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Autore: Choi Yume    10/09/2016    1 recensioni
Ci sono parte di noi stessi che non è facile mostrare a gli altri, parti segrete che teniamo solo per noi. c'è chi si tiene dentro la solitudine, chi il senso di colpa, chi un amore troppo prezioso per essere capito dal mondo...
ma quanto riusciamo a sopportare prima di mostrare quella parte segreta di noi stessi che pesa sulle nostre spalle?
[MyungJong][WooGyu appena accennata]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L/Kim Myungsoo, Lee Sungjong, Nam Woohyun
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Le sette del mattino, la sveglia che suona, un nuovo giorno di scuola, in una scuola nuova, l’ennesima. Ormai ci aveva fatto l’abitudine a quel continuo trasferirsi da una città all’altra, non era più un problema per lui. Aveva imparato a non farsi coinvolgere troppo da tutta la situazione da drama scolastico che trovava in alcune scuole, cercava di farsi notare il meno possibile, tanto si sarebbero trasferiti ancora una volta e tutti si sarebbero dimenticati di nuovo di lui.
Mugolò stanco cercando a tentoni la sveglia sul comodino, alcuni ciuffi di capelli rossi spuntavano oltre il piumone di un azzurro delicato, spense la sveglia con un gesto secco. “Su Sungjong, puoi farcela” mormorò contro il cuscino prima di scoprirsi lasciando che i piedi toccassero il pavimento freddo. Si guardò pigramente attorno con le palpebre ancora attaccate dal sonno, non aveva ancora disfatto gli scatoloni, tanto tra qualche mese partiremo di nuovo, pensava ogni volta che sua madre gli chiedeva di farlo, ma non lo diceva mai, non esternava mai quella voglia di stabilità che si attanagliava sul fondo del suo animo, in fondo neanche i suoi genitori avrebbero voluto trasferirsi così spesso, ma il lavoro è lavoro, un giorno toccherà anche a me, si diceva ingoiando quella voglia di urlare che lo coglieva di tanto in tanto.
Si preparò velocemente per la scuola, quella mattina l’avrebbe accompagnato suo padre in macchina, lui non conosceva ancora la strada, in realtà non sapeva neanche che scuola avrebbe frequentato, aveva lasciato fare tutto ai suoi genitori, non gli importava più sapere certe cose.
Salutò suo padre con un sorriso prima di chiudere la portiera dell’auto mentre si ripeteva mentalmente la strada che avevano fatto nel tentativo di memorizzarla per i giorni a successivi.
Si diresse subito in segreteria, ormai quelli per lui erano gesti automatici, sapeva benissimo cosa dire e cosa fare. In segreteria lo accolse, in realtà alzò appena lo sguardo per poi tornare a ignorarlo, una donna grassottella forse un po’ troppo truccata e con degli occhiali da vista che le scivolavano sul naso. “Sono un nuovo studente” disse ricevendo per la prima volta vera attenzione da quella donna “Nome?” gli chiese.
“Lee Sungjong” disse sistemando nervosamente i lacci del suo zaino. La donna annuì premendo qualche tasto sulla tastiera del suo pc per poi consegnargli un foglio con sezione, classe e orario di lezione.
Sungjong guardò distrattamente il foglio “Non c’è scritto il piano” disse piatto.
La donna roteò gli occhi poi guardò alle sue spalle “Ti accompagnerà lui” disse riferendosi all’ignaro ragazzo alle sue spalle che era appena entrato in segreteria probabilmente per consegnare qualche modulo.
“Cosa?” disse per l’appunto il ragazzo in questione guardandosi attorno come spaesato.
“Il ragazzo nuovo, accompagnalo in classe” disse la donna.
“In realtà io ero venuto solo a consegnare i...”.
“Sì poggiali qui e accompagna il ragazzino in classe” disse apatica indicando con un cenno del capo la scrivania accanto alla sua.
Il ragazzo sospirò rassegnato e fece come gli era stato detto. Sungjong si prese il suo tempo per osservarlo, non era molto alto, i capelli erano color cioccolato e aveva l’aria di uno che lì a scuola si trovava per caso; gli era sembrato un tipo sicuro di sé dalle sue movenze eppure c’erano dei piccoli gesti che gli facevano intendere il contrario, forse lui non se ne rendeva neppure conto, però accelerava automaticamente il passo quando si trovava nelle vicinanze di qualche gruppo di persone che bisbigliava.
“Comunque io sono Nam Woohyun” disse il ragazzo continuando a camminare davanti a lui.
“Lee Sungjong” disse con una punta d’imbarazzo nella voce, era la prima volta che qualcuno lo accompagnava in classe e questo lo faceva sentire un po’ come se fosse un bambino dell’asilo accompagnato per mano da sua madre nella nuova scuola dove avrebbe dovuto relazionarsi con altri bambini urlanti.
“So che non è facile essere al primo anno in una scuola nuova, insomma anch’io ci sono passato, poi ti farai degli amici e tutto sarà più facile, arriverai all’ultimo anno sentendoti quasi ridicolo per esserti sentito così in imbarazzo” rise, strano, pensò il ragazzo, sembra quasi che sia lui quello ad essere a disagio.
“Quindi tu sei dell’ultimo anno hyung?” chiese giusto per essere cortese, certo non era sua intenzione farsi degli amici, ma neanche dei nemici, voleva essere un ombra e amore e odio erano sentimenti troppo forti che certo sarebbero sfumati nel tempo, ma Sungjong non voleva essere raccontato ai nipoti come quell’amico o quel ragazzino spocchioso con cui andava a scuola, perché è proprio questa la caratteristica dei sentimenti forti, ad un certo punto sembrano svanire poi ritornano sotto forma di ricordi, talvolta rimpianti e lui non voleva essere nessuno dei due.
“Sì, ho quasi finito di sgobbare in questa scuola di merda” disse guardando in basso. A quel gesto il ragazzo dai capelli rossi aggrottò le sopracciglia, nascondeva sicuramente qualcosa e si ritrovò a pregare di non essere finito in una scuola dove perseguitano i nuovi arrivati, ma non chiese nulla, non osò farlo, così continuò a camminare in silenzio fissando i bottoni sulla giacca della divisa.
“Questa è la tua classe” disse inchiodando all’improvviso nel bel mezzo del corridoio.
Sungjong voltò il capo fissando la porta della classe “Uhm... grazie” mormorò a disagio facendo un piccolo inchino.
Il più grande sospirò “Se hai bisogno io sono esattamente un piano qui sopra” disse probabilmente sentendosi in dovere di farlo.
Il più piccolo fece un inchino in segno di gratitudine “Grazie hyung”.
 
Così iniziò il solito rituale che iniziava in ogni scuola nuova, presentazioni, tutti gli occhi su di sé e il banco vuoto meno in vista della classe, tutto come di norma, si era scelto un bellissimo banco in ultima fila attaccato al muro, nessuno l’avrebbe mai notato lì; ma fu proprio in quel momento che accadde qualcosa di inaspettato, dalla porta entrò uno studente, teneva lo sguardo basso, semi nascosto a causa della frangia nera che gli copriva appena gli occhi, la pelle candida in contrasto con il labbro rosa che si stava mordendo convulsamente, le spalle curve e un’aura scura che lo circondava.
“Non aspettavamo più il suo arrivo” commentò acido il professore vedendolo entrare, ma il ragazzo non fiatò si limitò a fare un breve inchino per poi dirigersi pericolosamente nella direzione dove il ragazzino con i capelli rossi lo stava fissando.
Quando si trovarono faccia a faccia il ragazzo con i capelli neri lo fissò per qualche istante battendo un paio di volte le palpebre sorpreso “Questo è il mio posto” disse poi piatto.
Il ragazzino boccheggiò un paio di volte perso in quei buchi neri pieni di nulla che erano gli occhi di quel ragazzo di cui non conosceva il nome. “Scu-scusa” disse poi affrettandosi a recuperare quelle poche cose che aveva poggiato sulla superficie liscia del banco prima che lui arrivasse.
“Non importa” disse il ragazzo in piedi guardandosi distrattamente attorno, tutti avevano lo sguardo fisso su di loro. “Ma domani cercati un altro posto”. Il suo tono non era minaccioso eppure c’era qualcosa che lo spaventava nella sua voce, era vuota come i suoi occhi.
Non fece neanche in tempo a mormorare un sì che il moro si era già trovato un’altra sistemazione.
“Benissimo ora che anche il signor Kim Myungsoo ci ha degnati della sua presenza possiamo iniziare la lezione”.
Kim Myungsoo, Sungjong lo ripeté un paio di volte nella sua mente mentre lo guardava di soppiatto alzando lo sguardo oltre la barriera che si era auto-costruito con il libro di letteratura. Il moro sembrava non considerare neanche la sua esistenza concentrato sulla lettura, non sembrava uno di quei bulli che iniziano ad odiarti così dal nulla, per un gesto insulso quale sederti involontariamente in quello che lui considerava il suo posto e questo fece sentire un po’ più sicuro eppure la sua figura lo opprimeva e lo attirava allo stesso tempo, sì senza dubbio la sua figura era alla pari di un buco nero, scuro, profondo che attira in qualche modo gli altri, ma nessuno tranne lui sembravano prestargli attenzione forse troppo concentrati sulla figura del nuovo arrivato da lui stesso rappresentata.
A SungJong piaceva osservare le persone, i loro capelli, i loro occhi, le loro labbra, le loro gole, le loro spalle, le loro mani, le loro gambe, i loro piedi. Era convinto di poter comprendere una persona semplicemente guardando queste cose; il corpo parla più di quanto le persone vorrebbero, ad esempio prima aveva notato che Woohyun si sfregava il polpastrello del pollice contro le unghie della stessa mano mentre parlava segno che era a disagio, aveva notato che il professore teneva le spalle curve e aveva un passo pesante segno di frustrazione nei confronti di se stesso. Aveva preso a osservare anche Myungsoo e l’unica cosa che aveva visto era vuoto, vuoto nei suoi occhi, nel modo lento di muoversi quando arrivò il momento della fine delle lezioni come se nulla lo portasse a desiderare di essere lontano da quel posto che molti odiavano, ma il fatto che fosse arrivato in ritardo stava a significare che non c’era nulla che lo spingesse lì, ancora vuoto, solo un grosso e opprimente vuoto.
Fu tra gli ultimi a uscire dalla classe dentro c’era rimasto solo il moro che guardava il cielo grigio fuori dalla finestra, il rosso si voltò un attimo prima di uscire, lo guardò un minuto buono, ma l’altro sembrava essere assente così si chiuse la porta alle spalle e uscì dall’edificio insieme a tutti gli altri. Cercò un posto abbastanza isolato per stare tranquillo nel cortile mentre aspettava che l’auto dei suoi lo riportasse tra le mura di quella casa estranea, che non sentiva sua. Guardò la massa di studenti che tornava a casa in piccoli gruppetti che chiacchierava amabilmente, distinse anche la figura di Woohyun che si muoveva veloce, il più lontano possibile da lì, lui lo odiava davvero quel posto e lo aveva capito da come si muoveva “Hyung” disse senza neanche riflettere, ma il ragazzo non si voltò. Il rosso si alzò dalla panchina di pietra dove era seduto “Woohyun hyung” disse raggiungendolo . “Non parlarmi se tutti ti guardano Sungjong-ah” disse piano quasi ringhiando.
Il ragazzino sbattè un paio di volte le palpebre lievemente sorpreso, non si aspettava quel genere di reazione dal maggiore, gli era sembrato una persona affabile, imbarazzo permettendo, ma quello è relativamente normale quando s’incontra una persona nuova. “Scu-Scusa” mormorò abbassando il capo e Woohyun si morse il labbro afferrandolo per un braccio trascinandolo lontano dalle altre persone che li guardavano. “Sungjong-ah, scusa non volevo trattarti male, ma” il ragazzo deglutì come se non sapesse esattamente come continuare “Ma tu sei nuovo ed è meglio che non ti faccia vedere in giro con me” disse con lo sguardo basso e rancoroso.
Il rosso annuì “Ok come vuoi tu” disse incerto, la realtà era che neanche lui sapeva perché si era avvicinato all’altro quando lo aveva visto tra la folla. In quella scuola sembrava tutto diverso, si respirava un’aria diversa dalle altre scuole e lui lo aveva avvertito chiaramente o forse si era semplicemente lasciato trasportare, forse gli era sembrato confortante l’atteggiamento dell’altro all’inizio della giornata, forse era semplicemente incuriosito dalla figura dell’altro così come lo era da quella di... “Volevo solo farti una domanda” mormorò facendo alzare lo sguardo dell’altro che lo guardò quasi spaventato. “D-Dimmi” soffiò mentre in suo labbro inferiore tremava un po’ in un lato, paura. “Conosci un certo Kim Myungsoo?” chiese a quel punto il ragazzino.
I tratti del maggiore che fino a qualche secondo prima erano rigidi parvero rilassarsi tutti insieme “Certo, e chi non lo conosce in questa scuola” aveva detto in un sospiro.
Sul viso del ragazzino si stampò la confusione più totale, voleva sapere. Perché lo conoscevano tutti? Perché gli sembrava così vuoto?
Woohyun si umettò velocemente le labbra “Immagino tu voglia sapere il perché” aveva detto alzando gli occhi al cielo “Beh l’anno scorso c’era questo ragazzo straordinario al primo anno, un genio, aveva tutti voti ottimi, era la stella del club di fotografia, popolare tra le ragazze e persino tra i ragazzi, poi un giorno i suoi genitori ebbero un incidente d’auto, morti entrambi; da quello che si sa erano l’unica famiglia del ragazzo che da quel giorno non è più stato lo stesso. La sua media calò drasticamente, lasciò il club di fotografia e smise di venire a scuola per lungo tempo per questo fu bocciato e ora ripete il primo anno” spiegò “Ecco quel ragazzo è Kim Myungsoo e questo è tutto quello che so di lui” disse stringendosi appena nelle spalle chiudendo gli occhi come se provasse pena per lui.
In quel momento Sungjong capì molte cose, capì cos’era quel vuoto spaventoso che vedeva nei suoi occhi era il vuoto che prova dentro chi è rimasto solo al mondo. Provò una forte sensazione di amarezza alla bocca dello stomaco, provò forse pietà, ma anche dolore, semplicemente era troppo empatico “E ora dove vive? Non ha dei parenti lontani? Degli amici? Qualcosa”.
Woohyun scosse la testa “Non lo so, so per certo che qui non ha amici, dopo il primo periodo in cui gli sono stati tutti vicini molti si sono allontanati, gli altri li ha allontanati lui stesso, probabilmente voleva stare solo col suo dolore, davvero non so altro”.
Il ragazzino annuì cercando di tenere a freno la sua curiosità “Grazie hyung”.
“E smettila di chiamarmi  hyung e di parlarmi in pubblico... lo dico per te” disse per poi allontanarsi.
Sungjong chiuse gli occhi gonfiando le guance; certo, si era trovato in alcune scuole che rasentavano una trama perfetta per un nuovo drama, ma lì sembrava che tutti nascondessero qualcosa di brutto e quel suo compagno ne era la prova, il primo giorno e quella scuola già non gli piaceva. Sentì la voce del padre chiamarlo dall’auto ferma fuori dalla cancellata del cortile scolastico e si affrettò a raggiungerlo.
Poi proprio non  riusciva a capire perché quel ragazzo lo incuriosse tanto, non l’aveva mai fatto prima, non si era mai interessato a qualcuno che sì e no gli aveva detto dieci parole, non si era interessato a chi davvero sembrava pronto a fare uno sforzo per lui, per farlo integrare, perché allora lui sembrava diverso?
Per non parlare poi di quello che doveva essere il suo hyung, la persona più bipolare che avesse mai incontrato nei suoi diciassette anni di vita, un attimo prima sembrava affabile e pronto a stringere amicizia mentre due secondi dopo ti scacciava via malamente. Gli altri, sembrava essere quello il suo problema, non voleva che qualcuno li vedesse insieme, diceva di farlo per il suo bene...era per caso stato arrestato e lui non lo sapeva? Cosa aveva da nascondere anche lui? E se gli avesse mentito su Myungsoo... no, non aveva mentito i suoi occhi parlavano chiaro, urlavano mancanza, solitudine, dolore. Eppure provava la malsana voglia di guardarli ancora, quegli occhi avevano così tanto da dire e lui voleva provare a vederci altro, ma come avrebbe fatto ad avvicinarsi di nuovo? Scosse la testa dandosi dello stupido per il solo fatto di starci pensando.
 
Si preparò ad affrontare un nuovo giorno di scuola, ormai era passata all’incirca una settimana da quando aveva iniziato a frequentare quel nuovo istituto e non aveva più visto né Woohyun né Myungsoo dal suo primo giorno, il primo perché lo evitava, il secondo perché non stava più venendo alle lezioni; aveva persino occupato regolarmente il suo posto nella speranza di vederlo arrivare in ritardo e andare verso di lui per guardarlo ancora una volta negli occhi neri, ma lui non si era presentato, vorrà farsi bocciare anche quest’anno, pensava il ragazzo mentre come ogni mattina si recava presto in classe, fuori non aveva nessuno con cui intrattenersi, tanto valeva stare seduti al caldo. Quella mattina però ebbe una grossa sorpresa, quando entrò in classe vide il ragazzo seduto all’ultimo banco in fondo contro il muro, il suo posto. Si piantò sull’uscio fissandolo stringendo uno dei lacci dello zaino sotto le dita, era lì.
Myungsoo si girò a guardarlo solo dieci minuti dopo “Buongiorno” disse piatto.
“Buongiorno” disse il rosso per poi abbassare il capo e prendere posto accanto a lui “Uhm...come mai non sei venuti a scuola per una settimana?” chiese decidendo di far finta di nulla.
“Non sono affari tuoi” disse “Tanto so che ormai ti avranno raccontato, non mi serve la pena di uno che neanche mi conosce”.
Sungjong restò per un attimo interdetto dal suo comportamento, preso in contropiede “Io... sì è vero mi hanno raccontato dei tuoi, ma non provo pena per te”.
Il più grande piantò gli occhi scuri in quelli del più piccolo che trasalì rivedendo di nuovo tutte quelle emozioni che vorticavano in essi “Ah no? Non ti fa pena questo schifoso piccolo orfano?”.
“N-No” disse tremante, non perché mentisse, erano solo quei maledetti occhi.
Il ragazzo si alzò facendo stridere la sedia contro il pavimento “Ero ad una festa, mi sentivo esaltato, il migliore in tutto, tutti volevano la mia compagnia, ero un grande, un mito, potevo fare tutto” disse camminando attorno al banco del più piccolo formando cerchi regolari. A Sungjong venne da pensare agli squali che girano intorno alla loro preda prima di azzannarla. “Mi ubriacai, mai stato così sbronzo in vita mia” iniziò a ridere, una risata triste, rideva di se stesso “Ed è divertente perché lo sappiamo entrambi, io non posso bere, sono minorenne” disse tra una risata e l’altra “Fatto sta che lo feci e i miei vennero a prendermi, non so ancora oggi chi li chiamò. Una volta caricato in macchina i miei iniziarono con la ramanzina, sai come sono i genitori no?” fece schioccare la lingua contro il palato “Erano così concentrati su di me e su quella mia cazzata che nessuno dei due si accorse di quel pullman all’incrocio e bum...” mimò lo scontro usando le mani “Si schiantò contro la parte anteriore dell’auto, io ne uscii quasi indenne, mio padre morì sul colpo e mia madre andò in coma per due settimane prima di crepare per davvero” rise ancora, per poco, una manciata di minuti poi fece sbattere le mani sul banco del più piccolo che sobbalzò “Sicuro di non provare pena per me?”.
Il ragazzino deglutì a fatica, era troppo vicino e i suoi occhi erano troppo penetranti per reggere a lungo il suo sguardo, strinse le palpebre dopo pochi secondi e scosse la testa per negare, non provava pena, non propriamente, gli dispiaceva per quello che gli era successo questo di sicuro, ma non provava pena.
“Non sei così convincente ragazzino” sibilò per poi voltarsi.
“Mi dispiace che i tuoi siano morti, ma colpevolizzarti non serve a nulla” mormorò intimorito come sempre dalla figura scura dell’altro.
“E tu che ne sai? I tuoi sono morti per caso?” disse con una nota di irritazione che trapelava dalla voce.
“No, ma mi è stato sempre insegnato che la vita va avanti, stare bloccati ci fa solo del male”. Si guardava le mani, era così agitato che gli stavano sudando.
“Bella filosofia, davvero, riparliamone quando avrai imparato che significa soffrire”. Afferrò il suo zaino e si spostò molti banchi lontano da lui.
“Io so che significa soffrire” mormorò più a se stesso che al ragazzo ripensando ad ogni volta che da bambino veniva stappato di nuovo da un luogo che aveva appena iniziato a chiamare casa, ad ogni volta che doveva dire addio agli amici e alle maestre che ogni volta gli promettevano che l’avrebbero chiamato, ma questo non accadeva mai oppure smettevano dopo poche settimane e lui restava di nuovo solo.
“Immagino” disse puramente sarcastico.
Il ragazzino avrebbe voluto ribattere, avrebbe avuto tante cose da dire, ma non fiatò, restò zitto, insicuro come sempre. Avrebbe voluto qualcuno con cui piangere, urlare e sfogarsi in momenti come quello, ma lui non aveva nessuno e anche se avesse avuto un amico in quella scuola perché aprirsi a lui quando tra qualche mese sarebbe di nuovo tornato ad essere un ombra del passato? Tutti se ne vanno allora perché dare fiducia al prossimo?
Durante l’intervallo decise di andare in cortile, non aveva voglia di pranzare in classe con tutti i suoi compagni che gli chiacchieravano attorno. Nell’uscire dall’aula passò accanto al moro... dormiva.
Si addentrò nel cortile stranamente silenzioso, d’invernò lì non c’era nessuno, solo qualche studente che era uscito a fumare, nessuno aveva il coraggio di pranzare su quelle panchine ghiacciate, beh almeno così credeva finché non lo vide “Woohyun hyung” esclamò sorpreso. “Che ci fai qui fuori con questo freddo?” chiese facendo alzare di scatto la testa al ragazzo che stava consumando il suo pasto stretto nel suo cappotto.
“Sungjong-ah” disse guardandosi poi attorno. “Potrei farti la stessa domanda” disse poi distendendosi in un sorriso.
“È che...nulla ho parlato con Myungsoo questa mattina e non è stata una bella chiacchierata e non mi andava di restare in classe. Tu?” si sedette accanto a lui guardando il suo naso arrossato a causa del freddo, doveva essere lì già da un po’.
“Io mangio sempre fuori” disse incurante.
Calò un improvviso silenzio in cui il più piccolo prese a guardare di soppiatto il ragazzo seduto accanto a lui, osservava i suoi movimenti lenti, il naso rosso, le mani pallide sulle quali si distinguevano chiaramente i capillari bluastri sotto la pelle  “Hyung perché tu hai così paura?”. A guardarlo Sungjong pensò che fosse trasalito per un instante “Cosa? A che ti riferisci?” disse l’altro sorridendo nervosamente, a guardare quella reazione il rosso pensò che stesse lentamente cedendo “Nulla, solo ti ho osservato e te ne stai sempre da solo, eviti tutti. L’altro giorno mi dicesti che Myungsoo aveva preso ad evitare gli altri per stare da solo con il suo dolore è  lo stesso anche per te?”.
Woohyun chiuse gli occhi sospirando “No, io sono andato a cercarmeli i miei casini, non voglio pentirmi di ciò che sono e molti hanno finito per odiarmi, ma non mi importa”.
“Eppure sembri così terrorizzato all’idea che ci vedano insieme perché hyung?”.
Il castano lasciò da parte i suo pranzo e lo guardò negli occhi “Perché tu un po’ mi ricordi me” aveva detto con un sorriso amaro stampato sulle labbra “Vedi, io al primo anno ho fatto un grossa cazzata” si morse il labbro “Io...sono stato beccato in una situazione molto intima con un altro ragazzo dell’ultimo anno. Degli stronzi ci fotografarono e misero la foto su internet, da quel momento sono stato preso di mira da tutti, credono di essere divertenti quando ti urlano dietro ti aspetto nei bagni o anche di peggio, loro non conoscono la verità. Ho preferito allontanarti perché non volevo pensassero che tu avessi qualcosa a che fare con la mia omosessualità e che di conseguenza prendessero di mira anche te, ma a tu non sembri neanche vederle le occhiate che mi lanciano” disse scuotendo la testa sul finale.
“Sono solo degli stupidi, non vedo cosa ci sia di male nell’essere gay”.
Woohyun rise e gli scompigliò affettuosamente i capelli del colore del fuoco “Non lo so neanche io Sungjong, io sono felice di ciò che sono, io e quel ragazzo stiamo insieme tutt’oggi, io lo amo e lui ama me, ma la loro voce, quella non la sopporto, mi irrita che tutti parlino di un errore fatto in preda all’eccitazione, avevo diciassette anni e gli ormoni a mille, ma la vita è così, fai un errore e sei fottuto a vita”.
“Non a vita hyung solo finché non esci fuori da questo liceo pieno di pregiudizi”.
“Non mi riferivo a me, io non potrei essere più fortunato, parlavo del tuo amico Myungsoo”. Il ragazzino abbassò il capo “Deve aver sofferto tanto, si da la colpa di ciò che è successo. Hyung, io vorrei fargli capire che non è così, ma non so come fare”.
“Perché ti interessa così tanto?” chiese il maggiore assumendo un espressione confusa.
“Non lo so hyung, non voglio che si senta solo” ammise, forse era perché anche lui si sentiva spesso solo e non voleva che gli altri si provassero lo stesso, si sentiva attratto dalle persone più incasinate di lui probabilmente.
“Beh quel ragazzo ha passato il tempo dopo la morte dei suoi ad allontanare chiunque gli stesse vicino, magari se gli fai vedere che nonostante lui ti scacci malamente via tu ci sei un giorno si aprirà”.
“Già, un giorno” sbuffò il ragazzino, ma loro sarebbero partiti di nuovo e tutto quello non sarebbe servito a nessuno “Ma tu come fai a sapere tante cose su di lui hyung?”.
Woohyun si alzò dalla panchina infilandosi le mani in tasca “Eravamo amici un tempo, poi ha deciso di buttare quattro anni di amicizia nel cesso” disse dandogli le spalle “Spero che a te vada meglio Sungjong-ah”.
E non sapeva dire bene il perché, ma il castano sembrava credere davvero che lui potesse rompere la solitudine di Myungsoo, come se lui fosse diverso dagli altri, lui però non ci credeva molto, non credeva che sarebbe mai riuscito a sfondare il muro che il ragazzo si era creato attorno,  magari fosse stato solo un muro, il suo era un muro circondato da un labirinto al cui esterno c’era un fossato pieno di alligatori affamati, si diceva mentre lo osservava da lontano durante le lezioni. Nell’ultimo periodo, però qualcosa in Sungjong era cambiato, saranno stati i suoi che una sera come le altre avevano detto che quella sarebbe stata la loro casa per molto tempo, sulle prime non seppe dire a se stesso come si sentiva poi Woohyun gli aveva detto che dovevano festeggiare e lui realizzò che quella che sentiva era la felicità di poter chiamare finalmente un posto casa, fatto sta che in quel momento osservava il moro con il capo sul suo banco durante la pausa pranzo, riusciva a vedere un suo occhio chiuso oltre la barriera che si era fatto con le braccia, si era addormentato come al solito. Si morse il labbro, fece un respiro profondo e si alzò afferrando uno dei panini che aveva comprato al bar della scuola. Si avvicinò al banco dell’altro e vi posò il suddetto panino sopra. Come richiamato il moro aprì le palpebre e lo guardò confuso e forse un po’ scocciato, alzò la testa dal banco e iniziò a strofinarsi un occhio con il palmo aperto della mano. “Che vuoi?” chiese burbero.
“Ho notato che non mangi mai a pranzo, non ti fa bene, ti ho comprato un panino” disse facendo spallucce.
“E chi sei tu la mia tata?” disse guardando il panino posato sul suo banco.
“No, solo non voglio che tu stia male”.
Myungsoo lo guardò per un attimo come sorpreso poi afferrò la bustina contente il panino e tornò a fissarlo per quelle che al rosso parvero ore “Prima o poi ti stancherai anche tu” disse gettando quello che doveva essere il suo pasto nel cestino alle sue spalle.
Sungjong non poté negare che quel gesto lo offese, ma ingoiò la voglia di insultarlo e prese la sua mela rossa lucida e la posò sul banco dell’altro “Se non vuoi qualcosa di salato prendi pure la mia mela, è dolce” disse forzando un sorriso.
Ma il moro si limitò a sbuffare e tornare a sonnecchiare ignorando la gentile offerta del ragazzo che fu tentato di riprendersi la mela e tornare al suo posto, ma alla fine la lasciò lì uscendo dalla classe per prendere un po’ d’aria.
Myungsoo alzò la testa dal banco pochi minuti dopo e guardò il suo riflesso nella buccia rossa della mela, storse appena il labbro e si guardò attorno, lui non c’era. Prese la mela e la addentò, aveva ragione è molto dolce rifletté sorridendo appena senza apparente motivo continuando a mangiare.
Quando Sungjong tornò in classe notò subito il torsolo della mela nel cestino e sorrise compiaciuto tra sé e sé gettando un occhiata all’altro che sfogliava un manga con fare annoiato. Myungsoo non lo ringraziò e a lui non importava, l’importante è che abbia accettato si disse sorridendogli dolcemente da lontano. Così da quel giorno iniziò a portargli una mela ogni giorno, la lasciava sul suo banco mentre lui dormiva o fingeva di farlo poi usciva dalla classe e al suo ritorno trovava il torsolo nel cestino, provò anche a lasciargli un pasto completo un giorno, ne fece preparare due a sua madre dicendole che un suo compagno di classe aveva assaggiato un po’ del suo pranzo e gli era piaciuto, sapeva che sua madre non sapeva resistere alle lusinghe quindi fu facile convincerla. Ma al suo ritorno il portapranzo era di nuovo sul suo banco con un bigliettino, un foglio strappato da un quaderno probabilmente, diceva: -L lo sai che gli shinigami mangiano solo mele?-
Il rosso aggrottò le sopracciglia e lo guardò con il suo solito manga in mano poi collegò quella frase ad un famoso anime che anche lui aveva visto qualche tempo prima...così lui avrebbe dovuto essere un dio della morte?
 
La mente di Kim Myungsoo per lui era un mistero, non riusciva a capire bene in che modo ragionasse e non riusciva a capirlo bene neanche dai suoi gesti, ogni suo movimento era lento e cadenzato, Tranquillo eppure alcuni gesti indicavano chiaramente chiusura nei confronti degli altri sembrava che qualunque cosa facesse non importasse, tutto era inutile eppure quell’attenzione, quella lentezza sembravano voler dire che tutto era importante. Certo Sungjong non poteva comprendere cosa provasse un ragazzo di quelli che ha perso tutto e forse era proprio quello che gli suscitava interesse in lui. Ci rifletteva su mentre un sabato pomeriggio qualunque camminava da solo per le vie trafficate, avrebbe dovuto incontrarsi con Woohyun dopo mezz’ora, ma quel giorno era stranamente allegro, sarà stata l’aria di fine febbraio che preannunciava l’inizio della primavera, d’altronde chi a questo mondo non è neanche un po’ meteoropatico. Certo non si poteva dire che le temperature fossero delle migliori, ma il cielo limpido senza nuvole gli metteva una strana allegria addosso.
Si sedette su una panchina nella piazza dove aveva appuntamento con il suo amico guardandosi pigramente attorno, era arrivato con largo anticipo quindi di certo non poteva biasimare il maggiore, ma lui non poteva fare altro che annoiarsi lì da solo senza alcun modo di passare il tempo, così iniziò a fare un gioco che faceva sempre da piccolo quando sua madre lo abbandonava vicino al carrello al supermercato, guardava le persone e si divertiva a cercare di indovinare che vita facessero guardando i loro vestiti.
In quel momento in piazza passarono due ragazze all’incirca della sua età, sono di certo amiche pensò osservandole camminare a braccetto, erano vestite in modo semplice e quindi pensò che non ci fosse nessun ragazzo di mezzo, erano semplicemente come lui uscite per vedere degli amici. Poi passò un uomo, cappotto elegante e cellullare all’orecchio, di sicuro era un uomo d’affari magari uno di quelli che giocano in borsa. Lo sguardo di Sungjong vagò ancora veloce tra la gente e vide due ragazzi, uno alto, con il viso dolce e l’aria spigliata, l’altro invece era completamente vestito di nero, con le spalle curve e l’aria scocciata, lo guardò bene in volto... era Myungsoo.
“Myungsoo dai non avere quell’aria scocciata ti fa bene un po’ d’aria ogni tanto” disse il ragazzo alto trascinandolo per un braccio. “Non mi andava di uscire, avevo comprato dei nuovi manga e indovina? Volevo leggerli” disse sbuffando. “E smettila di fare il nerd per una volta” disse l’altro.
“Fino a prova contraria le persone fan dei manga e degli anime si chiamano otaku e continuo ad odiarti perché mi hai trascinato fuori di casa il sabato” ringhiò il ragazzo vestito di nero.
“Un tempo non avresti sopportato di startene in casa il sabato” lo rimbeccò il ragazzo e gli occhi del moro si fecero ancora più vuoti di quanto Sungjong li ricordasse.
“Il ragazzo di un tempo non esiste più, è morto tanto tempo fa Sungyeol, fattene una ragione una buona volta” disse scostandosi bruscamente dalla presa dell’amico che a sua volta si adombrò in volto “Scusa” disse in un sospiro “Io devo comprare delle cose per la mamma...tu...”.
“Resto qui” disse brusco sedendosi quattro panchine dopo quella dove era seduto il rosso.
Il ragazzo alto lo guardò per un po’ come se fosse profondamente triste poi gli voltò le spalle per entrare nel negozio.
Sungjong lo fissò per qualche minuto indeciso se farsi notare o meno, poi ripensò alle parole di Woohyun e una strana sicurezza lo fece muovere di scatto, si alzò dalla panchina e lo raggiunse sedendosi accanto a lui “Ciao” soffiò.
Il moro gli lanciò un’occhiata veloce per poi roteare gli occhi “Che vuoi anche tu adesso?”.
“Nulla... io... ti ho visto e...chi era quel ragazzo?” chiese spinto dalla curiosità.
“Che t’importa?” disse burbero poi, però, scoppiò a ridere “Non dirmi che sei una checca come il tuo amichetto” disse continuando a ridere.
Io sono felice di ciò che sono, ma la loro voce, quella non la sopporto.
Eravamo amici un tempo, poi ha deciso di buttare quattro anni di amicizia nel cesso.
In quel momento il ragazzino collegò tutte quelle parole che gli aveva detto Woohyun in un unico concetto “Tu sei uno di quei ragazzi che tratta male Woohyun hyung” disse quasi stizzito.
“E allora? Non è forse frocio”.
“Il fatto che sia gay non cambia la persona che è” disse alzandosi in preda all’ira.
“Ora ti faccio schifo ragazzino? Ti sei accorto di chi sono davvero finalmente” disse con un sorriso inquietante stampato sul volto.
Il rosso aggrotto le sopracciglia poi pronunciò in un soffio un’unica parola “Perché?”. Il moro lo guardò forse confuso, forse compiaciuto, l’altro non si stava impegnando a comprenderlo “Perché vuoi che la gente ti odi Myungsoo? Perché allontani tutti così? Vuoi forse che ti odino quanto ti odi tu?”.
Il più grande strinse i pugni e distolse lo sguardo dalla figura esile dell’altro “Sta zitto, tu non sai un cazzo”.
“Allora è questo” disse sbarrando gli occhi “Tu vuoi che la gente ti colpevolizzi perché tutti ti hanno sempre detto che è stato solo un incidente, ma tu pensi che la colpa sia tua perché se tu non ti fossi ubriacato loro non sarebbero venuti a prenderti e di conseguenza non sarebbero morti”.
“Sta zitto” sibilò l’altro con gli occhi velati di lacrime.
“Tu non vuoi compassione, non vuoi il conforto, vuoi soffrire, vuoi una punizione che nessuno ti ha mai dato, tu vuoi essere odiato”.
“TI HO DETTO DI CHIUDERE QUELLA DANNATA BOCCA”. Il moro era scattato afferrandogli il bavero del cappotto sollevandolo appena da terra, ma l’altro sembrava essere tranquillo, ora aveva capito.
Alzò le braccia e si sistemò il suo cappello grigio di lana che contrastava con i suoi capelli tinti di quel rosso fuoco che era impossibile non notare “Tu in realtà non hai nulla contro Woohyun hyung, magari quel ragazzo con cui eri prima è anche il tuo ragazzo, ma tu vuoi che io ti odi come tutti gli altri, ma mi dispiace io non ti odio, non hai fatto nulla di male Myungsoo hyung” disse dipingendosi sul viso l’espressione più conciliante del suo repertorio.
“Tu sei solo un fottuto ragazzino, non sai nulla di me, nulla mi hai capito? Tu sei solo un bastardino qualunque che se ne va in giro da una città all’altra” disse facendo schiudere la bocca dell’altro “Credi che non ci siano in giro voci anche su di te? Povero illuso lo sappiamo tutti che tra un po’ andrai via di nuovo e potrò dire addio anche al tuo faccino compassionevole. Allora spiegami a che serve? Perché mi lasci il pranzo ? perché mi parli? Perché t’interesso tanto? Sono il tuo passatempo in questa nuova città?”.
“Io non vago da una città all’altra, resterò qui almeno fino alla fine del liceo, qui il lavoro dei miei e stabile e non sono una persona così viscida da usare le persone, tu non sei un passatempo”.
“Allora tu che diavolo vuoi da me?” disse scuotendolo “Hai la sindrome della crocerossina per caso?”.
“Sono i tuoi occhi” disse piano allungando una mano sfiorandogli appena uno zigomo “Sono così vuoti, gli occhi di chi si sente solo, forse non so bene qual è la tua solitudine, ma mi sono sentito solo anch’io e non voglio che tu ti senta più così”.
“Tu non sai com’è la mia solitudine, nessuno può saperlo” il moro lo lasciò bruscamente serrando i pugni.
“Vuoi qualcuno che ti dia la colpa. Tu vuoi solo questo. Bene allora è colpa tua Kim Myungsoo i tuoi sono morti per colpa tua, solo per colpa tua” disse non con cattiveria, ma per spronarlo ad avere un qualsiasi tipo di reazione “Tutta colpa tua e non puoi viverne, tu odi tutti perché odi te stesso e...” la frase  successiva gli rimase ancorata in gola, Myungsoo si era di nuovo avvicinato ad un palmo dal suo naso, troppo vicino per poter pensare razionalmente “E cosa ragazzino?” soffiò furente ad un palmo dalle sue labbra “So che è colpa mia, l’ho sempre saputo, vorrei farlo sapere al mondo quindi prendi pure un megafono e urla a tutti la verità” disse in un sibilo.
“A-Aspetta, io no-non avevo finito” la voce gli tremava rendendolo solo più insicuro “Allora sbrigati, dammi pure il colpo di grazia”.
“E mi p-piaci lo... lo stesso anche se sei un casino” pronunciò a fatica stringendo una mano sul giubbotto nero dell’altro e si avvicinò quel poco che bastava per far combaciare le loro labbra, il moro non si mosse, resto totalmente immobile, incredulo e come biasimarlo anche Sungjong lo era, quello era il suo primo bacio e lo stava dando ad un altro ragazzo e gli piaceva, nonostante le labbra screpolate dell’altro gli procurassero un certo fastidio gli piaceva, le sue dita andarono ad accarezzare i capelli scuri e morbidi dell’altro per qualche istante prima che si separassero. “Sarai anche un casino, ma a me piaci così, scusa se ti ho baciato” disse rosso in volto.
“N-No... cioè, non mi è dispiaciuto solo che... scusa” disse poi sbattendo le palpebre incredulo della sua stessa reazione.
“Non importa, non so nemmeno io che mi è preso” disse grattandosi la testa attraversò il tessuto del suo cappellino.
“Jjongie, cosa ci fai qui con lui” disse Woohyun dietro le sue spalle facendolo sobbalzare. Quando era arrivato?
 “N-Nulla hyung”.
“Dai andiamo via... Sunggyu ci aspetta in macchina” disse tirandolo per un braccio.
“Buona uscita frocetto, vedi non potare sulla cattiva strada anche lui, potrebbero beccarlo a farti un pompino dell’aula di musica un giorno, sai com’è no?” disse Myungsoo reggendo lo sguardo pieno d’astio dell’altro che continuava a guardarlo mentre si allontanavano.
Myungsoo non poteva far altro che pensare che Nam Woohyun fosse il suo risultato migliore, aveva finito per odiarlo sul serio, nonostante fossero stati molto amici un tempo, era bastato far leva su quello che amava per farsi odiare e sperava di riuscirci anche con quel ragazzino... Sungjong, umettò le labbra avvertendo ancora il sapore di quel bacio, così gli piaccio si ritrovò a pensare chissà cosa di trova in me quello stupido ragazzino, sorrise, proprio non riuscì a trattenersi.
“Myungsoo-ah ho finito possiamo andare” disse Sungyeol posandogli una mano sulla spalla.
“Eh?” chiese il moro scuotendo appena la testa.
“Possiamo andare a casa così tu potrai leggere i tuoi adorati manga” disse l’altro roteando appena gli occhi.
Il ragazzo annuì e guardando il punto dove si erano allontanati quei due per poi tornare con le mani nelle tasche del giubbotto e dirigersi verso casa.
Durante il tragitto non ascoltò minimamente le chiacchiere allegre del suo migliore amico, totalmente concentrato su altro, su quel ragazzino dai capelli di fuoco, si chiedeva il perché e cercava di darsi da solo delle risposte, ma non poteva sapere che neanche Sungjong sapeva perché lo aveva fatto, si era lasciato guidare dell’istinto, aveva fatto e detto ciò che voleva dire senza rifletterci sopra, si potrebbe benissimo dire che neanche lui aveva realizzato cosa provasse prima di baciarlo eppure se ci ripensava adesso era stata una sensazione così forte da fargli contorcere lo stomaco. Ci rifletteva mentre stava in macchina con Woohyun e Sunggyu, a quella strana sensazione che aveva avvertito, avrebbe voluto chiederlo ai suoi amici che cos’era, ma non poteva, sapeva del risentimento che almeno uno dei due provava nei confronti di Myungsoo, Sunggyu sembrava essere superiore alle provocazioni del ragazzo, lui dimostrava una tranquillità quasi fuori dal normale, Sungjong non credeva che sarebbe stato capace essere così calmo mentre il suo ragazzo era così esasperato dalla sua situazione scolastica; chissà come avrebbero reagito se lui e il moro avessero preso a frequentarsi… scosse subito la testa. Questo non sarebbe mai potuto succedere, pensò tra sé e sé, imbarazzato.
 
Myungsoo alla fine aveva deciso che era totalmente inutile continuare a scervellarsi, a chiedersi il perché delle cose, in passato lo aveva fatto anche fin troppo spesso e non l’aveva mai portato a nulla così quando Sungyeol piombò con poca grazia in camera sua per farlo alzare dal letto e andare a scuola insieme si era semplicemente alzato grattandosi la testa percorrendo a ritmo di sbadigli il tragitto tra la sua camera e il bagno.
Sungyeol era il suo migliore amico da sempre e quando dice da sempre intende davvero che lo conosce da quando ne ha memoria, i genitori di quel ragazzo altissimo erano amici dei suoi e si erano subito offerti di adottarlo quando i coniugi Kim vennero a mancare. Lui ovviamente non poteva rifiutare essendo minorenne e ad essere completamente sinceri non è che l’idea di stare in una casa famiglia lo allettasse poi tanto, così si era ritrovato a vivere in quella casa con il suo migliore amico, che per quanto lui si mostrasse freddo, scostante, maleducato e cattivo nei suoi confronti non era proprio riuscito a scacciare, Sungyeol era ancora lì con la sua irritante allegria, le sue risate isteriche e le sue esplosioni di vita e di isteria; Myungsoo non glielo avrebbe mai detto né tantomeno l’avrebbe mai ammesso a se stesso, ma gli era grato per tutto quello che sia lui e i suoi genitori facevano per lui, non sarebbe mai stato davvero in grado di ringraziarli, bloccato anche da quel macigno oscuro che si portava sulle spalle, quello che nessuno riusciva mai realmente a vedere, o almeno nessuno fino a qualche tempo prima.
 
Quando mise piede in classe Sungjong lo guardò tra il terrorizzato e il completamente affascinato cosa che non passò inosservata al moro che gli lanciò una delle sue occhiate raggelanti che però ebbe come risultato quello di infiammare il volto del ragazzino che assunse la stessa tonalità dei suoi capelli e abbassò subito il capo osservando il suo banco parandosi ai lati con gli avambracci come se avesse subito una specie di attacco e stesse cercando di difendersi ergendo una muraglia. Myungsoo gli passò incurante accanto, aveva spudoratamente deciso di far finta di nulla; ma Sungjong era una di quelle persona che dicono “Tanto non mi importa” o anche “Meglio di no” oppure “Non mi interessa” che però in realtà volevano significare  “Ovvio che mi importa” o anche “Sì, ma non lo dirò finché non vieni qui e mi preghi” oppure “IO DEVO SAPERE”, solo che aveva paura così passò l’intera giornata seduto al suo banco lanciando fugaci occhiate a Myungsoo sperando di essere visto, ma allo stesso tempo pregando di essere invisibile ai suoi occhi.
 
Quando suonò la campanella che annunciava l’intervallo il rosso si affrettò a gettare tutte le sue cose nella cartella e a prendere al loro posto il suo pranzo e la solita mela rossa che però restò lì a fissare per cinque minuti abbondanti. Gliela porto? No non posso, non dopo sabato; ma lui sembra far finta di nulla allora perché no? E se mi fermasse? E se mi schernisse? E se mi bacia… Sungjong scosse la testa intenzionato a smetterla con i dubbi.
Si alzò con finta naturalezza facendo stridere la sedia contro il pavimento con il suo pranzo sottobraccio e la mela stretta nella mano destra. Passò accanto al banco del moro e vi posò la mela sopra mentre lui, come al solito, faceva finta di dormire e gli urtò il braccio senza volerlo (o forse sì), ma lui non si mosse così il minore proseguì per la sua strada andando a pranzare in cortile con Woohyun.
Myungsoo aspettò che tutti fossero usciti dalla classe o che comunque fossero troppo impegnati a fare qualcosa come vivere le proprie vite e che quindi non badassero a lui e alzò il capo dal banco afferrando la mela rossa lasciata come ogni volta sul suo banco. Tenta di comportarsi naturalmente pensò osservando il suo riflesso nella buccia lucida ma non ci riesce un granché bene. Poi affondò i denti nella polpa chiara della mela facendola scricchiolare appena in bocca.
 
Woohyun si era accorto che c’era qualcosa nel suo amico che non andava, non parlava molto, cioè non che di solito le sue chiacchiere di solito dessero poi molto spazio alle parole del minore, ma in quella giornata sembrava più assente del solito.
“Jongie tutto ok?” disse ad un certo punto facendo uscire un mugolio di confusione dalle labbra del più piccolo. “Sì hyung, tutto normale” disse torturando il suo pranzo con le bacchette. “Perché il tuo tono mi sa di menzogna totale?” disse sorridendo, l’aveva preso proprio in simpatia quel ragazzino. “No davvero tutto ok…solo…”.
“Solo?” insistette il castano inarcando le sopracciglia come per spronarlo a continuare.
Sungjong sospirò guardando il suo stesso alito formare piccole nuvolette davanti ai suoi occhi “Hyung tu sei gay” proruppe poi convinto girandosi a guardarlo e a Woohyun venne da ridere per l’espressione che aveva in volto, era così seria eppure così buffa. “Te ne sei accorto ora? Credevo di avertelo detto un po’ di tempo fa” ridacchiò. “Sì, cioè…No. Non è questo il punto” disse arrossendo all’improvviso “Tu…Tu come ti sei accorto di beh…essere omosessuale?”.
Il maggiore sbatté un paio di volte le palpebre sorpreso dalla sua domanda, ma rispose lo stesso “Non c’è stato un momento preciso forse quando per scommessa baciai un ragazzino del primo anno alle medie e non mi è dispiaciuto, ma diciamo che le ragazze non mi erano mai interessate più di tanto” ammise facendo spallucce. “Ma come mai queste domande?”.
Il ragazzo dai capelli ramati boccheggiò un paio di volte non sapendo come rispondere; non poteva dirgli quello che era successo qualche giorno prima, né tantomeno poteva dirgli di aver baciato un ipotetico qualcuno, gli avrebbe fatto troppe domande anche se gli avesse semplicemente detto che gli piaceva qualcuno. “Nulla, curiosità”.
“Jongie, sai che puoi dirmi tutto vero?”.
“Sì, lo so” mugugnò il più piccolo stringendo le dita sulla vaschetta che conteneva il suo pranzo.
“E allora perché mi stai mentendo?”.
“Non sto mentendo” disse enfatizzando troppo per essere credibile.
“Ma non mi stai dicendo cosa c’è che non va, è lampante Sungjong. C’entra per caso quello schifoso di Myungsoo?”.
Sungjong chiuse in un gesto stizzito il suo portapranzo e gettò nervosamente l’aria dalle narici “Myungsoo non c’entra, non mi va di parlarne e basta hyung” disse per poi alzarsi e tornare in classe, non aveva mangiato neanche un po’ del suo pranzo.
 
Tornò in classe che non c’era davvero anima viva; beh. tranne il moro che sonnecchiava sul banco con il torsolo della sua mela lasciato su un angolo del banco. Il rosso si avvicinò al banco dell’altro intenzionato a gettare via quel torsolo, era sempre stato un maniaco dell’ordine e della pulizia, non gli piaceva vedere immondizia in giro così prese quello che restava di quella mela per il picciolo storcendo il naso intenzionato a buttarlo quando una mano forte si strinse attorno al suo avambraccio. “Cosa stai facendo?” domandò con voce roca l’altro.
“Butto l’immondizia che non si dovrebbe lasciare in giro così” disse senza neanche pensarci.
“Se l’ho fatto ci sarà stato un motivo” disse poi regalandogli uno strano ghigno, forse aveva dimenticato come si faceva a sorridere.
Era vero, il ragazzino non ci aveva pensato perché gli avrebbe fatto trovare quel torsolo sul banco, sarebbe stata la prova che lui…arrossì di botto mentre l’altro ridacchiava dietro al suo gomito.
“L’hai…L’hai mangiata” borbottò Sungjong.
“Ci sei arrivato alla fine” disse l’altro piatto.
“Lo notavo anche prima, non c’era bisogno che lasciassi il torsolo così in bella mostra”.
“Non aspettavi forse un qualsiasi tipo di segno da questa mattina?” disse svogliato senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Ancora una volta il più piccolo si ritrovò ad arrossire furiosamente “C-Cosa?”.
“Ho notato i tuoi sguardi. E arrossisci anche proprio come una ragazzina” lo schernì.
“Non sono una ragazzina” disse offeso.
“Lo sembri” disse l’altro proseguendo con il suo solito tono annoiato.
“Dirmi grazie a voce sarebbe stato più carino” disse lanciando il torsolo nel cestino, aveva preferito evitare le sue provocazioni perché era proprio quello che voleva l’altro, che lui si arrabbiasse.
“Chi ti ha detto che era un ringraziamento?” atono.
“Hai detto tu che volevi darmi un segnale” disse facendo spallucce.
“E lo hai preso come un segnale positivo?”.
“Certo” disse sorridendogli “Vuol dire che apprezzi le mele che ti lascio ogni giorno”.
Myungsoo si voltò per un attimo a guardarlo poi si voltò dall’altra parte con uno sbuffo “Non ti odio è inutile che tu ci provi in tutti i modi io continuerò a non odiarti” sorrise cordiale il più piccolo nonostante fosse davvero irritato per il fatto che l’avesse chiamato ragazzina.
“Non cercavo di farmi odiare” disse in un mormorio soffocato dai suoi stessi avambracci.
“Ah no?” esclamò confuso il ragazzino.
“No” asserì nuovamente il moro “Se avessi voluto farmi odiare avrei detto a tutta la scuola che sei gay” disse con tono piatto senza guardarlo mai davvero.
“Non sono gay” quasi strillò l’altro in evidente disagio.
“Mi hai baciato e mi hai detto che ti piaccio, tu sei decisamente gay” disse il ragazzo regalandogli la prima occhiata confusa, in qualche modo il suo atteggiamento lo aveva stupito e questo stupore traspariva sul suo viso, il viso di chi sembrava aver perso le emozioni.
“N-No...cioè io non...” balbettò il ragazzino senza sapere realmente cosa dire.
“Stai cercando di dirmi che...” ma la sua frase venne bloccata dal suono della campanella che annunciava la fine della pausa pranzo.
 
Alla fine delle lezione il rosso iniziò a gettare alla rinfusa le sue cose nello zaino, voleva correre via, voleva sparire, essere inghiottito dal pavimento in quello stesso istante e per la prima volta da quando era arrivato in quella città non voleva assolutamente incrociare lo sguardo oscuro di Kim Myungsoo.
Quello che però il rosso non poteva sapere era che da quando era arrivato qualcosa era cambiato, qualche equilibrio si era spezzato e qualcun’altro si era formato, la sua presenza aveva cambiato quelli con cui era entrato in contatto, ora il sorriso di Woohyun non era più teso, Sunggyu parlava un po’ di più e persino Myungsoo sembrava meno solo. Infatti questi bloccò per un braccio il più piccolo fermando la sua fuga improvvisata facendogli raggelare il sangue nelle vene. Non disse una parola, non si mosse, non lo guardò era come paralizzato sul posto, davanti al suo banco, quello che aveva rubato a Myungsoo il primo giorno di scuola e lo sguardo fisso alla lavagna verde ricoperta da polvere di gesso; avvertiva il calore della mano di Myungsoo sul suo braccio poteva sentire l’odore dei suoi capelli neri come la pece, neanche lui lo stava guardando e probabilmente si stava già pentendo di quel suo gesto.
“Sono stato il tuo primo bacio Lee Sungjong?” pronunciò piano quando la loro classe era ormai deserta; nessuno aveva fatto caso a loro due che vivevano ai margini di quella micro-società.
Era quella la domanda che Sungjong temeva, quella che prima era riuscito a evitare per un pelo, ma che ora si ritrovava a doverla affrontare senza vie di fuga. “Non ho avuto molto tempo per i baci prima di trasferirmi qui” disse piano chinando la testa guardando il suo zaino.
“E hai deciso di sperimentare proprio con me?” chiese il moro voltando la testa guardandolo per la prima volta, sembrava quasi che ci fosse del dolore nelle sue parole.
Il ragazzo con i capelli del colore del fuoco non rispose mordendosi il labbro pieno con gli incisivi “Non so cosa mi sia preso...”. Non osava nemmeno alzare lo sguardo verso di lui.
“Hai detto che ti piaccio Sungjong... mi hai dato la potenziale arma per distruggerti e la tua unica risposta è non so cosa mi sia preso? Sul serio?”. Sembrava quasi arrabbiato Kim Myungsoo, il più piccolo non  lo aveva mai visto mostrare tali emozioni.
Sungjong si strinse nelle spalle quasi per riparasi dagli attacchi del moro “Non so perché l’ho fatto, sentivo di farlo e di certo motivare ciò che ho fatto non ti dissuaderà dal distruggermi”. A quelle parole il maggiore lasciò scivolare la mano che teneva bloccato il braccio dell’altro “Vero...se avessi voluto distruggerti l’avrei già fatto”.
“Ma non lo farai...era quello che cercavi di dirmi con la mela, non c’entra la gratitudine e tutto il resto, tu volevi farmi sapere che non mi distruggerai” disse piano senza guardarlo “Ho ragione?”. E finalmente trovò il coraggio di voltarsi verso di lui che lo guardava con quei suoi occhi scuri e profondi che sembravano vacillare “Un gesto inconscio il tuo suppongo” disse sbuffando un sorriso mal celato, ora non aveva più paura ora aveva capito che aveva fatto una breccia nello spesso muro che circondava il cuore di Myungsoo, una crepa dalla quale iniziavano a trapelare le sue emozioni.
“Cosa ti ha spinto a baciarmi?” insistette ignorando il discorso del più piccolo.
“Mi sono lasciato guidare dall’istinto te l’ho detto” disse ancora il più piccolo.
“Quindi tu baci qualcuno così dal nulla perchè ti fai guidare dall’istinto?” quasi urlò il maggiore facendo tremare appena il più piccolo. “Sai quanto sia stupido questo?” urlò ancora “Se io ora ti baciassi e ti lasciassi di sasso per poi coprirmi con la scusa dell’istinto come reagiresti tu eh?” urlò ancora facendo boccheggiare qualcosa al più piccolo, gli sembrava che le emozioni del più grande stessero uscendo tutte insieme e lo stessero travolgendo come un fiume in piena non sapeva cosa fare così rimase immobile anche quando il moro gli prese il viso tra le mani e lo baciò con veemenza.
“Allora dimmi com’è che ci si sente?” disse pulendosi la bocca con la manica della giacca della divisa. Il più piccolo non rispose semplicemente si limitò ad osservarlo con lentezza, come piaceva fare a lui vide che il suo sguardo non era arrabbiato come il tono che stava usando, sembravano gli occhi di un cerbiatto che sta per essere investito: spaventati e disorientati ed era quasi certo di avere lo stesso sguardo. Fu quella somiglianza tra i loro sguardi che gli fece assumere la consapevolezza dell’impatto a lui Myungsoo era piaciuto dal primo sguardo e quel sentimento faceva paura e li disorientava, entrambi.
Il più piccolo deglutì “Mi è piaciuto” soffiò solamente guardandolo negli occhi e gli occhi del moro vacillarono di nuovo facendogli tremare il cuore “Credo che forse hai ragione Kim Myungsoo io sono decisamente gay” disse mentre sulle sue labbra si piegavano in un sorriso nervoso “Ma credo proprio che lo sia anche tu”. Myungsoo per tutta risposta abbassò lo sguardo come colpevole mentre le spalle iniziarono a tremargli in una primordiale  risata anche se a Sungjong il movimento di quelle spalle sembrarò quasi quello di una persona scossa dai tremiti del pianto. “Beccato” ridacchiò incapace di trattenersi, non sapeva nemmeno perchè rideva, ma non riusciva più a fermarsi “Sono gay e anche per questo i miei vennero a prendermi quella sera sai? Loro erano gente rispettabile, non potevano avere un figlio frocio che da ubriaco aveva iniziato a limonare con il primo ragazzo figo che capitava, quando vennero a prendermi pensai ‘fanculo, che muoiano io voglio essere come Woohyun-hyung non voglio pentirmi di ciò che sono’ e loro sono morti davvero” rise isterico, doveva essere la prima volta che raccontava quel suo pensiero a qualcuno e uno strano peso sul cuore di Sungjong lo fecero sentire triste e grato allo stesso tempo per essere venuto a sapere quel piccolo particolare.
“Non c’è nulla di male nell’essere omosessuale Myungsoo-hyung e non sei stato tu ad uccidere i tuoi” disse avvicinandosi e  stringendolo tra le esili braccia. Le spalle di Myungsoo ricominciarono a tremare, ma stavolta non stava ridendo, stavolta erano davvero tremiti di pianto, un pianto che si liberò per la prima volta dopo l’incidente.
 
Non avrebbe saputo dire con precisione quanto tempo rimasero lì abbracciati mentre Myungsoo per la prima dava libero sfogo al suo dolore. Sapeva solo che anche se iniziava a sentire le braccia intorpidirsi non l’avrebbe lasciato finché non fosse stato lui a chiederglielo, non lo avrebbe lasciato solo e quella era una tacita promessa che aveva fatto a lui e a se stesso.
“Sungjong-ah” mormorò piano il maggiore con ancora la testa poggiata contro la sua spalla “Si?” chiese il minore iniziando ad allentare l’abbraccio pensando che fosse quello che il moro volesse, ma l’altro per tutta risposta lo strinse tra le braccia “No aspetta non ancora” e il cuore del povero Sungjong iniziò a battere come un matto contro la gabbia toracica, il più piccolo pensava che si sarebbe sfondata da lì a poco.
“Non dire a nessuno che ho pianto” lo disse piano con la dolcezza infantile di un bambino.
“Non vedo perché dovrei...anzi ti fa bene sfogarti un po’” disse accarezzandogli i capelli con una mano in un gesto protettivo.
“Lo dicevano anche gli psicologi dove mi hanno spedito, ma non ha mai funzionato...non sono mai stato meglio” mormorò il ragazzo allontanandosi da quell’abbraccio e nonostante le braccia intorpidite a Sungjong dispiacque per la fine di quel contatto.
“Avevi mai pianto dalla morte dei tuoi?” gli chiese ingenuamente la’altro e lui scosse la testa “E non ti senti meglio dopo averlo fatto?” gli chiese ancora sorridendo appena e Myungsoo sentì una strana sensazione nascegli all’altezza del petto, qualcosa che non aveva mai provato o che semplicemante aveva dimenticato cosa significasse e sorrise anche lui, senza nemmeno rendersene conto “Un po’” disse con ancora sulla labbra il sentore di una risata. “Allora sono felice che tu ti sia aperto proprio con me”. Il più piccolo non aveva ancora perso il sorriso e il maggiore fu davvero tentato di posare le labbra sulle sue per la semplice curiosità di scoprire se le sue labbra piegate in quel modo avessero un sapore diverso, un sapore più dolce come i tratti del suo viso quando sorrideva. Avvicinò la testa alla sua facendo sfiorare i loro nasi mentre dischiudeva appena la le labbra aspettando un tacito consenso dal minore, non era più tempo quello per i baci rubati. Il più piccolo avvicinò la testa quel poco che bastava per far combaciare le loro labbra in un gesto dolce. A differenza dei loro primi baci questo era consensuale, voluto da entrambi, più dolce e sincero, agli occhi di entrambi era il bacio perfetto.

[angolino dell'autrice]
annyeong a tutti so che con l'ultima  che ho pubblicato nel fandom degli infinite avevo detto che sarei tornata presto e, invece, è passato un anno, ma ehy ce l'ho fatta alla fine.
questa ff era stata concepita come shot ma era davvero davvero troppo lunga e nono stante io l'abbia tagliata parecchio restava troppo lunga così l'ho divisa in due parti, spero vi piaccia
kiss x

  
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