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Autore: Colli58    11/09/2016    3 recensioni
Era ancora così difficile pensare ad un altro anno senza una presenza: le mancava sua madre. In quel giorno specifico avrebbe dovuto uscire e andare al cimitero, il tempo inclemente non glielo permetteva così come il suo apprensivo consorte. Si sentiva un po’ a terra, non del tutto triste.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Kate ammise di sentirsi rilassata, parlare di sua madre l’aveva resa felice in un modo che non aveva mai provato. Con la presenza di Rick a stemperare la tensione, la sensazione di tristezza si era convertita nel tepore rilassante della famiglia. Chiuse gli occhi per godersi quel momento in modo completo.
Quando li riaprì Castle la stava guardando, ovviamente.
“Quindi cosa vorresti fare? Sono le undici e mezza, hai fame?”
“No. Magari mi aiuti a studiare?”
“Oggi lascia perdere Kate, prenditi la giornata di riposo e per goderti tutte le coccole che mi chiederai.”
Kate sospirò crogiolandosi nella comodità del letto. Erano state giornate pesanti psicologicamente, quando mai non lo erano. Si chiese quante volte si era ripetuta quella stessa frase, quasi fosse di circostanza come parlare del tempo. Un modo come un altro per giustificare vuoti o giornate così piene di lavoro da non riuscire a comunicare con Rick, la cui sola colpa era quella di cercare costantemente di sciogliere le sue tensioni.
Oltre ad architettare ogni genere di complicata distrazione, compresi pupazzi di neve sul tetto.
“Ok…” Mormorò. Non aveva faticato a convincerla. Desiderava davvero godersi la giornata con lui senza sottoporsi ad altri stress.
“Ti va almeno qualcosa da bere?
“Mi andrebbe un goccio di vino rosso.” Chiese Kate a bassa voce. “Un goccio solo…”
Castle sorrise. “Prendo un bicchiere e lo dividiamo?” Il medico le aveva consigliato di evitare l’alcol, e per il suo standard la quantità si era praticamente azzerata, ma che un goccio di vino le avrebbe permesso di avere meno acidità dopo i pasti.
“Però ti porto del formaggio…”
“Castle…”
“Mangi un boccone di formaggio e bevi il vino.”
“Non ubriacherò nostro figlio.” All’apice di quel breve battibecco il telefono di Kate iniziò a squillare.
Castle cercò di vedere il chiamante ma non vi riuscì. “Dimmi che non è il distretto…” mugolò in modo lamentoso.
Kate guardò il telefono. “E’ mio padre.” Era sorpresa ed allo stesso tempo preoccupata.
Castle la invitò a rispondere mentre lui raccoglieva i boxer ed il resto dei suoi vestiti. Le lasciò un po’ di privacy.
Jim stava chiamando Kate e per lo scrittore era solo un buona nuova. Considerò l’opzione di lasciarli soli perché entrambi erano sempre stati riluttanti a parlare di quel giorno.
“Papà…” Rispose con calma Kate.
Ciao Katie. Come stai?”
“Bene… Tu?” Chiese timorosa.
Il solito.” Rispose Jim senza particolare inflessione nella voce. “Spero tu non sia al distretto.”
“La neve mi blocca a casa.” Replicò sconsolata.
Devi studiare giusto?” Suo padre la stava prendendo larga. Gliene fu grata.
“Mi sembra di essere tornata al liceo. Sono ormai agli sgoccioli.” Kate ascoltò suo padre parlare con improvvisi sbuffi di fatica. Non c’erano particolari rumori d’ambiente, ma sentiva che era all’esterno.
“Papà perché sembri affaticato? Stai camminando nella neve?”
Sto tornando a casa.” Jim rise.
“Sei andato in ufficio, a piedi?” Kate si inquietò.
Jim espirò rumorosamente. “Sono stato al cimitero.” Disse abbassando il tono della voce. “Era tutto molto calmo.” Commentò infine.
Kate si morse il labbro. “Papà...”
Sono un uomo di montagna Katie, non mi spaventa un po’ di neve.”
“Non affaticarti troppo.” Lo redarguì lei. Ci fu un momento di silenzio in cui Kate pensò di dover chiudere la chiamata, poi suo padre la sorprese.
Ho pensato di chiamarti e dirti che stavo… bene. Sì.” Quella era una vera novità.
“Mi fa piacere.” Rispose Kate con un sorriso. Riusciva a percepire la tensione nella voce di suo padre nonostante il respiro affannoso.
Jim si schiarì la gola, cosa che faceva quando doveva dire qualcosa di importante.
Le feste sono state molto piacevoli. La tua famiglia è davvero molto… confortevole.”
“Papà è anche la tua famiglia e lo sai. Rick ed io ci teniamo.” Tenne a precisare. Suo padre si sentiva ancora marginale? Ma se stava per diventare nonno!
Dopo tanti anni mi sono sentito più sereno. Vederti… Tua madre sarebbe così felice.”
“Rick mi ha fatto parlare di lei oggi. E’ stato stranamente… liberatorio.” Gli raccontò brevemente del loro reciproco racconto sul primo giorno di scuola.
Jim rise tossendo. Ora Kate riusciva a sentire nitidamente i suoi passi nella neve. “Rick ti fa bene.”
“E’ folle. Mi ha fatto ben quattro pupazzi di neve. Insomma uno non bastava…”
Fa sempre le cose in grande, comunque la sua follia ti fa bene.”
“Se vuoi te lo presto un po’.” Kate ironizzò divertita.
Credo che non abbia lo stesso effetto su di me. Oh, manca poco a casa. Comincio ad essere un po’ stanco!”
Kate lo canzonò. “Dov’è finito l’uomo di montagna ora? Quando la neve ci darà tregua passi a trovarci?”
Più che volentieri. Salutami Rick e ringrazialo da parte mia.”
“Per cosa?” Chiese curiosa.
Perché ti sta rendendo felice, anche oggi. Soprattutto oggi.”
Kate sorrise chiudendo gli occhi. “Gli vuoi parlare?”
No, diglielo tu. Per cortesia.”
“Ok, papà. A presto allora.”
Buona giornata Katie.”
La chiamata si interruppe e Kate posò il telefono alzando gli occhi verso la porta. Si aspettava di veder Castle fermo lì, ma lui non era ritornato.
Lo chiamò cercando i vestiti per indossarli. Dopo alcuni secondi Rick comparve sulla porta completamente vestito, con un vassoio i mano.
“Con mio profondo rammarico devo chiederti di coprirti sennò potresti prendere freddo.” Castle studiò le sue forme con una languida occhiata di apprezzamento.
Era incorreggibile e lei ne era pazza. “Qui fa piuttosto caldo.” Forse la sua pazzia era stata contagiosa ma suo padre aveva detto bene, Rick era la sua ragione di benessere, di felicità.
“Mio padre ti saluta e ti ringrazia.” Gli disse quindi litigando con la maglia che stava indossando. Riuscì a infilarci la testa e tornare a guardare Rick che si era avvicinato e aveva appoggiato il vassoio sul comodino.
“Per cosa?” Rispose lui cercando di aiutarla in quel garbuglio di maniche.
Kate fece una smorfia quando alzando il braccio sinistro, la cicatrice sul suo fianco le dette improvvisamente fastidio. Rick sedette accanto a lei.
“C’è qualcosa che non va?”
Kate scosse il capo. “Non è niente, il seno è cresciuto e la cicatrice tira un po’…” Lo vide annuire.
“La tua pelle si deve abituare alla nuova dimensione. Sei diventata… florida.”
Kate si guardò. Non era proprio a suo agio con quelle forme ma doveva farci l’abitudine.
“Vuoi che ti prenda della crema idratante? Così approfitto per spalmartela e accarezzarle ancora…”
“Dopo. Ora vorrei provare quel formaggio.” Sentiva un improvviso appetito nel vedere quella leccornia casearia.
Castle fece uno sguardo furbo. “Facciamo tutte e due le cose?”
“Ti ho appena comunicato che hai la stima di mio padre… sei senza vergogna.” Lo stuzzicò e lui ridacchiò.
“Abbiamo fatto un figlio Beckett, immaginerà che non ci limitiamo ad avere una elazione platonica!” Giocherellò con il bordo della sua maglietta. Poi cedette e le allungò il vassoio.
Kate assaggiò un primo boccone di formaggio gustandoselo. “Certamente Castle.” Rispose rispondendogli con la sua stessa ironia.
Castle studiò il mondo fuori dalla finestra.
“Che ne dici di mangiare e poi salire sul tetto? La nevicata si sta facendo più rada.”
“Ma non eri tu quello che voleva coccolarsi a letto?”
“Vero. Ma si sta calmando e possiamo dare un occhiata ai quattro piccoli al piano di sopra.”
“Ok. Facciamolo.” Rispose Kate con entusiasmo. Guardò suo marito in modo intenso, facendolo sfrigolare di curiosità in un silenzio carico di altre domande che sapeva sarebbero spuntate a breve. La strategia del mutismo era sempre vincente.
“Quindi tuo padre mi stima?” Incalzò Castle ad un certo punto. Sapeva di piacere a Jim, ed era incuriosito dai discorsi padre e figlia che lo riguardavano.
“Ah ha… Dice che la tua follia mi fa bene.”
Castle strabuzzò gli occhi. “Devo scindere i due concetti o uno salva l’altro?”
Kate sbocconcellò una scaglia del suo formaggio con gusto. “Non saprei, decidi tu.”
Alzò le spalle. “Penso che prenderò il lato positivo… Lo so, modestamente posso essere molto molto pazzo.” Ribadì con il dito indice alzato. “Ho degli assi nella manica.”
Lo spirito innato di adattamento di Castle era riemerso: quando gli conveniva poteva rigirare i concetti negativi in qualcosa di positivo anche nel peggio. Del resto era un uomo che sosteneva la veridicità del paradosso del gatto di Schrodinger.
Nonostante tutto ciò suo padre non lo considerava affatto folle.
“Signore della corte dei miracoli, re dei pazzi, dimmi… quale prova hai superato per arrivare fin qui?” Chiese Kate mimando un accenno di inchino col capo.
“Mi sono innamorato di te anche dopo aver subito tutte le tue tirannie. So di esserlo.” Replicò con lo stesso tono formale. “Come posso non esserlo?” Aggiunse con un acuto.
Kate rise, allungò una mano verso di lui e la posò sulla sua guancia. “Mi piace farti questo effetto.” Cinguettò vezzosa. Oddio come la faceva sentire bene.
Si accomodarono meglio appoggiando entrambi la schiena alla testiera del letto. Kate mangiò il suo formaggio e sorseggiò un po’ del suo vino.
Dalla finestra sembrava che la neve si stesse placando quindi finirono il loro spuntino e si vestirono a dovere.
Rick mise al collo di Beckett una delle sue lunghe sciarpe di cachemire. L’avvolse più volte e Kate scoppiò a ridere. Vuoi soffocarmi?
“Aspetta di andare sul tetto. Ti servirà.”

Salirono con l’ascensore e mano nella mano raggiunsero la terrazza innevata. I piccoli Olaf erano coperti da uno strato di neve morbida e Rick si chinò sul primo per rimodellarne le forme. Kate passò la sua mano guantata sopra la testa del più piccolo ma fu presa dall’interesse per il panorama.
La città imbiancata vista dall’alto non era una cosa di tutti i giorni. Il momento di calma della nevicata sembrava permettesse alla luce di filtrare un po’ di più oltre la spessa coltre di nuvole illuminando la città di un chiarore lattiginoso.
Si avvicinò al parapetto studiando la skyline dei palazzi e la strada in mezzo a quelli senza il solito traffico caotico.
Castle la seguì con occhi attenti.
“Castle…” lo chiamò lei infine, appena il suo sguardo aveva spaziato sulle diverse aree visibili nel quartiere di Soho.
“Dimmi piccola.”
“Pensi mai che sia una follia far nascere un bambino in questo mondo?” Disse con una mezza risata.
Era costellato di violenza. “Insomma è una cosa da pazzi…”
Castle si alzò, abbandonando il suo lavoro di cesello nella neve e portandosi accanto a lei. “Oh, sì.”
Si spostò per darle una lieve spinta con la spalla.
“L’idea di avere un figlio con te batte sempre ogni paura.”
“Anche se finiremo per non dormire?” Kate si morse un labbro. Nel giorno che ricordava quello che aveva cambiato la sua vita le cose potevano sembrare più grigie del solito.
“Crolleremo esausti sul divano facendo a turno.”
Kate annuì. “Ricordo la disavventura con il piccolo Ben.”
“Cosmo.”
Lei restituì la spinta con la spalla. “Per fortuna non hai insistito per dargli quel nome.”
“Tu non volevi…” Ironizzò inspirando.
“Però… che vista… Dovremmo venirci più spesso.” Castle annuì.
“Guarda la fuori Kate, quando la neve ricopre tutto, per il tempo che rimane prima di sciogliersi, lascia il mondo come nuovo, pulito. In giornate così rallenta anche la frenesia di questa città assurda e sembra tutto molto più bello.”
“Una magia temporanea.” Kate sorrise.
Castle inspirò annusando l’aria. “Ti porta a fare pace col mondo.”
“Mio padre è stato al cimitero. Ha detto che era… molto calmo.”
“In solitudine. Non c’è momento migliore di una nevicata così per poter sentire i propri pensieri nel silenzio.” Annuì con il capo. Lo sguardo per nel vuoto, pensieroso.
Kate cercò di scuoterlo. “Ti è capitato qualcosa di simile?” Le sue avventure la incuriosivano sempre.
Lui guardò lei e poi tornò a guardare avanti, verso gli altri edifici. “Una delle prime volte che Meredith aveva portato Alexis con sé a Los Angeles. Non potevo andarci per questioni di lavoro ed ero terrorizzato.” Kate lo seguì rapita dalla sua voce.
“Nevicava, era l’inizio di dicembre. Ho girato a vuoto a piedi in preda al panico. Sono finito in un cimitero. Avevo il naso ghiacciato, il respiro affannoso e ho pensato che mi stesse per venire un infarto. C’era un grande tasso a guardia di una cappella, aveva le fronde così fitte che la neve non era scesa sotto di esse. Mi sono seduto su un muretto sotto quelle fronde e ho pensato al fantasma di Canterville.”
“Cosa?”
“Sì, sai il modo in cui riesce ad avere pace.”
Kate corrucciò la fronte. “Sir Simon aveva ucciso la moglie perché non faceva i lavori domestici!” Ridacchiò sorpresa non riuscendo a capire quale analogia avesse trovato Rick in quella situazione, pianta di tasso a parte.
“Beh… avrei voluto anche io uccidere la mia ex moglie come prima cosa. Lei i lavori domestici li aveva proprio rimossi dall’esistenza.” Si beccò un’occhiataccia da Kate.
Castle sorrise sornione. “A parte questo trucido aspetto, ho pensato alle eventuali persone sepolte li.
All’improvviso mi sono sentito trasportato dalla necessità di sapere le loro storie. E così ho lasciato che l’immaginazione avesse il sopravvento, ho sentito i miei pensieri nitidi, come se li avessi enunciati ad alta voce.”
Kate lo immaginò in quell’ambientazione. “I tuoi pensieri sono rumorosi anche quando non nevica!”
Stavolta fu Castle a farle la linguaccia.
“Ho pensato che se ci fosse stato qualcuno tra loro ad aver compiuto qualche azione orrenda allora io lo avrei perdonato, dandogli pace. Le date sulla cappella indicavano che era piuttosto vecchia, 1819 mi sembra. Qualsiasi cosa avessero fatto a chi poteva importare più? Erano nell’oblio, probabilmente nessuno si interessavano più a loro.”
“E come tutto questo ti ha fatto stare meglio?” Lo incalzò Kate. Era bravo a raccontare storie, ma ancora meglio quando la storia era reale ed era in un passato ancora tutto da scoprire. Castle aveva vissuto vite parallele, come scrittore famoso e come padre. Più lo conosceva e più quell’aspetto nascosto di Rick, il vero sé stesso e non il vanesio romanziere, la affascinava e la spingeva a desiderare di sapere altro.
“Ironicamente pensando alle sventure di questi sconosciuti ho scordato le mie per un po’. Mi è passato il panico, mi sono riposato e alla fine sono tornato a casa senza la voglia di uccidere Meredith.”
“Se fosse stato così forse ti avrei conosciuto prima Castle…”
“Mi avresti arrestato come la prima volta.”
Kate annuì. “Solo che in quel caso saresti stato molto molto colpevole.”
“Mi sento in debito con l’ottocentesca famiglia Bowman.” Concluse Rick.
Non doveva essere sorpresa dei suoi dettagli nel raccontare la storia, era impressionante che riuscisse a ricordare addirittura il nome della famiglia. La sua mente era prodigiosa.
“Tu invece? Ti è capitato?”
“A me è successo sotto la tempesta peggiore della mia vita.”
 Una tempesta?”
“Lo sai quale tempesta…” rispose Kate a bassa voce.
“Oh, quella?” Castle fu rapito dalle emozioni.
“In quel caos di pioggia e fulmini ho finalmente capito con chiarezza cosa volevo. Forse anche per mio padre è arrivato il momento di passare oltre…” Sorrise, in modo innocente come una bambina.                                   
Castle le si avvicinò appoggiando la fronte alla sua. Quella tempesta aveva cambiato le loro vite per sempre.
Le cinse la vita.
“Non so se per lui cambierà qualcosa. In fondo lo capisco...” Alzò gli occhi su di lei. “Capisco…” Sottolineò annuendo il capo con un sorriso mesto. Lasciarono che il silenzio li avvolgesse.
L’atmosfera aveva un che di surreale. Rimasero assorti, entrambe le menti focalizzate l’uno sull’altro.
Castle si mosse e con un braccio avvolse le spalle di Beckett, con l’altra mano tolse la neve dai suoi capelli e dalle sue spalle. Nevicava poco ma nevicava ancora.
“Mi è sembrato che da qualche giorno a questa parte qualcosa ti impensierisca.” Castle interruppe infine. “C’è qualcosa d’altro?”
Kate espirò emettendo una nuvola di vapore. Cercò di minimizzare.
“Devo affrontare la commissione etica, rivolteranno me e la mia vita come un calzino.” Spiegò. “Potrebbe essere imprevedibile, non so davvero cosa aspettarmi.” Disse con disappunto facendo una smorfia.
Doveva essere realista, quello era un passo difficile. Nel lavoro si era spinta fino al limite rimanendo nella legalità quindi non riusciva a farsi un’idea di come avrebbero giudicato il suo operato. In certe situazioni molti burocrati non potevano capire cosa si doveva affrontare per arrivare alla verità. Aveva una carriera impeccabile e nonostante tutto la commissione etica aveva già mandato a farle le pulci l’agente Brady. Non desiderava avere un altro interrogatorio incentrato sul passato di suo marito.
“Cosa temi possa accadere?” Stavolta Castle affrontò il suo sguardo con altrettanta serietà. Indietreggiò e si appoggiò con la schiena al parapetto. La guidò verso di sé.
Il pubblico conosceva Richard Castle, lo scrittore, ma nessuno conosceva Rick come lei ed il suo sostegno e la sua positività le avevano salvato la vita. Se il discorso si fosse incentrato ancora su di lui, doveva trovare il modo di farlo percepire. Le parole giuste.
Kate si tolse un guanto e cercò la mano di Castle che fece altrettanto. “Non riesco a prevedere nulla, ecco perché non sono tranquilla.” Specificò.
“E poi mi presenterò a loro con il pancione, potrebbe essere provocatorio? Oppure fuori luogo?”
Castle scosse il capo vigorosamente. “Da quando una donna incinta è fuori luogo? Soprattutto se è la mia bellissima moglie.” Puntualizzò.
Ovvio che il giudizio della commissione non avrebbe influenzato la loro vita privata però la impensieriva.
“Hai fatto una scelta coraggiosa, sarebbe stato più facile senza Abel? Probabilmente sì.” Valutò Castle cercando di infonderle la sua sicurezza.
“Ma noi non abbiamo mai intrapreso le strade più facili. Mai… Ricordi?”
Kate annuì. “Mai...” ripeté sospirando.
“Se la commissione saprà fare il suo lavoro, valuterà la persona che sei davvero: hai avuto il fegato di non accontentarti, di ambire al meglio che la vita possa darti anche in amore. Gli dimostrerai che essere un poliziotto con le palle non significa sacrificare la tua femminilità e la possibilità di essere madre, di avere una famiglia. Gli dimostrerai che sei capace di affrontare ogni cosa scommettendo sul futuro.”
“Non vorrei che si limitassero a notare solo una debolezza...”
“Il nostro rapporto?” Lei annuì.
Castle s’incupì. “Capisco.” Era già accaduto che lui fosse considerato l’anello debole.
Kate si prodigò a chiarire il suo punto di vista.
“Niente metterà in discussione noi, babe, ma come è successo con l’agente Brady non mi è facile restare neutra quando sparano sentenze su di te. Sei migliore delle sciocchezze riportate nelle fascette dei tuoi libri.”
“Lo so. Lo dico sempre.”
“Castle…” Rispose Kate pensando che esame dopo esame sarebbe arrivato il momento di dover rinunciare alla sua compagnia. Lui sorrise con un’espressione colpevole.
“Non sono del tutto padrona delle mie reazioni a causa degli ormoni.” Sbuffò e scosse il capo per togliersi un po’ di fiocchi di neve dai capelli.
Castle la aiutò a proteggersi il viso alzandole la sciarpa fino al naso.
“Alla fine di tutto non potrai più lavorare con me.” Sussurrò attraverso le fibre della lana.
“Abel ed io saremo orgogliosi della nostra paladina della giustizia di una bellezza impareggiabile. Preciso che la bellezza è tutta per me. Il senso di giustizia lo posso condividere. Non troppo però, solo in orari di ufficio ed esclusi i festivi.”
Stava facendo nuovamente il buffone e riusciva percepirla come una buona idea.
Kate espirò. Che poteva succedere? Castle aveva già aperto il vaso di pandora della sua vita, cacciando una piaga alla volta aveva neutralizzato le calamità. Ci sapeva fare.
“La commissione etica non sarà un problema, ne sono certo.” Ribadì lui. “E se immagini cosa potrebbe pensarne tua madre, sappi che sei molto più importante di uno dei tanti avvocati di cui è piena la città, stai facendo la differenza.”
La mano di Kate scivolò sul torace di Castle indugiando all’altezza del cuore.
Sotto lo spesso strato di vestiti non avrebbe potuto sentire il suo calore ma sapeva che era lì e batteva anche per lei. Castle le sorrideva tranquillo, così fiducioso in un futuro roseo. Non voleva sembrare solo negativa, ma lei era quella coi piedi per terra dopotutto.
“Penso molto a lui, ad Abel.” Si strinse nel cappotto con un sorriso mesto. “Voglio che tutto fili liscio.”
Castle le fece l’occhiolino. “Lo desidero anche io. Abbiamo avuto poco tempo per noi tre soli in questi giorni.”
Troppe variabili in giornate ricche di attività. Dal loro chiarimento prima di natale non c’erano stati altri momenti intimi come quello ed in fondo sapeva che a Castle mancavano forse più che a lei. L’aveva lasciata tranquilla per studiare e tenuta lontana dai disturbi dei lavori edili dopo il suo exploit.
“Mancano pochi mesi…” Sottolineò ad un certo punto. “Abel è un dormiglione, non si ancora mosso.”
“Il dottore lo hai sentito, è tutto ok. Sta bene.” La rincuorò Castle.
“So già che dovrò marcarlo stretto quando nascerà. Se ti assomiglia anche solo un po’ si metterà nei guai!”
Castle si abbassò e finse di bussare al pancione. “Ehi Abel, stai tranquillo, non c’è bisogno di agitarsi, ma se farai sentire alla mamma che ci sei, starà meno in pensiero.”
Era vero, scalpitava all’idea di sentirlo muoversi dentro di sé.
“E’ solo una questione di giorni. Sei alla diciannovesima settimana, vedrai che lo sentirai presto e poi ti tormenterà, comincerà a non ti farà dormire prima di nascere!”
“No, è un dormiglione, ti assomiglia!” Kate tirò un leggero pugno alla spalla di Castle. “E ricorda che tu non dormirai con me. Dovrai raccontargli storie per farlo dormire.”
Castle sorrise. Alzò la mano destra. “Parola di lupetto.”
“Lupetto…” Ripeté sarcastica.
“Lupacchione… Ho la bocca grande per mangiarti meglio!”
Kate scoppiò a ridere. “Questa è brutta Castle. Brutta…” Gli mise una mano sulla bocca. Forse era meglio dedicarsi ad argomenti più leggeri.
“Chiedo scusa, calo di zuccheri! Andiamo avanti?”
“Solo se mi prometti di non pronunciare altri orrori.”
Lui annuì e si divisero gli strumenti che Castle aveva portato sul tetto: palette e secchiello da spiaggia.
Kate impugnò una paletta e guardò Castle inginocchiato e terra sopra un cartone per evitare di infradiciarsi.
Lui le allungò un paio di altri pezzi di cartone e Kate cercò di imitarlo. Si sentiva un po’ legata in tutti quegli strati di vestiario che Castle aveva insistito per farle indossare.
“Quando passerà questa nevicata vieni con me in piscina? Ho voglia di muovermi e poi le cene delle feste hanno lasciato qualche traccia…” La lunga permanenza in casa stava intorpidendo i suoi arti e non poteva permetterselo. Voleva stare in forma perché dopo la nascita del piccolo sarebbe stato più difficile trovare tempo
“Volentieri. Faremo anche shopping. Mancano ancora molte cose per la stanza di Abel.”
Cose positive, tutto ciò su cui intendeva focalizzarsi Castle nell’immediato futuro.
“Finiremo sui giornali?” Chiese quindi stringendo gli occhi. Kate non aveva mai amato il suo rapporto con la stampa, purtroppo dopo quel fatidico agosto le cose erano peggiorate quindi pensava agli effetti collaterali che potevano derivare dal suo essere fotografata col pancione in pubblico. Si pentì nuovamente di aver detto quelle parole, ma non di aver difeso la sua monogamia.
“Dovrà succedere prima o poi.”
Castle avrebbe spinto perché lei si coprisse per bene difficilmente avrebbe adottato uno stile minimale o temerariamente leggero come suo solito, probabilmente non si sarebbe notato.
Mosse il collo leggermente intorpidito. Nonostante i molti dubbi si sentiva rilassata e tranquilla, protetta e amata. La tristezza se n’era andata del tutto, era a suo agio come sempre accanto a Castle e avvolta dal calore del suo sorriso: il suo paradiso personale.
“Non mi importa, tranquillo.” Lo rincuorò. La preoccupava solo rendere pubblica una fragilità. Era una sua vecchia abitudine, buona secondo lei, quella di tenersi lontano da occhi indiscreti e non mostrare il fianco a possibili nemici. E ce n’erano di nuovi purtroppo. Forse Castle evitava il discorso ma non era uno sprovveduto, conosceva i rischi.
Castle fece spallucce. “Scommettiamo su quanto tempo ci vorrà prima che mi chiami Paula?”
“Non voglio farlo.” Rispose Kate con una smorfia. Rise guardando suo marito e poi compattò con veemenza la neve rimodellando l’Olaf numero tre. Non era suo interesse destare quello della Black Pown.
“Mi stupisce che tu l’abbia tenuto il segreto.”
“Questa cosa è solo nostra.” Asserì fiero. Lo sguardo di Kate era una delle ragioni per cui era pazzo di lei.
“A Gina verrà una sincope.”
Quella possibilità divertiva anche lei dopotutto. “Non vedo l’ora… Per la sincope ovvio.”
“Crudele detective.” Borbottò Castle con voce tonante.
“Gina è colpevole di tentato furto di marito. Meriterebbe l’ergastolo.” Aggiunse Kate.
Castle ridacchiò, non prima di buttare a Beckett una manciata di neve che lei gli restituì con gli interessi.
“L’hai più vista?”
“No, mi odia ora, mi manda solo mail.”
Castle aveva in mente un nuovo progetto e al momento non era intenzionato a fare partecipe la sua casa editrice. Era sicuro di avere una chances di andare ben oltre ciò che era stato fino a quel momento.
Ristrutturarono ai loro pupazzi per altri minuti giocando con la neve. Kate guardò verso il cielo, i fiocchi di continuavano a scendere radi e turbinanti. Le davano un senso di vertigine. Ascoltò il respiro di Castle mentre giocherellava, pensando al da farsi.
Con i preparativi per l’arrivo di Abel erano solo all’inizio. Stavano pensando al corso preparto, a come organizzarsi nel quotidiano, persino a come presentarlo agli amici in una bella festa al suo arrivo a casa.
In quel 9 gennaio Kate aveva sentito in modo vivido che la sua famiglia stava guarendo la sua ferita. Anche suo padre ne era influenzato. Doveva lasciare carta bianca a Rick per ricacciare nel vaso di pandora i restanti demoni della sua esistenza.
Tornò a guardarlo. Era di nuovo innevato. “Castle?” Lui si voltò nella sua direzione.
“Dovresti brevettare questa terapia.” Abbassò lo sguardo sul pupazzo di neve a cui Castle aveva aggiunto nuove e vistose curve femminili.
“Anche loro sono una coppia.” Chiarì Castle indicando due pupazzi vicini. “Piccoli Rick e Kate.”
“Non ho tutte quelle tette.”
Castle spalancò gli occhi chiari. “Non esserne così sicura.” Ridacchiò. “Dopo scendiamo e prendiamo le misure.”
Kate rivalutò il suo pensiero: forse concedergli carta bianca era un po’ rischioso, ma non si sarebbe mai annoiata.

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Rieccomi con l'ultimo capitolo di questa breve..
Per chi me l'ha chiesto la linea temporale della serie Achab parte da dopo due anni dal loro matrimonio. Castle era stato rapito ma non ho ma approfondito il perchè, se non per una vedetta ai danni di Kate.
Bracken è in galera ma ancora vivo, non sono mai accaduti gli avvenimenti della stagione 8.
Anche qui prevale sempre il loro menage nel privato.
Grazie a tutti per avermi seguito, ho ancora tante idee e devo solo trovare il tempo di mettere tutto nero su bianco. Che non è poco.
Un abbraccio a tutti.
Anna

  
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