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Autore: pinghetta    10/09/2016    2 recensioni
[Suite Francaise]
[Suite Francaise]Dopo aver visto Suite Francaise, rimasta con un po' di amaro in bocca per il finale, ho deciso di dare una mia conclusione alla storia.
"Non credeva ai suoi occhi, era davvero lui? Era davvero lì o era uno dei suoi soliti abbagli? I capelli erano più lunghi, aveva una leggera barba bionda sulle guance ma la somiglianza era incredibile. "
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Mélodie de Coeur

La giovane donna camminava spedita lungo una delle lunghe Rue di Parigi, portava con sé due pesanti buste della spesa con dentro ogni ben di dio. Finalmente dopo la fine della guerra aveva ricominciato a potersi permettere di mangiare tutto ciò che voleva e talvolta indugiare anche in qualche peccato di gola, come la piccola barretta di cioccolato che spuntava tentatrice dalla busta di destra.
Ogni tanto si fermava a posare le buste per terra e faceva una piccola sosta mettendosi un biondo boccolo ribelle dietro l’orecchio.
Arrivata in fondo alla strada vide un uomo alto fermo davanti al suo palazzo con aria titubante.
L’uomo alternava lo sguardo tra il pezzo di carta e l’edificio per accertarsi che fosse quello giusto.
La giovane gli si avvicinò – Monsieur, posso aiutarla? Cerca qualcuno?-
L’uomo si voltò, la guardò e sorrise.
Un tonfo ed entrambe le buste della spesa caddero a terra. La giovane si mise le mani davanti alla bocca, attonita non riuscì a pronunciare una parola.
Non credeva ai suoi occhi, era davvero lui? Era davvero lì o era uno dei suoi soliti abbagli? I capelli erano più lunghi, aveva una leggera barba bionda sulle guance ma la somiglianza era incredibile. Eppure era lui anche quell’uomo dal lattaio la settimana prima ed era lui anche l’uomo che le era sfrecciato accanto la settimana prima ancora.
-Penso di averlo trovato, madame- le disse l’uomo allargando ancora di più il sorriso.
Dagli angoli degli occhi della giovane iniziarono a sgorgare lacrime. La sua voce, quella era la sua voce.
-Bruno, sei davvero tu?- chiese la giovane con un sussurro
-Sì, Lucille. Sono io- disse Bruno avvicinandosi e asciugandole le lacrime con la mano, anche lui però aveva gli occhi lucidi.
Lucille era pietrificata, aveva pensato a lungo al loro incontro, non aveva creduto quasi nemmeno per un minuto alle voci che lo davano per morto, aveva pensato alle parole che si sarebbero detti, eppure ora nemmeno una parola le veniva alla bocca.
Si fissarono negli occhi per diversi minuti, succhiando avidi con lo sguardo le loro immagini, cercando di sovrapporre l’immagine del presente al passato fino a cancellare le differenze che gli anni di distanza avevano generato.
Dopo qualche istante Bruno si mosse – Posso aiutarti con le borse?- Lucille annuì e frugò nella borsetta alla ricerca delle chiavi.
Salirono le scale completamente in silenzio, lei davanti e lui dietro con solo il suono dei loro passi che rimbombava nella tromba delle scale.
Arrivati davanti alla porta dell’appartamento, Lucille ebbe difficoltà a centrare la toppa sentendo la sua presenza alle spalle.
-Prego- sussurrò finalmente aperta la porta.
-Dove ti poso le borse?- chiese Bruno entrando e guardandosi intorno con curiosità
-Ah, sì. Di là in cucina, seguimi – disse Lucille che nell’agitazione aveva già dimenticato di aver fatto la spesa.
Bruno posò i sacchetti sul bancone della cucina e lasciò lo sguardo vagare intorno a quella cucina piccola e accogliente e immagini di Lucille gli passarono davanti agli occhi : Lucille che cucinava, Lucille con il viso sporco di farina, Lucille che mangiava da sola su quel tavolo di legno.
Si appoggiò al bancone e commentò – Appartamento carino-
Lucille annuì, guardandosi intorno come se vedesse quel posto per la prima volta.
-Vivi qui..da sola?- chiese con timore Bruno avendo paura della risposta
Lucille scosse la testa. Bruno trattenne il respiro e chiuse gli occhi.
 –Con un’amica- rispose
Bruno aprì gli occhi e sospirò sollevato.
Così tante domande inespresse volavano per la stanza : Come sei sopravvissuto? Che cosa hai fatto in questi anni? Mi hai pensata?
Ti sono mancato? Ti sei trovata un nuovo compagno? Come mi hai trovata?
Il silenzio calò di nuovo nella stanza ma i loro occhi però non cessavano di cercarsi.
Lucille si aggiustò nervosamente un boccolo dietro l’orecchio e quello fu il segnale.
Bruno si avventò avido sulle sue labbra. Lucille si strinse a lui e rispose a quel bacio con tutti i sentimenti che aveva tenuto dentro il cuore per quegli anni : paura, tristezza, angoscia, speranza, amore.
La sollevò e la fece sedere sul tavolo mentre Lucille divaricava leggermente le gambe per permettergli di avvicinarsi di più.
Bruno baciò ripetutamente il collo e Lucille gettò la testa all’indietro estasiata. Non credeva ancora che potesse essere vero. I baci di Bruno scesero verso le clavicole e iniziò a sbottonarle la camicetta mentre lei le toglieva velocemente la camicia dai pantaloni. Un forte senso di déjà-vu li colpì facendoli fermare per un momento poggiando le teste l’uno contro l’altro. Sorrisero e poi ripresero a baciarsi con più passione di prima.
Bruno aveva appena sbottonato l’ultimo bottone della sua camicetta quando il citofono suonò. In un primo momento i due non sembrarono farci caso, quando però si sentì una voce dall’altra parte della porta –Lucille, siete in casa? Sono Benoit, sono passato a salutarvi prima di partire.- si fermarono.
-Pas encore!- ringhiò Bruno e Lucille scoppiò a ridere, facendo ridere anche lui.
In fretta lei si riabbottonò la camicetta ed andò ad aprire.
-Buon giorno Lucille, volevo salutarla- disse Benoit entrando.
Si fermò però vedendo i capelli scarmigliati della donna e la camicetta mal abbottonata. –Disturbo? Ho interrotto qualcosa?- chiese sospettoso.
 Lucille scosse la testa – Vieni, voglio farti vedere qualcuno-
Entrando in cucina Benoit vide un uomo di spalle che si stava aggiustando la camicia.
-Benoit ti ricordi di Bruno?- disse Lucille, facendo voltare il tedesco
-Bruno? Bruno l’ufficiale tedesco?- disse Benoit squadrandolo
-Ex ufficiale, ora sono un civile come voi- rispose Bruno
-Voi! Lucille mi ha raccontato che mi avete aiutato, vi devo la vita- disse Benoit stringendogli la mano con forza.
-Ho fatto solo ciò che ritenevo giusto- scosse la testa il tedesco in imbarazzo
-Sedetevi vi preparo un caffè- disse Lucille
Gli uomini si accomodarono e rimasero un momento in silenzio ad ascoltare il rumore dei piattini e delle tazzine impilate da Lucille.
-E ditemi, che cosa ci fate a Parigi?- chiese Benoit spezzando il silenzio.
-Sono stato chiamato da un’orchestra per suonare alcuni miei pezzi-
-Siete un musicista dunque! E che cosa suonate?- chiese Benoit faticando a sovrapporre l’immagine del soldato con quella dell’artista.
-Il pianoforte- rispose Lucille poggiando le tazzine.
-Esatto, ho ripreso a suonare finita la guerra, una delle mie sonate ha riscosso abbastanza successo e mi hanno chiamato qui- rispose Bruno sorridendole
-Davvero? Dovete farmela sentire, come si chiama?- rispose la giovane mentre gli versava il caffè.
Bruno le sfiorò con delicatezza la mano –Lucille-.
 
  
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