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Autore: clarisss95    05/09/2016    0 recensioni
In seguito alla persecuzione degli ebrei, tutto cambia.
Amicizie, famiglia, le persone.....
Sara e Sofia avevano in comune molto più di ciò che ci si aspetta.
Solo che una era morta, l'altra no.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto
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Milano, 1954


Le strade di Milano erano libere, si respirava la solita aria di cenere e natura che rassemblate parevano quasi un odore dolceamaro.
Avevano vagato a piedi, dalla dogana fino alla città, eppure nessuna delle due si era lamentata: sarebbero giunte a casa loro volenti o nolenti.
Quasi le parve un sogno. Un sogno realizzato ad occhi aperti.
Però non era così, Isabella e Susanna erano veramente tornate a casa, e se ne resero conto quanto Nora, affacciandosi alla finestra, le vide ed emanò un sorriso.
“Non esser arrabbiata con lei. Dopotutto ha fatto il possibile per proteggerci” le sussurrò la minore.
L'altra, tuttavia, non disse niente e continuò a camminare, anche quando si trovò di fronte la madre. Provava risentimento nei suoi confronti ed esso con il passare del tempo non era affatto diminuito.
Isabella abbracciò sua madre “Mi sei mancata!” disse, gli occhi quasi lacrimavano.
Sua madre ricambiò la stretta, guardando l’altra “Anche voi figlie mie”, e, dopo un secondo “Pensavo di avervi perse per sempre. Come avete fatto ad uscire da….”
“Ce la siamo cavate con le nostre forze. Dieci anni sono tanti, non ti aspettavi che aspettassimo te, no?”
“Non ti permetto di parlarmi in questo modo, Susanna. Io non ho fatto niente”
“Ah veramente, Nora? Ci hai vendute”
“Assolutamente. Vi ho fatto guadagnare del tempo. E non ti permetto che mi chiami Nora, io sono tua madre!”
“Una prostituta, ecco cosa siete. Potevi parlarcene e farci capire la situazione, la tua situazione, ma hai preferito tacere”
“L’ho fatto solo per voi...”
“Posso andare nella mia stanza o devi continuare con queste scuse?” e, poco prima di andare nella sua stanza “Non ho più diciannove anni, mamma. Non trattarmi come una bambina, non te lo puoi permettere.” E senza dire una parola si rifugiò nella sua stanza.
Isabella poggiò una mano sulla spalla della donna “Non te la prendere, mamma. Le passerà”
Nora annuì ma non fu convinta, poi si rivolse alla figlia minore “Che avete fatto tutto questo tempo? Sono passati dieci anni...”
“Eravamo in un treno che pensavamo ci avrebbe portato al campo di concentramento, invece era stato dirottato dal comandante Cook, un americano. Ci ha portato fino alla Loira, in Francia. Lì siamo scesi e abbiamo camminato fino a quando non abbiamo conosciuto uno” disse, sfoggiando l’anello che aveva al dito. Sua madre lo guardò. Era un anello verde smeraldo, era bellissimo.
“T-tu...”
“Non mi sono ancora sposata, è un anello di fidanzamento.”
“Come si chiama lui?”
Isabella sfoggiò un sorriso “Enrique. Non ci crederai mai, mamma. Ma è un principe...il sogno si è avverato!!” disse contenta.
“Non ci credo!” fece seguito sua madre “E’ una buona casata? E’ l’erede?” S’informò.
“Mamma...non credo sia questo l’importante. Voglio dire, non m’importa di questo. E’ stato l’unico che mi ha dato sostegno durante quel periodo in cui sono stata male. Ci siamo trovati...”
“E lui dov’è adesso?”
“E’ rimasto in Francia, ma tra pochi giorni sarà qui insieme alla sorella. Devo farteli conoscere...”
Sua madre annuì soddisfatta “E Susanna? Lei ha trovato qualcuno?”
“Ti sembra una persona che possa trovare qualcuno? Se non riesce nemmeno a sopportarsi lei...”
“Sono così contenta per te, tesoro. A breve farai un figlio, così la dinastia rimarrà sicura….”
Dopo quell’affermazione Isabella si rattristò.
Non l’aveva ancora detto alla madre, e forse non l’avrebbe mai fatto.
Il suo segreto lo conosceva solo la sorella.







“Luigi! Sono tornato!” poggiò la borsa che teneva sulla borsa ed andò ad abbracciare il suo migliore amico.
“Amedeo! Amedeo, non ci credo, sei davvero tu” quegli occhi verdi e gli occhi scuri non l’avrebbero mai ingannato.
“Sono resistito anche alla caccia, ci credi?”
“Non dire così. Anche se io sapevo che ce l’avresti fatta. Insomma, uno come te...”
“Non cominciare con le romanticherie da gay, per favore.”
“Scusa”
Amedeo si rese conto del tono che aveva assunto “No, scusami tu. Sono turbato per una cosa che mi è successa in questi dieci anni, e vorrei non esser mai andato lì”
“E’...è stata colpa mia.”
“No, ma cosa dici. Non è-”
“Si invece. Avrebbero preso me, invece tu mi hai difeso lasciando intendere il contrario. Io...non ti ringrazierò mai abbastanza”
“Allora è stato un bene che quel treno venisse dirottato da un americano. Esco a fumare una sigaretta”
“Fai pure, amico mio.”

Amedeo uscì dal balcone e si accese un mozzicone. Lasciò che il fumo gli penetrasse dentro e facesse leva sui propri polmoni.
Dalla Francia era dovuto andare in Inghilterra a divenire militare, poi era stato spedito nei pressi di Berlino, e la aveva visto con orrore ciò che era successo. Poi era tornato a Milano.
Adesso era a Milano, e voleva cominciare una nuova vita.
   
 
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