TITOLO:
Il Batterista e la bambina
AUTRICE:
Princes_of_the_univers
RATING:
nc-17
PARING:
Shannon/Stefania e Jared/Monica
(marginale)
DISCLAIMER:
I protagonisti non sono di mia
proprietà, purtroppo. Tutto quello che scrivo è
frutto della mia fantasia.
Qualsiasi fatto o nome riconducibile alla realtà
è puramente casuale.
COMMENTI:
monicucciad@hotmail.com
Dedicato
a Stefania: buon compleanno
Il
locale era fumoso e pieno di gente. Tim
non poteva desiderare di meglio per il suo debutto come bassista nei 30
Seconds
to Mars, formazione di Los Angeles non ancora alla ribalta. Aveva preso
il
posto di Matt circa due mesi prima e tutti sembravano soddisfatti di
lui. Il
suo muovere la testa energicamente per far ruotare il ciuffo, mandava
in
visibilio le fans, o almeno questo speravano i suoi compagni di gruppo.
Si
guardò in giro e, grazie al suo metro e novanta e
più, riuscì a guardare fino
in fondo alla sala. Non si accorse, o meglio, fece finta di non
accorgersi, che
parecchie ragazze se lo stavano mangiando con gli occhi. Era famoso
nell’ambito
musicale come uno sciupafemmine di prima categoria, anche
perché di solito,
nessuna si lamentava del trattamento riservato.
In
quel momento, però, stava aspettando
altre persone: per quella importante serata voleva accanto a se le
uniche due
donne, oltre a sua madre, che non si sarebbe mai portato a letto, le
sue uniche
e vere amiche da ormai una vita.
Stefania
e Monica erano due sue vecchie
compagne di scuola: quando lui era finito nei guai per delle canne, lo
avevano
aiutato e cercato di discolpare. Con loro vicino, paradossalmente, si
sentiva
protetto ed invulnerabile. Per questo motivo le voleva lì,
ma ancora le due non
si vedevano.
“Ehy
tutto ok?” davanti a lui si era
materializzato il chitarrista Tomo. Come lui portava un gran ciuffo che
qualcuno avrebbe definito emo, ma aveva il volto più
squadrato, una barbetta
incolta e un accenno di baffi alla cosacca. Gli occhi leggermente a
mandorla
erano scuri e dolci.
“Sì,
sto solo aspettando due persone.”
“Ah,
stanotte non te ne basta una,
addirittura due… ma riesci a tenere il colpo,
sì?”
“Spara
meno cazzate, Tomo.” Rispose Tim
quasi offeso: come poteva osare a dire che non sarebbe riuscito a farlo
con
due? Eh sì che lo conosceva da parecchio ormai.
“Dai
muoviti, dobbiamo fare il soundcheck.”
E così dicendo i due salirono sul palco ingombro di fili,
dove altri due
ragazzi li stavano già attendendo.
Intanto,
poco fuori il locale, due ragazze
stavano parcheggiando una Vespa blu e si stavano spogliando: ok che era
primavera inoltrata, ma la sera faceva ancora freschino.
“Muoviti
che siamo in ritardo, Tim ci
aspettava mezz’ora fa.” Disse la prima, chiudendo
il casco sotto il sellino.
Aveva lunghi capelli neri mossi con le punte blu elettrico, il volto
ovale,
morbido, con due occhi castani enormi, resi ancora più
grandi dalle lenti degli
occhiali, anch’essi con la montatura blu, direttamente in
tinta con i capelli.
Indossava un paio di jeans neri e una camicetta rossa con una leggera
scollatura di sicuro effetto, visto che aveva un seno piuttosto
prominente.
“Non
è colpa mia, dovevo dar da mangiare
alla piccola.” Rispose l’altra togliendosi la
giacca scura. Era un po’ più
bassa dell’altra ragazza, munita di scintillanti capelli
rossi e un piccolo
broncio: odiava essere sgridata. Lei indossava un top nero con il collo
ad U
piuttosto castigato e un paio di pantaloni neri e le scarpe eleganti.
Sembrava
a disagio davanti alla luce al neon verde del locale.
“Monica,
non dovrei essere qui mi sa.”
Disse, infatti.
“Stefy,
smettila. Ti fa solo che bene e poi
qui parliamo di Tim, mica di uno qualsiasi. Te lo devo ricordare io
tutto
quello che ha fatto per noi?”
“Ovvio
che no, ma…” fissò la via in
lontananza, come se si aspettasse qualcosa.
“Ma
niente. Ora andiamo e per questa sera ti
svaghi un po’.” La prese per mano e la
accompagnò all’interno. Lanciarono
immediatamente uno sguardo al palco ed individuarono il loro amico.
Impossibile
non notarlo, era il più alto di tutti, svettava su chiunque.
“Andiamo
da lui?” Chiese Stefania.
“Non
adesso, mi sembra che stiano
provando…magari disturbiamo.”
Le
due trovarono il piccolo divanetto dove
avevano notato la giacca di pelle di Tim e vi misero anche le loro
borse.
Presero da bere, rigorosamente analcolico, e tornarono al loro posto.
“Ragazze!”
l’urlo le fece voltare e si
ritrovarono con Tim che le abbracciava tutto felice.
“Orsetto!”
Esclamò Stefy felice “sei
bellissimo questa sera.”
“Ti
ringrazio patata.”
“Oh
vi prego, smettetela con tutte queste
smancerie.” Fece Monica prendendoli in giro.
“Se
non ti conoscessi bene, potrei pensare
che sei una persona acida e dura di cuore.” Disse Tim dandole
un buffetto sulla
guancia.
“Ma
io lo sono!”
“Ma
non dire cazzate!”
“Non
capisco proprio perché non ci
credete…io sono cinica!” fece Monica lamentandosi,
solo che i suoi due amici
non parevano prenderla sul serio. “uff…”
“Sentite,
io devo andare a suonare…ci
vediamo dopo ok?”
“In
groppa al riccio Timmuzzo!”
“Con
le mutande di ghisa!”
Le
luci si spensero e le note iniziarono a
volare alte. Non erano i ragazzi che suonavano, ma i Carmina Burana di
Mozart,
con “O Fortuna”. A Monica e Stefania fece un gran
bell’effetto.
Poi
la batteria, potente, unica, un suono
secco che riempiva l’aria circostante e non ti lasciava
scampo. Stefy non riuscì
a pensare ad altro che a quei battiti di inaudita potenza, quasi non si
accorse
che anche chitarra e basso avevano iniziato. Fissò il
batterista, ma ci vedeva
poco: capelli scuri sparati qua e là con il gel e due
braccia possenti in una
maglietta a maniche corte bianca.
“Porca
puttana quanto è bello!” Sentì
esclamare Monica. Stefy si risvegliò e cercò di
capire di chi la sua amica
stesse parlando. Non le ci volle molto per intuirlo: non staccava gli
occhi dal
cantante.
Non
sembrava molto alto, vestito
completamente di nero, con jeans stinti e camicia, Tiger Onitzuka e i
capelli
lunghi fino sulle spalle scuri, con dei ciuffi rosso fuoco. I grandi
occhi di
colore chiaro- grigio?- sembravano quasi sproporzionati rispetto il
volto. Una
leggera barbetta incorniciava il volto perfetto. Si stava scatenando
come un
invasato.
Stefy
poteva capire che a Monica piacesse:
non si faceva fatica a trovarlo carino, ma a lei non diceva nulla. In
realtà
già da un po’ l’universo maschile non la
interessava per niente. Aveva già la
sua vita che era abbastanza incasinata, non le serviva di certo anche
un uomo
che le rovinasse, di nuovo, tutto quanto.
“Sì,
passabile.” Si permise di dire alla
ragazza, che ora la stava fissando come se le avesse appena detto che
il cielo
era fatto di zucchero e le nuvole di panna.
“Passabile?
Ste, ma tu gli occhi li usi?”
Lei
non rispose e si limitò a fare
spallucce: che ne poteva capire Monica? Era vero, le era stata sempre
vicina e
quindi tutto quello che lei aveva provato, lo sapeva, però
passarcene in prima
persona era tutta un’altra cosa.
Il
concerto durò un’oretta e mezza: i
ragazzi fecero per lo più cover, ma si lanciarono anche in
qualche canzone
originale molto bella. Insomma, le due ragazze, per motivi differenti,
furono
soddisfatte.
“Allora,
come sono andato?” fu la prima
domanda di Tim: era tutto sudato e stanco, ma i suoi occhi brillavano
felici.
Nonostante le sue ansie, sapeva di essere andato bene.
“Fantastico,
hai superato te stesso!” Fece
Monica.
“Sì,
mi sembravi molto sicuro di te la
sopra.” Rincarò la dose Stefy contenta che il suo
Tim fosse felice.
“In
effetti…all’inizio quando le luci si
sono spente, ero in panico.” Il ragazzo non riusciva a stare
fermo, si muoveva
come se lo avesse punto una tarantola. “Cioè, mi
sentivo come se avessi
dimenticato tutti gli accordi. Poi, quando Shannon ha iniziato a
rullare, bam,
sono partito in automatico!”
“E
chi sarebbe sto Shannon?” fece Stefy
curiosa.
“Io.”
Da dietro le arrivò una voce profonda
e divertita. Lei si voltò come presa con le mani nella
marmellata e rimase
senza fiato. In fronte a lei stavano il paio di occhi più
incredibili che
avesse mai fissati: erano leggermente a mandorla, di un colore
indefinito, un
misto tra il castano chiaro e il verde, con delle sfumature di giallo.
Sembrava
di guardare un grosso felino notturno. Cercò di deglutire,
ma con scarsi
risultati. Va bene che erano da cinque anni che non usciva con un uomo
e che,
soprattutto, non gli interessavano, ma quello davanti a lei era
indescrivibile.
Teneva calato in testa un cappellino con il frontino rosso e aveva una
maglia
nera con la scritta viola “LAMF”: evidentemente
dopo il concerto si era
cambiato. I pantaloni rossi gli fasciavano le gambe muscolose. Era
sbarbato con
un dolce sorriso dipinto sulle labbra carnose. Stava fissando Stefania
piuttosto interessato.
“Ciao,
io sono Monica.” Si presentò
tendendogli la mano.
“Piacere.
E tu sei?” fece a Ste che ancora
non aveva detto una parola.
“Io
sono…ehm, io sono Stefania.” Gli porse
la mano e si sentì il batticuore quando lui gliela strinse:
forte, sicura,
dolce.
“Cavoli
Tim, dovevi farcele conoscere prima
queste bellezze.” E rise mentre lasciava una manata sulla
spalla dell’amico
facendolo barcollare. Era almeno venti centimetri più basso
di Tim, ma in
quelle braccia aveva una forza incredibile.
Monica
faceva vagare lo sguardo per tutta la
sala: voleva il suo bel cantante, ma di lui neppure una traccia misera.
“Venite,
sedetevi qui con noi.” Fece Tomo
riuscendo a liberare il piccolo divanetto.
“Allora,
che fai di bello nella vita?”
Domandò Shannon a Stefania. Lui si era seduto volutamente
vicino a lei, perché
quei capelli lunghi e rossi gli erano piaciuti subito. Certo, poi era
rimasto
ammaliato anche dai suoi occhi scuri e profondi, da quelle labbra rosse
tutte
da mangiare e pure da quel piccolo corpo da poter possedere.
Sperò ardentemente
che quella sera il suo fascino funzionasse alla grande.
“Io
insegno.” Fece lei velocemente.
“Interessante…e
cosa?”
“Insegno
all’asilo nido. Con i bambini di
due anni circa.”
“Immagino
che sarai una madre favolosa,
allora.” Monica e Tim si voltarono all’unisono, ma
nessuno sembrò farci caso.
Stefy, invece, rimase un attimo interdetta, ma sorrise a Shannon e
tornò a
fissare il palco dove le prime coppie stavano iniziando a ballare.
“Ti
va di fare due salti?” Le chiese
Shannon.
“Parli
con me?” fece Stefy. Da tempo ormai
nessuno la invitava a fare qualcosa…in realtà da
tempo ormai lei non usciva
quasi di casa.
“Vedi
una ragazza più bella di te a cui
posso chiederlo?” Shannon si complimentò con se
stesso per l’uscita degna di
suo fratello. Stefy arrossì e si lasciò condurre
in pista, incurante dello
sguardo preoccupato di Tim.
Non
quello di Monica, però, anche perché lei
si era alzata per andare a prendere da bere al banco. Il suo cantante
era
scomparso e lei ne era decisamente infastidita.
“Un
the freddo, al limone!” ordinò svogliata
al barista. Passando in rassegna i ragazzi poggiati al banco,
notò, proprio in
fondo, l’uomo che voleva lei. Si era cambiato anche lui, non
aveva più la
camicia nera, bensì una t-shirt viola. Stava parlando fitto
fitto con una finta
bionda alta almeno dieci centimetri più di lui e
praticamente senza un grammo
di seno. Monica sorrise maliziosa e si avvicinò lentamente,
ma inesorabilmente,
alla coppia. Fece finta di guardare per aria, ma quando
arrivò davanti alla
bionda, inciampò e le rovesciò tutto il suo the
addosso.
“Ma
cosa?” urlò la malcapitata.
“Oddio,
scusami, sono inciampata.” Fece
Monica finta come una moneta da tre euro.
“Merda!”
esclamò la bionda fiondandosi in
bagno per sistemarsi un attimo.
“Ops,
a quanto pare ho fatto il danno.”
Continuò Monica facendo spuntare la lingua malandrina dalle
labbra. Guardò il
ragazzo che sembrava sul punto di scoppiare a ridere.
“Io
sono Monica.” E gli porse la mano
sicura. Lui guardò le sue unghie smaltate di nero e gliela
prese.
“Io
sono Jared, piacere.”
“Scusami,
ti ho rovinato una piacevole
chiacchierata.”
“Direi
di no…una conversazione piuttosto
normale. Quello che hai fatto tu è stato più
divertente.”
“Che
ho fatto io? Guarda, non so di cosa tu
stia parlando.” E sorrise malefica, mentre lui scoppiava in
una risata
cristallina.
“Lo
sai, sei molto bravo a cantare.” Lo
elogiò. Se voleva farselo più che amico, meglio
iniziare da prima di subito.
Con
la coda dell’occhio Monica vide la
bionda uscire dal bar e mandare a quel paese sia lei che Jared, ma non
se ne
curò: sfiga tua, fortuna mea.
Jared,
dal canto suo, aveva quasi tirato un
sospiro di sollievo. La bionda non gli dispiaceva, sarebbe stato facile
portarsela a letto quella sera e poi dimenticarsela, solo che sentirla
parlare
era un’agonia. Non aveva un minimo di spessore culturale e,
ok che a lui
piacevano le Barbie, ma almeno sapere che cosa fosse un libro! Invece
Monica
era decisamente più sveglia. Innanzi tutto gli occhi erano
più vispi e
divertenti: c’era una luce che li animava. E poi il suo modo
schietto di
fare…l’attirava molto.
“Ti
va se andiamo a sederci dai miei amici?”
le fece.
La
portò fino al divanetto, dove erano
rimasti a parlare solo Tomo e Tim. Il bassista aveva in mano una cicca
accesa e
nell’altra una Corona a metà, mentre Tomo aveva
optato per un birra chiara.
“Ciao
ragazzi, vi presento Monica. L’ho
conosciuta al banco.” I due lo guardarono e tornarono a
parlare per i fatti
loro. “Certo che siete veramente maleducati.”
Monica rise e si sedette sulle
gambe di Tim lasciando Jared a bocca aperta.
“Uff,
Monica, pesi.” Fece lui prendendola in
giro.
“Dai
Orsetto…” Lo riprese lei facendo il
verso a Stefy, poi guardò la sua preda “Io e Tim
ci conosciamo da una vita.” Ma
si spostò, in modo da sedersi vicino a Jared.
“Allora,
Jared, che fai di bello nella
vita?”
“Sono
il proprietario di una libreria.”
Monica sgranò gli occhi.
“Non
l’avrei mai detto, ti vedevo meglio
come…uhmmmm mi sa come cantante.”
“Bhe,
faccio anche quello.” E sorrise
malizioso, tanto che Monica sentì un brivido partirle lungo
la schiena.
Intanto,
in pista, Stefy si stava
scatenando. Non riusciva a credere di poterlo fare così bene
dopo tanto tempo.
Il ragazzo dietro di lei la assecondava e le faceva mille complimenti.
Si
sentiva ebbra di felicità, qualcosa mai sentito veramente
prima. Per meno di un
secondo si dimenticò completamente di tutta la sua vita.
E
Shannon era esultante: stava andando
meglio di come se lo aspettava. La prese per la vita e ballò
sensualmente con
lei. Provò a lasciarle qualche bacio sul collo, ma lei si
staccò e raggiunse la
sua amica. Possibile che avesse rovinato tutto? Gli sembrava di essere
stato
decisamente chiaro nel lanciare i messaggi e anche nel recepirli.
In
realtà Stefy si sentiva in colpa: per un
piccolo glorioso minuto si era sentita di nuovo libera e avrebbe voluto
continuare così per tutta la serata, ma si era sentita
infine in colpa per
averla dimenticata per troppo tempo.
“Monica,
devo tornare a casa.” Esordì senza
nemmeno dare il tempo alla ragazza di capire che cosa stava succedendo.
Era
intenta a parlare con Jared di tutto e niente, buttando lì
innocentemente delle
avance.
“Eh?
Scusami?”
“Dai,
muoviti, non posso stare ancora qui.”
Monica la fissò con il labbro tremulo e gli occhioni
sgranati, chiedendole
silenziosamente di non farle questo, ma Stefania sembrava piuttosto
determinata.
“Se
vuoi ti accompagno io.” Fece Shannon:
poteva ancora raccattare qualcosa da quella serata così
strana.
“Fantastico!”
Esclamò Monica lieta di poter
stare ancora un po’ con Jared.
“Molla
le chiavi della macchina, fratello.”
Fece Shan, mentre Stefy guardava l’amica con odio.
“Tò.
Mi raccomando, che torni intera.” Fece
Jared.
“Siete
fratelli?”
“Già…
andiamo Stefania?” la rossa si avviò
all’uscita un po’ mogia: preferiva che ad
accompagnarla ci fosse Monica.
Shannon era un gran bell’uomo e proprio di questo lei non ne
aveva proprio
bisogno.
In
macchina parlò praticamente solo lui: lei
si limitò a segnalargli la strada.
“Scusa,
ma ti sto antipatico?” Fece
esasperato Shannon dopo dieci minuti di silenzio tombale.
“Non
proprio.” Fece lei.
“Ah,
non si direbbe. Ok, scusa, non sono
fatti miei.” E rimase in silenzio pure lui.
Quando
la macchina si fermò sotto il palazzo
di Stefy, lei guardò verso le sue finestre e sorrise vedendo
che non c’era luce
che proveniva dall’interno.
“Senti,
Shannon…” iniziò lei con tono pacato
“…sei un ragazzo simpatico, ma con me non
c’è storia.”
“Ti
vedi già con qualcuno?”
“No,
ma la mia vita…è un po’ complicata e ti
assicuro che adesso non voglio complicarmela di più.
L’uscita di questa sera è
stata bella, ma unica, perché io di solito non esco mai.
Questo non dipende da
te, ma da me e da problemi che io ho. Quindi, con il cuore in mano, ti
consiglio di tornare al locale e trovare qualcuna che ti meriti molto
più di
me.” E gli sorrise dolcemente.
Shannon
ci rimase di sale: si era aspettato
qualcosa di decisamente più intrigante per lui, invece lei
lo stava liquidando
come un ragazzino delle medie.
“Ok,
come preferisci. Mi spiace, perché mi
eri piaciuta subito.” Tanto valeva dirle tutto no?
Stefy
scese ed entrò nel palazzo. Appena
varcò la soglia del suo appartamento andò a
guardare fuori dalla finestra:
Shannon stava accendendo il motore dell’auto e se ne stava
andando. Si
rammaricò di averlo conosciuto così tardi nella
sua vita.