Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: Red_Coat    10/09/2016    3 recensioni
-Ti amo … - mormorò Genesis, prima che l’immagine della sua Minerva si perdesse per sempre nei suoi occhi.
Contento che, almeno per una volta, le parche avessero accettato quel silente sacrificio, in cambio della vita della sua dea.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Angeal Hewley, Genesis Rhapsodos, Sephiroth
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
LOVELESS - ATTO QUINTO


“ Even if the morrow is barren of promises, nothing shall forestall my return, to become the dew that querces the land …”
 
In tutta la sua esistenza, Ivan (meglio conosciuto nel suo ambiente come Genesis), non aveva mai pensato che avrebbe poi finito per ritrovarsi così, a lottare fino all’ultimo per continuare a rimanere in vita.
Eppure non era di certo stata una vita facile, né per lui né per Sephiroth ed Angeal, i suoi fratelli più piccoli.
Cresciuti con un’unica certa convinzione, ovvero quella che l’unica loro madre fosse quella ragazza che li aveva presi con sé tirandoli fuori dall’orfanotrofio e dal baratro in cui erano caduti, a lei Genesis Ivan Rhapsodos aveva dedicato la sua intera esistenza, in segno di gratitudine.
Come si faceva a non capirlo?
Erano tre fratelli che avevano visto i loro genitori morire freddati da una raffica di proiettili sparati da una banda di rapinatori, che si erano introdotti in casa loro e li avevano uccisi sotto ai loro occhi, quelli di tre bambini che improvvisamente si erano visti portar via tutto ciò in cui avevano sempre creduto, e su cui avevano sempre fatto affidamento fin dalla loro nascita.
Lui, Ivan, il più grande dei tre, all’epoca aveva nove anni e ricordava benissimo quel brutale assassinio, come ricordava le dure percosse da parte di uno degli uomini agli altri due più piccoli per farli smettere di piangere, le loro grida disperate mentre i cadaveri di mamma e papà giacevano a terra in una pozza di sangue, gli occhi sbarrati e la bocca ancora aperta in un’espressione sgomenta. Infine la tremenda botta in testa, e il terrore provato mentre sveniva stringendo forte a sé di più Angeal e Sephiroth, e il buio improvviso del come che ne era seguito.
I suoi due fratelli Mark, che all’epoca del fatto aveva 2 anni, e Jordan che ne aveva solo cinque, da allora avevano sempre contato su di lui, come fosse stato il nuovo capofamiglia. Sin dai tempi dell’orfanotrofio, fino ad arrivare all’epoca della loro prima rapina, appena Mark compì la maggiore età.
All’epoca lui aveva già 25 anni, e da un bel pezzo ormai era riuscito ad ottenere l’affidamento dei suoi fratelli, grazie al lavoro che la loro giovane madre gli aveva trovato. Lavoro che, puntualmente, aveva finito per perdere, attirato sempre più fortemente da quel mondo che gli aveva portato via così tanto, e minacciava di non aver ancora finito con lui. Così, oltre che il capofamiglia, era diventato anche il boss di quella che ben presto si rivelò essere un altrettanto spietata e pericolosa banda di ladri e rapinatori.
Si, avrebbe potuto anche suonare strano alle orecchie di chi udiva la loro storia, ma sembrava che l’unico modo in cui riuscissero (almeno per quanto riguardava lui e Mark) a liberarsi dei terribili fantasmi del loro passato fosse ripeterne le gesta.
E, ben presto, la New York dell’anno 4627 si era ritrovata a fare i conti con la più giovane, crudele e astuta banda di ladri degli ultimi venti anni.
Si erano guadagnati il soprannome de i SOLDIER, ed erano rispettivamente Genesis (Ivan), Sephiroth (Mark), ed Angeal (Jordan).
Era un po’ inusuale ascoltare quei nomi e pensare ad una banda di ladri, ma Final Fantasy 7 era il gioco preferito dei tre fratelli, e anzi l’idea era venuto proprio al più piccolo, Jordan, e accolta di comune accordo senza troppi ripensamenti. Avevano fatto di necessità virtù, ed i loro modo di rapinare banche e musei era diventato famoso come il più bizzarro di quel mondo futuristico.
Vestiti come i relativi personaggi dell’omonimo videogame, apparivano e scomparivano lasciando dietro di sé solo casseforti vuote e un biglietto che portava le loro firme.
Ma per quanto questo potesse risultare inusuale e per certi versi anche ironico, tutto il sarcasmo spariva quando si entrava nella loro realtà, fatta di incubi, traumi e ossessioni.
Perché ognuno di loro tre portava dentro quelle immagini orribile della notte dell’aggressione nella villa di famiglia, e Ivan in particolare si portava dentro un fardello che solo la musica classica e la poesia riuscivano a fargli dimenticare, seppure per qualche istante breve.
Lui era il maggiore, continuava a ripetersi, e non solo non era stato in grado di difendere i suoi genitori, ma non aveva potuto neppure salvare i suoi fratelli dal suo stesso destino.
Era la colpa che si dava, e più ci pensava, più fumava. Si, perché non era solo la mente di quella banda che rubava per vivere, ma era anche un ex giocatore incallito e un fumatore. Accanito.
Solo una persona era capace di fargli scordare i suoi dolori, ma il loro era un amore impossibile.
Lui aveva ventisette anni, lei quasi quaranta, e per quel mondo avanzato nella tecnologia ma retrogrado nell’anima un solo anno poteva già fare la differenza.
Inoltre, lui era un orfano, lei … sua madre.
Si chiamava Annie, ma lui trovava in lei la saggezza e la bellezza di una dea, perciò gli piaceva chiamarla Minerva.
Era una splendida donna matura, dai lunghi capelli biondi che le scivolavano sinuosi sulle spalle, le carezzavano il viso e scendevano a fermarsi sui suoi seni prosperi. Quel viso dolce, quegli occhi azzurri.
Quante volte li aveva ammirati, quante volte lo avevano confortato, e quante volte ancora … li aveva accarezzati, alcune innocenti con le sue mani da bambino, altre invece avido e innamorato, bagnandole il collo con i suoi sospiri e abbeverandosi alle sue labbra belle, piene e rosee.
Lei, c’era sempre stata da quando gli assistenti sociali le avevano affidato quei tre poveri orfanelli sfortunati. Il suo amore gli aveva riempito il cuore durante gli incubi, le lunghe notti insonni stretto al suo petto, e i suoi pianti isterici nel bel mezzo di forti crisi di panico.
Era il figlio di un’alta ed importante società, ricco e con un radioso futuro davanti. Ma, all’improvviso, non aveva più nulla non il ricordo di quella vita mancata, di un’infanzia rubata. E lei.
Perderla perciò, sarebbe stato un dolore troppo atroce da sopportare. E fu per questo che quella sera, quella maledetta sera di inizio Agosto, sovrappose per l’ultima volta il suo corpo contro il suo, mettendosi tra lei e l’affilata forbice delle crudeli parche che, ancora una volta, furono pronte a tagliare quel sottile filo che lega tutti noi alla meravigliosa e fragile avventura della vita.
 
\
 
-State iniziando a rompere il c***o! Mettete un’altra volta piede nel nostro territorio e vi faremo il culo! –
 
La voce camuffata al telefono era dura, e anche parecchio fuori di sé
 
Genesis non si lasciò intimidire neanche un po’. Un ghigno sul viso
 
-Non ci tireremo indietro, se è questo che volete! – ribatté, perentorio e deciso.
 
Angeal e Sephiroth, che ascoltavano la conversazione da dietro le sue spalle, lo guardarono preoccupati. Non era mai stato così teso fino ad allora, da quando avevano intrapreso quella vita.
 
-Lo vedremo, Rhapsodos. Lo vedremo. – rispose allora la voce, assumendo toni più infidamente divertiti – Vedremo se avrete il buon senso di seguire il nostro consiglio, dopo che vi avremo portato la nostra sorpresa. –
 
All’istante, Ivan s’irrigidì. E un brivido percorse la sua schiena mentre un sospetto prese a farsi strada nella sua mente
 
-Quale sorpresa?- chiese inquietato
 
Ma il suo interlocutore aveva già riattaccato.
Senza parlare né voltarsi a guardare i suoi fratelli, le mani che tremavano e il cuore che all’improvviso aveva preso a battere fortissimo in petto il giovane fece il numero dell’orfanotrofio sul toutchscreen del cellulare, ma gli rispose la segreteria avvisandolo che Annie Hill non era in casa al momento, o non era raggiungibile in quel momento. All’istante il sospetto si trasformò in certezza. Terribile certezza.
Chi aveva parlato sapeva di loro, e non poteva che essere un cadavere la “sorpresa” a cui aveva accennato.
Uscì di corsa dalla stanza, il soggiorno del loro minuscolo appartamento, e si ritrovò già in strada. Senza perdere tempo si diresse alla macchina, mise in moto e partì, senza accorgersi che anche gli altri due lo avevano seguito, in sella alle loro moto.
Annie camminava per le strade deserte e buie della periferia, quando il destino si compì.
Voleva rivederli, quei tre ladruncoli, e sperare che non fossero loro anche se le mille volte che Ivan l’aveva baciata, le diecimila volte che Genesis aveva chiamato Minerva, non potevano che dimostrarle il contrario.
Le loro anime si conoscevano fin troppo bene per pensare di non riconoscersi.
Lei, era l’unica in grado di restituirgli la vita.
E, proprio come se avesse intuito quel suo desiderio, lui comparve dal buio di un vicolo stretto afferrandola per un braccio e guardandola, dritto negli occhi come per accertarsi che la vita non li avesse ancora abbandonati.
 
-G-genesis…? – bofonchiò, scrutandolo nella sua “divisa”
 
Lui aveva il viso rosso, gli occhi lucidi ed il fiatone.
 
-Devi andartene da qui! – le disse, trascinandola via esagitato
-Aspetta! – lo bloccò quindi lei, ripresasi dalla sorpresa e decisa a parlargli di ciò che aveva scoperto
 
I loro sguardi s’incrociarono. Lui sembrava ancora quel bambino, testardo e disperato mentre la teneva per mano. Anche se, in fondo a quello sguardo, il ragazzo che la amava la stava supplicando.
Lei lo fissò, angosciata, intuendo che forse qualcosa in quella vita che le aveva tenuto nascosta era rovinosamente andata distorto, ed ora rischiava di compromettere tutto.
Gli occhi le si riempirono di lacrime
 
-Perché? – chiese, stringendogli la mano
 
Lo sentì tremare, forte.
Ivan aprì la bocca per rispondere, ma all’improvviso uno sparo squarciò il silenzio della notte, allargandosi nell’aria. Con rapidità Genesis le si parò davanti, afferrandole le braccia e schiacciando il corpo contro il suo. Gli occhi si sgranarono, la bocca si spalancò in un’espressione di sorpresa mentre ancora la guardava. Altre due pallottole si conficcarono nella sua schiena, e lui cadde a terra tra le sue braccia, il soprabito rosso macchiato di sangue.
Minerva urlò mentre gli si accasciava tra le braccia. Lo trattenne da una rovinosa caduta, ritrovandosi a terra in ginocchio col suo corpo tra le braccia, la sua chioma rossa, fluente e morbida tra le mani, e il suo petto forte e scolpito sopra il cuore.
 
-IVAN! IVAN, TI PREGO! – si piegò su di lui, singhiozzando disperata mentre uno stridio di gomme e il rombo dei motori di due moto ruppero di nuovo il silenzio intorno a loro
 
Ma lei sembrò quasi non udirli.
-Genesis … – gemette tra le lacrime – per favore …no. -
 
Il ragazzo sorrise, riaprì gli occhi.
Luminosi, come non lo erano mai più stati dalla morte dei suoi cari. Ma anche tristi, perché avrebbero dovuto lasciarla.
Alzò una mano verso il suo viso delicato, che già scompariva, pian piano divorato dal nero della morte che rapido si espandeva. Le carezzò una guancia, morbida e fresca, scostandole delicato una ciocca di capelli biondi dal viso
 
-Sorridi … - mormorò
 
Lei scosse il capo, il viso deformato dal dolore
“Perché l’hai fatto?” avrebbe voluto chiedergli, ma sapeva che sarebbe stato inutile.
Sorrise, come gli aveva chiesto lui, ma proprio allora la mano dell’uomo ricadde a terra, e il sorriso scomparve di nuovo dal suo viso, lasciandola solo in lacrime. Amare lacrime di dolore.
 
-Ti amo … - mormorò Genesis, prima che l’immagine della sua Minerva si perdesse per sempre nei suoi occhi.
 
Contento che, almeno per una volta, le parche avessero accettato quel silente sacrificio, in cambio della vita della sua dea.

 
 
“ … To spare over the sies, the skies. I ofter thee this silent sacrifice. “
 
Loveless – Act V –



 






 
NDA: Buon pomeriggio a tutti, allora.
Tempo fa, all'epoca del mio esordio su EFP, mentre scrivevo la fan fiction su Genesis mi è venuta in mente questa breve cosa flufflosa drammatica su Gen e la sua dea, un pò strana ma comunque intrigante. Così la scrissi e la pubblica. Partecipò anche ad un contest sul forum arrivando (se non ricordo male) quinta, sesta o giù di li.
Poi successe quello che successe, e la rimossi assieme a tutte le altre fic che avevo scritto su final fantasy 7. Per fortuna però, l'avevo stampata =D
Stamane, girovagando tra le mie cose per fare un pò di pulizia, ho ritrovato il foglio su cui l'avevo stampata, l'ho letta ed ahimè me ne sono reinnamorata. Ovviamente ho dovuto editarla perchè faceva un tantinello pena così com'era, tutta sgrammaticata, ma l'ispirazione è rimasta quella della me stessa tredicenne, pazza sclerotica quindi. XD
A me piace, comunque, ricordo che fu un sogno che avevo fatto dopo aver visto parecchi film polizieschi del genere di Hong Kong (E si vede, oserei dire XD). Ve la lascio senza troppe pretese, sarò lieta di rispondere a vostri eventuali commenti e vi anticipo sin da subito che sarò contentissima se dopo averla letta avrà scaturito in voi anche un briciolo di curiosità, piacevolezza, tristezza, amore e passione per i due personaggi su menzionati.
Bene, ora torno ad occuparmi delle long. A presto, baci baci :* ;)

Sarah
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Red_Coat