Film > Titanic
Segui la storia  |       
Autore: Phoebebell    05/09/2016    1 recensioni
Lily Sandler è una ricca sedicenne londinese, capricciosa, snob e viziata, figlia del facoltoso professore universitario Andrew Sandler.
Fin da bambina ha sempre sognato di visitare le meravigliose città americane di cui le aveva tanto parlato la sua amica Rose e, finalmente, i suoi desideri stanno per avverarsi: viaggerà con la famiglia a bordo del Titanic, alloggiando in una lussuosa cabina di Prima Classe.
Ma, come ben si sa, la crociera si concluderà in un tragico epilogo ed il sogno diverrà incubo.
Quale sarà il destino della famiglia Sandler e dei passeggeri da loro incontrati durante il viaggio?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Jack Dawson, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rosalinda Dewitt Bukater
Note: Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

(Banner di Pandamito)



ATTO I - POV Nicholas

-  Tutto ciò è inammissibile! Cosa ti ha fatto pensare di poter mettere le mani addosso alla mia fidanzata? Guardami, feccia umana!  
-  Cal…    
-  Che ti è saltato in mente?
Il riccone con la faccia da topo sembrava pronto a sputare fiamme e fumo su un ragazzino smilzo dai capelli biondi, vestito piuttosto poveramente. Nicholas picchiettò le dita sulla spalla del Colonnello Archibald Gracie, domandando cosa diamine stesse succedendo.
Stava tranquillamente portando a termine la propria ronda, quando delle grida provenienti da poppa l’avevano costretto a correre sul posto insieme ad altri ufficiali.
Prima che il Colonnello avesse il tempo di aprire la bocca per spiegare la situazione, la bella ragazza dai capelli rossi, presunta fidanzata di Faccia da Ratto, si fece avanti per svelare l’arcano e placare le ire del futuro consorte. Da sotto la coperta che l’avvolgeva, si poteva notare un vistoso strappo sulla gonna del suo costoso abito cremisi.     
-  È stato un incidente- assicurò, alterando ingenuamente il tono di voce - Davvero. Banalissimo. Mi ero sporta e sono scivolata. Mi ero sporta un po' troppo per vedere... ah... ehm... le... le...    
-  Eliche? – suggerì Faccia da Ratto perplesso.     
-  Le eliche – annuì lei - E sono scivolata. Sarei caduta in mare, ma il signor Dawson mi ha salvata, e per poco non cadeva anche lui in acqua.    
Gli uomini presenti aggrottarono la fronte con aria confusa.     
- Volevi vedere le... voleva vedere le eliche!     
- Come dico spesso – rise il Colonnello Gracie - Donne e motori non legano.
“Se lo sentisse Nancy lo manderebbe a fanculo, lui e i suoi motori” sogghignò Nick, allontanandosi con flemma. Evidentemente era stato solo un falso allarme e non c’era bisogno del suo aiuto. E poi, l’espressione viscida del tirapiedi di Faccia da Ratto lo infastidiva non poco.
Evitò per un pelo di scontrarsi con una ragazzina di Prima Classe che stava attraversando il ponte di corsa (forse era la stessa che cercava disperatamente il gatto quello stesso pomeriggio), poi si appoggiò distrattamente al parapetto, osservando le acque scure che scorrevano diversi metri più in basso.
Non era affar suo l’episodio della rossa e dell’eroico biondino, eppure si ritrovò presto a rimuginare su un paio di incongruenze: prima di tutto, dov’è che lo smilzo aveva trovato il tempo di slacciarsi le scarpe, nell’istante in cui la ragazza perdeva l’equilibrio? E soprattutto, come poteva lei pretendere di vedere le eliche della nave da quella postazione? Forse stava sottovalutando l’ignoranza e la stupidità umana, ma a Nicholas sembrava assurdo che una persona adulta potesse sul serio partorire un’idea simile.   
“O non l’hanno mai fatta uscire di casa” pensò “Oppure quella ragazzina è pericolosamente…”
- Ingenua.
L’ufficiale Brandy si voltò, rompendo il suo solito atteggiamento di noncuranza. Per un attimo non vide nessuno dietro di sé, così cominciò a credere di essersi soltanto immaginato quell’inquietante voce femminile, poi però, aguzzando la vista, notò una figura minuta seminascosta dalla penombra. Era in piedi, immobile, si scorgeva appena il luccichio maligno dei suoi occhi. Lo stava fissando.
Mantenendo il sangue freddo, Nick raddrizzò la propria postura, facendo scivolare la mano sulla pistola: - Prego?
La figura fece un passo in avanti, permettendo alle luci artificiali della nave di rivelare parzialmente il suo volto. Era una passeggera di Prima Classe, intravista durante i controlli il giorno dell’imbarco.
- Ho detto che quelle persone sono stupidamente ingenue, se credono alle parole della ragazza.
Nicholas sostenne il suo sguardo ferino, ignorando il forte senso di disagio che lo stava tormentando: - Lei ha quindi assistito alla scena, signorina…    
- Lady Mildred Newell – lo interruppe lei in tono saccente – E’ il mio nome, può tranquillamente utilizzarlo per rivolgersi a me, mio caro…    
- Ufficiale Nicholas Brandy – la anticipò il ventiquattrenne, giocando allo stesso gioco – Sarò certamente lieto di adoperare il Suo nome, Lady Newell, così come suppongo Lei sarà lieta di adoperare il mio.    
- I nomi sono importanti – convenne la donna con un sorriso velenoso – Così come le parole ed i gesti. Ma è raro che qualcuno dia ad essi il giusto peso, come hanno dimostrato poco fa il signor Hockley ed i suoi compari.
Nick trattenne con forza l’istinto di battere le palpebre. Solitamente non ne avvertiva la necessità tanto spesso, anzi, ma lo sguardo gelido e fisso di quell’inquietante signorina gli provocava una sensazione di disagio mai avvertita prima. Per un istante, in quelle terrificanti pupille vide il riflesso di una tempesta, onde alte, pioggia fitta… percepì un orrido gusto salato in bocca e le membra intorpidite dall’acqua ghiacciata. Assi di legno spezzate che galleggiavano attorno… la mano di Byron che scivolava via dalla sua, scomparendo tra i flutti…
- Non è stato un incidente, vero? – domandò, cercando di scacciare dalla mente quell’incubo ricorrente contro cui lottava da anni.
Lady Newell avanzò di un altro passo, portando l’interlocutore a lottare contro l’impulso di indietreggiare. Sembrava in procinto di rivelare un importante segreto, invece si limitò a sollevare gli angoli della bocca in un gelido sorriso abbozzato, rispondendo con aria sibillina: - Lei sì che è perspicace, Ufficiale Nicholas Brandy.
Il biondo non replicò, la fissò per qualche istante mentre si allontanava, sempre protetta dalla penombra, poi volse nuovamente lo sguardo verso il mare, certo che quella notte avrebbe udito ancora per un po’ nella testa il riecheggiare, ormai lontano, di quei terribili passi.
“Quella tipa sembra pericolosa” pensò “Non so perché ma ho una brutta sensazione…”
Quasi automaticamente, le sue gambe cominciarono a muoversi sempre più rapidamente, portandolo a scendere sempre più in basso.
La corsa terminò di fronte all’ingresso delle cabine di Terza Classe.



ATTO II – POV Lily

Non le importava che i capelli si scompigliassero durante la corsa, o che l’abito rischiasse di impigliarsi da qualche parte, strappandosi. In quel momento, Lily Sandler pregava con tutte le proprie forze di non inciampare e di non perdere la sua migliore (e in realtà unica) amica.
“Non puoi, Rose. Non puoi farlo. Tuo padre non ha risolto nulla, anzi.”
Non sapeva nemmeno perché stesse correndo con tanta sicurezza in una determinata direzione, ma non importava, avrebbe setacciato la nave da cima a fondo pur di impedire a Rose di compiere una stronzata.
Rischiò di scontrarsi con un ufficiale (non era quello che l’aveva portata da Theo solo poche ore prima?) e, proprio mentre aveva quasi raggiunto gli scalini che portavano a poppa, la figura alta e impettita di Cal fece capolino in cima alla scalinata, affiancato da una sagoma più bassa e formosa, avvolta in una coperta.     
Lily non le diede nemmeno il tempo di scendere.    
- Rose!
Aveva il volto arrossato, i capelli appiccicati alla fronte ed il respiro affannoso, forse il suo abito si era pure macchiato di sudore, ma non pensò nemmeno di darci peso, si lanciò tra le braccia della migliore amica, rischiando di farla cadere. Non avvertì nemmeno la scia bagnata delle lacrime che avevano cominciato a rigarle le guance.
- Rose! Oddio, sei qui… sei qui, stai bene…
- Sto… bene – balbettò la rossa sorpresa – Lily, cosa… che cosa ci fai qui?
- Potrei farti la stessa domanda! – urlò l’altra senza smettere di singhiozzare – Pensavo… pensavo che tu…
- Lily, calmati – disse Cal in tono viscidamente cortese – Rose è molto scossa, stava per avere un incidente terribile…
- Quale incidente? – domandò sospettosa la castana, cercando di prendere il respiro.
- La signorina Rose, a quanto pare, era convinta di riuscire a vedere le eliche della nave sporgendosi dal parapetto – intervenne Lovejoy impassibile – Ha perso l’equilibrio e stava per cadere in acqua, ma un giovane di Terza Classe è intervenuto e le ha salvato la vita. Almeno, questo è quanto la signorina Rose ha raccontato.
- E’ andata così – asserì la rossa, lanciando di nascosto un’occhiataccia al viscido tirapiedi.
- Le eliche?     
Lily sgranò gli occhi incredula. Di tutte le assurdità che aveva sentito, quella occupava senza dubbio un posto sul podio.
Si offrì di accompagnare l’amica in cabina, permettendo a Cal e Lovejoy di tornare a godersi la compagnia dei ricconi in sala, ma non proferì parola fino a quando non si trovarono sulla soglia dell’alloggio delle Dewitt Bukater.
- Volevi vedere le eliche – ripeté la Sandler in tono ironico – Seriamente? Una scusa peggiore no?
- E’ vero – borbottò la rossa, per nulla convinta – Madeleine Astor mi ha detto che lei è riuscita a…
- Primo, non nominarmi quella lurida arrampicatrice sociale – sbottò Lily, contenendo a fatica la rabbia nell’udire il nome di una delle persone che più la disgustavano – Secondo, forse un deficiente come Cal potrà credere che tu sia in grado di commettere simili idiozie, ma io ti conosco da troppo tempo, Rose Dewitt Bukater. Che cosa è successo veramente?
- Ho rischiato di cadere in acqua e un ragazzo mi ha salvata – ribatté ostinata la diciassettenne – E’ la verità. Si è trattato solo di un incidente.
Stava mentendo. Lily ormai aveva imparato ad interpretare i gesti ed il linguaggio della migliore amica e non aveva alcun dubbio in proposito. In più, non si era mai sbagliata quando presentimenti tanto forti la coglievano all’improvviso, in particolare da quando aveva cominciato ad indossare il ciondolo della nonna.
Ferita per quella totale mancanza di fiducia, la ragazzina alzò il mento altezzosa e replicò in tono gelido: - Benissimo. Grazie per la sincerità, Rose.
Girò i tacchi, allontanandosi a passo svelto. Rose la chiamò soltanto una volta, ma non si fermò. Quando raggiunse il salone, aveva gli occhi ludici.
- Lily, dove sei stata? – la accolse Violet, il volto segnato dalla preoccupazione – Hai parlato con Rose? Ho sentito che ha rischiato un brutto incidente…
- Sì, le ho parlato – sibilò fredda la minore – Adesso sta benissimo.
Suo padre e zio Eric stavano discutendo animatamente con Cal, attorniati da un gruppetto di gentiluomini e dame. Ruth non aveva perso occasione di avvinghiarsi al braccio del signor Sandler.
- Chiedo scusa, Miss Sandler. Abbiamo udito di quanto è accaduto poco fa, potrebbe fornirci delle delucidazioni?
A parlare era stato Lukas Volkov, avvicinatosi insieme alla domestica e due sorelle. L’eleganza del biondo Principe, che aveva stregato buona parte dei presenti, incuteva uno strano senso di gelo e distacco nella mente della Sandler più giovane.
- Non ero presente – borbottò risentita – Posso solo riferirvi quanto mi è stato raccontato. A quanto pare, Rose si è sporta dal parapetto di poppa per vedere le eliche della nave, è scivolata ma è stata salvata da uno... da uno straccione di Terza Classe!
Sputò le ultime parole quasi con rabbia, stringendo i pugni. Rose avrebbe dovuto fare i salti mortali per ottenere il suo perdono.
Comprensibilmente, i Volkov e Violet si scambiarono un’occhiata confusa.
- Perdonami ma la tua amica è un po’ tonta. A me non sarebbe mai passato per la testa di fare una cosa simile – asserì Nika Volkov, scuotendo poi il braccio della tata – Vero, Lari?
- Non l’avresti mai fatto – concesse la diciannovenne con aria assente – No, tu sei una bambina giudiziosa.
- Non serve essere giudiziosi per evitare simili imprudenze – osservò Lukas, bevendo un sorso di vino rosso – Forse la signorina Dewitt Bukater aveva alzato un po’ il gomito?
- L’importante è che adesso stia bene – si intromise Katrina Volkov in Sokolov con fare materno – Ha bisogno di qualcosa? Se vuole, possiamo farle visita o portarle una tazza di tè…
- Rose sta bene – replicò Lily lapidaria – La ringrazio per il pensiero, Katrina, ma non si disturbi. Ho visto che Trudy, la sua domestica, si è avviata di corsa verso le cabine, ci penserà lei.
- Allora speriamo che Miss Dewitt Bukater dimentichi in fretta il brutto incidente – sorrise il Principe, sfiorando con un gesto furtivo la mano di Larisa – Si sarà presa un bello spavento e…
- Chiedo scusa – lo interruppe la balia russa, fissando un punto imprecisato alle spalle di Lily – Elena è finalmente tornata.
- Oh! – esclamò Lukas, portando Katrina a rabbrividire, seppur per un attimo – Quale gioia! Cominciavo a credere che la nostra cara sorella avesse lasciato la nave! Con permesso, signorine.
C’era un qualcosa di strano nel modo in cui gli erano brillati gli occhi e qualsiasi cosa fosse non portava a nulla di buono. Katrina si congedò piuttosto spiccia, seguendo il fratello con sguardo apprensivo, mentre Larisa, senza lasciar trasparire alcuna emozione, prese in braccio Nika e la portò fino al divanetto dove si era stravaccato quello squinternato di Charles Fitzherbert.
- Rose si è rincoglionita tutt’a un tratto oppure c’è qualcosa che mi stai nascondendo? – domandò Violet alla sorella – Perché quella delle eliche, sinceramente, mi pare una storia assurda.
- L’unica che nasconde qualcosa è Rose – brontolò la ragazzina, tendendo istintivamente l’orecchio per udire i bisbigli che Lukas Volkov stava rivolgendo alla sorella fuggiasca. Il suo tono era basso, ma più che sufficiente a darle i brividi. L’ultima frase risuonò spaventosamente chiara.    
“Adesso in cabina facciamo i conti, stupida puttana!”



ATTO III – POV Joanne

- Mi domando ancora cosa mi spinga ad avere a che fare con voi – brontolò Sean, scendendo controvoglia le rampe di scale che portavano in Terza Classe – Girare così, alla cieca, di primo mattino… e giusto perché lo sappiate, non vi ho ancora perdonato la buffonata dell’altra sera.
- Sei piaciuto a tutti – lo rimbeccò Joanne con un sorriso – Abbiamo soltanto reso la tua performance ancor più indimenticabile.
- Al-alcuni hanno detto c-che è s-stata una trovata s-simpatica – si giustificò timidamente Andy, che non aveva ancora preso una gran confidenza col giovane pianista.
- E poi fidati – soggiunse Charles con un ghigno furbo – Poteva andarti peggio. Alla fine ero molto meno ubriaco del solito.
Sean alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa, e Joanne lo abbracciò, stampandogli un sonoro bacio sulla guancia. Sapeva che, nonostante tutto, il suo migliore amico non l’avrebbe mai piantata in asso. A differenza dei terribili parenti che il caso aveva loro affibbiato, si erano consapevolmente “scelti” come fratello e sorella ed avrebbero felicemente convissuto con questa scelta fino alla fine dei loro giorni.   
- Ma mi volete spiegare perché stiamo andando in Terza Classe?
La bionda si guardò attorno circospetta, l’immancabile veletta calata sugli occhi verdi: - E’ successo un mezzo casino ieri sera, pare che un ragazzo di basso rango abbia salvato una giovane aristocratica…
- Rose Dewitt Bukater – specificò Charles – Non ero completamente lucido ieri sera, ma ho sentito strani discorsi. Poi, mentre stavo tornando in cabina, passando per il ponte, una figura indistinta mi ha suggerito di indagare un po’ sulla cosa. Ha detto che sarebbe stato divertente.
- No, ma quindi mi state dicendo che noi dovremmo investigare su un fatto che non ci riguarda solo perché una “figura indistinta” ha detto a Charles, miope e quasi perennemente sbronzo, che ci saremmo divertiti?
Il pianista si coprì gli occhi con il palmo della mano: - Rettifico: perché continuo ad aver a che fare con voi?
- Preferiresti passare le giornate in Seconda Classe, bighellonando e intrattenendo conversazioni noiose? – domandò Jo con fare sarcastico – Dai, Sean, cosa c’è di più affascinante di un mistero da svelare?
- E p-poi – aggiunse Andrea – Ho s-sentito che in T-Terza Classe c’è un altro pianista b-bravissimo. M-magari potete con-confrontarvi un po’?
Il trentaduenne aprì la bocca per rispondere, ma sobbalzò quando, girando l’angolo, non si scontrarono per poco con una ragazza bassa e formosa.
- Oh, magnifico! – sbottò quella – A quanto pare, su questa nave, la gente non fa altro che venirmi addosso!
- Scusa – rispose Jo, nascondendo a fatica un sorriso – Siamo qui solo di passaggio. Vorremmo sapere qualcosa di più sul ragazzo che ieri sera ha salvato Rose… Dewitt Bukater o qualcosa del genere.
- Mi correggo – brontolo l’altra, piantando le mani sui fianchi – La gente su questa nave non fa altro che scendere in Terza Classe, venirmi addosso e cercare cose, animali o persone! Ieri la mocciosa con il gatto, oggi voi con il tizio che ha salvato il culo alla riccona! Ma perché non potete restare nei vostri alloggi a mangiare caviale?
- N-non volevamo of-offendere – balbettò Andy, costringendosi in tutti i modi a non sbirciare la scollatura della ragazza – S-se vuoi ce ne an-andiamo…
- Eh no, ragazzi, non vi ho seguiti fino a qui per restare a mani vuote! – proruppe Sean, beccandosi occhiate incredule fa parte del gruppetto di amici – Signorina, non vogliamo dare fastidio e non l’abbiamo urtata intenzionalmente. Ci farebbe un enorme favore se ci indicasse dove trovare qualche informazione.
- E perché dovrei farvi un favore? – ribatté l’altra ostinata – Non vi conosco nemmeno.
- Perché siamo delle bellissime persone super simpatiche con abilità interessanti. Lui è un pianista, lei una scrittrice, lei una pasticcera e io invento filastrocche sconce – rispose Charles con un sorriso a trentadue denti – Beh, in realtà dovrei anche essere uno studente di Medicina, ma sono più bravo con le filastrocche e gli alcolici, e poi…
- Va bene, basta! Se lo fate star zitto vi porterò da qualcuno che potrà testimoniare su quanto è accaduto ieri sera!
Il ventunenne rivolse un’occhiata trionfante agli amici, seguendo la moretta verso la sala principale di Terza Classe.
- Il ragazzo che cercate si è appena allontanato con una rossa ben vestita, però posso portarvi dai suoi compagni di cabina. Sono svedesi ma qualche parola inglese la capiscono.
- Oh, nessun problema – sorrise Jo – Io ho studiato lo Svedese.
- Buon per voi allora.
Seduti ad un tavolo rotondo, due ragazzi robusti (uno moro sui trent’anni, l’altro poco più vecchio) stavano giocando a carte con una donna dai capelli scuri vicina alla quarantina, abbigliata con una semplice camicia ed una lunga gonna nera.
- Oh, ma conosco uno di loro! – esclamò la scrittrice entusiasta – E’ Olaus, l’ho visto proprio…
Un attimo di silenzio calò in mezzo al quartetto: la loro guida era sparita nel nulla.
- N-non l’ho vista n-nemmeno andare v-via… - borbottò incredula Andrea, scambiando un’occhiata interrogativa con Charles.
- Pazienza, almeno adesso abbiamo una pista – replicò distrattamente Joanne, avvicinandosi al tavolino da gioco. Non appena la vide, Olaus si illuminò, posando subito il proprio mazzo di carte: - Joanne!
- God morgon, Olaus – rispose la bionda, accomodandosi sulla sedia libera accanto alla donna dai capelli scuri - Jag är glad att se dig igen.
- Credo l’abbia salutato e gli abbia detto qualcosa come ”è un piacere rivederti” – tradusse Sean per intuizione, notando le espressioni confuse di Charles e Andrea.
- De är mina vänner – continuò Jo, indicando il trio alle proprie spalle – Charles, Andrea e Sean, min antagna bror.
- Voi prende sedia! – sorrise lo svedese castano, facendo loro cenno di avvicinarsi, per poi rivolgersi nuovamente a Joanne - Han är min bror, Bjorn. E... han är Mary. – disse, indicando prima il tizio biondo seduto accanto a lui e poi la donna con cui stavano giocando.
- Io parlo solo inglese – rise quella, gettando di tanto in tanto un’occhiata di controllo in direzione di un bambino sui sette anni che correva per la sala – Volete giocare?
- Perchè no? – rispose Jo – Così, già che ci siamo, potremmo parlare degli eventi accaduti ieri sera...



 ATTO IV – POV Nine

Anche quella mattina aveva scordato di pettinarsi. Probabilmente, prima o poi, si sarebbe dimenticato pure i pantaloni o la camicia. O entrambi.
La vita di Jonathan Nihil Nine era stata avvolta nel mistero fin dai suoi primi giorni: era stato abbandonato su una nave da crociera quando aveva poco più di un anno ed in seguito adottato dall’orchestra di bordo. Non recava alcun documento con sé, nessun misero indizio riguardo la propria identità: fu così che i membri della banda decisero di creargliene una nuova. Lo battezzarono con due nomi: Jonathan, come il fratello scomparso del direttore, e Nihil, che significava “nessuno”. Ci volle un po’ di più per decidere il cognome del bimbo, ma alla fine il pianista propose un’idea che fu ben accolta da tutti: il giorno stesso in cui fu abbandonato, il piccolo si era imbambolato ad ascoltare il gruppo intento a suonare la Nona Sinfonia di Beethowen; così Jonathan Nihil divenne Jonathan Nihil Nine.
Si era staccato da propri genitori adottivi soltanto di recente: sarebbe sempre rimasto grato a loro per averlo accolto e introdotto al mondo della musica, ma non aveva accettato il loro sentirsi scoraggiati e propensi a mollare tutto dopo esser stati soppiantati da un’altra orchestra, più avanguardista e di lusso.
Lui non voleva mollare. Lui voleva suonare il pianoforte sulle navi, navi di qualsiasi tipo e in qualsiasi condizione; non gli interessava sguazzare negli agi e nella ricchezza, né diventare famoso ed avere un pubblico raffinato. Per essere felice, gli bastavano un piano ed un mare su cui navigare.
Giunse al salone di Terza Classe, notando, non senza un filo di disappunto, che qualcuno stava già suonando in quel momento. Con un sospiro, si lasciò cadere su una sedia situata in un angolo della stanza, in disparte rispetto al resto dei passeggeri.
Tirò fuori il proprio orologio dal taschino del gilet, esercitò una leggera pressione sul bottoncino posto accanto all’attaccatura della catenella e, quando l’oggetto si aprì, s’imbambolò a fissare le scritte che lui stesso aveva impresso all’interno.
"JNN – 9 Sett. 1879 – Pianista"
La sua identità racchiusa in poche lettere. Certo, l’unica cosa “vera” era la professione, ma, in caso si fosse perso nuovamente o fosse stato vittima di amnesia, non avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo.
Stralunato sì, ma non sprovveduto.
-Chiedo scusa…
Nine batté un paio di volte le palpebre, riponendo istintivamente l’orologio nel taschino. C’era un tizio dai capelli biondi, medio –alto, in abiti militari; lo stava fissando con uno stranissimo sguardo, quasi si aspettasse qualcosa… ma cosa poteva volere un ufficiale sconosciuto da un pianista di Terza Classe?
- Lei mi sembra una persona per bene – continuò quello – Sembra tanto distratto e fuori dal mondo, ma secondo me, in realtà, Lei è un grande osservatore. Vorrei chiederle un favore: potrebbe tenere d’occhio una persona ? E’ una ragazza bassa, carina, con i capelli scuri… aspetti, posso mostrarLe una sua foto. Sa, ieri sera sono accadute delle cose che non mi fanno stare tranquillo e, anche se non mi va che si sappia in giro, sono preoccupato per…
- Che diamine stai facendo, Brandy?
Il militare si voltò di scatto, nascondendo nella tasca della giacca la foto che stava per tirare fuori. Una giovane piccolina ma formosa lo fissava con fare sospettoso.
“Bassa, carina, capelli scuri…” pensò distrattamente Nine, ripetendo le parole del biondo come una filastrocca “Potrebbe essere lei?”
- Perché parli con questo tipo? Ti ho già spiegato che vive in un mondo tutto suo e non ascolta una parola di quello che dici!
- Volevo solo provare a complimentarmi con lui, Nan – mentì l’ufficiale – Solo perché non risponde non significa che sia uno stupido o indegno di ricevere apprezzamenti, giusto, amico?
- No, non sono uno stupido – mormorò il pianista, fissando un punto imprecisato davanti a sé – La ringrazio per gli apprezzamenti.
- Visto? – sorrise il giovanotto con aria trionfante.
La moretta alzò gli occhi al soffitto, prendendo poi per mano il compagno e trascinandolo in disparte: - Vuoi smetterla di farti vedere da queste parti? La gente gira molto più di quanto dovrebbe: ieri mi sono imbattuta in una mocciosa di Prima Classe, oggi sono scesi anche quattro pazzi di Seconda… in questa nave iniziano a succedere cose strane e sinceramente non vorrei rischiare di…
- A proposito di cose strane – sussurrò l’altro, avviandosi con lei verso l’uscita della sala – Visto che sei qui, ho bisogno di metterti in guardia…
Nine li osservò allontanarsi per qualche secondo, poi diede un’alzata di spalle: si erano dimenticati di lui quasi subito, ma la cosa non gli dispiaceva in fondo. Non era mai stato bravo ad interagire direttamente con le persone, preferiva esprimere emozioni e sentimenti attraverso la musica.
Con sua somma gioia, quando alzò nuovamente lo sguardo vide che il pianoforte era libero: si avvicinò, camminando sulle nuvole, poi, dopo essersi accertato che nessuno volesse accomodarsi prima di lui, si sedette, accarezzando i tasti con amore.
Mentre rifletteva rapidamente sulla melodia da eseguire, la sua attenzione venne attirata da un qualcosa posizionato proprio accanto allo spartito: petali cremisi, lungo gambo verdastro con impressi i segni delle spine rimosse.
“Una rosa” pensò, afferrando delicatamente il fiore ed osservandolo con curiosità. Un dubbio improvviso s’insinuò nella sua mente: che qualcuno l’avesse messo lì per lui?
“Strano” rifletté “Non conosco nessuno… chi mai potrebbe farmi un regalo? Mi sembra un po’ assurdo…”
Sì, quel pensiero era abbastanza assurdo, azzardato. Eppure, lo portò lo stesso a piegare le labbra in un lieve sorriso.



ATTO V – POV Lily

- Per quanto ancora hai intenzione di non parlarmi?
La temperatura mattutina era piuttosto piacevole, spirava una leggera brezza ed il cielo era limpido e sgombro dalle nubi.
Lily incrociò le braccia, fingendo di guardare altrove, mentre Rose sbuffava stizzita, scuotendo la testa.    
- Va bene, come vuoi. Ma giusto perché tu lo sappia, una qualsiasi bambina di tre anni è molto meno infantile di te.
- Rose, lascia perdere, dai – sorrise Violet, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi – Lo sai che ce ne vuole prima che le passi un’arrabbiatura.
- Violet, puoi domandare alla signorina Dewitt Bukater perché stiamo scendendo al piano degli straccioni? – la interruppe la sorella minore in tono piatto – Vuole forse prendersi i pidocchi?
- Molto maturo da parte tua, Lily Sandler, davvero! – sibilò la rossa – Se proprio vuoi saperlo, ho intenzione di parlare con lo straccione che ieri sera mi ha salvata.
La sedicenne alzò il mento con fare pomposo, rischiando di scivolare su uno degli scalini. Pregò che le altre due non se ne fossero accorte.
L’atmosfera del salone di Terza Classe, sebbene un po’ grezza, era allegra e rilassata, per nulla spiacevole. Qualcuno stava suonando un vivace motivetto al pianoforte, anche se la musica cessò non appena la gente si accorse della presenza delle tre ragazze aristocratiche.
- Devo dir loro che veniamo in pace? – brontolò Lily a bassa voce, strappando un sorriso alla sorella.
Rose si guardò attorno per qualche secondo, poi si diresse verso una coppia di panchine in legno, sulle quali sedevano diversi passeggeri. Tre di essi avevano un’aria molto famigliare.
Lily sgranò gli occhi, mordendosi nervosamente la lingua: - Non ci credo…
Il trio di giovanotti che il giorno prima aveva recuperato Theo fissava incredulo la rossa che si avvicinava lentamente. Il biondino smilzo e l’italiano occupavano due posti sulle panchine, l’irlandese invece si era accomodato su una sedia, le labbra serrate su una di quelle orribili sigarette.
Rose si fermò a distanza di sicurezza, senza perdere un solo istante la sua aria composta e regale: - Buongiorno, signor Dawson – disse rivolta all’americano.
- Buongiorno – rispose lui un po’ incerto.
I suoi due amici ed una ragazza bionda seduta accanto all’italiano sogghignarono sotto i baffi con aria maliziosa.
- Vorrei parlarLe – continuò la diciassettenne – In privato. Ragazze, vi dispiace se…
- Tranquilla, ti aspettiamo qui – sorrise Violet, provocando un sibilo disgustato alla sorella.
Il signor Dawson fulminò i compagni con un’occhiataccia, poi si alzò, seguendo la rossa fuori dal salone. Non appena i due uscirono dalla visuale, signor Napoli, signor Dublino e la biondina scoppiarono in una risata sguaiata.
- Non capisco cosa ci troviate di tanto buffo – disse Lily in tono gelido – E’ così strano che una donna vi rivolga la parola?
- Sì, se si tratta di una donna appartenente al vostro ceto sociale – spiegò l’irlandese riprendendo fiato – Come credo risulterebbe strano a Lei se un rozzo plebeo provasse a rivolgerLe la parola, signorina Londra.
La ragazzina si morse il labbro, innervosita dalla palese provocazione, ma il giovane napoletano bloccò qualsiasi risposta acida stesse per sputare: - Come sta il nostro amico peloso?
- Theo sta bene – rispose lei distaccata, inorridendo quando Violet occupò il posto lasciato libero dal signor Dawson.
- Quindi siete voi i salvatori del nostro gattino! Piacere di conoscervi, io sono Violet, sorella della Principessa Musona qui presente.
- Incantato, Meraviglia! – trillò il ragazzo italiano illuminandosi – Io sono Fabrizio e ho un debole per le ragazze bionde. Beh, anche per le more e le rosse in realtà. Lui invece è Tommy, mentre il guaglione che ha seguito la vostra amica è Jack e lei… non ho ancora capito come si chiama, ma so che è norvegese e già la adoro… - concluse indicando la fanciulla seduta accanto a lui.
Quella si lasciò sfuggire una risatina e strinse la mano che Violet le stava porgendo: - Helga Dahl.
Lily alzò gli occhi al soffitto, gettando occhiate nervose alla soglia della sala. Rose non accennava a tornare e questo non fece che aumentare il suo malumore.
“Dopo di questa, puoi star certa che non ti rivolgerò mai più la parola, Rose Dewitt Bukater” pensò minacciosa “Oh sì, mia cara, ci puoi scommet…”   
I pensieri si annullarono non appena puntò lo sguardo sotto una sedia vuota situata a pochi passi da lei. Un musetto grigio scuro, munito di baffi e orecchie tonde, fece capolino da dietro una delle quattro gambe in legno levigato.
Spalancò al massimo gli occhi in preda al terrore, emise uno strillo soffocato e balzò all’indietro, perdendo però l’equilibrio e ritrovandosi seduta sulle gambe del ragazzone irlandese.
- Che schifo! Avete perfino i topi qui! – urlò, mentre la bestiola scappava a nascondersi nella propria tana – Oddio adesso vomito!
- Non su di me, per favore – replicò signor Dublino, trattenendo a fatica una risata – Forse Le sembrerà strano, ma mi sono lavato giusto poco fa.
- Ma poi non dovete preoccuparVi, Splendore – cercò di rassicurarla Fabrizio – Questi topolini sono assolutamente innocui, hanno più paura loro di Voi di quanta Voi ne abbiate di loro.
- Questo è tutto da vedere – ringhiò la piccola Sandler, alzandosi in piedi e lisciandosi freneticamente le pieghe dell’abito – Non mi tratterrò un secondo di più in questo ricettacolo di sporcizia!
- Se vuoi torna in cabina – replicò Violet con un’alzata di spalle – Io però vorrei restare qui ancora un po’, le persone sono più simpatiche in Terza Classe.
- Fà come ti pare! Non c’è pericolo che mi perda.
- Posso accompagnarla io fino a un certo punto.
Lily si zittì all’istante, voltandosi incredula. A parlare era stato signor Dublino.
- Avevo intenzione di fare due passi – continuò in tono calmo – Naturalmente, se alla signorina Londra non fa ribrezzo essere accompagnata da un rozzo popolano che vive in un ricettacolo di sporcizia.
- Non mi importa chi mi accompagna – soffiò la sedicenne – Voglio solamente uscire da qui.



ATTO VI – POV Danielle

Le dita facevano ancora un po’ male, ma per fortuna avevano smesso di sanguinare. Strinse i denti quando afferrò il grosso vaso di ceramica che aveva poggiato a terra per spolverare meglio la piccola cassapanca in legno, ma riuscì comunque a riposizionarlo correttamente.
Sobbalzò quando qualcuno la chiamò, posandole una mano sulla spalla, e si girò di scatto, spaventando la futura interlocutrice. Era una ragazzina dal viso tondo e grazioso, la chioma color biondo scuro e gli occhi grandi ed espressivi.
Dietro di lei, due donne di Prima Classe ed una ragazza altissima con i capelli biondi tagliati a caschetto si lasciarono sfuggire una risatina alla vista delle loro reazioni.
- Non volevo spaventarti – si giustificò la minore, arrossendo leggermente – Mi chiamo Joelle, domestica della famiglia Browning. E… beh, Mrs Browning e Mrs Richardson vorrebbero chiederti un favore.
- Se non ti arreca disturbo, cara – soggiunse una delle due aristocratiche, quella con i capelli scuri – Dimmi, per caso conosci il pianista che ha suonato l’altra sera? Quello che è stato presentato dai propri amici con un siparietto comico?
- Il signor Grimm – rispose Danielle, tenendo lo sguardo basso – E’ il pianista di riserva…
- Splendido! – trillò l’altra signora, riccia e formosa – Per caso saresti in grado di trovarlo e riferirgli un messaggio?
- Sì, signora…
- Vorremmo proporgli un duetto con mio fratello, James Richardson – continuò la ragazza col caschetto – Lui suona il violino e gli giacerebbe molto essere accompagnato al piano dal signor Grimm, sfortunatamente è troppo timido per farsi avanti da solo.
- Riferirò – promise la rossa, eseguendo un piccolo inchino.
Stava per allontanarsi, quando Joelle fece cadere distrattamente lo sguardo sulle sue mani, trasalendo: - Cos’hai fatto alle dita?
- Oh, povera cara! – esclamò quella che doveva essere la signora Browning – Ti sei ferita con delle schegge?
- S-sì – mentì Dany, indietreggiando – Non è nulla, sto bene. Vado a riferire al signor Grimm il vostro messaggio.
- Ti suggerisco di passare dal medico di bordo! – si raccomandò la donna, osservandola allontanarsi.
Danielle sospirò, scendendo rapidamente le scale che portavano in Seconda Classe. Non sarebbe successo nulla se avesse raccontato a Mrs Browning la verità (“punta più volte togliendo le spine ad una rosa”), ma, per una misteriosa ragione, considerava quelle ferite come un piccolo segreto.
Il signor Grimm non si trovava nel proprio alloggio, così si trovò costretta a fermare il direttore d’orchestra, Wallace Hartley, per domandargli notizie del secondo pianista.
- Ho visto Sean recarsi in Terza Classe insieme a tre suoi amici – disse il trentaquattrenne con un sorriso – Non so cosa sia andato a fare, ma penso proprio che lo troverai lì.
-La ringrazio – rispose la cameriera, avviandosi a falcate verso la mèta indicata. Aggrottò la fronte confusa, mordendosi le labbra: perché i passeggeri di quella nave sembravano insofferenti di restare nei propri spazi?
Riuscì finalmente a trovare il musicista in mezzo all’allegro caos popolano: sedeva ad un tavolo rotondo insieme ad altre persone, tutto intento a giocare a carte.
La rossa provò a schiarirsi la voce, avanzando timidamente, ma inciampò sul giocattolo in legno di un bambino e piombò di peso in mezzo al tavolo,  provocando un sussulto nei presenti.
- Tombola! – esclamò ridendo uno dei giocatori, un ragazzo castano dagli occhi azzurri che Dany aveva già visto in Seconda Classe – Questa sì che è una partita col botto!
- Ti senti bene? – domandò una donna bionda, la stessa che aveva incontrato due giorni prima quando le erano caduti gli asciugamani – Aspetta, ti aiuto…
- S-sto bene – balbettò mortificata la cameriera, lisciandosi le pieghe del grembuile – Sto cercando il signor Grimm…
- Oh cazzo, Sean, se hai qualche oggetto fragile con te nascondilo subito! – scherzò il ragazzo moro, beccandosi uno schiaffo sul braccio dalla ragazzina che gli sedeva accanto.
- Sm-smettila, Charles, n-non è carino da p-parte tua!
- Dimmi pure – s’intromise il pianista, facendo un cenno con la mano ai due che avevano iniziato a battibeccare – Hai un messaggio da parte di Wallace?
- In realtà, da parte di Mrs Browning e Mrs Richardson – sospirò Dany, sforzandosi di ignorare le occhiate perplesse dei due svedesi e della donna inglese che non avevano ancora aperto bocca – Volevano chiederLe se avrebbe avuto piacere ad accompagnare il signor James Richardson al violino.
- Vogliono sul serio che sia io a farlo? – domandò l’uomo con aria piacevolmente sorpresa – Sicura che vogliano proprio me?
- E’ sicuramente merito della nostra presentazione – sorrise la sua amica bionda, strizzandogli l’occhio.
Dany si limitò ad annuire: - Se vuole accordarsi per l’orario, le consiglio di recarsi in Prima Classe per discuterne con la signora Richardson.
- Ti ringrazio, vado subito allora.
I quattro passeggeri di Seconda Classe si alzarono, poggiando le carte sul tavolino. La ragazza più grande rivolse qualche parola in svedese ai giocatori rimasti; quello con i capelli scuri assunse un’espressione dispiaciuta, ma la mutò immediatamente in un sorriso quando lei lo salutò con un bacio sulla guancia.
Mentre quelli si allontanavano, una musica molto famigliare giunse alle orecchie di Danielle, che si voltò immediatamente in direzione del pianoforte: insolitamente alto, magro e spettinato, le dita danzavano armoniose sui tasti. Sì, era lui.
Il cuore della giovane irlandese saltò un battito quando ella si accorse che il misterioso pianista teneva in grembo una bella rosa rossa dal lungo gambo.
Fece sfiorare tra loro le dita ferite, abbozzando un sorriso di gioia.
Ne era valsa la pena.



ATTO VII – POV Joelle

- Per quando è fissato il duetto? – domandò Emily, seduta scompostamente sul letto con aria annoiata – Devo per forza assistervi?
- Cominceranno a suonare tra mezz’ora circa – rispose Joelle, sistemandosi i capelli davanti allo specchio – E sì, tua madre è stata molto chiara a riguardo. Pensa che potrebbe esserti d’aiuto ascoltare un po’ di musica.
- Aiuto per cosa? – piagnucolò l’altra, affacciandosi alla culletta di Gabriel e Cerìse – Vuole che diventi una cretinetta sempre allegra? Una di quelle perfette signorine del cavolo, col sorriso perennemente stampato e capaci di dire soltanto “sì”? Una di quelle che si sposano anche se giocavano con le bambole soltanto il giorno prima, che stanno zitte e obbedienti, piegate al volere del maledetto marito tiranno molto più vecchio di loro che…
- Em! Calmati, adesso stai esagerando!
La quindicenne abbassò lo sguardo, mordendosi nervosamente la lingua. Joelle le prese il volto tra le piccole mani, alzandole il mento con delicatezza.
- I tuoi genitori non vogliono trasformarti in una bambolina – la rassicurò – Né farti sposare con un uomo più vecchio. Te l’ho già detto un sacco di volte, lo sai che non ti farebbero mai un torto simile.
- Anche Sarah credeva che i suoi genitori le volessero bene e che non l’avrebbero mai resa infelice – mormorò l’altra con gli occhi lucidi, riferendosi alla propria migliore amica – Invece l’hanno fatta sposare con quel tizio, quel Mansfield, che ha il doppio della nostra età. Chi mi assicura che i miei non mi pugnaleranno alle spalle allo stesso modo?
Joelle la fece sedere sul letto, permettendole di poggiare la testa contro il proprio petto. Le accarezzò i capelli, parlandole con voce bassa e morbida: - Non prevedo il futuro e non leggo nel pensiero, Em. Ma ormai credo di conoscere abbastanza bene i tuoi genitori per ritenerli degni di fiducia. Secondo me non ti getteranno a tradimento tra le braccia di un trentenne ricco.
- Elle… quanta differenza avevate tu e tuo marito?
La domestica si irrigidì, tentando in tutti i modi di mascherare il disagio ed il senso di colpa: - Lui aveva quattro anni più di me… a differenza di molte ragazze ho avuto la possibilità di sceglierlo…
Involontariamente si morse la lingua. Si trovò sul punto di cedere.
- Em, ascolta… - la sua voce si fece titubante – Vedi, a proposito del padre di Gabriel e Cerìse…
- Splendori, siete pronte?
Le due ragazze si staccarono all’istante, mentre Mrs Browning entrava nella stanza con un gran sorriso: - E’ quasi ora!
- Arriviamo subito – rispose Joelle, afferrando il manico della carrozzina dei gemelli – C’è molta gente in sala?
- Abbastanza – rispose la donna più vecchia – Vado a prendervi i posti intanto.
Emily alzò gli occhi al cielo mentre la madre correva via, poi diede un’ultima rapida occhiata al proprio riflesso allo specchio.
- Elle… si vede che ho quindici anni, vero?
- Sì, tesoro, si vede – la rassicurò la domestica aprendo la porta – Se qualche lurido vecchiaccio bavoso oserà anche solo sfiorarti con lo sguardo lo sistemerò a dovere.
La ragazzina sorrise, raggiungendo l’altra oltre la soglia della cabina. Avevano ormai percorso metà corridoio quando una delle porte si aprì lentamente, con un sinistro cigolio.
Istintivamente, Emily posò la mano su quella di Joelle, serrata attorno al manico della carrozzina. Una donna minuta ma dall’aria minacciosa si fermò sull’uscio, squadrandole dalla testa ai piedi.
- Quale sorpresa! – sorrise amabilmente la giovane domestica – Lady Mildred Scortese Newell! Anche Lei sta andando ad assistere al duetto musicale?
- Non che ci sia molta alternativa, mia cara – sibilò l’altra con un ghigno falso – Se mi trovassi un passatempo stimolante in Prima Classe credo che potrei regalarti uno dei miei gioielli.
- Proverò ad informarmi – promise la diciannovenne, senza mutare l’atteggiamento eccessivamente cortese.
- Elle… andiamo, per favore… - sussurrò Emily, guardandosi nervosamente attorno – Ci staranno aspettando… oh… di bene in meglio…
Joelle si voltò, domandandosi cosa o chi rendesse la padroncina tanto nervosa: a pochi passi da loro, immobile e statuaria, c’era la domestica dei Volkov. Non aveva ancora avuto occasione di parlarle, ma a prima vista le era sembrata piuttosto inquietante, quasi quando Lady Newell. Così pallida, così silenziosa, così fredda…
- Che simpatica riunione! – ironizzò Mildred – Quattro donne in corridoio, due aristocratiche e due sguattere.
- Elle non è una sguattera! – sbottò Emily con rabbia, apparentemente dimentica del nervosismo che la ventiseienne le provocava – Non si permetta mai più di dire una cosa del genere!
- La verità fa male? – replicò l’altra con un ghigno.
La ragazzina serrò i pugni, facendo un passo in avanti, ma Joelle bloccò la sua traiettoria con il braccio: - Em, non importa, non mi sono offesa. E credo che non si sia offesa nemmeno la signorina… ehm…
- Larisa – continuò la ragazza russa con voce atona – Il mio nome è Larisa. No, non mi sono offesa. Se non vi dispiace, ora vorrei passare. Il signor Lukas mi sta aspettando in salone.
- Sarà meglio anche per noi darsi una mossa – sorrise Joelle – Altrimenti ci perderemo l'inizio del duetto.
- Se non vi dispiace, farò la strada con voi – sogghignò melliflua Lady Mildred, ben conscia del fatto che la primogenita dei Browning non avrebbe affatto gradito la sua presenza.
Emily, infatti, la fissò con odio durante tutto il tragitto.



ATTO VIII – POV Lily

Le balenò di sentirsi leggermente in colpa per il proprio comportamento soltanto un paio di volte, mentre attraversava a falcate il ponte principale di Terza Classe. Si fermò proprio nei pressi della prima scalinata, esitando: forse non era necessaria quella sceneggiata, però i topi la terrorizzavano (così come altri animaletti sporchi e portatori di malattie) e, ad essere sinceri, si sentiva ancora turbata per la discussione avuta con Rose.
- Se sta aspettando che qualcuno srotoli per Lei un tappeto sulle scale resterà delusa. Quaggiù lussi e premure da parte del personale scarseggiano, Le basti pensare che i Suoi amici di Prima Classe portano i cani a scacazzare proprio sul suolo che sta calpestando in questo momento.
Lily serrò le labbra e sbuffò dalle narici, voltandosi lentamente verso Mr Dublino che la fissava con aria irrisoria. Resistette con fatica all’impulso di urlargli contro gli insulti coloriti che aveva udito più volte pronunciare dallo zio Eric.
- Se non la smette di prendermi in giro giuro che le cavo quella schifosa sigaretta dalla bocca e gliela spengo in fronte!
- E’ sicura almeno di arrivarci alla mia fronte? – replicò lui con un sorrisetto furbo.
La ragazza strinse i pugni, li puntò sui fianchi e gonfiò il petto: - Sono alta un metro e sessantacinque, ci arrivo benissimo alla Sua stupida fronte! Si sta dando delle arie perché è molto più alto della maggior parte degli uomini? Vuole un inchino per questo? E comunque, se non arrivassi alla fronte gliela spegnerei sul naso o sul mento.
- Così mi prenderebbe fuoco la barba! – osservò lui, scoppiando a ridere – Io amo la mia barba! Lei è davvero tremenda!
- Ha cominciato Lei a provocarmi! – protestò stizzita la sedicenne – Mi tratta da stupida soltanto perché appartengo ad un ceto sociale più alto del suo. E probabilmente anche perché sono inglese.
Mr Dublino riprese fiato: - Ammetto che questa combinazione non è una delle mie preferite.
- Lei ha pregiudizi.
- E Lei no? Non crede forse che noi di Terza Classe siamo tutti rozzi, sporchi e pieni di pidocchi?
Lily si zittì, mordendosi nervosamente la lingua. I pregiudizi di quel ragazzo sulla gente ricca la infastidivano, ma mai prima d’ora si era posta il problema che ad altri potessero dare fastidio i suoi pregiudizi. Le era sempre stato facile associare una persona di basso rango ad aggettivi come “sporca”, “rozza”, “ignorante”…
Quell’irlandese era abbastanza irritante, ma, riflettendoci, non le dava affatto l’idea di essere sporco, né tantomeno ignorante.
Aprì la bocca per rispondere qualcosa, ma una voce famigliare la costrinse a ricacciare le parole indietro e voltarsi. Zio Eric la stava raggiungendo con passo salterino.
- Ehi, Principessa! Quasi stentavo a credere alle parole di Rose, sei davvero scesa nella bolgia infernale? – strizzò l’occhio a Mr Dublino, che gli rispose con un sorriso complice – Dov’è tua sorella? Jamie Richardson sta per esibirsi col violino, accompagnato al pianoforte da Sean Grimm!
C’era un qualcosa di strano nella sua voce e nel suo atteggiamento: l’entusiasmo era decisamente eccessivo, anche per uno come lui.
- Credo che Violet preferisca restare qui per un po’ – rispose dubbiosa la ragazzina – Però io assisterò volentieri all’esibizione. Beh, arrivederci, signor Dublino, grazie per avermi accompagnata fin qui.
- Si figuri – replicò l’irlandese, aspirando l’ennesima boccata dalla propria sigaretta.
Lily afferrò il braccio dello zio e salì rapidamente le scale. Si insospettì leggermente quando udì una specie di tonfo sordo, tipico di un oggetto che cade sul pavimento, ma per un’astrusa ragione non ci fece caso, proseguendo a falcate. Qualche istante dopo le parve anche di udire la voce di Mr Dublino che la chiamava, ma ormai aveva raggiunto il ponte principale di Seconda Classe.
Quando lei e zio Eric giunsero destinazione si sentì leggermente stordita.
Suo padre aveva preso posto accanto ai Volkov, ben lontano da Ruth Dewitt Bukater. Lily si guardò attorno rapidamente, constatando con amarezza che Rose non si trovava lì.
- Ben arrivata, tesoro – le disse il professor Sandler, facendola accomodare accanto a sé – Tua sorella ha dato buca?
La sedicenne annuì, gettando una rapida occhiata alla propria sinistra: vicino a lei c’era la domestica dei Volkov, nel posto successivo sedeva l’affascinante Lukas e, proseguendo con ordine, Lily riuscì a scorgere i genitori di lui, le due sorelle grandi ed il marito della prima.
La piccola Nika si trovava in braccio a Charles Fitzherbert, il quale aveva occupato le sedie davanti a quelle dei Sandler insieme a due biondine, una sui trent’anni col volto in parte celato da una veletta, l’altra molto più giovane e vestita di bianco.
In mezzo al grande salone, proprio al centro del semicerchio creato dalle multiple file delle sedie, Jamie Richardson stanziava in piedi e immobile, quasi paralizzato. Stringeva nervosamente tra le mani l’impugnatura del violino e l’archetto e, di tanto in tanto, gettava occhiate nervose al pianista che l’avrebbe accompagnato.
- Il ragazzino se la sta facendo sotto – sibilò una voce fredda proveniente dalla fila posteriore – Potrei scoppiare a ridere se sbagliasse qualche accordo.
Lily si voltò in simultanea con Lukas Volkov e la sua cameriera: a parlare era stata la tipa inquietante che aveva visto discutere il giorno prima con la domestica dei Browning, Lady Mildred Qualcosa.
- Io l’ho ascoltato proprio ieri – replicò il Principe con flemma – Credo che quel ragazzo abbia talento.
- Il talento non basta se ci si lascia sopraffare dal terrore. Sono certa che anche Lei commetterebbe degli errori nelle attività che preferisce se l’ansia avesse la meglio, mio caro zar. Ma probabilmente nessuno glielo farebbe notare, Lei ha l’aria di uno di quei bambocci viziati che vengono applauditi da parenti e servitù anche quando scoreggiano.
Lukas e la giovane governante (che doveva chiamarsi Larisa o qualcosa del genere) si scambiarono un’occhiata eloquente, volgendosi poi in contemporanea verso l’interlocutrice. Pur non essendo certa di comprenderne il motivo, Lily ebbe la sensazione di stare per assistere ad uno scontro tra titani.
Scontro che però non ebbe luogo in quel momento, poiché Sean Grimm cominciò a suonare la Quarantesima Sinfonia di Mozart. Jamie ebbe un attimo di titubanza e volse lo sguardo verso Missy, Shannon ed il Sergente Peters, seduti tutti e tre in prima fila.  Chiuse quindi gli occhi ed inspirò a fondo, poi si unì alla melodia del pianoforte, accarezzando in modo dolce ma deciso le corde del violino con l’archetto.
Non sbagliò gli accordi, contrariamente alla previsione di Lady Newell, e riuscì a trasmettere con facilità il proprio amore per la musica, pur essendoci un velo di struggente malinconia nelle sue note, anche durante i motivetti più allegri.
Ad un certo punto, zio Eric si alzò in piedi, raggiunse il centro della sala, afferrò la mano della cameriera maldestra che passava di là per caso e cominciò a danzare con lei. In poco tempo, buona parte dei passeggeri decise di seguire il suo esempio: le due amiche di Sean Grimm, Charles Fitzherbert con la piccola Nika, Missy con Duncan Peters, il professor Sandler con Molly Brown (agguantata velocemente prima che Ruth potesse avvicinarsi)… perfino Lukas Volkov, dopo aver gettato un’occhiata trionfante a Lady Newell, prese la mano di Larisa e cominciò a volteggiare con lei.
Lily si ritirò in disparte, non se la sentiva in quel momento di lasciarsi coinvolgere nelle danze. Istintivamente portò una mano al collo, cercando il ciondolo della nonna, ma un’orrenda sensazione di gelo la pervase non appena le sue dita entrarono in contatto con la pelle nuda. Il ciondolo non c’era!
“Maledizione!” pensò, uscendo a falcate dalla sala “Ecco cosa mi è caduto in Terza Classe! Perchè diamine non mi sono fermata a controllare?”
Scese fino alla “bolgia infernale” per la terza volta da quando aveva messo piede sulla nave, pregando ardentemente che qualche sempliciotto non avesse deciso di intascare il suo prezioso possedimento.
Un’improvvisa ed inaspettata ondata di sollievo la colse quando vide Mr Dublino appoggiato al parapetto, lo sguardo volto all’orizzonte. Si era acceso un’altra stramaledettissima sigaretta.
Quando si accorse di lei, un sorriso divertito si dipinse sulle sue labbra.
- Ehm… - cominciò Lily leggermente imbarazzata – Io credo di aver perso qui…
- … la collana col ciondolo – finì lui, tirando fuori dalla tasca della giacca il gioiello perduto – Mi domandavo quanto ci avrebbe messo ad accorgersene, Miss Londra. Sarei venuto a portagliela di persona, ma sa, agli straccioni non è permesso salire in Prima Classe, quindi l’ho aspettata qui.
- E’ stato gentile… - mormorò la sedicenne, voltandosi e sollevando le ciocche di capelli che le cadevano lungo la schiena – Dovrei chiederLe un altro favore, visto che ci siamo… potrebbe aiutarmi ad allacciarla?
Il ragazzo afferrò con cautela le estremità della catenina, cominciando ad armeggiare con fare un po’ indeciso: - Mi perdoni se non sono molto rapido in questo, ho le mani da operaio… dita grosse e poco delicate… in fabbrica ho sempre svolto lavori pesanti… ok, fatto.
-La ringrazio ancora.
Lily volse di nuovo lo sguardo verso di lui, abbozzando un sorrisetto: - Lavori pesanti? E’ per questo che è così robusto, immagino…
- Immagino anch’io.
- Comunque, seppur mi costi ammetterlo, mi ha già fatto tre favori da quando ci siamo incontrati: ha salvato Theo, ha conservato la mia collana e mi ha aiutata ad allacciarla…
- Quattro – la corresse l’irlandese – L’ho accompagnata fino alle scale quando ha dato di matto per via del topo… e se non sbaglio l’ho anche tenuta sulle ginocchia per poco tempo…
- Ma quello non conta! – esclamò la ragazzina, senza trattenere un sorriso.
- Conta eccome! – replicò lui ridacchiando – Avrebbe mai pensato di sentirsi in debito con un plebeo, Miss Londra?
- E Lei avrebbe mai pensato di fare dei favori a una nobiliastra inglese?
- Ammetto che un'idea simile non è mai rientrata nei miei piani, prima d'ora.
Si osservarono per qualche secondo, sorridendo, poi la sedicenne diede una piccola alzata di spalle: - Forse potremmo smettere di chiamarci Mr Dublino e Miss Londra, suppongo. Solo che non ricordo il Suo nome…
- Thomas Ryan – rispose lui, tendendo la grossa mano – Però tutti mi chiamano Tommy.
- Lily Danielle Sandler – disse lei, facendo combaciare i palmi e assumendo un’espressione furba  – Però tutti mi chiamano Vostra Altezza.




***
Angolo delle Autrici: Bene, ecco a voi il nuovo capitolo!
Ovviamente speriamo vi sia piaciuto e che l’attesa sia valsa la pena. E’ stato un po’ un parto scrivere perché tra una cosa e l’altra c’erano sempre delle interruzioni.
Come al solito, avviso che per la parlata in Svedese mi sono affidata a Google Translate, che non è il massimo dell’affidabilità, perciò non stupitevi se ci saranno degli errori.
Con questo capitolo abbiamo finalmente letto tutti i POV dei personaggi prenotati. Anche stavolta ho cercato di inserire ognuno di loro in almeno due atti ed ho cercato di bilanciare le “presenze” rispetto al capitolo precedente.
Nel prossimo naturalmentre ci saranno di nuovo cinque POV oltre a quello di Lily.
Grazie mille per aver letto, alla prossima!
Tinkerbell e Phoebe. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Titanic / Vai alla pagina dell'autore: Phoebebell