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Autore: AliceMiao    06/09/2016    0 recensioni
Una ragazza nuova arriva in città. Lavora al supermercato e vive con il promesso sposo a Seattle. Questa ragazza però colpisce uno dei nostri vampiri. Chi? Quali saranno le conseguenze che porteranno i sentimenti che uno prova per l’altro?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carlisle Cullen, Esme Cullen, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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~~Solo in quel momento mi resi conto che la sua macchina era calda. Nei giorni precedenti era sempre venuto a prendermi al lavoro e non ci avevo mai fatto caso a questo dettaglio. Ma quel giorno sì. Era venuto puntuale a prendermi, ma non mi stava portando a casa, bensì a prendere un caffè. Secondo lui lavoravo troppo e non dedicavo abbastanza tempo a me stessa. Quando me lo disse gli risposi che anche per lui era lo stesso e scoppiò a ridere.
Tuttavia mi resi conto che non lo avevo mai visto stanco. Avevo saputo dal mio futuro marito che lui faceva turni lunghissimi all’ospedale della città, ma non gli avevo visto mai nemmeno un’occhiaia. Trucco? Forse e onestamente era la soluzione più ovvia. Solo che all’epoca non sapevo quanto mi sbagliassi.
Arrivammo al bar, solo che era chiuso: giornata di chiusura per inventario, così diceva il cartello sulla porta. Una parte di me era delusa, perché avrei voluto volentieri passare un po’ di tempo con lui.
“Perché non andiamo al parco?”, propose.
Annuii. In effetti mi sembrava una buona idea.
La grande distesa verde era deserta, forse per via dell’imminente pioggia. Ci sedemmo su una panchina e cominciammo a chiacchierare.
Parlammo di tutto, dalle ultime notizie ai nostri hobby, ai nostri progetti futuri. Lui avrebbe voluto trovare una madre ai suoi figli adottivi. In quel momento pensai che aveva d’avvero un cuore d’oro. Adottare dei figli nonostante sia così giovane e ancora scapolo.
Un tuono ruppe la quiete e sobbalzai dallo spavento, finendo addosso a lui. Era freddo congelato, eppure indossava un giubbotto e dei vestiti abbastanza pesanti.
Cercai di staccarmi, ma mi tenne appoggiata a lui. Lo sentii sospirare e il suo fiato soffiare sui miei capelli.
“Che cosa mi fai?”, sussurrò per poi alzare il mio viso prendendo il mento con le dita. Lo guardai dritto nei suoi occhi dorati, che vidi farsi sempre più vicini.
E successe. Le mie labbra furono sulle sue e si mossero, baciandolo. Danzavano insieme, perfettamente coordinate. Mi ritrovai ad abbracciarlo, senza staccarmi, mentre lui mi faceva sedere sulle sue gambe, per farmi stare più comoda.
Passarono secondi interminabili, quando un secondo tuono si fece sentire, seguito stavolta dalla pioggia. Infatti, iniziò a piovere e anche parecchio.
Sorridemmo, i volti poco distanti tra di loro e corremmo in macchina. Mentre guidava verso casa mia mi tenne la mano. E io mi resi conto di provare qualcosa per lui. Era qualcosa che non avevo mai provato, qualcosa di sconosciuto.
Quando arrivammo a casa mia avrei voluto baciarlo un’altra volta, prima che se ne andasse, ma non volevo rischiare di farmi scoprire da Charles o dalla sua famiglia, così mi limitai a salutarlo con un sorriso.
Quando salii in camera, dopocena, mi sentivo stranamente agitata. La tensione a tavola si tagliava con un coltello e temevo che centrassi qualcosa.
Mentre mi stavo per mettere a letto qualcuno aprì la porta: Charles.
“Ciao. Come mai sei qui?”, chiesi perplessa; lui non entrava quasi mai nella mia stanza e il fatto che fosse entrato mi preoccupava non poco.
“Chi era il tizio a cui hai sorriso prima in macchina? Lo sai che noi due stiamo per sposarci e che non puoi avere nessun altro!”, mi disse furioso.
Mi bloccai. Aveva forse scoperto qualcosa? Qualcosa riguardo a quel bacio?
“Era sempre la stessa persona che mi accompagna a casa tutti i giorni!”. Il mio tono di voce mi tradì. Avevo urlato, senza rendermene conto, da quanto ero tesa.
Fu allora che mi accorsi della vera natura del mio futuro marito. Alzò una mano e la sbatté contro la mia guancia, facendomi cadere all’indietro. Finii per terra e lui mi colpì una volta sul petto e una volta sulla gamba.
“Che ti serva da lezione. E mi sembra ovvio che non ne parlerai con nessuno vero?!”. Il suo sguardo era furioso e infuocato.
Annuii, spaventata e lui lasciò la stanza.

(Carlisle)

Il temporale che ci fu quella sera fu il pretesto esatto per una bella e sana partita di baseball. Ovviamente i ragazzi furono entusiasti della cosa e quella sera riuscimmo a fare ben due partite.
Fu mentre tornavamo a casa che Alice ebbe una visione, ancora su Esme.
Disse agli altri che non era nulla di ché, visto che loro non sapevano ancora che ‘frequentavo’ un’umana (a parte Edward, ovviamente), ma quando tornammo a casa venne nel mio studio.
“L’ho vista ancora. L’ho vista molto triste e c’era un uomo che la picchiava. Non so chi sia, è la prima volta che compare nelle visioni”.
Ci avrei scommesso tutto quello che volete che si trattava del suo fidanzato. Non mi era mai piaciuto quel ragazzo e quella poteva essere la prova definitiva che avevo ragione. Tuttavia non potevo intervenire senza prove.
“Grazie Alice. Avvertimi se vedi qualcos’altro ok?”.
Lei annuì e saltellò fuori dalla stanza, lasciandomi solo con i miei pensieri.
Il giorno seguente andai ancora a prenderla al lavoro e così anche il giorno dopo. Non ci furono più baci, ma si sentiva che c’era una certa intesa tra di noi.
Un giorno decisi di invitarla a casa, in fondo i ragazzi non c’erano, erano tutti a caccia.
“È enorme!”, disse mentre si guardava intorno.
“Beh, siamo una famiglia numerosa”. Sorrisi e le feci fare il giro della casa, fermandoci nel mio studio.
“Wow, quanti libri! E questi dipinti sono magnifici!”.
Aveva la stessa espressione di un bambino a cui hanno appena regalato un giocattolo che voleva da tempo: al settimo cielo.
Mi avvicinai e la abbracciai da dietro. “Cosa c’è che non va, in questi giorni sei sempre stata silenziosa, distante”.
La sentii sospirare e cercò di sottrarsi alla mia presa, ma la trattenni. “Ti prego rispondimi, è terribile non sapere cosa ti rattrista”.
“Ecco io… È un periodo un po’ difficile in famiglia ultimamente, nulla di cui preoccuparsi”.
Stava mentendo, lo sapevo, ma non volevo andare oltre, non per quel giorno.
Le diedi un bacio sulla testa e iniziai a cullarla. “Non sopporto di vederti triste”, le sussurrai.
Lei si voltò e mi guardò negli occhi, posando una mano sulla mia guancia. La baciai d’impulso e subito sentii le sue labbra calde e rosee ricambiare il mio bacio.

(Esme)

Ricambiai il suo bacio. Non avevo paura, in quel momento mi dimenticai di tutto, persino delle minacce di Charles.
Volevo solo perdermi nelle sue labbra e non trovare mai più la strada per tornare alla realtà.
Lo strinsi, continuando a baciarlo, mentre sentivo che mi stava muovendo verso la parete, contro la quale sbattei presto. Sentivo le sue mani sul mio corpo e io mossi e mie sul suo petto, decorato da addominali perfetti. Come poteva essere che una persona tanto perfetta avesse scelto me?
Sentii le sue mani sulla mia pelle e mi resi conto che era riuscito ad aprire la mia camicia, così come io avevo fatto con la sua. Le sue mani erano congelate, ma non ci feci molto caso in quel momento.
Sentii le sue labbra scendere sul mio collo e lasciare una scia di baci su di esso. Sorrisi, mentre gli lasciai un bacio suo petto. Le sue labbra si chiusero in un sonoro bacio sul mio collo. Poi si staccò di colpo e mi guardò, quasi spaventato.
“S-scusami, io non volevo… Di solito riesco a controllarmi, non so perchè ho perso il controllo… È meglio che tu vada a casa”.
Lo guardai. Volevo chiedergli perché, perché avesse reagito così, ma decisi di non insistere, mi sembrava abbastanza agitato. Mi allacciai la camicia e uscii, andando alla stazione dei pullman per tornare a casa.
Quella sera mi resi conto di un dettaglio: sul mio collo c’era un segno. Accidenti! Dovevo assolutamente trovare un modo per nasconderlo, prima che qualcuno se ne accorgesse! Troppo tardi: Charles mi aveva già raggiunto nella mia camera e aveva visto tutto.
“Con chi sei stata?! Mi stai tradendo con qualcuno?!”.
E ricominciò a colpirmi, più volte, ma non ci feci caso, i miei pensieri erano tutti rivolti al mio angelo biondo.

(Carlisle)

Appena se ne fu andata sprofondai sulla sedia e appoggiai i gomiti alla scrivania, prendendomi la testa tra le mani. Come avevo potuto andare così oltre? Avevo rischiato di farle davvero male, molto male. O forse gliene avevo fatto, anche se non avevo notato nessun segno, a parte quelli lasciati dal fidanzato.
In quel momento una grande e preoccupante certezza si era materializzata nella mia testa: io la amavo e la visione che Alice aveva avuto qualche giorno prima si stava avverando.

Note: spero che questo capitolo vi piaccia!
Baci AliceMiao

   
 
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