EDIT:
Capitolo revisionato e corretto.
BELLA
Mi ero barricata in camera e non avevo la minima intenzione di mettere il naso di fuori.
Quando tutte le lacrime che mi opprimevano finalmente avevano abbandonato il mio corpo, mi ero alzata e mi ero vestita. Alice mi aveva procurato dei jeans e una deliziosa camicia sagomata blu elettrico. Ai piedi un paio di ballerine argentate, molto simili a quelle che spesso indossava lei, ma chiaramente nuove di zecca.
L’effetto d’insieme era davvero gradevole.
Feci una smorfia osservandomi abbigliata e sospirai. Ah, se avessi avuto un pizzico della grazia di Alice e dell’avvenenza di Rosalie, sarei stata uno schianto! E allora sì che sarei stata in grado di essere all’altezza di Edward Cullen, la persona adatta a lui … quelle parole avevano colto veramente nel segno.
Avevo lasciato intatto il vassoio con la colazione fuori dalla porta, ma non ero scesa dabbasso. Non volevo rischiare di incontrare Alice, ma soprattutto Edward.
Della prima non avrei sopportato le chiacchiere, mentre del secondo … non avrei resistito a stare nella stessa stanza insieme a lui, così come due amici, due estranei. Volevo di più, il mio corpo lo reclamava e il desiderio si mischiava al dolore per l’incertezza dei suoi sentimenti. Mi aveva detto che quando sarei stata pronta avremmo parlato, ma sarei mai stata in grado di sostenere la verità?
Mi sentivo insicura e fragile, ma mi rendevo conto di essere anche alle strette. Non potevo certo rimanere chiusa lì dentro in eterno, dopotutto ero nella camera di Edward, lo stavo privando dei suoi spazi e limitandone la libertà. Mi guardai intorno, triste. Le sue cose erano tutte lì, intorno a me, i suoi cd, il suo sofisticato impianto stereo, i suoi libri. Mi avvicinai un po’ per leggerne i titoli, alcuni erano vecchissimi, forse prime edizioni, altri erano in lingua e mi parve di riconoscere il portoghese, il francese, l’italiano ed altre davvero strane. Ma quante lingue conosceva? Scossi il capo rimproverandomi mentalmente. Non erano affari miei. Ma la curiosità prese il sopravvento e continuai nella mia esplorazione dei volumi in inglese. Classici, alcuni d’avanguardia, gusti molto eclettici, non c’è che dire. Ma poteva anche starci, in fondo con tutto il tempo che aveva avuto a disposizione avrà anche cambiato preferenze abbastanza spesso.
Improvvisamente mi bloccai e spalancai gli occhi. Shakespeare, Romeo e Giulietta? Ma lui non disprezzava Romeo? Passai a fianco, ancora lo stesso autore, ma erano i Sonetti. Senza rendermene conto presi il volumetto tra le mani.
Era consunto, ma in buono stato, conservato benissimo. Un’edizione rilegata davvero deliziosa. Me lo rigirai delicatamente tra le mani osservando le incisioni dorate degli angoli un po’ scurite dal tempo, il rosso della copertina in pelle un po’ sbiadito. Lo spostai in una sola mano e automaticamente il libro si aprì in una pagina segnata con un rametto ormai talmente secco da rendere impossibile risalire alla pianta d’origine. Ebbi paura di sfiorarlo temendo che potesse rompersi alla pressione delle mie dita, ma fui attratta dalle parole che lessi sotto.
Lessi la data vergata nella bella grafia di Edward. Era il giorno in cui aveva deciso di andarsene da Forks, di lasciarmi. Deglutii e cercai l’appoggio del divano dietro di me. Presi a sfogliare delicatamente il volume. Altri sonetti recavano delle date in intestazione, tutte seguenti a quella della partenza da Forks, ma con la trascrizione Rio.
Era a Rio che Edward aveva trascorso tutti quei mesi di lontananza?
Leggevo le date cercando di rammentare cosa stessi facendo io in quei giorni. Era tutto avvolto nella nebbia, non riuscivo ad isolare un giorno dall’altro. Mi colpì la data del 20 gennaio, quattro mesi esatti dalla partenza, sembrava quasi che avesse voluto ricordare un anniversario.
Lessi avidamente.
Rilessi perplessa due volte. Quei versi parlavano di nostalgia, sofferenza per la mancanza di un amore lontano, lasciato indietro, unica gioia nel faticoso percorso del viandante.
I conti non mi tornavano. Quello che stavo leggendo non combaciava con il ricordo di quello che Edward mi aveva detto andandosene. Non erano questi i sentimenti di un uomo che ha voglia di cambiare, di cercare distrazioni. Questi erano i versi di un uomo che soffriva per amore.
Beh, forse per lui non era stato facile come non lo era stato per me. Forse, non era stata solo illusione il nostro amore, una mia illusione, per essere precisi. Tuttavia, questo poteva significare che mi aveva amato, ma adesso? Sfogliai ancora le pagine cercando le più recenti, una fiammella si accese nel mio cuore.
Mi sbalordì leggere la data del giorno prima su un sonetto. Il mio cuore prese a battere all’impazzata.
Chiusi il libro di scatto, il respiro affannoso come dopo una lunga corsa.
Sobbalzai allorchè mi accorsi che qualcuno bussava alla porta. Il libro mi scivolò di mano e cadde a terra con un tonfo.
«Bella, cara, è tutto a posto? Se desideri qualcosa posso cucinare altro, che ne dici?» La voce preoccupata di Esme mi fece salire le lacrime agli occhi. Quanto era dolce con me!
«Ehm sì, non avevo appetito prima, ma ora scendo giù in cucina. Mi è venuta una certa fame …» e riponendo il libro con cura al suo posto, mi ravvivai i capelli, lisciai la camicia sui fianchi e mi voltai pronta finalmente ad uscire.
NOTA DELL'AUTRICE: Le poesie riportate sono tratte da “I Sonetti” di William Shakespeare”.
CAP.
19
SCOPERTA
BELLA
Mi ero barricata in camera e non avevo la minima intenzione di mettere il naso di fuori.
Quando tutte le lacrime che mi opprimevano finalmente avevano abbandonato il mio corpo, mi ero alzata e mi ero vestita. Alice mi aveva procurato dei jeans e una deliziosa camicia sagomata blu elettrico. Ai piedi un paio di ballerine argentate, molto simili a quelle che spesso indossava lei, ma chiaramente nuove di zecca.
L’effetto d’insieme era davvero gradevole.
Feci una smorfia osservandomi abbigliata e sospirai. Ah, se avessi avuto un pizzico della grazia di Alice e dell’avvenenza di Rosalie, sarei stata uno schianto! E allora sì che sarei stata in grado di essere all’altezza di Edward Cullen, la persona adatta a lui … quelle parole avevano colto veramente nel segno.
Avevo lasciato intatto il vassoio con la colazione fuori dalla porta, ma non ero scesa dabbasso. Non volevo rischiare di incontrare Alice, ma soprattutto Edward.
Della prima non avrei sopportato le chiacchiere, mentre del secondo … non avrei resistito a stare nella stessa stanza insieme a lui, così come due amici, due estranei. Volevo di più, il mio corpo lo reclamava e il desiderio si mischiava al dolore per l’incertezza dei suoi sentimenti. Mi aveva detto che quando sarei stata pronta avremmo parlato, ma sarei mai stata in grado di sostenere la verità?
Mi sentivo insicura e fragile, ma mi rendevo conto di essere anche alle strette. Non potevo certo rimanere chiusa lì dentro in eterno, dopotutto ero nella camera di Edward, lo stavo privando dei suoi spazi e limitandone la libertà. Mi guardai intorno, triste. Le sue cose erano tutte lì, intorno a me, i suoi cd, il suo sofisticato impianto stereo, i suoi libri. Mi avvicinai un po’ per leggerne i titoli, alcuni erano vecchissimi, forse prime edizioni, altri erano in lingua e mi parve di riconoscere il portoghese, il francese, l’italiano ed altre davvero strane. Ma quante lingue conosceva? Scossi il capo rimproverandomi mentalmente. Non erano affari miei. Ma la curiosità prese il sopravvento e continuai nella mia esplorazione dei volumi in inglese. Classici, alcuni d’avanguardia, gusti molto eclettici, non c’è che dire. Ma poteva anche starci, in fondo con tutto il tempo che aveva avuto a disposizione avrà anche cambiato preferenze abbastanza spesso.
Improvvisamente mi bloccai e spalancai gli occhi. Shakespeare, Romeo e Giulietta? Ma lui non disprezzava Romeo? Passai a fianco, ancora lo stesso autore, ma erano i Sonetti. Senza rendermene conto presi il volumetto tra le mani.
Era consunto, ma in buono stato, conservato benissimo. Un’edizione rilegata davvero deliziosa. Me lo rigirai delicatamente tra le mani osservando le incisioni dorate degli angoli un po’ scurite dal tempo, il rosso della copertina in pelle un po’ sbiadito. Lo spostai in una sola mano e automaticamente il libro si aprì in una pagina segnata con un rametto ormai talmente secco da rendere impossibile risalire alla pianta d’origine. Ebbi paura di sfiorarlo temendo che potesse rompersi alla pressione delle mie dita, ma fui attratta dalle parole che lessi sotto.
Forks, 20 settembre 2000
Vergogna!
Dì che nessuno tu ami
se così improvvido sei con te stesso,
dì, se vuoi, che da molti sei adorato
ma amore non dai tu ad alcuno, è certo.
Tanto odio assassino ti possiede
che ti sospiri contro senza posa
ruinare tentando il tetto splendido
che restaurar dovresti ad ogni costo.
Cambia pensiero, e cambierò
sentenza:
l’odio avrà dunque dimora più dolce
d’amore? Sii generoso qual sembri,
o per te almeno generoso mòstrati.
Fà di te un doppio per amore mio,
che in te o in un tuo beltà sopravviva.
se così improvvido sei con te stesso,
dì, se vuoi, che da molti sei adorato
ma amore non dai tu ad alcuno, è certo.
Tanto odio assassino ti possiede
che ti sospiri contro senza posa
ruinare tentando il tetto splendido
che restaurar dovresti ad ogni costo.
Cambia pensiero, e cambierò
sentenza:
l’odio avrà dunque dimora più dolce
d’amore? Sii generoso qual sembri,
o per te almeno generoso mòstrati.
Fà di te un doppio per amore mio,
che in te o in un tuo beltà sopravviva.
sonetto 10
Lessi la data vergata nella bella grafia di Edward. Era il giorno in cui aveva deciso di andarsene da Forks, di lasciarmi. Deglutii e cercai l’appoggio del divano dietro di me. Presi a sfogliare delicatamente il volume. Altri sonetti recavano delle date in intestazione, tutte seguenti a quella della partenza da Forks, ma con la trascrizione Rio.
Era a Rio che Edward aveva trascorso tutti quei mesi di lontananza?
Leggevo le date cercando di rammentare cosa stessi facendo io in quei giorni. Era tutto avvolto nella nebbia, non riuscivo ad isolare un giorno dall’altro. Mi colpì la data del 20 gennaio, quattro mesi esatti dalla partenza, sembrava quasi che avesse voluto ricordare un anniversario.
Lessi avidamente.
Rio, 20 gennaio 2001
Quanto
pesante percorro il cammino
e quel che cerco – la fine del viaggio,
quando riposerò – mi farà dire:
«Di tante miglia il mio amico è lontano».
La bestia che mi porta, stanca della
mia pena, arranca piegando al mio carico,
quasi d’istinto sapesse che fretta
non posso avere, se di te son fatto.
Neppure lo sprone sanguigno lo pungola,
che la rabbia talor le ficca in fianco:
con un lamento mi risponde, crudo
per me più che il ferro alle sue carni:
entrare in mente mi fa quel
lamento
che innanzi ho doglia, e la mia gioia è
indietro.
e quel che cerco – la fine del viaggio,
quando riposerò – mi farà dire:
«Di tante miglia il mio amico è lontano».
La bestia che mi porta, stanca della
mia pena, arranca piegando al mio carico,
quasi d’istinto sapesse che fretta
non posso avere, se di te son fatto.
Neppure lo sprone sanguigno lo pungola,
che la rabbia talor le ficca in fianco:
con un lamento mi risponde, crudo
per me più che il ferro alle sue carni:
entrare in mente mi fa quel
lamento
che innanzi ho doglia, e la mia gioia è
indietro.
sonetto 50
Rilessi perplessa due volte. Quei versi parlavano di nostalgia, sofferenza per la mancanza di un amore lontano, lasciato indietro, unica gioia nel faticoso percorso del viandante.
I conti non mi tornavano. Quello che stavo leggendo non combaciava con il ricordo di quello che Edward mi aveva detto andandosene. Non erano questi i sentimenti di un uomo che ha voglia di cambiare, di cercare distrazioni. Questi erano i versi di un uomo che soffriva per amore.
Beh, forse per lui non era stato facile come non lo era stato per me. Forse, non era stata solo illusione il nostro amore, una mia illusione, per essere precisi. Tuttavia, questo poteva significare che mi aveva amato, ma adesso? Sfogliai ancora le pagine cercando le più recenti, una fiammella si accese nel mio cuore.
Mi sbalordì leggere la data del giorno prima su un sonetto. Il mio cuore prese a battere all’impazzata.
Forks, 23 maggio 2001
Come
il cibo alla mia vita sei per me,
come alla terra acquazzoni di maggio,
e per tuo amore così mi tormento
come per l’oro suo pena l’avaro
che del possesso ora esulta, ma già
teme che i suoi tesori involi il tempo:
e ora bramo di starti unico accanto
ora che il mondo ammiri il mio piacere,
sazio talor solo del vederti,
poi subito affamato di uno sguardo;
e non v’è gioia ch’io tenga o insegua,
se da te non l’attendo o non m’avanza.
Così divoro e languo ognor, vorace
tutto afferrando o morendo di fame.
come alla terra acquazzoni di maggio,
e per tuo amore così mi tormento
come per l’oro suo pena l’avaro
che del possesso ora esulta, ma già
teme che i suoi tesori involi il tempo:
e ora bramo di starti unico accanto
ora che il mondo ammiri il mio piacere,
sazio talor solo del vederti,
poi subito affamato di uno sguardo;
e non v’è gioia ch’io tenga o insegua,
se da te non l’attendo o non m’avanza.
Così divoro e languo ognor, vorace
tutto afferrando o morendo di fame.
sonetto 75
Chiusi il libro di scatto, il respiro affannoso come dopo una lunga corsa.
Sobbalzai allorchè mi accorsi che qualcuno bussava alla porta. Il libro mi scivolò di mano e cadde a terra con un tonfo.
«Bella, cara, è tutto a posto? Se desideri qualcosa posso cucinare altro, che ne dici?» La voce preoccupata di Esme mi fece salire le lacrime agli occhi. Quanto era dolce con me!
«Ehm sì, non avevo appetito prima, ma ora scendo giù in cucina. Mi è venuta una certa fame …» e riponendo il libro con cura al suo posto, mi ravvivai i capelli, lisciai la camicia sui fianchi e mi voltai pronta finalmente ad uscire.
NOTA DELL'AUTRICE: Le poesie riportate sono tratte da “I Sonetti” di William Shakespeare”.