Titolo:
Nelle nostre mani
Autore: xla
Personaggi (pairing principale):
DracoxHarry, nuovo personaggio (William)
Generi: Romantico
Rating: Pg
Avvisi: Slash, Mpreg.
Sintesi: Quanto può essere
piacevole ed
intensa una semplice giornata con i tuoi tesori più preziosi?
DISCLAIMER:
Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di
proprietà di JK Rowling e
di chiunque ne possieda i diritti. Questa storia non ha alcun fine di
lucro, né
intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.
ATTENZIONE: tutti i personaggi di questa storia sono
MAGGIORENNI,
immaginari e non hanno alcun legame con la realtà. Qualsiasi
nome e riferimento
a fatti o persone reali è da ritenersi ASSOLUTAMENTE casuale.
William,
un anno compiuto da poco, non era molto interessato alla pappa, quanto
più che
al luccichio di qualcosa proveniente dall’anulare del padre,
che tentava in
tutti i modi d’imboccarlo in vano. E Draco le aveva provate davvero tutte.
Tentò
un’ultima volta.
-Dai
William, - pigolò – E’… -
schioccò la lingua e fissò con fare interrogativo
il
cucchiaino nella propria mano, con una faccia che pareva dire; ma sarà commestibile questa poltiglia?, Sfoderò un sorriso, tutto
per il
figlio, - Guarda, ora papà ti fa vedere come si fa, eh?
– immerse la posata nel
piattino e poi se lo portò alla bocca – Mhhh
… che buono … - si bloccò, con le
guancie piene come uno scoiattolo, diminuendo il masticare. Storse la
bocca,
tentò di resistere. – Ma che … Oh
Cristo Santo che schifo! –la sputò nel
tovagliolo, appallottolandolo e posandolo sul tavolo da pranzo dietro
di lui, -
Ma come fanno a dare da mangiare questa roba ai bambini? –
fece una strana
smorfia arricciando il naso. Will si mise a ridere; amava quando il suo
papà
biondo era buffo … e il bello era che non se ne accorgeva
quando lo era.
Draco
mandò giù quasi mezza bottiglia d’acqua.
-
Wow, - disse Harry, uscito dalla cucina – Ti conosco da
diciannove anni ed è la
prima volta che ti vedo attaccato alla bottiglia. Quasi, quasi ti
faccio una
foto e poi la incornicio per la gioia di Ron. –
-
Non è colpa mia – lo fulminò
– Ma di queste diavolerie – puntò il
dito
accusatorio verso il piattino.
Harry
sbatté due volte gli occhi – Del pasticcio di
carne tritato? –
-Quello
che è – agitò una mano – Non
capisco come si possa dare da mangiare quella roba
ai bambini – ennesima smorfia – Che schifo!
–
L’altro
rise – Amore, - disse bonariamente – Sei
così buffo. –
-Buffo?
Buffo? Io tento di morire avvelenato
e tu lo trovi buffo? –
Alzò
le spalle – Mica solo io, sai? – e
indicò il piccolo, che esibiva a bocca
spalancata i piccoli dentini in fila, emettendo un suono dolce e un
po’ acuto –
Visto? Anche tuo figlio ti trova divertente. –
-Lieto
di farvi ridere – disse tetro, con l’unico
risultato di udire la risata di
Harry sin dalla cucina.
Quando
tornò, Harry tolse il bavagliolo a William e se lo mise in
braccio. Bloccandosi
di colpo – Mi sono dimenticato! –
sistemò il figlio sulla spalla – Draco? –
-
Eh? – abbassò la gazzetta.
-
Potresti andare a prendere il biberon in cucina? E’ proprio
affianco alla
piastra – si diresse in sala.
Draco
sbuffò ma si alzò, andò in cucina e
poi raggiunse Harry in salotto e, come
sempre, si bloccò sullo stipite della porta. Osservava. Che cosa osservava? Forse
il salotto arredato
con dei mobili presi dal Manior, dategli a forza dalla madre, oppure
quel
dannato orologio regalo dei Weasley, dove c’era scritto loro
tre dove stavano –
a che ne sapeva lui, nella Tana ne avevano uno uguale, ma non ci aveva
mai
fatto caso – o ancora quel dannatissimo stereo –
che il moro amava tanto
mettere ad alto volume, facendogli fondere i timpani -.
Oppure,
forse, osservava solo un ragazzo bellissimo con un bambino bellissimo
in
braccio, seduti sul divano. Era qualcosa di strano e piacevole. Un
caldo vuoto
che gli riempiva le ossa. Ogni volta che guardava le due persone che
amava di
più, provava una sensazione così forte che tutto
intorno svaniva. Rimanevano
solo lui, suo marito e il loro figlio. Spesso Draco, dentro di se, con
una
punta del suo buon animo serpentese, aveva pensato a loro come il vero magico trio, e non perché
erano
Malfoy, Harry con tutte le sue nomine dategli negli anni, ma
perché erano
qualcosa assieme, qualcosa costruita, voluta e accaduta. William era
dolce come
lo zucchero a velo, il moro premuroso e testardo come pochi e lui, nel
suo
cuore, era avidamente convinto di meritare tutto questo: anche il
più piccolo
sorriso dei suoi tesori più preziosi.
La
sua famiglia. Tutta sua. Per sempre.
Harry
si accorse di essere osservato.
-Bhe?
Che c’è? – sorrise – Ti serve
qualcosa? –
Draco
scosse piano la testa, con un mezzo sorriso – No, non mi
serve nulla –
Sedendosi
con la sua famiglia, Draco passò il biberon
all’altro.
-
Grazie –
-
Nulla … senti: ma per quanto ancora hai intenzione di
darglielo? –
-
Perché? – domandò Harry confuso, mentre
metteva delicatamente in bocca al
figlio il biberon e lo teneva sollevato quel tanto che bastava per
farlo bere.
-
Ha quasi due anni, sarebbe ora che la smettessi con la storia del
ciuccio –
-
Perché scusa? Io non ci trovo nulla di male –
Draco
sorse di nuovo il naso, ma non si espresse più
sull’argomento, più che altro
per evitare di litigare per qualcosa di banale. Dopo un po’,
rispuntò quello
strano sorrisino, che Harry aveva notato da qualche tempo. Possibile
che avesse
un tic? Il biondo aveva quel sorriso quando erano nella stessa stanza,
ma solo
quando aveva in braccio oppure era lui a far mangiare Will. Mentre
quella mossa
col nasino, suo marito la faceva spesso quando non era in accordo con
lui per
il figlio, eppure acconsentiva; Harry aveva deciso che quello era il
segnale
che aveva campo libero, che Draco si era arreso. Non aveva mai creduto
di poter
dire Draco e arreso
nella stessa frase, ma da quando Will era entrato nella loro
vita, a quanto pare era possibile. Quindi era sicuro che quel sorriso
fosse per
il figlio, e come non sorridere a quella meraviglia che grazie a
Merlino poteva
stringere tra le braccia. Lui stesso passava notti sane nella stanzetta
di Will,
a guardarlo dormire, a stare attento che non lo facesse a pancia in
giù; con un
sorrisetto da scemo in faccia. Lasciando Draco solo nel letto. Nei
primi tempi
un paio di volte aveva pensato che Draco non vedesse di buon occhio il
piccolo,
perché passava troppo tempo con lui e aveva messo il biondo
… un po’ in
disparte. Grosso
errore.
E
quando era confuso, stanco, sull’orlo del pianto, quando si
lasciava andare
senza volerlo ai ricordi della guerra, gli bastava stringere William.
Gli
bastava stringere suo figlio, e il mondo diventava un luna park per lui
e la
sua famiglia; pieno di giostre, specie quelle con i cavalli che girano
– primo
o poi ci sarebbero andati in un vero luna park, tutti e tre assieme
– dove nessuno
conosceva la parola guerra e i suoi
derivati.
Si
trattava di una sensazione quasi palpabile, di pura pace. Ogni volta
che teneva
in braccio suo figlio, il suo profumo, il suo visino tondetto
… si chiedeva,
sorridendo come un ebete, se anche lui in passato aveva avuto
un’espressione
tanto innocente. Lui, che se l’era sempre dovuto cavare da
solo, si era
ripromesso di esserci il più possibile per Will.
Will
… Draco era pressoché adorabilmente detestabile
quando pronunciava questo
nomignolo. Ovviamente, diceva che un Malfoy non poteva avere un nomignolo … Ed Harry si doveva
mordere
la lingua per non scoppiare a ridere al ricordo della Parkinson e di
tutte le
storpiature che aveva dato al semplice nome Draco, ecco
perché Harry non
perdeva mai l’occasione di abbreviare quel nome; Will, era il
più scontato e
classico, ma lui amava Willy: gli sapeva di piccolo e simpatico.
Ogni
volta che Harry aveva in braccio William, non solo Draco aveva quel
mezzo
sorriso bonario, ma notava che anche il moro s’isolava per
conto suo. Un mondo
estraneo anche a se stesso.
Pazzi?
Strani? No, solo sereni.
~*~
Poco
dopo cena, un gufo picchiettò ad una finestra della cucina .
Harry, che stava
lavando i piatti, l’aprì, più che altro
per sbattere fuori la tovaglia piena di
briciole, tutta opera di Willy, e il gufo gli piombò in
faccia.
-Ciao
Leo – lo salutò Harry. Poi prese la lettera e
diede al gufetto del mangime.
Ma
quella lettera non lo rallegrò,
-Uffa
– sbuffò – Draco? –
urlò uscendo dalla cucina verso la sala.
-Draco?
E’ di Ron, dice che ne lui ne Hermione posso venire
–
-Ma
come? –
-Bhe,
a quanto pare … - alzò lo sguardo e si
bloccò – Ma che stai facendo? –
Draco
era seduto per terra, gambe incrociate, col figlio di fronte e mille
carte
sparse per il pavimento.
Ma
a quanto pare il suo amore non l’aveva sentito – Ma
come non vengono? – pigolò
– Sto anche insegnando a William a giocare a poker, in vista
della serata, e
quei due non vengono? –
-
… Stai insegnando a nostro figlio il gioco
d’azzardo? –
-Esagerato
– mugugnò – E’ pure bravo
– tentò di sviare con un sorriso.
Di
solito ai bambini s’insegna qualcosa come il castello con le
carte, non il
poker? Era più che sicuro che l’intero mazzo da
poker fosse per terra a fare da
tappeto.
Willy
alzò lo sguardo verso il padre moro –
Pà –
-Si,
amore? – come sempre, se si trattava di William, Harry
diventava più
accondiscendente di una mamma chioccia.
-Oe
ta butta tega? –
Harry
sbatté le palpebre un paio di volte e poi corrugò
la fronte nell’impresa di
tentare di capire cosa avesse detto quel benedetto bambino. Amava i
bimbi
quando parlavano, perché storpiavano molte parole: ma alcune
volte se le
inventavano si sana pianta. Si grattò la cicatrice. Brutto
vizio a ventinove
anni.
-Ehm
… - schioccò la lingua, mentre il figlio lo
continuava a fissare con fare
interrogativo e ora come se il papà non sapesse
più capire le parole e il loro
significato.
Draco
fece una finta tosse e mormorò – La Wslhhg
–
-Mh?
Che hai detto? –
-Tuo
figlio ha chiesto dove sta la Weasley – deviò lo
sguardo grigio sulle cinque
carte che aveva in mano – Butta tega
è brutta strega, ovvero la Weasley –
-Ah
– sorrise tirato – E chi gli ha insegnato queste
quelle parole, la pianta
parlante nell’ingresso, eh? – domandò
acido e isterico.
-Ma
noi non abbiamo una pianta parlante nell’ingresso! –
-Se
è per questo non abbiamo neanche una pianta
nell’ingresso –
-Oh
–
Calò
un silenzio rotto solo dai piccoli gridolini di William, che a quanto
pare si
era messo in testa di voler raccogliere tutte le carte in una sola
manina.
Harry
scoppiò a ridere, vedendo il figlio così
cocciutamente impegnato e Draco tirò
un sospiro di sollievo. Se l’era cavata. Per ora.
Sì, per ora … perché la luce
negli occhi di Harry è la stessa di quando sale sulla scopa
per giocare a
Quiddhitc; di sfida, di passione e di vittoria.
-Willy?
– Draco storse il naso esattamente come aveva previsto Harry
– Mi raccomando,
raccogli tutte le carte, che i tuoi papà devono regolare
… un paio di conti –
Draco
sfoderò un sorriso verticale orgogliosamente e pienamente
Malfoy, e chiuse le
carte che aveva in mano.
-Perché
Potter, speri di battermi? – sollevò un
sopracciglio.
Il
moro si sedette per terra e impugnò il mini mazzo racimolato
da Will e il resto
lo raggruppò lui. Draco mostrò i canini.
Questa
volta fu’ Harry a mostrare uno dei suoi sorrisi verticali
– Ti conviene scavare
bene nelle tue tasche Malfoy, perché il tuo maritino ti
toglierà tutto, fino
all’ultima moneta -