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Autore: CostyMosty    10/09/2016    0 recensioni
E se fosse stato tutto solo un sogno?
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Greg House
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Vorrei premettere che questa è la prima fanfiction che scrivo sull’affascinante House, quindi mi scuso nel caso dovesse fare schifo.
Comunque la mia idea folle, come forse si può intuire dal titolo, è ambientata sia prima che dopo la serie, perché i (credo) circa nove anni della vita di House mostrati si rivelano solo un sogno dello stesso.
Questa storia è articolata in questo prologo, ovvero “il risveglio” e una serie di capitoli, ognuno dedicato a un personaggio, ovvero la conversazione che House avrà con essi riguardo al futuro.
Spero di aver catturato la vostra attenzione con un’idea che mi sembra abbastanza diversa dal solito e che la storia vi piaccia e intrighi almeno un po’.






Prologo
 
 
House si svegliò di soprassalto.
“Dottor House!”
Ci mise un paio di secondi a mettere a fuoco Foreman, che lo guardava con insistenza.
“Allora?”
Spaesato, si guardò intorno; e con terrore riconobbe il mobilio dell’ambulatorio 1.
“Si sente bene, dottor House?”
Incrociò lo sguardo di Foreman.
“Io…sì, sto bene”
L’altro annuì.
“Quindi…sì, ero venuto a comunicarle che abbiamo un caso!”
“Si può sapere perché mi dai del lei? E per l’amor di dio, perché diavolo indossi il camice?!”
Foreman sembrava confuso.
“Porto il camice perché sono un medico…e le do del lei perché è il mio superiore”
House strabuzzò gli occhi.
“Ma…no, tu sei…insomma, tu dirigi l’ospedale, io lavoro per te!”
“Mi sta prendendo in giro?”
House sospirò, boccheggiando.
“Cameron e Chase stanno aspettando nello studio”
Foreman gli lanciò la cartella clinica.
“Donna di 35 anni, maestra d’asilo, ha avuto un’afasia seguita da una crisi epilettica”
Lui aprì la cartella e sbatté le palpebre più volte. Non era possibile. Non poteva esserlo.
“Andiamo di sopra?”
Foreman lo invitò a lasciare l’ambulatorio.
House annuì debolmente.
Uscì dalla stanza e si guardò attorno. Tutte quelle persone, i macchinari…non li riusciva a riconoscere.
Dall’altro lato dell’atrio vide la Cuddy accerchiata da degli studenti di medicina, una ventina di leccapiedi che speravano di ingraziarsela.
In qualche modo la donna riuscì a liberarsi di quegli idioti e si fermò per riprendere fiato, incrociando lo sguardo di House, fermo impalato a fissarla.
Gli lanciò uno sguardo interrogativo e lui scosse la testa.
Quant’era…strano vederla di fronte a sé, rendersi conto che lei era ancora lì, che non l’aveva persa per sempre.
Si avviò verso gli ascensori, lanciandole un ultimo sguardo fugace.
Le porte scorrevoli si chiusero, incorniciando l’espressione sconvolta di House.
Non poteva essere stato tutto solo un sogno. A quanto pare sì.
Ma…un sogno di nove anni che gli passava davanti agli occhi in soli venti minuti di sonno in clinica?
Era…surreale.
Quando entrò nel suo ufficio per poco non svenne. Era tutto com’era all’inizio, niente poltrone, niente divani nuovi.
I sintomi della paziente erano scritti alla lavagna.
House si sedette su una delle sedie.
I suoi dipendenti stavano già discutendo la differenziale.
“È un tumore al cervello per forza, deve esserlo” disse Chase.
“La TAC e la risonanza magnetica erano negative” ribatté Cameron.
“Ci dev’essere stato un errore” aggiunse Foreman.
Tutti e tre si girarono verso il loro mentore.
Lui guardò molto intensamente Cameron, che arrossì visibilmente.
“I tuoi capelli…sono castani”
“Ehm…sì”
“Si sente bene?” domandò nuovamente Foreman.
House annuì, scrutando fuori dalla finestra.
“Scusate se interrompo, ma potremmo parlare della paziente?” intervenne Chase.
Ricominciarono a discutere mentre House si sforzava di ricordare.
Era iniziato tutto da lì. L’inizio del suo delirio.
Chiuse gli occhi e cercò di mettere in ordine nel cervello, cercando, inutilmente, di razionalizzare.
“Io dico di fare un’angiografia e cercare un coagulo” dichiarò Foreman, risvegliandolo.
“Non c’è stato nessun ictus – ribatté Chase – secondo me il tumore era troppo piccolo per essere rilevato”
“Fatele i raggi X al cervello” disse House lapidario.
“I…raggi X?” chiese confusa Cameron.
La risposta non tardò ad arrivare.
“Cisticercosi da Taenia solium”
“Vuole dire quei vermi che si contraggono dalla mancata cottura della carne suina?” domandò Chase.
House annuì, distogliendo lo sguardo.
“Ma i sintomi…” intervenne Foreman.
“I sintomi si presenteranno. Datele albendazolo per curare e fate la radiografia per confermare”
I tre uscirono dalla stanza confusi e ammirati per quell’intuizione geniale solo all’inizio del caso.
House invece continuò a guardare fuori dalla finestra.
Era sembrato tutto così…reale, così perfetto.
Prima del sogno non aveva sentito parlare di quella paziente, non poteva averlo immaginato. E se la paziente era vera, lo era anche il resto della visione?
Si sarebbe potuto davvero comportare così, aveva fatto le scelte che, riflettendoci, avrebbe fatto in un possibile futuro.
Si chiese se si sarebbe avverato tutto. Sperava di no, aveva commesso degli errori che gli erano costati la perdita di persone molto importanti nella sua vita.
Ma non doveva andare così per forza. Poteva cambiare il futuro.
Perché alla fine, come tutti gli altri, lui voleva solo essere felice, nonostante detestasse ammetterlo, preferendo così crogiolarsi nella sua miseria.
Si alzò di scatto, per quanto la sua gamba gli permetteva.

Aveva una lunga serie di cose da fare.
   
 
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