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Autore: GirlDestroyer1988    07/09/2016    1 recensioni
una storiella piccante.....8====D
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Took a ride to the end of the line Where no one ever goes Ended up on a broken train with nobody I know But the pain and the longing's the same Where the dying Now we’re lost, and we’re screaming for help Relax, take it easy For there is nothing that we can do Relax, take it easy Sex with me or sex with you??? Scared by sex Sex is terrifying, sex Sexy girls will make you scared Under bed playing with fire Relax! There’s an answer to the darkest times It’s clear, we don’t understand but the last thing in our minds Is to leave you, we believe we’ll end this together Don’t scream There are so many roads left…. Hiro: vi racconterò io questa storia. Io, il decuplo Ben, il nanitico Rex, il bionico Lance, Michael, il pietroso Kevin, Raymundo, Alex, Adrien, Robin e l’animalesco Beast Boy, eravamo reduci da un eroica missione contro l’ennesima banda criminale, I Corvi, e dopo esserci presi una grandiosa altura al Madrigal pub, camminavamo lungo Via Milanese, Viale Sarca e Via Chiese, ci accordammo sul ritorno. Michael, avendo preventivato con noi una serata da elefanti color fiore d’albicocca, non aveva la sua supercar con sè (nonostante lui, solo con l’imposizione delle mani, riesce a guidare anche la peggiore delle auto), e pertanto fummo costretti a andare alla stazione Greco-Pirelli, per prendere il suburbano fino a Calusco, al nostro quartier generale a Via Trieste, prendendo il treno che va a morire a Terno. Ma nonostante avessimo azzeccato il binario, il treno puntò verso Sudovest, verso capolinea Lorenteggio, e come se non bastasse, gli interni erano nell’oscurità più totale (I finestrini erano sprangati, forse addirittura murati), ma all’improvviso si accesero delle fiochissime lucine. Darono all’ambiente un aspetto confortevole, caldo, sensuale, come un night club in cui una volta il mio amico Wasabi mi portò, in Via Gioacchino Rossini nel solzese, il Seduction Paradise, con interni in bicromia blu/nera, enormi onde orlate lungo I loro plasmalemma di glicoproteine luminose, nelle quali si agitavano forme continue a 3 rovesciato, o dischi compositi che pulsano lussuriosamente, come primi piani degli enormi seni di un indigena amazzonica il cui latte si comporta come aria nella pappagorgia di un rospo che canta all’interno dei lobuli a causa delle onde sonore del muro di casse su cui è sdraiata, immagine presente anche in dei nastroni tripli che tagliano lo spazio prossemico della carrozza, mentre televisori desintonizzati ballonzolavano in giro, caravelle sfrecciavano lungo I solchi, enormi spinotti del wi-fi pencolavano senza preavviso dal pavimento, e notai un evidente, ehm, riferimento, nel fatto che non solo sbattevano avanti e indietro come il braccio di un cadavere nella corrente di un fiume, ma trasecolavano una strana sbobba biancastra dal loro seger, mentre stane figure animavano quello scenario: una maliziosa bimbetta bionda che non riusciva a far calmare le sue gambe, su uno degli spinotti ballava una supereroina tettona e culona dai capelli color castagna, con una mascherina da Zorro, una tuta aderentissima rosso fuoco, stivali e guanti neri, la stessa che stritolava tra le sue gambe un omino, o immobilizzatolo ai bicipiti li colpisce il pene eretto gongolante nel cavallo dei pantaloni con quelle noci di cocco morbide e fresche come un cuscino appena tirato fuori dalla lavatrice, scappucciandoglielo e, certamente, facendoglielo eiaculare. All’improvviso comparvero le Terribili Undici, 11 pezzi di gnocca che salvavano la giornata: Gogo Tomago il go-kart umano, in grado di trasformarsi in un auto da corsa con un muso perforante, che crea bolas laser, ha lanciafiamme nel petto, spara missili a forma di orche dalle gambe, lancia frisbee taglienti, estrae spade dalle braccia, spara missili dalle dita Gwen Tennyson la quasi omonima di Ben (ci sono stati per un po’ due uomini chiamati Silvio Berlusconi) con anche lei un Omnitrix, ma con aliene belle e femminili come Vulpix La citologa Rebecca Holiday, anche lei in grado di usare i Naniti della Salazar Corporation, ma rosa, e capaci di trasformarla in una donna farfalla come la Jessica di Gormiti che miti! Illana, anche lei una cyborg capace di trasformarsi in una robottona con un diadema a cuore sopra le zinne da cui spara raggi laser Julie Kane, anche lei in possesso di poteri di motorcinesi una voluttuosa eburnocrinita che non si faceva chiamare in nessun modo se non con il suo Nom de bataille Incantatrice, una psicofante una regina delle arti marziali, con il fuoco nelle vene, Kimiko Tomohiko Una donna mascherata, Fantomette, insieme alla Coccinella, Ladybug la figlia di un demone immortale con poteri misteriosi e letali, Raven la figlia delle taccole l’infuocata creatura venuta dal lontano Tamaran, le cui emozioni sono più distruttive di qualunque qualsivoglia altra arma “Benvenuti. Lasciatevi andare” io percepii che stavamo facendo un viaggio fino al confine, quell’hinterland dove nessuno desidererebbe mai atterrare, siamo finiti su un treno scassato con nessuna che conosciamo (o almeno in quell’occasione lo stato di cognizione a livello di esserci vicendevolmente sconosciuti c’era), ma il dolore e la brama (slurp! Slurp!) sono gli stessi in cui si muore, e ora siamo persi, e gridiamo aiuto. Ognuna balla per noi, venendo trascinati, precipitati, nel più profondo REM di una bellezza, di una mulierbità, di una polposità creatica che l’immagine televisiva inutilmente scimmiottava di riprodurre, facendola circolare come l’importo di resto della vendita di uno zibaldone a un rigattiere messo in banca. Volteggiavano pencolando da frombole uscenti dal capiente tender che ci sovrastava insindacabilmente sincerando il nostro essere trascinati nell’anfratto più profondo della notte, atterrando su quegli enormi crotali di Lee de Forrest, sul loro cuscinetto, accarezzandone selvaggiamente il seger, e ballando ammiccando gioiose, mordendosi le labbra dall’eccitazione, per qualcosa che loro sentivano come irresistibile anche se predatore, laddove eravamo noi i predatori, anche se era l’esatto contrario. Eravamo Big Jim nelle loro mani, e ci sentivamo come quelle mucche che vengono trascinate da un ciclone. “Volete fare l’amore con noi? Siamo innamorate di voi. Vogliamo sedurvi, coccolarvi, scoparvi ecco!, sposarvi, amarvi e onorarvi, avere un figlio da voi. Ognuna per ognuno. Non vi stupreremo, non vi faremo giochetti strani. Siate dolci con noi, accarezzateci le anche, la schiena, massaggiateci i depressori del labbro inferiore Illustrazione della tecnica di massaggio E la cosa che più sentiamo farci deficienza in questa nostra vita. Combattiamo e basta, sofistichiamo il nostro corpo in macchine meccatroniche, come me Gogo, in creature aliene, Gwen, in protesi, Rebecca, in imitazioni dell’uomo, false Eve, Illana, oppure rinunciamo a noi stesse perché l’Uomo non rinunci alla libertà, alla pace, ma noi libere non lo siamo al 100%, e non ci sentiamo in pace, e vorremmo….voi” “Ragazze, che facciamo? Volete sentirvi complete? Volete finire di montare i vostri mattoncini? Noi abbiamo gli attrezzi!” esclamò Kevin, credendo che avremmo finito con lo spogliarci, all’opposto di come erano le ragazze, vestite e senza nessuna impellenza di spogliarsi. “Non fate niente. Tenetevi la pelle sotto quel tessuto, o qualunque carapace abbiate. Faremo l’amore nudi in delle cuccette dopo. Intanto qui avrete a disposizione un servizio da hotel di prima categoria. Non rovinate tutto facendo come quei maniaci che girano per i parchi aprendo l’impermeabile e facendo la raganella con il pene. Avete fame? Sono certa che l’avete. Rispondetemi se sì o no” Ben prese la parola dicendo che avevamo solo bevuto molto e che comunque avevamo adesso meno sbornia di quando eravamo partiti. Se fossimo stati presi con auto, camion, furgoni, avremmo potuto guidare assistiti. Ma no, non avevamo mangiato. Loro ci servirono un buffet degno del grande casinò Cusago di Vigentino, con patatine fritte, alette di pollo panate, nighiri maki (nighiri sushi di gambero). Dopo che ci preoccupammo della toeletta, scoprendo che avevamo camere personali migliori e più aerose e intime delle cuccette a mitocondrio nelle pareti dove le nostre “rapitrici” ci avevano fatto vedere dopo avremmo fatto l’amore, finalmente (vabbè, non finalmente) facemmo l’amore, e fu bellissimo, un abbraccio d’amore e acqua santa purificatrice, dove il piacere non veniva da ridicole similitudini dolciarie, ma dal puro contatto con la natura intima dell’atto sessuale. C’è una risposta Anche ai tempi più cupi Ovvio, noi non capiamo l’ultima cosa che ci passa per le nostre teste E lasciarvi, noi crediamo che dobbiamo essere qua noi insieme Non urlate Ci sono non battute ancora così tante vie di fuga Ero appisolato, e come prevedibile dovevo lottare contro il piano inclinato, o meglio direttamente verticale, senza appigli come la superficie di un cristallo di pirite, con il mio gomito destro che trafiggeva come una spada la povera Gogo, quando all’improvviso traslai verso il basso, come in quelle giostrine delle bancarelle di chincagliere e plagi illegali cinesi con pinguini e dalmati, e Gogo me la trovai nella sua tuta termica, nera a strisce rosse, che faceva la sexy in un camerino non gigantesco ma dignitoso. Mi ricordo i gabinetti degli autobus, dei confessionali ancora più malprogettati dei veri confessionali, dove il confessore è il pirla sempre più comodo. “Hiro….” Mi disse distrutta dalla stanchezza. Sbavava come una cagna di Pavlov dopo l’ennesimo esperimento con i campanacci da ferrovieri e gli arzigogoli chirurgici alla parotide per farli zampillare pisciate di mucina. Oltretutto russava prudendosi il palato, come se soffrisse d’allergia. Nonostante una persona che russa venga considerata molto fastidiosa, soprattutto da altre persone che dormono, io riuscii a assopirmi comunque. Mi disciolsi nel sonno con un dolce sorriso sulle labbra. Anch’io cominciai a russare come una Harley Davidson, sazio per quella bellissima giornata. In questo stato, forse perché ero cotto come un maiale in agrodolce, sposarmi con lei, condividere la vita con lei mi sembrava una scelta meravigliosa. Relax, take it easy
   
 
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