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Autore: Silvar tales    06/09/2016    2 recensioni
«Mamma mamma! Voglio andare a giocare!»
Sasori si tappò le orecchie con le mani. Quanto detestava la sua vocetta stridula. Voleva giocare, certo, ma con i
suoi giochi!
«Vai pure tesoro, Sasori ti aspetta nella sua cameretta, non vedeva l’ora!»

[Partecipante alla challenge "Le situazioni di lui & lei" indetta da Starhunter] [#2 timeskip: 10 anni dopo]
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akasuna no Sasori, Deidara | Coppie: Sasori/Deidara
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Sasori & Deidara - The Great Revival'
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La Torre
[
#2 timeskip: 10 anni dopo]


Dlin dlon!
«Sasori corri, c’è il tuo amichetto, è venuto a trovarti!»
Sasori sbuffò, continuando imperterrito a costruire la sua torre di lego, fingendo di non aver sentito.
Era una torre davvero ben fatta, pensò orgoglioso, aggiungendo alla sommità un altro mattoncino giallo. La costruzione ondeggiava sui quindici centimetri quadrati della base verde, ma non si spezzava.
Sì, era davvero, davvero ben fatta. Cicciotta alla base, snella in punta. Sapiente ingegneria, elegante architettura, ottimi materiali e basamento robusto.
Anche se, purtroppo, non era sicuro che quel capolavoro edilizio fosse a prova di Deidara.
Dlin dlon!
Il trillo del campanello si fece più insistente, ma questa volta venne subito seguito dal rumore dei passi affrettati della madre, della serratura che scattava e della porta che ruotava sui cardini.
E, subito dopo, un inferno di moine.
«Ma ciaaaaaaao!»
«Carissima!»
«Ma buonaseraaaa!»
«Ma come stai?»
Smack smack.
Sasori alzò gli occhi al cielo, e decise di correre ai ripari. Afferrò a piene mani i giocattoli cui teneva di più, individuandoli senza sforzo nel caos della sua stanza, e li mise al riparo sotto il letto in ferro battuto, assicurandosi che l’orlo della coperta dei supereroi li coprisse alla vista.
Le voci della madre e degli intrusi ormai invadevano l’ingresso.
«E questo tesorino? Ma come sei cresciuto! Hai già compiuto sei anni?»
«Li compie il mese prossimo, vero amore?»
«Allora a settembre inizia la scuola! Sarà sicuramente in classe con mio figlio...»
«Oh Silvana, me lo auguro! Così talvolta potrò riaccompagnarti il pargoletto a casa… e fermarmi il pomeriggio per caffè, torta e gossip, naturalmente!»
«Oh, ma cara! Naturalmente ricambierò il favore quando avrai bisogno di...»
«Mamma mamma! Voglio andare a giocare!»
Sasori si tappò le orecchie con le mani. Quanto detestava la sua vocetta stridula. Voleva giocare, certo, ma con i suoi giochi!
In preda al panico, si guardò intorno. Non era del tutto sicuro di aver salvato tutti i suoi giocattoli preferiti dalle grinfie dell’invasore… l’orsetto Thor, il computer di Topolino, la giostra dei pinguini, il circuito delle macchinine, i dinosauri in miniatura…
«Vai pure tesoro, Sasori ti aspetta nella sua cameretta, non vedeva l’ora!»
E fu solo in quel malaugurato momento che Sasori notò la sua strabiliante barcollante opera ingegneristica, come aveva potuto dimenticarla…
«Sasori! Sasoriiii!»
Crash.
…dietro la porta.

«Ci pensi che l’ha piantato davanti all’altare, dico, davanti a trecento invitati! Io gliel’avevo detto, cara, lascia perdere queste nozze, lui si trasformerà in un uomo da stadio e tu nella Cenerentola in men che non si dica! Carissima, credimi, li conosco gli uomini come quello... Sembrava non volesse sentir ragioni, ma poi gliel’ho ripetuto, quando le ho detto che l’abito da sposa ereditato dalla suocera era orrib- Sasorino?»
«Maaaaaammaaaaaaaa!»
Una figurina con la faccia rossa come i suoi capelli e le guance fradicie di pianto irruppe in salotto, dove le due comari si stavano rifocillando a tè, torta e pettegolezzi. Sasori corse incespicando verso la madre, finché non poté affogare nel suo grembo quel pianto disperato.
«Amoruccio che ti prende?»
Deidara sbucò timidamente dalla camera.
In mano aveva dei lego, e in faccia un’espressione inequivocabilmente colpevole.




Dieci anni dopo...






Quando entrarono dentro la camera, non si curarono nemmeno di chiudere la porta a chiave.
Le loro madri erano uscite a far compere, approfittando del periodo di saldi. Se Sasori aveva fatto bene i suoi calcoli, un sabato di shopping nel centro commerciale più in voga della città poteva comportare una sola cosa: traffico, indecisione sugli acquisti, penuria di parcheggi e code interminabili. Sicuramente non sarebbero tornate prima di cena. Anzi, se erano fortunati sarebbero rimaste a cena fuori, e forse per loro due sarebbe rimasto il tempo di un film e di qualche bacio sul divano.
Erano talmente impegnati a divorarsi che per poco Sasori, indietreggiando verso il letto spinto dall’impazienza di Deidara, non inciampò in uno dei suoi vecchi giocattoli.
Il povero orsetto Thor venne calciato in un angolo della stanza con noncuranza, e Sasori si sdraiò sul letto, tirando Deidara sopra di sé.
«Quanti giochi ci abbiamo fatto in questa cameretta?»
«Preferisco quelli di oggi…» rise Sasori, avventurandosi con le mani sotto la maglietta dell’altro e toccandogli la schiena. Deidara rabbrividì.
«Hai le mani fredde...»
«Quante storie. Piuttosto, hai intenzione di togliertela quella?»
Deidara rise e si sfilò la maglietta, lasciandola cadere sul parquet. Impaziente come lo era sempre stato, sollevò anche quella di Sasori, scoprendogli il torace. Ora erano a contatto, pelle contro pelle, e Deidara non chiedeva nulla di meglio che continuare a mordicchiargli le labbra. Non chiedeva nulla di meglio, per dieci secondi.
Perché undici secondi più tardi iniziò a slacciargli la cintura dei jeans, mentre Sasori gli abbassava la tuta e i boxer, toccandogli il sedere.
«Forse dovevamo farlo sul divano...» obiettò Sasori, tra un bacio e l’altro, mentre ribaltava le posizioni.
«Che cazzo dici?»
«Il copriletto degli Avengers...»
«Più importante del divano in pelle di tua madre? Cazzo Saso cresci, la copertina dei supereroi regalala a tuo cugino di un anno!»
«Fottiti».
«Se tu ti muovessi».
Sasori rise e gli sfilò i pantaloni e le scarpe da basket, lasciandolo solo in mutande.
«Hai fretta? Guarda che abbiamo tutto il tempo che vogliamo».
Si abbassò nuovamente su di lui, e continuò a baciarlo. Stavolta erano entrambi eccitati e quasi completamente nudi, erano ufficialmente entrati nel vivo dell’azione e la voglia di chiacchierare stava finalmente cedendo il passo alla voglia di appartenersi.
«Abbiamo tutto il tempo, sono andate ai grandi magazzini, è sabato, ci sono i saldi e...»

Dlin dlon!

«Amore! Siamo tornate! Vieni a vedere che bei maglioncini che ti ho comprato!»
   
 
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