Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: InuAra    11/09/2016    5 recensioni
ULTIMO CAPITOLO ONLINE!
Con due bellissime fanart di Spirit99 (CAP. 4 e 13)
------
Cosa succede se il mondo di Ranma incontra il mondo di Shakespeare? Rischia di venirne fuori una storia fatta di amori, avventura, amicizia, gelosia, complotti. Tra fraintendimenti e colpi di scena, ne vedremo davvero delle belle!
DAL CAPITOLO 2
Ranma alzò lo sguardo verso il tetto. “Akane. Lo so che sei lì” “Tu sai sempre tutto, eh?” A Ranma si strinse il cuore. Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto. “Beh, so come ti senti in questo momento” “No che non lo sai” “Si può sapere perchè non sei mai un po’ carina?” “Ranma?” “Mmm…”  “Sei ancora lì?” “Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?” Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto. “Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre” “E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
Cowards die many times before their deaths;
The valiant never taste of death but once.
(…) Death (…)
Will come when it will come.
 
I vigliacchi muoiono molte volte prima della loro morte;
L’uomo coraggioso non ha l’esperienza della morte che una volta sola.
(…) La morte (…)
Arriverà quando deve arrivare.
 
Julius Caesar - W. Shakespeare
 
 
 
 
 
 
"Ranma?"
 
Aveva sentito una voce chiamarlo, una voce amica, e si era voltato fiducioso.
 
"Hi-Hiroshi…! Daisuke!"
 
La luce di taglio di un sole sulla via del tramonto gli ferì gli occhi. Una fitta agli occhi e una al cuore, piccola, quasi impercettibile. Una breve precisa stafilettata che, chissà come chissà perché, per un attimo gli spezzò il fiato.
 
Avrebbe voluto scacciare quella sensazione, ma vide lo sguardo di Hiroshi, grave, e quello abbassato di Daisuke.
Non gli piacque. Non gli piacque per niente.
 
 
***
 
 
"Akane, sei proprio un'imbranata! Non sai fare neanche le cose più elementari… Non sai neppure bollire l'acqua senza fare un disastro!… Figuriamoci cucinare…"
 
 
 
"Akira…Akira?…"
 
"S-sì?"
 
"Akira, caro, se continui così le spappolerai tutte quelle polpettine di riso", ammiccò placida Kasumi.
 
"Oh, Hitomi, scusami! Mi ero distratto… Sono un vero disastro!", si giustificò Akane gonfiando un po’ la voce perché sembrasse quella di un ragazzo, almeno un po’.
 
Si era messa ai fornelli per cercare di non pensare: era così che ci riusciva?
 
"Non c'è bisogno che ti scaldi tanto. Sei un uomo”, tentò di rincuorarlo Kasumi.
 
“Un maschio mancato!”, e il ricordo di come Ranma a volte la chiamava irruppe nella sua mente senza che Akane potesse fare nulla per fermarlo.
 
“…non c'è bisogno che tu sappia cucinare", concluse sorridendo da parte sua Kasumi.
 
"Ma non è questo…", ribattè Akane tornando alla realtà e stringendosi meglio la bandana in fronte con le mani impastate, "Vorrei… poterti dare una mano, ecco, esserti utile in qualche modo…"
 
"Ma lo sei in molti modi, Akira, tesoro. E' che oggi mi sembri un po' pallido. Forse è meglio che ti riposi un po' mentre io vado a raccogliere qualche funghetto fresco fresco"
 
"Ma è il caso che tu vada da sola?"
 
"Che dolce che sei a preoccuparti! Il boschetto dove crescono non è molto lontano, sarò di ritorno in meno di un'ora, prima dell'arrivo dello zio e di Misaki", sorrise rassicurante.
 
 
 
Un paio d'ore prima i due erano andati a caccia.
 
Genma era apparso inquieto e più brontolone del solito: "Non mi piace quel fumo che sale al di là degli alberi. Non promette niente di buono"
 
"Una battaglia, forse? Eh, zio? Che dici?"
 
"Forse. Lontana da qui, ma non così tanto. Affila bene la spada Misaki, affilala ancora una volta. Non si sa mai"
 
"Saremo in pericolo?", aveva chiesto Akane, ma avrebbe voluto chiedere: "Saranno in pericolo?", preoccupata non per sé, ma per i suoi, per suo padre.
 
"No davvero! In questo posto non accade mai nulla di interessante", era intervenuta Nabiki facendo spallucce.
 
"Tranquillo", aveva aggiunto Kasumi, "Il bosco del monte Inunaki è un luogo praticamente inviolato"
 
Inviolato…
 
 
 
 
"Prenditi una bella sorsata d'acqua e riposati un po' mentre io sono via", si congedò Kasumi.
 
Akane la vide andare via e sospirò.
 
L'occhio le cadde sull'impiastro di riso che aveva creato con le sue mani maldestre.
 
Sospirò ancora.
 
Non si sforzò nemmeno un po’ di trattenere la mente che si affannava per portare a galla un ricordo lontano…
 
"Ma figurati se a me interessa cucinare o fare qualunque altra cosa legata alla casa! Mica voglio essere una brava mogliettina, io!"
 
"E chi ti sposerebbe, scusa?", l'aveva pungolata lui sapendo dove andare a colpire, mentre giocherellava con un grumo di chicchi di riso appiccicoso sfuggito a un disastroso esperimento culinario.
 
In tutta risposta lei gli aveva fatto una linguaccia, fingendo noncuranza.
 
"E a me che importa? Tanto io sarò una combattente"
 
"Ahahah! Una ‘combattente’! Questa sì che è buona! E alla prima spedizione ti ritrovi a guadare un fiume e muori annegata! Non sai manco nuotare, cara la mia combattente! Non sai cucinare, non sai cucire… e non sai neanche nuotare… Sei solo una bambina viziata, ecco quello che sei!"
 
Lo scherzo si era fatto pesante, e lei se n'era andata, ferita e furibonda.
 
La rabbia aveva portato i suoi passi lontano, ai margini della grande tenuta. Le mura circondavano un territorio piuttosto vasto intorno al palazzo, fatto di brevi boscaglie e qualche radura; c'era anche un piccolo lago, attraversato da un ruscelletto di montagna, che era per lo più una riserva di pesce fresco sempre a disposizione.
 
Si era ritrovata lì, davanti a quel lago deserto, lontana da tutti, e lo considerò un segno.
 
Benissimo. L'imbranata avrebbe almeno imparato a nuotare. Che ci voleva? Il laghetto se lo ricordava bene, era lo stesso delle figuracce della sua infanzia, quando si era arresa alle prime annaspate umilianti. Se lo ricordava più grande, però. In effetti non sembrava troppo profondo. E adesso era cresciuta e ben più motivata.
 
Si era guardata intorno.
 
Nessuno.
 
Si era levata con soddisfazione gli zoccoli e lo yukata e, coperta appena da una veste corta e sottile, aveva infilato il primo piede tra alcuni massi, nell'acqua gelida.
 
Akane non poteva ricordarselo, ma dopo aver riso ancora un po' tra sé e sé, Ranma aveva valutato di essersi divertito abbastanza e l'aveva osservata andare via, sornione. Le aveva dato il tempo necessario per allontanarsi un po' e sbollire, e poi aveva cominciato a seguirla pigramente.
Si era presto reso conto che lei era veloce e inferocita e si era ritrovato a cercarla con lo sguardo e ad accelerare il passo. In fondo, forse, aveva un po' esagerato. Non che volesse fare pace, ma voleva vederla, tutto qui, gli dava fastidio averla persa di vista tanto facilmente, ecco.
 
Un passo malfermo dietro l'altro, Akane aveva acquistato sicurezza e distanza dalla riva. L'acqua le era arrivata velocemente al ginocchio. Non sapeva dire quanti passi le mancassero per andare dove poter provare a nuotare. Vedeva solo un'indistinta macchia che si scuriva al centro del lago.
Ormai sicura, aveva allungato il piede senza prestare troppa attenzione, e il muschio viscido del sasso su cui aveva premuto il peso l'aveva tradita repentinamente.
Era slittata all'indietro senza neanche accorgersene e nella caduta aveva sbattuto la nuca contro una pietra. Non aveva visto più nulla.
 
"Sono sicuro di averla vista venire da questa parte", si ripeteva Ranma procedendo a passo svelto, "Dove diavolo?…"
Davanti a lui si era aperto il pianoro che ospitava in lontananza il laghetto. Aveva dato un rapido sguardo.
 
Persa conoscenza per qualche istante, Akane era scivolata verso il centro del lago.
 
Non c'era anima viva.
"Aspetta…", si era detto. Era tornato indietro con occhi fulminei e aveva visto una chiazza di colore azzurro acceso che non aveva nulla a che fare col resto del paesaggio.
"Lo yukata di Akane… cosa ci fa lì?"
Ma prima di aver compreso la risposta aveva già cominciato a correre.
 
Aprendo gli occhi si era ritrovata schiacciata dall'acqua gelata, aveva cercato il fondale con i piedi, e non l'aveva trovato. Presa dal terrore, aveva cominciato ad agitare le braccia, col risultato di andare sempre più a fondo, tentando disperatamente di non cedere all'acqua scura e pesante.
 
Scapicollando angosciato verso il lago, aveva scorto per primo il braccio bianchissimo di Akane agitarsi fuori dalle acque - *E' ancora viva…!!* - per poi intravederla mentre si affannava a restare a galla.  *Akane resisti, resisti, sto arrivando…!!*
 
L'acqua le entrava nella bocca ansante, impedendole di gridare.
 
*Ancora pochi istanti e sono da te…*
 
Tossiva e sputava e rantolava.
Che stupida!
La testa aveva cominciato a farsi di piombo…
Non era così che doveva finire.
Aveva sentito il sangue freddarsi di colpo, le forze abbandonarla.
Non sarebbe nemmeno dovuta cominciare…
*Akane sei una stupida…*
Non riusciva più neanche a respirare, i polmoni ripiegati su se stessi.
*Ha ragione lui…quando…dice che…*
Si era inesorabilmente sentita tirare verso il basso, perduta.
 
 
"Akaneeee! Resisti!"
 
*Ran…ma…?*
 
Quando aveva riaperto gli occhi era stretta al petto di lui e rigettava tutta l'acqua che aveva ingoiato.
 
Si era tuffato un attimo prima che la morte se la prendesse in quel modo tanto stupido.
 
Aveva alzato gli occhi su di lui, che doveva aver pianto e sussurrato il suo nome fino a quel momento, senza ritegno.
 
Era scoppiata a piangere a sua volta e lui l'aveva premuta a sé.
 
"Cosa… Cosa credevi di fare?", aveva mormorato, disarmato e sollevato.
 
"Ranma… scusa… scusa… io…"
 
"No, Akane… scusami tu… sono davvero uno stupido…"
 
Si erano dati degli stupidi per un po', scaricando la tensione tra lacrime e sorrisi, ma lui non aveva smesso un attimo di stringerla, con la scusa di scaldarla col proprio corpo e con la gioia di sentirla viva contro la propria pelle.
Non aveva osato baciarla, ancora non era tempo, ma le aveva detto cose che si possono dire solo in momenti estremi e di cui ci si vergogna spesso e volentieri se ci si ripensa poco più tardi, ma che lì per lì hanno il valore serio della promessa.
"Stupida, finchè ci sarò io con te, non correrai mai nessun pericolo"
 
 
 
Appoggiata allo stipite della porta, Akane alzò il capo per guardare le foglie mosse da vento.
 
Perché proprio quel ricordo?
 
L'acqua nel pozzo poco lontano gocciolava a intervalli regolari nel secchio.
 
Una civetta strillò da qualche parte nel bosco.
 
Si sentì improvvisamente tanto stanca, le braccia pesanti lungo il corpo.
 
Sorrise al ricordo di come lui si fosse in seguito prodigato a insegnarle a nuotare giorno dopo giorno, tentando di farle prendere confidenza con l'acqua, in quello stesso laghetto, sempre con scarsi risultati.
 
Ora lui non era più con lei.
 
Non ci sarebbe stato più nessun laghetto entro le mura dove imparare a nuotare insieme a lui.
 
Avrebbe visto il mare, sì, prima o poi l'avrebbe visto da vicino.
 
Il mare vasto e terribile.
 
Anche una cosa così bella poteva uccidere.
 
Pianse in silenzio.
 
"Devo trovarti, capire che diavolo di demone ti ha rosicchiato il cervello"
 
Si ritrovò col pugno sollevato e minaccioso e le lacrime agli angoli degli occhi ormai quasi asciutti.
 
Si mise a ridere piano.
 
"…Avrà ragione Ryoga. Ranma non avrebbe mai fatto una cosa del genere… Che ti è capitato?? Te lo tirerò fuori con la forza se necessario, ma intanto…", si strinse nelle spalle, tentando di darsi conforto, "… sono proprio stanca e ho male dappertutto…"
 
Aveva bisogno di qualcosa che lenisse il dolore, se non altro quello del corpo…
Si ricordò della boccetta che le aveva dato Ryoga. 'Un rimedio portentoso per ogni tipo di malessere', le aveva detto.
 
Entrò in casa decisa a farne buon uso: era arrivato il momento di sentirsi un po' meglio.
 
 
***
 
 
"Maledetta bestiaccia! Più veloce!"
 
Il cavallo, stremato oltre ogni suo limite, schiumava e sbuffava, mentre Kuno lo frustava a sangue.
 
Era inaudito che non si trovasse già a Hakata, sul corpo di lei.
 
Aveva dovuto deviare dalla strada principale, che attraversava il campo di battaglia di quella dannata guerra scoppiata nel momento meno opportuno. Aveva preso furioso la via dei monti: gli avevano assicurato che era l'unica via rimasta percorribile.
 
Sbuffava a sua volta, imprecando ad alta voce mentre schivava i rami fitti del bosco.
 
Stava solo perdendo del tempo prezioso, che lo separava dai gemiti di Akane Tendo.
 
Si era figurato così bene tutta la scena: l'avrebbe ghermita come una bestiolina in trappola, lei avrebbe lottato, questo era certo - era fiera e caparbia - avrebbe urlato, graffiato, morso. Ma alla fine lui l'avrebbe domata.
 
"Maledetta bestiaccia, muoviti! O non arriveremo prima di sera!"
 
Quello che non sapeva Kuno era che, al contrario, si stava avvicinando a lei molto velocemente.
 
 
 
***
 
 
 
Lentamente e senza far rumore si avvicinò alla tana della lepre che stava braccando.
 
Si erano separati da un bel po', e mentre lo zio Genma si era allontanato all'inseguimento di un cervo, Nabiki era rimasta nei dintorni. Ed eccola lì, in attesa da una buona mezz'ora, schiacciata tra una parete di roccia e il tronco di un enorme larice.
Il sole era ancora alto, ma conosceva la sua montagna, Nabiki, e sapeva che non ci voleva poi molto perché tramontasse.
Decise che valeva la pena aspettare ancora un po'.
A pochi metri iniziava lo strapiombo del torrente, che le teneva compagnia col suo scrosciare assordante.
 
Fu per questo che non lo sentì arrivare.
 
 
***
 
 
"Trovata!"
 
Akane prese la boccetta vermiglia tra le dita e senza pensarci troppo la mandò giù tutta d'un fiato.
 
 
 
***
 
 
Dannazione, doveva essersi perso! Da che parte doveva andare? Sentì il rumore di un corso d'acqua e smontò da cavallo, risoluto.
Aveva sete e doveva placare il proprio bisogno, o non si chiamava più Tatewaki Kuno.
 
Attraverso il fogliame la sua attenzione venne però catturata da una figura femminile, accovacciata, coi capelli corti.
 
Per un attimo gli sembrò Akane e una fitta di piacere lo attraversò.
 
Si avvicinò lentamente, e lei ancora non lo sentì.
 
A guardare bene non era Akane, ma una contadinotta senza il senso del pudore, malvestita con quelli che dovevano essere stati gli abiti di un uomo. Sembrava sapere il fatto suo.
 
Ghignò.
 
A ognuno la sua preda.
 
"Ehi tu, donna!", la apostrofò e Nabiki si voltò sorpresa.
 
"Dimmi sei hai visto una ragazza passare di qui"
 
 
***
 
 
Il liquido contenuto nella fialetta era dolce…
 
Akane si pulì le labbra calde con la manica.
 
Le parve subito di sentirsi meglio.
 
"Grazie Ryoga", mormorò al silenzio della stanza.
 
Chissà cosa stava facendo Ryoga in quel momento. E Ukyo? Pensavano a lei? Una volta rimessa in forze si sarebbe decisa a raggiungere Hiroshi e Daisuke a Hakata, come l'amico le aveva suggerito, in attesa di tempi migliori. Forse… forse avrebbe anche avuto la faccia tosta di imbarcarsi e andare a cercare Ranma in Cina, per chiarire con lui tutta la faccenda.
 
Le sembrò improvvisamente tutto più facile.
 
Sentì il cuore battere forte, per l'emozione.
 
Le cose potevano essere risolte, sì, lei avrebbe trovato una soluzione.
 
Si sentì accaldata e felice. Sentì che poteva perdonarlo, sentì che anche dopo tutto quel dolore poteva andare avanti.
 
Poteva tornare a vivere.
 
La testa le girò violentemente.
 
"Ohi, che mi succede?", ridacchiò colta di sorpresa, tenendosi al tavolaccio della cucina.
 
Un brivido le formicolò lungo il collo. "Forse mi sta venendo la febbre, accidenti!"
 
Le venne in mente la mano rugosa di Obaba che le cambiava la pezza bagnata in fronte quando era una bambina.
 
Si sentì di colpo tanto sola.
 
Perché Kasumi non tornava? E Nabiki? E il signor Genma? Avrebbe voluto vederli in quel momento.
 
Provò tanta tenerezza per se stessa, per la bambina che in fondo era ancora.
 
 
***
 
 
Un giovane uomo alto e sudato che emanava alterigia e brutalità, incombeva a pochi metri da lei.  Nabiki lo vide asciugarsi col dorso della mano un rivolo di saliva dalla bocca riarsa.
 
Come era arrivato fin lì?
 
"Ti ho rivolto la parola, donna! Rispondi prima ch'io perda la pazienza!"
 
Una ragazza? Nabiki non capiva. Stava forse parlando di Kasumi? Quello era forse un soldato disertore in cerca di divertimento?
Dal tono che aveva usato sembrava avvezzo al comando. Ma era vestito con abiti troppo semplici.
Era Kasumi la ragazza che stava cercando? La stava inseguendo, forse? Dov' era Kasumi in quel momento? A casa o in giro per il bosco, tutta sola e senza un'arma?
 
"Una ragazza?", prese tempo, guardandolo negli occhi di ghiaccio.
 
Bastò perché lui perdesse la pazienza.
 
E la testa.
 
Le fu addosso in uno scatto improvviso.
 
"Ti ho detto di rispondermi, non di alzare lo sguardo all'altezza del mio", le ringhiò in un orecchio tenendola per i capelli.
Poteva sentire il suo fiato sulla pelle del viso e represse un conato.
Abbassò gli occhi, ubbidiente, mentre con una mano furtiva cercava il pugnale che teneva sempre al fianco.
 
"Nessuna ragazza, mio signore", pronunciò sottomessa.
 
"Sono sicuro che è passata di qui. Non mi pare che il bosco pulluli di persone. Devi averla incontrata per forza, come io ho incontrato te", la voce gli rallentò, "E stai pur certa che non me ne andrò di qui senza aver avuto ciò che bramo"
 
"Io non posso darvelo, mio signore, non conosco nessuna ragazza"
 
"Ah sì?", un pensiero birichino cominciò a stuzzicarlo, "Questo sarò io a deciderlo"
 
 
***
 
 
Akane volle raggiungere l'esterno, per distrarsi un po' e prendere una boccata d'aria, ma come fece per muoversi, la stanza le vorticò intorno e le gambe le cedettero.
 
*Cosa… cosa mi sta succedendo?*
 
 
 
***
 
 
 
Con la mano libera le scostò lascivo i capelli dal volto e Nabiki approfittò di quel momento per sfilare il pugnale e difendersi dal suo assalitore. Kuno fu però veloce a schivarlo, col risultato che lei riuscì solo a colpirlo sul volto, infierendogli un taglio sul viso perfetto.
 
Si imbestialì. La sua furia non aspettava altro che un pretesto per esplodere.
 
Le fece schizzare via il pugnale dalla mano con un manrovescio e lei non fu abbastanza rapida da impugnare la spada.
La strattonò con violenza e la spada le volò via di mano, andandosi a conficcare nel legno morbido del larice poco dietro di lui.
 
In quel momento la lepre guizzò via dal suo nascondiglio, in preda al terrore.
 
Nabiki provò a imitarla, ma lui con un salto la raggiunse, la acchiappò sulla schiena per la stoffa del vestito e la scaraventò indietro, da dove era venuta.
 
"Nessuno si deve mettere sulla mia strada!"
 
Nabiki, ancora in piedi, opponeva resistenza con tutto il peso del proprio corpo contro di lui, che cercava di sbatterla contro la parete nuda alle sue spalle.
 
Per quanto ce l'avrebbe fatta? Non era abile nel corpo a corpo, non lo era mai stata.
 
"Che non mi si osi ostacolare!”
 
Era dieci volte più forte di lei e riuscì a spingerla contro la roccia. Nabiki sbattè la testa e si ritrovò a terra, sanguinante e ansimante di fatica, alla mercè di quell'animale dagli occhi stravolti di follia omicida.
 
"Quello che voglio sono abituato a prendermelo"
 
Fece un primo tentativo di aprirle le ginocchia.
 
"La…scia…mi…"
Nabiki avrebbe voluto gridare, ma le sue forze erano tutte impiegate a dimenarsi e a scacciarlo. La voce non aveva davvero la forza di uscire. Avrebbe venduta cara la pelle. Ma sentiva che stava per soccombere. Lo prese a calci, disperatamente, e a pugni.
 
Kuno le sputò in faccia.
 
"Quella ragazza…"
 
Lei si immaginò Kasumi…
 
"…La troverò…"
 
Kasumi, arrendevole e spaventata…
 
"…E la prenderò…"
 
…Kasumi, inerme sotto il peso schifoso di quell'uomo.
Trattenne un singhiozzo di orrore.
 
"Come adesso…", le afferrò il seno sinistro con una mano, "…mi prendo…", mentre con l'altra le strappò via un lembo dello yukata, "…te!", insinuandosi a forza con le ginocchia tra quelle di lei.
 
Nabiki non ci vide più.
 
Fu l'immagine della sorella, buttata lì, nella luce pallida del sole, che le diede quella forza insperata.
 
Non seppe dire come, ma le sue gambe riuscirono a sgusciare via dalla presa di lui e con uno scatto di reni gli diede uno spintone con entrambi i piedi, proprio in quel breve momento in cui lui, in un equilibrio precario, si era sollevato leggermente per abbassarsi i pantaloni.
 
Kuno non se l'aspettava e cadde all'indietro con un'espressione ebete.
 
La sua caduta sarebbe stata frenata dall'albero, se nel suo tronco non si fosse trovata conficcata la spada affilata di Nabiki.
 
La ragazza non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa stava accadendo, che si parò istintivamente gli occhi.
 
Quello che sentì fu solo un rantolo strozzato, seguito da un tonfo.
 
Poi, più nulla.
 
Quando ebbe il coraggio di aprire gli occhi, si rese conto di essere ricoperta di sangue. Era suo o…?
 
La prima cosa che vide, alzando il capo, fu il corpo del suo aggressore accartocciato su se stesso accanto a lei.
 
Immobile. Le sembrava non respirasse…
 
Si avvicinò circospetta e tremante.
 
Ma lo spettacolo che le si presentò davanti era raccapricciante, oltre ogni immaginazione.
 
Il fato aveva voluto che Kuno, spinto all'indietro, andasse a cadere sulla lama proprio all'altezza del collo.
 
L'affilatura e il peso di lui fecero il resto.
 
Ma dove…?
 
Avanzando a carponi nella luce rossastra, Nabiki si sporse appena sul ciglio del burrone, in cerca della…
 
La vide.
 
L'acqua del torrente, rossastra a sua volta, aveva già trasportato la testa lontano, ma non così tanto da non poterne distinguere un'ultima volta gli occhi sbarrati ed arroganti, di un celeste spento, quasi trasparente.
 
Arcuò il torace in uno spasmo e, appoggiata a un albero, vomitò con tutta se stessa.
 
 
 
 
***
 
 
 
Akane era a terra. Si guardò intorno con grandi occhi, senza capire. Tentò di far leva sulle braccia, per alzarsi, ma una violenta convulsione la fece crollare nuovamente.
*Ma che…?*
 
Vide lo sguardo triste del padre, mentre scuoteva la testa. Desiderò corrergli incontro e stringerlo a sé.  
 
Perché era così affannata?
 
“Puoi piangere se vuoi! Non lo dirò a nessuno” Ranma la guardava complice. Si sentì piccola, piccola come lui, che era alto poco più di un metro.
 
Le tempie pulsavano martellanti. Si sentì cadere, ma era già a terra. Si sentì cadere ed ebbe paura. Era tutto troppo veloce, non riusciva a fermarsi.
 
Socchiuse gli occhi infastidita. "Non mi stai ascoltando, zuccherino!" Il sole la stava accecando mentre Happosai cercava di insegnarle una nuova tecnica.
 
Si sentì cadere sempre più giù.
 
“Giù le mani da Akane! Maledetti! Non toccatela!!”
 
Sussultò e tentò di aggrapparsi...
 
Di aggrapparsi a Ukyo che le parlava concitata mentre sbatteva il futon…"Ascoltate la vostra Ucchan, una buona volta…"
 
… A quel carro che si allontanava con lui sopra…
 
Si sentì andare a fuoco le viscere.
 
Le parve di sentire la treccia di lui scivolarle tra le dita…
 
“Siamo…siamo sposati!” “Oh kami, sì!”
 
Lampi di luce le ferivano gli occhi.
 
"Non aver paura", le fece l'occhiolino Nabiki, mentre Kasumi le posò una mano sul capo, "Ci siamo qui noi"
 
Per un attimo volle credere a quella bugia. Si sentiva sempre più venir meno. Un gelido umore si stava diffondendo velocemente nelle sue vene.
 
"Ranma, posso stare ancora un po' così?" "Beh sì…"
 
Il corpo non le rispondeva…
Seppe che stava per andarsene e realizzò che non l'avrebbe rivisto mai più.
*Ranma io lo so che tu… Io… Io voglio vederti un'ultima volta!*
Lacrime brucianti cominciarono a rigarle il volto paralizzato dal veleno.
 
“Anche tu mi sei mancata, maschiaccio”
 
I ricordi si mescolavano tra loro, lontani e vicini, senza una logica, vertiginosi, insistenti, sovrapponendosi alla realtà.
Si sentì schiacciare contro il pavimento.
 
"Akane-san!", Ryoga le sorrideva, coi canini in bella mostra.
 
Il corpo non le rispondeva più. Non riusciva a parlare, a gridare. Sentì che le forze la abbandonavano. Desiderò lasciarsi andare al buio che la stava inghiottendo.
Qualcosa la rianimò.
 
L'odore della sua pelle...
 
*Ranma… Dove…?*
 
Era tra le sue braccia, nudo, tra le lenzuola stropicciate della loro prima notte. La sua schiena era così liscia…
 
Il polso stava rallentando.
 
“Sei davvero disposta a rinunciare a tutto pur di stare con me?”
 
*Sì… Ran…ma… Mille volte… sì*
 
"Scusami Akane"
 
*Ran…ma?*
 
"Sono stato uno stupido…"
 
*Tu sei sempre stupido…*
 
"Puoi perdonarmi?"
 
Sentì la gola serrarsi, l'aria affievolirsi in petto.
Tentò di sorridergli.
Si sentì fluttuare, al centro di un vortice. 
 
Il cortile, il laghetto, lo sgabuzzino della biancheria.
 
Il polso rallentò ancora e la testa si fece sempre più pesante. Ma forse era solo tanto leggera.
 
Il sudore degli allenamenti, l'acqua fresca sul viso, il cielo dalla sua finestra.
Il tetto.
Sentì le labbra bollenti di lui schiudersi sulle sue.
 
Se ne stava andando.
*Ba…ka*
 
"Ma possibile che non sai essere carina neanche nel momento dell'addio?"
 
E poi il cuore smise di battere.
 
 
 
 
"Ma possibile… che non… sai essere… carina… neanche nel momento… dell'addio?"
 
 
 
 
 
 
E mentre il capo le si inclinava dolcemente sul pavimento freddo, un debole sorriso sulle labbra pallide, Akane fece in tempo a vedere l'ultimo raggio del sole morente morire con lei.
 
 
 
 
***
 
 
 
Ranma sussultò, sgomento.
Qualcosa si spense, dentro di lui, in quel momento. Sentì un freddo improvviso.
 
"E' morta…"
 
Non capì.
 
Come se non avesse sentito.
 
Il freddo invase ogni angolo del corpo.
 
Hiroshi si coprì il volto con una mano, trattenendo i singhiozzi. Pronunciare ad alta voce quelle parole era stato troppo per lui.
 
Daisuke gli mise una mano sulla spalla. "Ranma… Akane Tendo è morta", confermò.
Gli occhi erano segnati e bagnati, i capelli spettinati.
Diceva la verità.
 
"Stai mentendo", Ranma lo prese per il colletto.
 
Hiroshi alzò nuovamente il capo.
 
Vide Ranma confuso dall'ira tenere fermamente il compare e chiedergli una risposta che non aveva. Provò pietà per lui.
 
"Ranma", sussurrò a sua volta con tanta pena nella voce, e Ranma provò disgusto, paura, "Ranma… Tutto il Paese lo sa…Hanno dato l'annuncio ufficiale alcuni giorni fa…", la sua voce era spezzata, il tono affranto.
Se avesse potuto avrebbe risparmiato all'amico quel momento.
 
"Che cosa…? Come?…"
 
La presa si allentò e Daisuke mise una mano su quelle di Ranma, comprensivo: "Un male improvviso…"
 
"Una malattia rapida se l'è portata via…", continuò Hiroshi. Cercavano disperatamente di darsi man forte l’un l’altro nel raccontare come stavano le cose.
 
"Non ci eravamo accorti di niente…"
 
"Sì, è stato tutto così improvviso…"
 
Una malattia.
 
"No…"
 
E allora capì.
 
"Ranma…"
 
Vide Soun-sama prendere quella decisione pur di non dichiarare pubblicamente la più atroce verità.
 
"No"
 
Vide il sangue di lei, strappata alla vita.
 
"Ranma…"
 
Vide Ryoga ubbidire mesto alla sua lettera.
 
"Nooo!!"
 
Ma non riuscì a odiarlo. Non più di quanto non odiasse se stesso.
 
"Ranma, amico, non fare così…"
 
Loro non capivano… Non sapevano!
 
"Lasciatemi stare", si divincolò dal loro abbraccio, e scappò via, lasciandoseli alle spalle, persi nella folla.
 
Correva, senza guardare dove andava.
 
L'aveva uccisa… L’aveva uccisa davvero. Ora ne aveva la prova.
 
Correva, e desiderò uccidersi all'istante, con le sue stesse mani… Ma le sue mani erano pesanti, come cristallizzate in una paralisi di dolore.
 
Nella spietata impotenza di quell'istante, dannate lacrime gli rigarono il volto.
 
Si fermò.
 
Guardò i soldati intorno a lui e ritrovò dentro di sé un po' di determinazione:  si sarebbe fatto ammazzare.
Era così semplice!
Aveva bisogno non di piangere ma di menare le mani, e soprattutto di attutire il proprio dolore con del dolore fisico. E poi la morte.
Sì, si sarebbe fatto ammazzare.
 
Prese la via del campo di battaglia dietro ai suoi provvisori compagni cinesi. Era desideroso di raggiungere la guerra e, lì, di incontrare i suoi compatrioti. Li  avrebbe incontrati faccia a faccia, da nemico, e non si sarebbe dato scampo: avrebbe accolto volentieri la morte per mano loro.
 
Quanto era beffarda la vita.
Morire per mano di chi più ami…
L'avrebbe trovata davvero beffarda e crudele se solo avesse saputo che non troppo lontano da lì pochi secondi prima non solo stava morendo Akane, uccisa dalla sorella di Kuno, ma moriva Kuno, ucciso dalla sorella di Akane.
 
La mente vuota, il cuore vuoto, non pensava a nulla, mentre camminava nei ranghi, risalendo la costa, agognando solo di arrivare il prima possibile a destinazione.
 
Ma qualcosa lo bloccò di colpo.
 
Il suo cuore, per un attimo, cessò di battere.
 
Alzò lo sguardo appannato verso il cielo color del sangue, e la vide. La vide mentre si voltava a guardarlo e gli sorrideva, i corti capelli smossi dal vento.
Un'immagine sbiadita, lontana.
Di tante che potevano portarlo alla pazzia fu quel sorriso che vide.
 
E allora lo realizzò davvero.
 
"E' morta"
 
La verità lo colpì in pieno petto.
 
L'ultimo brandello di sole si tuffò nel mare. Insieme al cuore di Akane e a quello di Kuno, in quello stesso istante si fermò anche il suo.
Per un attimo soltanto, ma che bastò.
 
E una parte di lui morì davvero in quel tramonto.
 
 
 
 Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo
avesse come ultimo orizzonte il tuo volto,
e se così fosse... mille volte vorrei nascere,
per mille volte ancora morire.


Hamlet - W. Shakespeare
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: InuAra