Sono sempre io, Quattro, il ragazzo che ti invoca ogni dannata notte.

Un po' insistente, è vero, ma il tempo mi ha cambiato.

E questi sono anni di cambiamenti.

La città si sta ricostruendo, sai? Sta iniziando dalle fondamenta.

A volte sembra quasi che lo faccia da sola, ma se stai attento ti accorgi che ci sono le persone, dietro tutto questo tumulto.

Anche loro si stanno ricostruendo.

E dovrei farlo anch'io.

Ma non ci riesco. Non da solo almeno.

Perchè nessun addestramento poteva prepararmi a questo.

Ad affrontare rimorsi, paure, ansie.

Ad affrontare la perdita della donna che amo.

Ad affrontare la mia vita senza di te.

Io che credevo te l'avrei cambiata, la vita.

Che sarebbe arrivato finalmente il momento in cui avremmo lasciato alle spalle il sangue e la polvere e il dolore per poter trascorrere momenti felici e sereni.

Io che credevo che alla fine ci saremmo addirittura annoiati, dopo un po', a vivere così. Che avremmo rimpianto i brividi di eccitazione e di paura che la vita da Intrepidi aveva saputo darci.

Ma che non poteva prepararmi a questo.

A dovermi addormentare con la paura di risvegliarmi. Perchè no, non ce la faccio ad aprire gli occhi ogni mattina.

Non li voglio aprire.

Non voglio affrontare le mie giornate senza averti al mio fianco.

Perchè è questo il tuo vero posto. Non nei cieli di Chicago. Ma al mio fianco.

E a volte quasi me ne convinco, che voltandomi ti troverei vicino a me. A guardarmi con i tuoi occhi grandi grandi, carichi di speranza.

Ma quando lo faccio non c'è mai nessuno.

E penso che sia strano, davvero strano come uno scricciolo piccolo come te sia riuscito a lasciare intorno a sè un vuoto talmente grande.

Prendendo semplicemente il volo...

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