Something at Midnight
Il
ronzio del ventilatore era ormai diventato insopportabile, quasi
quanto il caldo asfissiante di quella notte di mezza estate. Nulla di
quello che il ragazzo aveva tentato aveva dato qualche risultato,
sembrava solo che tutti i suoi tentativi facessero aumentare quella
sensazione di umido e caldo sulla sua pelle, alla disperata ricerca
di un po' di refrigerio.
La
sveglia poggiata in bilico sullo spigolo del comodino segnava le 3:24
e Len emise l'ennesimo sbuffo scocciato verso il piccolo ventilatore,
in piedi accanto al suo letto. Le pale giravano al massimo della
potenza da almeno quattro ore, probabilmente da quando aveva
rinunciato a dormire sotto le sue lenzuola di cotone per proteggersi
dalle zanzare.
“O
il caldo, o quelle bestiacce succhia-sangue!”
si era detto mentre buttava per terra le coperte, facendole finire ad
almeno un metro da lui tanto non le sopportava più. In
quelle ore
aveva ridotto la stanza ad un campo da battaglia, si era alzato tante
di quelle volte che aveva imparato a memoria il punto di ogni singolo
oggetto buttato a terra, tra libri e vestiti; aveva imparato a
mettere i piedi sempre nel punto giusto, evitando di calpestare
qualche gomma o matita e risparmiarsi così un altro motivo
per
rendere quella nottata ancora più terribile.
Len
aprì di nuovo gli occhi e fissò il soffitto
bianco, chiazzato da
vecchi gadget trovati nei pacchetti delle patatine quando era
più
piccolo, di quelli che lui adorava lanciar e appiccicare ovunque;
anche quelle macchie si erano rapprese, diventando indelebili sulla
vernice bianca dopo innumerevoli estati.
“Anche
quei cosi devono essersi sciolti, ormai...”
Len
odiava il caldo, era sempre stato un amante dell'inverno e delle
cioccolate calde consumate davanti ad un camino scoppiettante, magari
avvolto in un comodo piumino ad ascoltare la musica. Il ragazzo amava
l'idea stessa della neve che cadeva fuori, gli piaceva il contrasto
che c'era tra dentro e fuori, tra gelo e calore e non quell'orrida
sensazione di afa ovunque andasse.
La
serata ideale di Len era infatti fatta di bevande calde e caminetti,
niente a vedere con quella serata lì. Ricordare quelle
piccole cose
che amava dell'inverno gli fece venire voglia di provare sulla sua
pelle tutte quelle gradevoli sensazioni, al riparo dal freddo
pungente della sua amata città e circondato solo da
ciò che lo
rendeva felice e comodo. Perciò, come evocato per mezzo di
qualche
misteriosa magia, il ragazzo sentì le sue spalle come
appesantite da
un piumone invisibile, pronto a proteggerlo dal freddo e dalla
pioggia.
«Fa
caldo!» fece scattando a sedere, tentando invano di scacciare
la
nuova sensazione di afa che si era aggiunta alla lista delle cose che
avevano deciso di non farlo dormire. Nulla sembrava migliorare, solo
il sonno che scivolava via.
«Che
senso ha rimanere a letto, ormai? Almeno domani non devo andare a
scuola...» borbottò alzandosi, quasi ad occhi
chiusi mentre si
dirigeva verso la porta della sua stanza.
*****
Il corpo del ragazzo si
sentì come
rigenerato, mentre la fredda acqua del rubinetto scivolava sul fondo
della sua gola, avida e arida a causa di un'afosa notte insonne. Il
fastidio che provava sembrava venir travolto da quel sorso benefico
che fece spuntare poi un grosso sorriso sulle sue labbra.
Len era seduto sul bancone di marmo
della cucina, osservando distrattamente alla luce della cappa tutti i
gingilli decorativi prodotti da Rin. La sorella aveva tempestato
quasi tutte le mensole della cucina di piattini dipinti a mano,
oppure decorati con una tecnica di cui Len non ricordava mai il nome,
tutti sempre accompagnati da statuette in argilla dall'aspetto non
proprio piacevole. Quelli erano infatti i disastrosi risultati di
tutte le sue avventure artistiche iniziate e spesso quasi mai
completate per ricorrenze di cui nemmeno lei era certa.
Il ragazzo aveva sempre preso in
giro la sorella per quei piccoli sgorbietti dalle proporzioni
sbagliate, con le gambe troppo piccole e la testa troppo grande; Rin,
dal canto suo, non si era mai arrabbiata veramente col fratello, si
limitava a rispondergli a tono, tirando fuori il labbro inferiore e
mettendo su il broncio. Dopotutto, per quanto spesso le frecciatine
di lui fossero sgradevoli, per loro era come una specie di gioco che
si fermava sempre prima di quella linea invisibile tra scherzo e
cattiveria.
Len
rise e scese dal bancone, prese una sedia e vi si arrampicò
per
afferrare una delle tante statuette vicino all'argenteria buona della
mamma, sempre e comunque orgogliosa delle attività dei
figli. Aveva
preso immediatamente una figurina tutta gialla, quella che Rin aveva
dichiarato essere la scultura dello stesso Len. Aveva riso di gusto
alla vista di quella piccola statuetta, la cui testa gli ricordava
quella dei pupazzetti ciondolanti che si mettevano tempo fa sui
cruscotti, quelli che lui adorava far rimbalzare.
«Sei
cattivo!»
aveva borbottato Rin,
che aveva fatto quella piccola scultura apposta per il fratello, che
spesso e volentieri la prendeva in giro, beffandosi dei suoi piccoli
disastri e dei suoi lavoretti.
«Sei
tu che non sei capace!» aveva
replicato lui, sghignazzando. La conversazione di quel giorno la
ricordava a memoria, come a memoria ricordava l'espressione
indispettita di Rin e il mezzo sorriso che stava spuntando sulle
labbra della mamma. “Era per quella
volta che aveva preso
un voto decente in matematica”
rammentò poi, rigirandosi la figurina e guardando sotto al
piedistallo, sotto cui effettivamente c'era scritto: “Al mio
fratellino, che non è poi tanto una capra in
matematica!”
«Mi
chiedo se Rin stia dormendo a quest'ora... Magari in camera sua fa
più fresco...» fece stringendo il piccolo oggetto,
che al tatto
pareva ancora abbastanza fresco.
Si
sarebbe infilato nella sua stanza, oppure l'avrebbe svegliata per
potersi fare spazio nel suo letto? Len decise di pensarci a tempo
debito e afferrò il bicchiere d'acqua per l'ultimo sorso,
ancora in
cerca di frescura.
*****
Len era di fronte alla
porta della
camera di Rin e per un istante gli parve di sentire un po' di fresco,
come se quella parte della casa non fosse soggetta alla terribile afa
di quella sera. Non era ancora sicuro di quello che avrebbe fatto,
l'idea di irrompere nella sua stanza e svegliarla di colpo lo
allettava, perché dopotutto lui non aveva più
sonno, anzi, non
credeva sarebbe riuscito a dormire per quella notte.
Eppure la sua parte responsabile, se
davvero ne avesse avuta una, gli diceva che non era il caso di fare
uno scherzo del genere. Come sarebbe andata a finire? Conoscendola,
Rin si sarebbe messa ad urlare, avrebbe svegliato i genitori e
probabilmente gli avrebbe dato un pugno, come spesso faceva quando
veniva presa in contropiede dal gemello.
Ma quanto sarebbe stato interessante
vedere la sua reazione? Perdersi il divertimento e le risate che ne
sarebbero scaturite sarebbe stato un peccato, perché quante
possibilità avrebbe avuto di stare in piedi, perfettamente
lucido,
nel cuore della notte?
Per quanto combattuto, il giovane
strinse nel pugno il pupazzetto che si era dimenticato di rimettere a
posto e prese un profondo respiro. Spinse piano la porta rimasta
socchiusa e i suoi occhi furono colpiti da un tenue bagliore.
Appena
si abituò a quella luce, notò che questa
proveniva dalla scrivania
della sorella. Non credeva che potesse essere sveglia, credeva
dormisse come un sasso, eppure era seduta a combinare qualcosa. Il
desiderio di farle prendere un bello spavento era cresciuto tanto da
diventare irresistibile; il ragazzo si sporse di più e
iniziò ad
elaborare un piano a sua detta “malefico”
per far rizzare i capelli alla malcapitata gemella.
L'idea di base era quella di
arrivare dietro le sue spalle e urlare il classico
“BOO”, che
come diceva sempre lui, non falliva mai. Con Rin non falliva mai.
Oppure avrebbe potuto tornarsene quatto quatto nella sua stanza per
afferrare il cellulare e scorrere veloce tra le applicazioni, premere
sul tasto di YouTube e mettere su qualche musica agghiacciante, per
poi spaventarla come fosse un fantasma o un assassino. La seconda
idea gli piaceva di più, in quanto più elaborata,
eppure i suoi
piedi si erano mossi da soli facendolo entrare nella stanza della
sorella senza accorgersene.
Rin se ne stava china sulla
scrivania, nell'aria si sentiva l'odore umido e terroso della creta
fresca.
Len si sporse un po', mentre l'idea
dello scherzo scivolava via come era successo al sonno, catturato
dalla curiosità verso quello che stava combinando la gemella.
Il giovane cercò quindi di
spostarsi ancora un po', cercando di non fare rumore e notò
la
scrivania di legno sommersa da pezzettini di creta secca e palline;
Rin era completamente china, assorbita totalmente dal suo lavoro che
non si accorse minimamente dell'ombra di Len che si allungava sopra
di lei.
«Che fai?» chiese la voce di Len
sopra all'urlo della sorella, con un sorrisetto soddisfatto per la
riuscita del suo piano malefico. La gemella cercò
immediatamente di
tapparsi la bocca, sporcandosi il viso con le mani sporche di creta e
vernice gialla; a quella vista, Len scoppiò in una risata
quasi
isterica che venne subito stroncata da Rin che gli pestava il piede.
Il viso di Rin era paonazzo,
sembrava un piccolo peperone rosso non ancora giunto a maturazione
per via delle striature di vernice gialla. Aveva lo sguardo furente,
con una nota di imbarazzo accentuata dagli zigomi di un rosso
intenso. Len aveva riconosciuto quell'espressione tanto spassosa,
quella in cui Rin era solita dilatare le narici e gonfiare le guance,
ed era quella faccia che lui aveva chiamato “Faccia
da l'hai
fatta grossa”. A stento era riuscito a trattenere
la seconda
risata che gli stava salendo dalla gola, ma il movimento repentino di
Rin lo fece tornare in sé. Il ragazzo si era quindi
avvicinato di
nuovo alla sorella, che tentava di evitarlo e di nascondere qualcosa,
per curiosare sulla scrivania.
“Un'altra
occasione per prenderla in giro!”
pensò contento.
«Allora,
che combini?»
«Non
sono affari tuoi!» replicò, afferrando le lenzuola
del suo letto e
buttandole sopra la scrivania. Len volle fermarla, ma la gemella
aveva già gettato le coperte sulla tavolozza di colore che
il
fratello aveva visto di sfuggita. Era colore fresco, appena uscito
dal tubetto.
«E
dimmelo! Tanto lo sai che ti prederò comunque in
giro!»
Rin
gonfiò le guance e distolse lo sguardo dal gemello,
indispettita e
infastidita. Non sopportava essere presa in giro, eppure lui lo
faceva sempre, anche se in quello che faceva lei ci metteva il cuore.
«E
va bene! Doveva essere una sorpresa per il nostro
compleanno!» fece
spostando il lenzuolo, rivelando l'ennesima serie di statuine in
creta raffiguranti i due gemelli Kagamine.
«Perché?
Domani è il nostro compleanno?»
«Sì,
tonto! E ora vattene in camera tua!»
Angolo di Zenya ^^
Rieccomi
con l'ennesima fic sui gemelli Kagamine! Tanto ormai scrivo solo su
di loro, sono senza speranza :') Storia senza pretese, scritta da un
vecchio (vecchissimo) prompt dato da NatalieRiver182 (non ho avuto
più tempo per scrivere, sorry >.<)
E
vabbè, niente! Spero che abbiate gradito e alla prossima :)