
la stava scrutando.
L’aveva vista sorgere in mezzo alla folla.
Le leggeva in
volto la preoccupazione per Marco.
Quando
i loro sguardi si erano incrociati, l’aveva vista impallidire
ancora di più.
Aveva pensato stesse per svenire, era stato un attimo.
Si
stava avvicinando e Giulio le stava andando incontro.
La
vide abbracciare il padre del suo uomo.
La vide stringere la mano a Walter.
La
sentì dire: - Ciao Eva. -
Il
tutto senza mai staccare gli occhi dai suoi.
-
Ci siamo – pensò Eva – eccoci qui,
ancora noi.-