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Autore: laroids96    07/09/2016    0 recensioni
i: «Perché mi ami?! Non sono l'uomo giusto per te, guardami, non sono nemmeno stato in grado di non farti piangere, nonostante la nostra promessa»
«Lo vuoi sapere veramente? Bene, ti amo con tutta me stessa, e non mi sono fermata dal farlo solo perché a volte ferisci i miei sentimenti ingiustamente, o non sarai mai un personaggio famoso del cinema, e forsedovrei scrivere un testo per riportare tutte le cause per cui ho deciso di non fermarmi solo alle apparenze...ma io ti amo, diamine! Esisteranno come minimo mille motivi per cui ho deciso di amarti!»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Era un freddo pomeriggio di inizio Maggio, avevo da poco scansato la febbre pestifera che era riuscita a farsi strada nel mio organismo. Odiavo l'influenza, soprattutto anche per il motivo snervante di non poter parlare che nemmeno dopo un minuto stavi già starnutendo. Comunque Violet, la mia migliore amica d'infanzia, mi aveva tenuto compagnia nonostante io non potessi muovermi, sotto ordine da Suor. Lynette, poiché potevo infettare qualche altra. Non sapevo perché, ma a quella donna stavo più antipatica di un dolore allo stomaco, forse era per il fatto che da piccola le avessi fatto cadere la collana d'oro dentro il tubo di scarico del lavandino e non fosse più riuscita a prenderla, ma avevo solo sei anni, per l'amor di Dio. 

«Paige?» chiusi subito il libro che avevo tra le gambe incrociate sul letto non appena la voce nervosa di Violet non raggiunse le mie orecchie. 
«Violet? Cosa-» fui interrotta dal suo gridolino di eccitazione. 
Prese le mie mani tra le sue sedendosi al bordo del mio letto. Per fortuna la stanza era vuota, e solamente io ero rimasta nel mio letto. Erano tutte andate a lezione di canto, anche Violet, e mi resi solamente conto in quel momento, guardando l'orologio al muro, che era già passata un'ora da quando avevo cominciato a leggere. Purtroppo mentre lo facevo perdevo la cognizione del tempo. 

«Suor Lynette ha comunicato a tutte a fine lezione che un ragazzo proveniente dal coro della chiesa in città si è offerto di aiutare le suore con le attività casalinghe. Sai che l'orfanotrofio è enorme, no? E sai anche che da quando Suor Jude si è ammalata, nessuno è più in grado di tenere i ritmi in cucina. Così si è offerto di lavare i piatti e tutto, oh, e anche di aiutare Suor Lynette a cucinare» mi bloccai guardando un punto indefinito alle sue spalle, a bocca aperta. Boccheggiai prima di darle una risposta. 
«Ma questo è assurdo! È contro le regole, contro tutto!» vidi che l'emozione sul viso di Violet andava piano piano svanendo, lasciando spazio a un'espressione accigliata. 
«Cosa? No, è fantastico! Qui dentro non entrano mai ragazzi, solo quando ci sono consegne e rifornimenti che le suore ordinano per l'orfanotrofio!» esclamò con un sorriso. 
«Sarà, ma a me questa cosa sa di sbagliato, potevamo aiutare noi in cucina» replicai.
«Ma se nessuna di noi non sa nemmeno cucinare un toast» sì, aveva ragione, ma il fatto che un ragazzo dovesse entrare qui al convento e osservare tutti i nostri movimenti per intere giornate mi dava fastidio, e non poco. 

«Comunque dobbiamo andare di sotto, il così tanto acclamato ragazzo ci aspetta, e le altre sono già giù a presentarsi. È stata un'informazione a sorpresa, a fine lezione suor Lynette ci ha informate e mi ha detto di venirti a dire di scendere immediatamente, perché non ha più la febbre e non puoi più usufruire...» e bla bla bla. Non ascoltai ciò che disse dopo, dato che mi alzai dal letto e andai dritta davanti allo specchio per rendermi almeno un pizzico decente. Non perché volessi far figura sul nuovo arrivato, ma perché le suore del convento ci avevano da sempre insegnato di essere impeccabili in tutto e per tutto. Anche se io e l'aggettivo perfetta non potevamo mai e poi mai andare nella stessa frase, davanti a suor Lynette provavo di cercare di esserlo almeno un pizzico, almeno parlando di aspetto, perché caratterialmente...non andavamo perfettamente d'accordo. 

«Se non ti interessa del nuovo ragazzo, allora perché ti stai pettinando?» mi chiese Violet incrociando le braccia al petto e rivolgendo tutta la sua attenzione al mio viso, guardandomi con un sorrisetto furbo stampato sulle labbra. Io e Violet ci toglievamo solamente qualche anno, ma dovevo ammetterlo, mi trovavo più a mio agio con lei che con tantissime altre ragazze della mia età. 

«Devo ripeterti tutte le regole imposte dalle suore o...» 
«No grazie» rise girando le spalle non appena nello stesso momento in cui posai la spazzola sentimmo delle voci provenienti dal piano di sotto. 
«Merda» imprecò la mia amica.
«Violet!» la zittii per il suo modo di parlare azzardato e scurrile, suor Lynette e tutte le altre ci avevano dato un'educazione ammirevole, e fui sorpresa dalla tanta audacia di Violet nel dire le parolacce, sapeva quale punizione l'aspettava se qualcuna delle suore l'avesse scoperto.

Ci avviammo al piano di sotto, e a ogni passo che correvamo lungo le scale, le voci, tra cui una molto più profonda delle altre, sembravano amplificarsi. 
L'ultimo gradino delle scale vecchie di legno, cigolò, provocando così un rumore che fece girare tutti in direzione mia e di Violet.
«Page e Violet, unitevi subito alle vostre sorelle!» suor Lynette, rossa in viso, ci ordinò duramente indicando il gruppo di ragazze vicino al pianoforte. Le suore ci avevano insegnato molte cose, tra cui quella di rispettarci l'una tra l'altra come sorelle, per questo ci chiamava in quel modo, nonostante non avessimo nessun legame di sangue. 

Riuscii a vedere mentre ci dirigevamo vicino al piano, il ragazzo che stava accanto a lei. Guardava tutte con un sorriso cordiale, che senza un motivo mi dava già sui nervi. Sì, era carino e tutto con quei capelli biondo cenere e occhi castani, ma quel sorrisetto da angelo non mi convinceva. 
«Speriamo mi abbia guardata» sentii sussurrare da una delle ragazze, ciò mi fece alzare gli occhi al cielo. 
«Non è carino?» mi chiese Violet in modo che potessi sentire solamente io. 
«Sì, lo è, ma non mi convince ancora» non diedi retta al suo sbuffo e continuai a far finta di ascoltare il discorso di suor Lynette. Mi girai verso suor Cristina, e vidi che mi stava porgendo un sorriso rassicurante. Suor Cristina la potevo anche definire come una madre, dalla prima volta in cui andai al vasino, fino ad oggi, le avevo sempre raccontato tutto. Mi aveva sempre rassicurata su tutto e mi voleva bene, come d'altronde gliene volevo io, era come una specie di figura materna. Non solo per me, anche per molte altre ragazze, ma io avevo maggiormente legato con lei rispetto a tutte.  

«Avete capito?» la voce di suor Lynette mi risuonò alle orecchie. 
«Scusi» vidi il ragazzo sussurrare all'orecchio di quell'arpia, per poi indicarmi con un altro di quegli insopportanti sorrisetti. 

«Hai ragione caro» il modo in cui cambiò espressione dolcemente parlando col ragazzo, di cui nemmeno sapevo il nome, fu incredibile. 
Subito suor Lynette si girò verso di me duramente. 
«Signorina Brooks, si presenti subito al signorino Wood» cercai di non alzare gli occhi al cielo per l'arroganza del ragazzo, ma feci un passo avanti. 
«Il mio nome è Paige, Paige Brooks» dissi svogliatamente per poi concludere con un piccolo sorriso. Il fatto che abbia parlato prima con suor Lynette per dirle di farmi presentare mi diede fastidio, forse potevo sembrare permalosa, polemica o altro, ma tutto mi diede fastidio di quel ragazzo. Dalla bellezza del sorrisetto che usava perennemente fino a farlo sembrare qualche sorta di presa in giro, fino alla coppola che come vizio teneva sempre sulla testa.
   
 
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