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Autore: eleCorti    12/09/2016    4 recensioni
[Fanfiction partecipante al contest "It's too clichè II edizione, indetto da rhys89 sul forum di efp]
Sì, lo era eccome: “Sana Kurata e Akito Hayama!” ecco le tante attese parole del professore, che fecero sbiancare non solo Sana, ma perfino Akito.
“Cosa? No aspetti professore. Non potrebbe cambiarmi?” domandò la giovane Kurata, cercando di mantenere la calma. La verità era che dentro bolliva dalla rabbia.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: eleCorti (sul forum Elettra.C)
Titolo della storia: I hate that I love you
Cliché utilizzato: odi et amo
Fandom: kodocha/Rossana
Coppia: Sana/Akito
Generi: slice of life, fluff, romantico
Avvertimenti: what if
Localizzazione: future!fic – indefinita
Note: dopo mesi, ritorno sul fandom di Kodocha, con una fanction partecipante ad un contest. Spero vi piaccia!
Biglietti B&R: Nessuno



 
I hate that I love you



 
Eccolo: Akito Hayama era appena giunto in classe... come al solito in ritardo. La giovane Sana – seduta all’ultimo banco, di fronte alla finestra – pensava non venisse, visto che spesso e volentieri saltava la scuola. Quanto lo detestava! Lei, difatti, lo trovava antipatico e un donnaiolo di prima categoria che  – nonostante ciò – era amato da tutti, persino dagli insegnanti.
Conosceva Akito fin dal primo anno di liceo – ora entrambi sono terzo anno – e lì fu subito odio a prima vista. Ciò che non gli piaceva del giovane Hayama era quella sua aria indifferente, quel suo non interessarsi di nessuno. Lei, difatti, era stata l’unica della classe a non cadere ai suoi piedi, cosa che diede molto fastidio al giovane dai capelli biondi. Perché? Perché per lui non esistevano ragazze che non cadessero ai suoi piedi, semplice. Aveva provato a conquistarla, rendendosi, però, conto del caratterino tutto pepe della giovane Sana, che a lui non andava giù. Akito, difatti, era un tipo assai tranquillo, che molto spesso amava stare in solitudine.
Il giovane Akito si era già seduto al suo posto – l’ultimo banco della fila centrale – che già tutte le ragazze iniziarono ad assillarlo. Sana roteò gli occhi: perché quelle oche giulive non lo lasciavano mai in pace?
Due occhi: li sentì chiaramente puntati addosso, si voltò, notando gli occhi ambrati del giovane Akito che la fissavano. Un brivido di freddo le salì su per la schiena. Quello sguardo era così profondo e intenso, così... malinconico e triste. Non poté fare a meno di chiedersi il motivo di quello sguardo. Scosse la testa, pensando di essersi sbagliata: Akito Hayama non poteva avere un così tale sguardo intimidatorio.
Il professore di storia giapponese – un uomo sulla trentina dai capelli castani e gli occhiali – entrò in classe, facendo alzare tutti gli alunni. Un’altra noiosa giornata scolastica era appena iniziata, pensò la giovane Sana.
“Bene ragazzi, oggi volevo proporvi un lavoro di gruppo. Tutto ciò che dovete fare è fare una ricerca su un argomento che vi assegnerò io...” spiegò l’insegnante, aggiustandosi gli occhiali quadrati e dalla montatura trasparente.
“Ah, ovviamente i gruppi, che sono formati da due persone, li sceglierò io!” aggiunse, mentre apriva il registro di classe per iniziare a fare l’appello.
Un lavoro di gruppo: almeno sarebbe stato più bello studiare, pensò Sana. Certo, c’era il rischio che potesse finire con quel citrullo di Hayama, ma poteva pensare di essere così sfigata?
Sì, lo era eccome: “Sana Kurata e Akito Hayama!” ecco le tante attese parole del professore, che fecero sbiancare non solo Sana, ma perfino Akito.
“Cosa? No aspetti professore. Non potrebbe cambiarmi?” domandò la giovane Kurata, cercando di mantenere la calma. La verità era che dentro bolliva dalla rabbia.
“Mi dispiace signorina Kurata, ma i gruppi sono già stati decisi” rispose il professore, con un tono che non ammetteva repliche.
“Ma non posso stare con questo qui!” protestò ancora, come se fosse una vera e propria bambina.
“Suvvia signorina Kurata, non faccia la bambina!” la rimproverò il professore, che voleva iniziare la lezione.
La giovane Sana sbuffò, incrociando le braccia al petto. E ora? Come poteva pensare di trascorrere un pomeriggio intero con Hayama? No, non poteva assolutamente.
“Oh Sana sono così contenta che tu sia capitata con Akito!” le disse Fuka durante la pausa pranzo. Fuka era innamorata di Akito fin dal primo anno e Sana lo sapeva. Avrebbe tanto voluto fare a scambio con lei, ma sapeva che, se Akito e Fuka fossero rimasti da soli, lui ne avrebbe approfittato e le avrebbe spezzato il cuore e lei non poteva permetterlo.
“Lasciamo perdere!” sbuffò ancora, scatenando le risate della sua migliore amica.
La pausa pranzo era appena finita, così le due giovani amiche tornarono in classe, sedendosi ognuno ai propri posti. Sana si era appena chinata per prendere i libri dalla cartella, quando vide qualcuno davanti al suo banco: Akito.
“Cosa vuoi?” con lui, ovviamente, non aveva mai un tono garbato e gentile.
“Visto che siamo in gruppo insieme, Kurata, volevo soltanto chiederti come organizzarci!” rispose lui a tono. D’altronde i loro discorsi erano sempre così.
“Oggi pomeriggio a casa mia alle quattro...” rispose con un’aria svogliata. Così forse se ne sarebbe andato.
“A dopo Kurata!” anche lui, con un’aria molto stizzita, se ne andò.





 
****
Ecco, erano giunte le quattro, chissà perché, ma era nervosa. Forse perché Akito – dopo Naozumi, il suo ex ragazzo – era il secondo maschio che portava a casa. Lei, quindi, aveva paura di una reazione strana della madre e del suo manager Rei (in passato era stata un’attrice, ma poi aveva abbandonato il suo lavoro per dedicarsi agli studi).
Il campanello suonò: Akito era appena giunto. Lei era sopra in camera sua che si stava specchiando, ad aprire, perciò, andò Rei.
“Ah... è così tu devi essere il famoso Hayama...”Rei lo fece accomodare in salotto, non togliendogli gli occhi di dosso, come se volesse constatare che fosse un tipo apposto.
“E tu devi essere occhiali da sole, il suo manager rammollito...” il giovane uomo rimase a bocca aperta a causa della sfacciataggine del giovane.
“Ma, ma... ha sentito quello che ha detto?” si rivolse alla madre di Sana, la signora Kurata.
“Chiudi quella bocca Rei” lo ignorò, andandosi a sedere proprio di fronte al suo ospite. La mamma di Sana, notò Akito, era una donna assai particolare; aveva una strana acconciatura, girava per casa su una macchina giocattolo, ma cosa più sconcertante aveva in testa un piccolo scoiattolo.
“Lui è Maro” spiegò la giovane signora, notando che Akito non toglieva gli occhi di dosso dal piccolo animale.
“Comunque, sono qui a porti una domanda. Che intenzioni hai con mia figlia? Voglio dire, vi sposerete?” Akito, sentendo quella shockante domanda, per poco non ci rimase secco. Aveva sentito male, vero?
“Mamma ma che dici? Smettila d’importunarlo!” Sana, scesa di sotto poiché non vedeva Akito, mise fine a quella strana scena.
“Volevo solo accertarmi che fosse un bravo ragazzo!” si giustificò la giovane mamma, mentre sua figlia trascinava al piano di sopra Akito.
“Mi dispiace, spero che Rei e mia madre non ti abbiano dato fastidio” la giovane dai capelli rossi si sentiva in dovere di scusarsi, una volta che erano sani e salvi nella sua stanza.
“è simpatica in fondo, a differenza tua!” quella frecciatina le fece storcere il naso. Si era, però, ripromessa di non litigare quel pomeriggio.
“Bene, vogliamo iniziare?” ispirò profondamente, prendendo una grande carica di adrenalina.
Poco dopo, i due giovani erano seduti sulla piccola scrivania – che era accanto al letto a baldacchino – che sfogliavano libri sui bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki.
“Stai ancora con quel gay di Kamura?” Sana sgranò gli occhi a quella domanda. Perché gli interessava saperlo? Non poté fare a meno di domandarsi.
“Non è...” si bloccò: come poteva dire che non era gay, quando Nao stava con un ragazzo? Era una presa in giro. Fece morire l’ultima parola in gola, riprendendo la calma.
“No, ci siamo lascati...” rispose con un tono indifferente. All’inizio aveva sofferto, ma poi era andata avanti.
“Che tipo quello li!” un ghigno si formò sulla sua bocca.
Quel pomeriggio, stranamente, i due ragazzi non litigarono. Tra di loro regnava un’atmosfera molto serena; era la prima volta – da quando si conoscevano – che trascorrevano delle ore senza litigare, ma parlando in assoluta tranquillità.
“Bene, direi che è abbastanza per oggi. Domani...” mentre chiudeva il suo libro e lo riposava sulla piccola mensola di fronte alla scrivania, Akito interruppe il suo discorso.
“Vieni da me, forse è meglio” sì, era molto meglio. Non sapeva se avesse retto ancora una volta quei due matti che erano lì sotto.
“D’accordo. Domani alle quattro, allora...” lei a casa di Hayama: ancora più strano di lui a casa sua.
“Ok. A domani...” si mise la cartella sulla spalla e fece per uscire dalla porta.
“Ti accompagno!” si sentiva in dovere di farlo, poiché sapeva che sua madre e Rei lo avrebbero trattenuto ancora.





 
****
La casa di Akito: era un po’ lontana dalla sua e leggermente più piccola, ma molto accogliente. Akito aveva una sorella più grande di lui, Natsumi, che andava all’università ed era una fan di Sana; quindi quando la vide, iniziò a tartassarla di domande. Il padre di Akito, invece, non c’era, poiché a lavoro. Della madre nessuna notizia.
“Scusami tanto per Nat. A volte è davvero insopportabile!” si sorprese nel sentire la parola scusa da parte di Akito.
“Fa niente, sono abituata ai fan” lei, invece, sorrise, mentre si avvicinava alla scrivania.
Circa un’oretta dopo, Natsumi entrò in camera di Akito con un vassoio in cui vi era una torta al cioccolato. Finalmente una pausa!
“Questa l’ho fatta io!” disse, mentre appoggiava il vassoio rotondo tra i vari libri e quaderni.
“Grazie!” Sana la ringraziò, suo fratello, però, non disse niente.
La torta era molto buona, morbida e con un sapore molto dolce. Sana ne andò subito pazza. Ne prese, difatti, più pezzi. Nel mentre, però, si mise ad osservare la piccola stanza di Akito. Il letto, il piccolo televisore, la scrivania e una piccola mensola in cui vi erano due dinosauri e una foto di una bellissima donna.
“è tua madre?” domandò, non riuscendo a staccare gli occhi di dosso da quella foto. Si assomigliavano parecchio, non poté fare a meno di pensare.
“Sì...” perché aveva l’impressione che in quell’affermazione ci fosse tutta la malinconia di quel mondo?
“E lei... lei dov’è?” ebbe il coraggio di domandare. Forse non doveva.
“Non c’è più, è morta quando io sono nato...” Akito... provò tanta pietà per lui. Ora, forse, capiva certi suoi atteggiamenti. Forse, ora capiva tutto di lui.
“Io... mi dispiace...” iniziò a piangere come una fontana, poiché quella storia era così commovente. Dopotutto, lei una volta aveva recitato in un film con una storia assai simile, solo con il lieto fine.
“So come ti senti. Vedi, io sono stata adottata e...” non poté finire il suo discorso: due labbra erano premute contro le sue. Akito la stava baciando. Sgranò gli occhi, dapprima sorpresa e con tutta l’intenzione di scostarlo, ma non lo fece. Quel bacio era qualcosa di stupendo.
“Kurata, la verità è che tu mi sei piaciuta fin dal primo giorno...” ed era vero. Quando il primo anno l’aveva incontrata, l’aveva notata subito. Perché? Lei era l’unica che non cadde ai suoi piedi. Lui voleva conoscerla. Il loro rapporto di odio era nato a causa dei loro caratteri divergenti.
“Akito... io devo andare! Abbiamo affrettato le cose!” raccattò le sue cose con molta rapidità, per poi sparire oltre la porta, lasciando Akito lì da solo con l’amaro in bocca.





 
****
Era passata una settimana da quell’evento e Sana e Akito avevano finito il loro lavoro senza menzionare l’accaduto; era, perciò, giunto il giorno dell’esposizione alla classe.
Quando il loro turno giunse – erano dopo Aya e Tsuyoshi – le cose non andarono bene, Sana non riusciva a stare accanto ad Akito, poiché imbarazzata. In quella settimana lei non si era tolta dalla testa quel bacio e, ogni volta che ci ripensava, il cuore iniziava a batterle e sentiva le farfalle nello stomaco.
All’inizio cercò di negare l’evidenza, cercò di convincersi che si fosse sbagliata che lei non poteva essere innamorata di Akito Hayama, ma la verità era che lei ogni giorno, ogni momento della giornata pensava sempre a lui nel bene e nel male.
“Akito...” dopo le lezioni lo fermò nel cortile della scuola. Era giunto il momento di parlargliene.
“Io... è passata una settimana da quando è successo quello che è accaduto tra noi...” iniziò il suo discorso più emozionata che mai. Era la sua prima dichiarazione, dopotutto.
“La verità Hayama è che anche tu mi piaci...” disse, mentre giocava con le dita, come una bambina, e si guardava le scarpe nere.
“Sei una stupida Kurata...” quella scena scatenò l’ilarità in lui. Per questo le piaceva: perché era allo stesso tempo una persona matura e infantile.
Non poté replicare: Akito l’aveva attratta a sé, posandole un passionale bacio, lì davanti agli occhi di tutti. A loro, però, non importava, poiché finalmente si erano dichiarati l’uno all’altro.
[2009]
 
   
 
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