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Autore: Hana_Weasley    09/09/2016    2 recensioni
"Seokjin aprì piano gli occhi e dopo un momento di confusione si rese conto di trovarsi sul pavimento. Non ricordava cosa fosse successo prima del suo risveglio e non aveva idea di dove si trovasse. Diede uno sguardo intorno a sé e si rese conto di essere in una una stanza completamente bianca, di un pallore quasi accecante.
Cosa ci faceva lì?
Un flash passò davanti ai suoi occhi e gli parve di sentire un forte rumore nelle orecchie.
Che cos'era stato quello? Perchè non riusciva a ricordare nulla?"
Fanfiction basata sui video di I Need U, On Stage: Prologue, Run e Young Forever.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Qui vi parla Hana :D
Questa è la mia prima ff sui BTS e quale inizio migliore se non con l'angst? *le tirano i pomodori*
Mesi fa quando per la prima volta ho visto la trilogia dei bangtan mi sono innamorata della storia (nonostante non si capisse una ceppa) e quando poco dopo ho trovato dei video teorie sono partita definitivamente e ho sentito il bisogno viscerale di scriverci su qualcosa. Quindi eccomi qui :)
La storia quindi è ispirata ai video di I Need u, Prologue: On Stage, Run e Young Forever e la storia conduttrice ai video di Justt Ally 
https://www.youtube.com/watch?v=VudPpJiSJlg e https://www.youtube.com/watch?v=vV2FWvkXApE
Saranno in tutto quattro capitoli, uno per ogni mv, e aggiornerò di venerdì e martedì. 
Avviso: questa fanfiction era già stata precedentemente caricata sul sito lunedì, ma per un problema del server non era più visibile su EFP.

Buona lettura!
NB: Le parti in corsivo sono flashback.






 

Memories Of You
1. Fall Everything. 

 

 

 

Seokjin aprì piano gli occhi e dopo un momento di confusione si rese conto di trovarsi sul pavimento. Non ricordava cosa fosse successo prima del suo risveglio e non aveva idea di dove si trovasse. Diede uno sguardo intorno a sé e si rese conto di essere in una una stanza completamente bianca, di un pallore quasi accecante.
Cosa ci faceva lì?
Un flash passò davanti ai suoi occhi e gli parve di sentire un forte rumore nelle orecchie.
Che cos'era stato quello? Perchè non riusciva a ricordare nulla?

**

Jungkook non aveva idea di quanto tempo avesse passato fuori casa, a gironzolare.
Non gli importava davvero.
La sua testa era completamente vuota in quel momento e francamente non sapeva neppure cosa stesse facendo o dove stesse andando.
Voleva dimenticare.
Voleva dimenticare tutta quella sofferenza che i giorni precedenti aveva provato.
Voleva dimenticare il dolore, la rabbia, le lacrime e il senso di colpa che lo attanagliava da quel maledetto giorno. Voleva dimenticare la consapevolezza di non aver potuto fare nulla.
Continuò così a camminare senza una meta e senza davvero prestare attenzione a dove mettesse i piedi.
Era così perso nei suoi pensieri che non si accorse di essersi praticamente scontrato addosso a due figure incappucciate. Se fosse stato in sé probabilmente avrebbe chiesto scusa, intimorito anche dall'aspetto non molto rassicurante dei due uomini di fronte a lui.
Ma a Jungkook non importava più nulla. Non gli importava di passare per un ragazzo maleducato e tanto meno gli importava se quei due brutti figuri lo avessero minacciato.
Aveva la testa vuota.
A quanto pareva i due uomini non dovevano avere preso bene il suo atteggiamento perché lo bloccarono per le spalle nell'istante in cui stava per superarli e continuare la sua passeggiata verso il nulla.
“Ehi ragazzino, dove pensi di andare?” gli si rivolse uno dei due.
Jungkook non rispose.
Questo dovette irritare ancora di più l'uomo che lo prese per il collo e lo sbattette contro una delle saracinesche dei negozi che lo circondavano.
In quel momento Jungkook finalmente reagì, afferrandogli il braccio e allontanandoglielo dal suo collo. Gli rivolse un'occhiata intrinseca d'odio e spintonando l'uomo fece per andarsene.
Stava cercando di dimenticare ma non voleva rogne.
“Tu, piccolo bastardo.” questa volta a parlare fu l'altro uomo che lo afferrò per le spalle e lo fece sbattere al muro.
I due uomini a quel punto si avventarono su di lui, riempiendo Jungkook di pugni e calci, semplicemente per il gusto di vedere un ragazzino sottomesso a loro e sanguinante.
E Jungkook li lasciò fare, senza reagire più di tanto. Aveva ormai perso tutta la voglia di combattere. Voleva solo essere lasciato in pace, lui e i suoi pensieri.
Mentre Jungkook veniva malmenato si rese conto che in realtà non voleva dimenticare ciò che era successo.
Jungkook voleva fuggire, il più lontano possibile.
Ma realizzò anche che tutto ciò era impossibile.
Non sarebbe mai potuto fuggire da quello che era sicuro lo avrebbe perseguitato a vita.
Dopo non sapeva quanto tempo, venne abbandonato in quel vicolo buio, da solo. Probabilmente gli uomini si erano stufati di infierire su di lui che non dava loro neppure la soddisfazione di provare a reagire e evitare i colpi.
Jungkook si lasciò cadere a terra, le gambe distese davanti a sé e si pulì leggermente il labbro da cui usciva sangue, con la manica della sua felpa.
Jungkookie, quando ti ferisci non fare così o rischi di prenderti un'infezione.”
A quelle parole che gli risuonarono nella mente sorrise leggermente e si lasciò cullare dai ricordi felici legati a lui.

Jungkook, Jimin e Taehyung stavano facendo una gara a chi riuscisse a saltare in più vagoni possibili mentre gli altri amici li guardavano da terra, ridendo e commentando le loro “imprese”.
Il gruppo di amici andava spesso in quella stazione ormai abbandonata, era diventata il loro posto sicuro. Un posto in cui potessero essere loro stessi e abbandonarsi alla libertà.
Ehi, venite su anche voi!” disse Jungkook ai suoi hyung.
I ragazzi così li raggiunsero e tutti insieme si sedettero, l'uno accanto all'altro, sul bordo del treno merci fermo a contemplare il paesaggio che si stagliava di fronte a loro.
Lo facevano tutte le volte.
Jungkook distolse lo sguardo e si soffermò ad osservare il volto di tutti i suoi amici.
Guardandoli abbracciati gli uni agli altri, con un sorriso disteso sul volto, il cuore di Jungkook perse un battito.
Si sentiva incredibilmente fortunato a poter condividere la sua vita con quei sei ragazzi.
Senza di loro non avrebbe saputo cosa fare. Erano gli unici riusciti a penetrare la sua timidezza e Jungkook si era affezionato inevitabilmente a loro.
Erano le migliori persone che avesse mai potuto conoscere ed avrebbe dato la vita pur di vederle felici.
Guardarono il sole tramontare e poi Jimin propose di andare a mangiare qualcosa.
I ragazzi scesero dal treno e poi cominciarono a correre, rilasciando una risata liberatoria e facendo gli idioti, nella galleria della stazione che faceva rimbombare le loro risate e schiamazzi.
Tutti i ragazzi rilasciarono urla di gioia alla vista della luce alla fine della galleria.

**

Hoseok non sentiva più nulla.
Non sentiva sua madre parlargli preoccupata, non sentiva il cellulare squillare, non sentiva i suoi singhiozzi e il pianto disperato che ormai si ritrovava a sfogare ogni giorno.
Hoseok non vedeva più nulla.
Non vedeva il letto, la scrivania, il computer e la sua stanza, dalla quale non usciva più da giorni, da quel dannato giorno.
Vedeva solo un tunnel buio, più buio di quanto potesse essere prima e non riusciva più a trovare la via d'uscita.
Hoseok non voleva più vivere.
Non gli importava, perché avrebbe dovuto continuare a vivere una vita che sarebbe per sempre stata vuota e che nessuno avrebbe mai potuto riempire?
Gli avvenimenti di quel giorno erano stati la scintilla che avevano fatto scoppiare un incendio che in tutto quel tempo era stato domato con difficoltà da un debole Hoseok.
A Hoseok non interessava se con quel suo gesto avrebbe fatto soffrire tante persone, voleva solo smettere di provare tutti quei sentimenti.
Il ragazzo entrò nel bagno e si osservò allo specchio. Con la sua mano toccò il suo labbro inferiore, si sfiorò una guancia e scese fino al collo. Si soffermò ad osservare i suoi occhi lucidi per le troppe lacrime versate e per la rabbia strinse con forza i suoi capelli.
Aprì rapidamente la mensola vicino allo specchio e prese il barattolino con le sue pillole antidepressive. Prese un respiro profondo e poi con sicurezza aprì il barattolo e fece scivolare sul palmo della sua mano una manciata di pilloline bianche, una dose decisamente troppo elevata per lui.
Hoseok se le infilò in bocca e poi deglutì. In breve tempo sentì i suoi occhi farsi incredibilmente pesanti, i suoi muscoli rilassarsi e la sua testa più leggera.
Per la prima volta dopo giorni, Hoseok aveva voglia di uscire di casa.
Il ragazzo cominciò a camminare e non si rese neppure conto di come avesse fatto a un certo punto a trovarsi in una delle strade centrali e più trafficate della città.
Continuò a camminare, incurante di tutto. Incurante delle sue gambe che chiedevano pietà e sembravano sempre più fatte di gelatina. Incurante dei suoi occhi sempre più stanchi e della testa sempre più pesante.
D'altronde quello era tutto ciò che Hoseok aveva desiderato in quel momento.
Farla finita con tutto e con tutti.
E proprio mentre stava pensando tutto ciò, le sue gambe cedettero, la mente si svuotò e il ragazzo cadde rovinosamente sull'asfalto, cadendo in un sonno profondo, simile alla morte.

Quella sera i ragazzi decisero di andare a cenare in un fast food.
I ragazzi entrarono nel ristorante e Jin e Jungkook si avviarono subito alla cassa per le ordinazioni.
Jin si voltò sorridendo a tutti loro e tutti non poterono fare altro che ricambiare il sorriso. Era inevitabile, pensò Hoseok, il sorriso dolce e rassicurante di Jin era contagioso.
I due tornarono al tavolo con il cibo e i ragazzi cominciarono a mangiare fino a quando Hoseok non prese una manciata delle sue patatine e le tirò a Jungkook, facendo ridere tutti gli altri e dando il via ad una lotta con il cibo che comprese molto cibo sprecato e sparso per tutto il tavolo e a terra, un Taehyung esaltato e improvvisato ballerino sul tavolo e i ragazzi cacciati dal fast food per tutto il caos che avevano provocato.
Poco male, loro si erano divertiti insieme e questo era tutto ciò che importava ad Hoseok.
Voleva solo che i suoi amici fossero felici.
Jin gli si avvicinò e gli avvolse le spalle con un braccio, sorridendogli.
Hoseok ricambiò il gesto e i due continuarono a camminare stringendosi, seguendo gli amici che davanti a loro urlavano allegri.
Hoseok aveva capito che il ragazzo lo aveva affiancato per sostenerlo. Tra tutti i loro amici, Seokjin era quello che più si preoccupava per la sua salute e i suoi problemi che aveva raccontato con non poca fatica e imbarazzato a tutti gli altri.
Lui era molto apprensivo e tendeva a stargli accanto quanto poteva, forse a volergli dimostrare che lui ci sarebbe sempre stato e mai lo avrebbe abbandonato. O almeno, così aveva interpretato il suo comportamento.
Apprezzava questo lato di Jin, questo suo comportamento quasi da mamma chioccia perché se doveva essere sincero, Hoseok si sentiva molto rassicurato da lui e gli credeva quando gli diceva che non sarebbe mai andato via.
Hoseok inconsapevolmente aveva fatto di Seokjin la sua ancora per andare avanti e superare la depressione.
Ma Jin non potè mantenere la sua promessa.

Quando riaprì faticosamente gli occhi, Hoseok si rese conto che aveva solo sognando qualcosa che era successo tanto tempo prima.
Gli era sembrato tutto meravigliosamente reale ma qualche istante dopo la realtà dei fatti gli si presentò e una lacrima solcò la sua guancia, mentre le palpebre pesanti si abbassavano di nuovo, troppo esauste, lasciando Hoseok lì a terra.

**

Namjoon stava finendo il suo turno di lavoro, alla pompa della benzina al centro della città, compiendo tutte le sue mansioni in automatico.
In realtà non voleva ammettere che la notizia lo aveva scioccato più di quanto avesse dimostrato. Si diceva che lo aveva fatto per gli altri, perché doveva essere il più forte e un sostegno per loro, che sembravano essere crollati completamente da quel giorno.
In realtà si comportava così perché non aveva ancora razionalmente realizzato ciò che era successo. Razionalmente aveva capito ma il suo inconscio non aveva ancora interiorizzato la notizia e per questo lui appariva come quello più tranquillo, quello che aveva preso meglio la situazione.
Niente di più falso, pensò il ragazzo, mentre riempiva il serbatoio di un cliente.
Namjoon non sapeva come affrontare la situazione.
Avrebbe voluto piangere, ma le lacrime non abbandonavano i suoi occhi.
Avrebbe voluto allora urlare, ma la voce non usciva fuori, come se fosse spaventata.
Aveva provato a prendere a calci qualcosa allora, per sfogare la frustrazione, ma ciò non fece altro che procurargli una mano martoriata e un piede gonfio.
Cosa avrebbe dovuto fare? Cosa faceva la gente in una situazione di questo genere?
Namjoon non riusciva a rispondersi a questi semplici quesiti. La sua testa era piena di pensieri che si accavallavano gli uni sugli altri e non gli permettevano di riflettere.
Il ragazzo così aveva fatto finta di nulla. Aveva ripreso la sua precedente vita come se tutto ciò non lo avesse toccato più di tanto. Ma nonostante a tutti mostrasse questo atteggiamento indifferente lui non faceva altro che pensare a quel maledetto giorno. La notte non dormiva e se si addormentava riviveva quel momento ancora e ancora e ancora; il giorno era sempre sovrappensiero e ormai svolgeva tutte le sue mansioni solo perché doveva farle.
Anche in quel momento, mentre stava servendo un cliente, non poteva fare a meno di pensare al suo viso sorridente e sentì un vuoto allo stomaco.
Deglutì rumorosamente per ricacciare indietro il ricordo e quando fece per avvicinarsi al conducente dell'auto per farsi pagare, quello – molto maleducatamente – fece cadere a terra una banconota sull'asfalto e sfrecciò via, lasciando Namjoon solo con i suoi demoni.
Il ragazzo non seppe perché reagì così ma il comportamento rude di quel cliente innescò la goccia che fece traboccare il fragile vaso che era Namjoon in quel momento.
Una lacrima solitaria si posò sulla sua guancia, bagnandola, per proseguire la sua corsa verso il mento.
Perchè?” sussurrò per poi abbandonarsi finalmente ad un pianto disperato.

Namjoon era disteso sull'asfalto, in attesa dell'arrivo dei suoi amici.
Il suo volto era disteso da un sorriso e gli occhi erano socchiusi.
Ad un certo punto il ragazzo sentì un rumore ovattato accanto a lui e poi sentì una mano sfiorare delicatamente il suo polso.
Avrebbe potuto riconoscere il suo tocco ovunque, era Taehyung.
Namjoon si trovava bene con tutti nella sua compagnia, sul serio voleva molto bene ad ognuno di loro ma forse Taehyung era quello con cui si trovava più in sintonia.
Non sapeva neppure spiegarsi il perché, loro due avevano dei caratteri molto diversi, eppure quando il ragazzo era giù di morale il primo ad accorgersene era sempre Taehyung che puntualmente tentava di aiutarlo o consolarlo.
Gli altri dovrebbero arrivare a momenti.” disse lui.
Namjoon si limitò a mormorare una risposta e poi circondò le spalle dell'amico con un braccio, avvicinandolo di più a lui.
Taehyung a quel contatto approfondito sorrise.
Il ragazzo era un tipo molto affettuoso con i suoi amici e Namjoon non si sentiva imbarazzato a quelle manifestazioni d'affetto. Ogni tanto un abbraccio poteva essere la risposta a tutto e poteva aiutare più di quanto si potesse pensare.
I due amici rimasero stesi l'uno accanto all'altro, semplicemente facendosi compagnia a vicenda per chissà quanto tempo. Vennero riportati alla realtà dal rumore di gomme sull'asfalto.
Qualche attimo dopo infatti vennero raggiunti da tutti gli altri ragazzi e diedero inizio alla loro semplice ma divertente serata.
Passarono il tempo in quel parcheggio, bevendo birra e ridendo.
Jin alla guida dell'auto fece salire Jimin e Yoongi che affacciati ai finestrini urlavano di gioia e alzavano le braccia verso il cielo. Jin rideva sentendo gli schiamazzi e l'allegria che provavano i suoi amici e Namjoon adorava sentire quella risata che metteva sempre molta allegria.
L'aria che si respirava quella sera era serena, calma ed eccitata.
Nessuno di loro, men che meno Namjoon, avrebbe potuto immaginare che un giorno quella spensieratezza sarebbe stata solo un miraggio.

**

Jimin aveva ormai prosciugato tutte le lacrime che aveva in corpo, ne aveva versate troppe in quei giorni.
Adesso si sentiva solo esausto di tutta quella situazione.
Voleva sparire.
I sensi di colpa lo stavano corrodendo nel profondo e lui non avrebbe retto.
Park Jimin era una persona sensibile e poco coraggiosa, non avrebbe mai e poi mai potuto reggere per tanto tempo una situazione del genere.
Solo l'idea di non poter più rivedere il suo viso sorridente, di non poter essere più insieme a lui, di non poterlo vedere crescere, provocarono nel ragazzo un forte senso di disgusto in sé stesso e disperazione che lo portarono a fare una scelta estrema.
Voleva farla finita una volta per tutte.
Jimin si recò nel grande bagno vicino alla sua camera da letto e si avvicinò alla spaziosa vasca da bagno. Girò la manopola del rubinetto e riempì lentamente la vasca di acqua mentre si preparava a ciò che stava per fare.
Non si prese neppure la briga di spogliarsi, entrò nell'acqua completamente vestito e si immerse completamente. Quando tornò a galla si rese conto che quelli sarebbero stati gli ultimi istanti della sua miserabile vita. Una vita vuota e triste che era stata illuminata solo dall'arrivo di quei sei ragazzi che lo avevano fatto sentire per la prima volta in vita sua apprezzato e speciale. Ma adesso le cose erano precipitate e la sua vita era ripiombata nel buio e nel caos, lasciandolo solo come un verme e disperato.
Si concesse degli ultimi istanti di ricordare, voleva morire ricordando la gioia dei momenti che aveva passato insieme alla persone più importanti di tutta la sua vita. Chiuse gli occhi quindi, e si fece cullare dai ricordi e dal lieve movimento dell'acqua in cui era immerso.

Si trovavano tutti in cerchio, seduti e nel centro avevano acceso un fuoco per riscaldarsi e fare anche luce alla strada buia.
Jimin stava ridendo, ancora non capiva se per la battuta di Jin in sé o per la sua risata allegra e contagiosa.
A quel punto anche Taehyung cominciò a ridere dopo averlo guardato, tenendosi una mano allo stomaco per i crampi che stava avendo.
Jimin arrestò la risata, tentando di riprendersi.
E adesso perché stai ridendo?” Chiese.
Diciamo sempre che la risata di Jin hyung è contagiosa ma anche la tua non è da meno, Jiminnie!” rispose quello, mentre ancora ridacchiava tra una parola e l'altra.
Jimin gli sorrise e scosse la testa, divertito. Si soffermò poi sugli altri ragazzi.
Notò subito Yoongi abbracciare il piccolo Jungkook che oramai era diventato il loro “bambino” da proteggere – soprattutto per Jin e Yoongi, ma in realtà se doveva essere sincero tutto loro tendevano ad essere molto protettivi nei confronti del ragazzo.
Accanto a quei due invece c'erano Hoseok e Namjoon, intenti a parlottare vicini.
Jimin si alzò di scatto, prese la rincorsa e poi salì sopra il povero Hoseok, che cacciò un urlo poco virile per lo spavento.
Hyung, abbracciami!” implorò Jimin, tirando fuori il labbro inferiore e sfoggiando una perfetta faccia da cucciolo a cui Hoseok, lo sapeva, non avrebbe mai potuto dire di no.
E infatti il ragazzo se lo portò vicino e lo circondo con le sue braccia.
Era troppo una brava persona Jung Hoseok, a Jimin piaceva molto questo suo aspetto perché anche lui era una persona molto ingenua e gentile. Per questo Hoseok era l'amico al quale era forse più attaccato e che riusciva a comprendere di più, e viceversa.
Yoongi ad un certo punto si alzò ed urlò entusiasta, “Vogliamo accendere questi fuochi d'artificio si o no?”
Tutti urlarono felici.
In poco tempo il cielo venne illuminato da grandi e meravigliosi giochi di luci e quella strada solitaria da risate allegre e urla entusiaste di sette ragazzi a cui bastava la compagnia reciproca per essere felici.
Quella sera fu una delle più belle che passarono, gli uni accanto agli altri, distesi e abbracciati, a vedere le stelle che stranamente quella sera erano molto più nitide e visibili, con un cellulare che riproduceva le loro canzoni preferite in sottofondo e i rumori dei loro respiri e i battiti dei loro cuori.

Quando Jimin aprì gli occhi si accorse di star piangendo al ricordo di un periodo che mai sarebbe ritornato.
O forse piangeva consapevole di ciò che stava per fare.
Prese un respiro profondo per darsi il coraggio di compiere quel gesto estremo e poi si immerse.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dall'acqua mentre pensava ai suoi amici.
Il fiato cominciò a mancargli e avvertì l'impellente bisogno di ritornare a galla e riprendere il respiro, ma non poteva, non doveva.
Doveva resistere sott'acqua, non doveva tirarsi indietro. Era quello che voleva infondo, doveva solo resistere per un po' all'istinto di sopravvivenza.
Ma non ci riuscì e riemerse dall'acqua tossicchiando e sputando un po' d'acqua.
Decise di riprovarci, non poteva mollare subito, non se lo sarebbe mai perdonato.
Stava per immergersi nuovamente quando sentì un rumore arrivare da fuori.
“Tesoro, tutto bene?” sentì sua madre chiedere e nella voce si poteva sentire una punta di preoccupazione.
Jimin sgranò gli occhi che poi gli si riempirono di lacrime. Si rese conto del fatto che non avrebbe più rivisto i suoi genitori e comprese anche quanto avrebbero sofferto per quel suo gesto.
Cominciò a piangere più forte e singhiozzando disperatamente. Provava rabbia e la voglia di colpire qualcosa si faceva sempre più spazio in lui.
Era solo un codardo, lo era sempre stato. Perfino quando si trattava di mettere fine alla sua inutile vita Jimin non trovava il coraggio di fare quel che si era prefissato di compiere.
Era sempre scappato e avrebbe sempre continuato a farlo.
Si disprezzava profondamente e desiderava con tutti il cuore mettere fine a quel dolore una volta per tutte ma c'era sempre qualcosa a bloccarlo e questo rendeva la situazione ancora peggiore per lui.
La madre nel mentre aveva iniziato a bussare alla porta preoccupata dai rumori che il figlio emetteva in bagno e dalle mancate risposte.
Infine diede una spinta alla porta riuscendo ad aprirla e quando entrò nel bagno le si raggelò il sangue.
Jimin, bianco come un cadavere e le labbra blu, tremante era nella vasca da bagno che ormai straripava.
La signora Park corse verso di lui, abbracciando il suo corpo freddo e urlando il suo nome e Jimin quando vide il suo viso non potè che sentirsi sollevato nonostante il rimpianto di non essere riuscito a mettere un fermo alla sua vita.

**

Yoongi si trovava nella stanza che aveva prenotato in quel pidocchioso motel dopo che qualche giorno prima aveva litigato con quelli che non meritavano neppure più il titolo di “genitori”, secondo lui.
Era steso sul letto sfatto e guardava il soffitto bianco che perdeva intonaco per quanto era vecchio e rovinato.
Decise poi di sedersi, sulla punta del letto e cominciò a pensare a ciò che ormai lo stava perseguitando negli ultimi giorni.
Aveva cercato di dimenticarsene, di andare avanti ma ogni volta che anche solo ci provava sentiva un dolore al petto e gli sembrava di rivederlo davanti a sé, con un sorriso che quasi lo colpevolizzava di star dimenticando tutto ciò che avevano passato insieme.
Yoongi a quel punto tentava di scacciare quell'immagine dalla testa ma questa si faceva più prepotente e la circondava, assicurandogli, silenziosamente, che non avrebbe mai fatto in modo che dimenticasse.
Il ragazzo poi si rannicchiava a terra e pregava che tutto quello finisse, perché si sentiva in colpa, si sentiva logorato e ogni volta gli sembrava di morire o di rivivere quel momento ancora e ancora.
E Yoongi voleva solo dimenticare, dimenticare il dolore e il suo passato.
Nel silenzio di quella stanza gli sembrava quasi di sentire la sua risata, risata che un tempo gli metteva sempre allegria ma che adesso gli provocava solo i brividi, e gli causava un dolore insopportabile al cuore.
Se solo non lo avessero forzato.
Se solo avessero accettato il suo no, adesso non sarebbero a quel punto.
Erano stati dei coglioni e quella era stata la conseguenza delle loro azioni.
Tirò fuori dalla tasca il suo accendino e cominciò a giocherellarci. Si incantò ad osservare il movimento del fuoco. Il modo in cui sembrava danzare era ipnotico e Yoongi desiderò per un attimo di vederne uno molto più grande e potente. Mentre non riusciva a distogliere lo guardo da quello spettacolo, in lui nacque un'idea senza che neppure se ne rendesse conto.
Era qualcosa di inconscio e che il suo io non riusciva a controllare.
Senza che neppure se ne rendesse conto quindi si alzò e uscì dal motel. Raggiunse la sua auto parcheggiata lì vicino e dal bagagliaio prese il barile di benzina che conservava per le emergenze, quello che gli aveva passato Namjoon senza fargli pagare nulla. Sembrava in trance, semplicemente faceva tutto senza davvero rendersi conto della azioni che stava compiendo. Con un passo lento e in volto uno sguardo apatico, rientrò nella sua stanza e mise in atto il piano che sia era formato nella sua testa.
Aprì il barile e sparse la benzina su tutto il letto e il pavimento della piccola e sporca stanza e poi osservò il suo operato.
Prese l'accendino con cui qualche minuto fa stava giocando e lo avvicinò al lenzuolo.
Appena la stoffa bagnata entrò in contatto con la piccola fiamma, questa crebbe di colpo e Yoongi in qualche istante si ritrovò completamente circondato dal fuoco che divampava violento.
E nel momento in cui realizzò che sarebbe morto, Yoongi si rese conto di quello che aveva fatto e parve risvegliarsi da quello stato di apatia in cui era crollato.
Urlò forte allora, disperato per la situazione in cui si trovava ma poi si impose di rimanere calmo. Se si fosse fatto prendere dal panico sarebbe stato fottuto.
Si guardò intorno velocemente e notò la finestra che non era ancora stata divorata dal fuoco.
Le si avvicinò e si sporse. La sua stanza era proprio al primo piano e quindi decise che l'unica cosa che poteva fare sarebbe stato buttarsi. Magari si sarebbe rotto qualche osso, ma meglio quello che la morte, così era convinto.
Contò lentamente fino a tre e poi saltò, cadendo scompostamente sull'asfalto e graffiandosi una mano e un ginocchio da cui cominciò ad uscire un rivolo di sangue.
Si rialzò alla svelta e cominciò a correre.

Yoongi e tutti gli altri cominciarono a correre per raggiungere Jungkook che si trovava davanti a loro, in equilibrio sul cornicione, le braccia distese per non cadere.
Lui si trovava davanti al gruppo e sorrise allegramente, voltandosi leggermente per vedere i suoi amici.
Notò subito Hoseok circondare con un braccio le grosse spalle di Seokjin e Jungkook fare uno scatto per raggiungerlo e affiancarlo.
Raggiunsero poi il porto e insieme, abbracciati, osservarono l'Oceano stagliarsi infinito di fronte a loro. Ridevano, saltavano e alzavano le braccia al cielo, inconsapevoli di quello che avrebbero passato poco tempo dopo. 

  
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