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Autore: c_gmbs    12/09/2016    1 recensioni
Quella sera d'autunno le tenebre calarono velocemente sopra la città di Forks. Un vento gelido penetrava nelle ossa delle poche anime presenti tra le vie che si affrettavano a rincasare, dove con molta probabilità li aspettava una famiglia amorevole radunata davanti a un piatto caldo. Nel cielo, nubi minacciose attraversate da fulmini e lampi illuminavano a giorno la strada piena di ciottoli e foglie, seguiti da tuoni che promettevano l’arrivo di una tempesta che non tardò ad arrivare. Tra un fragore e l'altro si udiva il solo cigolare di scarponi di passo in passo sempre più veloci, avvicinarsi per poi interrompersi bruscamente. Due sagome nel buio si fermarono davanti all'uscio; La più alta e grossa delle due sollevò la mano sinistra e batté energicamente sulla porta di una piccola casa di legno. La porta si apri dopo pochi istanti e dalla soglia, sbucò una figura slanciata, possente con la carnagione leggermente abbronzata che squadrò i due personaggi fradici per la pioggia.
˂˂ Lei è il Signor Black? Jacob Black? ˃˃ chiese l'uomo infreddolito.
˂˂ Sì, sono io ˃˃ rispose Jacob incrociando le braccia.
˂˂ Sono il Dottor Fisher, lavoro al CSF di Londra. Sono qui per l'affidamento di sua sorella ˃˃.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jacob Black | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Successivo alla saga
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CAPITOLO 1

Era la prima volta che vedevo con i miei occhi la città di Forks. Mamma era solita parlarmene, raccontarmi di quando si era trasferita li per le vacanze. Raccontarmi di come il clima era piuttosto rigido e come estate e inverno non si distinguessero tra loro, di come l'attrazione principale fossero gli alti abeti verdi e boschi che caratterizzavano la maggior parte della cittadina. Non ho mai capito come potesse piacerle un posto del genere, data la sua incongruenza con il clima londinese. Ma aveva conosciuto mio padre lì: Lei lo descriveva come l'uomo della sua vita. Un uomo pieno di vita, pieno di amore, sempre cordiale; un uomo ben diverso dal mio immaginario, dato il suo interessamento nei confronti di sua figlia e soprattutto nei confronti di mia madre. Non capivo come potessero brillarle gli occhi dopo tutto il male che le aveva fatto, come poteva provare ancora amore dopo averla abbandonata senza una ragione? Sicuramente non era un padre modello, se lo fosse stato si sarebbe preso le sue responsabilità. Mamma era morta tre giorni fa per un infarto. Il Dottor Fisher mi venne a prendere a scuola il giorno stesso comunicandomi la triste notizia, mentre ci avviavamo entrambi verso l'ospedale per salutare per l'ultima volta la mamma. Fisher era l'assistente sociale del CSF: Child Safety First di Londra. Un uomo sulla sessantina, capelli bianchi laccati per sostenere il riporto, alto e panciuto. 
Quella sera d'autunno le tenebre calarono velocemente sopra la città di Forks.  Un vento gelido penetrava nelle ossa delle poche anime presenti tra le vie che si affrettavano a rincasare, dove con molta probabilità li aspettava una famiglia amorevole radunata davanti a un piatto caldo.  Nel cielo fulmini e lampi illuminavano a giorno la strada piena di ciottoli e foglie, seguiti da tuoni che  promettevano l’arrivo di una tempesta che non tardò ad arrivare. Tra lo scoppio di un tuono e l'altro, gli unici suoni percepibili erano i cigolii degli stivali affogati nelle pozzanghere e le ruote della piccola valigia che mi portavo appresso. Non era un caso che girovagassi per Forks: Il Dottor Fisher aveva passato la notte al pc per ritracciare le residenza di mio padre, Billy Black, venendo a scoprire della sua morte qualche anno prima. Fisher riuscì,però, a trovare anche il nome di Jacob Balck, mio fratello o meglio, fratellastro.
Arrivammo alla porta della casa prescelta. Era una porta rossa, di legno, molto rustica e ben lontana da quello che era prima la mia casa. Fisher bussò alla porta energicamente, per sovrastare il rumore delle folate di vento. La pioggia tintinnava sul vetro della finestra posta a lato della porta, dalla quale si intravedeva una luce soffusa e una tv accesa. La porta di spalancò e dietro la soglia comparve un ragazzo alto, massiccio, con la carnagione abbronzata che ci squadrò: prima Fisher, poi i suoi occhi inquisitori si spostarono su di me. Un tepore caldo proveniente dal corpo del ragazzo davanti a me mi provocò un brivido che mi percorse tutto il corpo. Come poteva la sua pelle essere cosi calda?
Il Dottore si schiarì la voce. ˂˂  Il signor Black? Jacob Black? ˃˃
˂˂  Si, sono io rispose Jacob incrociando le braccia.
˂˂ Sono il Dottor Fisher, assistente sociale della CSF di Londra. Sono qui per l’affidamento di sua sorella Megan Black.  Possiamo entrare? ˃˃  Aggiunse togliendosi il cappello fradicio per scuoterlo.
˂˂  Mi spiace, ci deve essere stato un errore >> Jacob guardò Fisher con sguardo confuso  ˂˂ Io non ho sorelle >> concluse.
Jacob lanciò un ultima occhiata ai due volti grondanti di pioggia e stanchi per il viaggio, prima di chiudere dietro di sé la porta rossa. Fisher prontamente col piede blocco il gesto del ragazzo, evitando che la porta si chiudesse.
˂˂  Sig. Black mi creda, lei è tutto quello che le rimane di una famiglia ˃˃  esclamò il dottore sopra il sibilo dell’intemperie del vento, mentre frugava nel suo giaccone in cerca di qualcosa. Tirò fuori una busta bagnata anch’essa come il suo soprabito e la porse a Jacob che dopo aver tentennato qualche secondo. l’aprì.
La lesse molto attentamente, riflettendo su ogni parola come se volesse raccoglierne l’essenza di ognuna. Cosa c’era scritto? Da dove sbucava quella lettera? Allungai il collo per poterne sbirciare il contenuto, ma tutto quello che vidi furono i suoi occhi che incrociarono i miei, che per l’imbarazzo si immobilizzarono sulle mie scarpe.
˂˂ Se non è disposto a firmare l’affidamento finirà in orfanotrofio, Signor Black. ˃˃
Esitò ancora un attimo.
˂˂ Va bene, entrate. ˃˃ disse stendendo un braccio verso il salotto, indicando un tavolo con delle sedie.
Ci avvicinammo, mentre dietro di noi la scia d’acqua ci seguiva, rovinando il parquet.
˂˂ Sedetevi, sedetevi ˃˃  ci invitò Jacob.
Mi sedetti e così fece il Signor  Fisher vicino a me , togliendosi il soprabito e appoggiandolo alla spalliera della sedia. Jacob si sedette di fronte a noi mantenendo le braccia conserte sul tavolo, in attesa di qualche risposta.
˂˂ La signorina Megan Black ˃˃  iniziò Fisher   ˂˂ è nata A Londra alle ore 23:58 il 05 Luglio 1999. Attualmente ha 17 anni, figlia di Billy Black e Amber Turner. ˃˃ recitò dettagliatamente. Prese la valigetta che portava con lui e ne estrasse dei documenti.
˂˂ La madre di Megan è mancata tre giorni orsono. La povera è rimasta senza famiglia. Contavamo di affidarla al padre ma viste le circostanze.. ˃˃  concluse, presentando davanti agli occhi di Jacob una scartoffia da ufficio.  
˂˂  Se lei accetta sarà sotto la sua responsabilità l’educazione, il mantenimento e la vita della ragazza. Dovrà essere il suo protettore, il suo punto di riferimento. Dovrà esserci ogni volta che lei avrà bisogno di lei, signor Black. Lei dovrà esserle vicino, come un padre.˃˃
Il signor Fisher lanciò un occhiata a Jacob porgendogli una penna.
 ˂˂  E’ pronto per tutto questo? ˃˃
Jacob esitò, mi guardò ancora una volta ma i miei occhi non dicevano nulla. Nulla di tutto ciò che voleva sentirsi dire per firmare. Non un barlume di speranza, non una traccia di malinconia, non un pizzico di felicità. Il vuoto. Mi sentivo solo persa, senza più punti di riferimento. Come potevo ritrovarmi in una casa sconosciuta in mezzo alla foresta se tre giorni fa ero fra le braccia di mia madre?  Che senso aveva tutto ormai? Jacob inaspettatamente afferrò la penna e scarabocchiò sul foglio, riconsegnandolo a Fisher un attimo dopo. Fisher sorrise, riordinando nella sua valigia tutti i documenti. Guardai di nuovo Jacob e i nostri sguardi si incrociarono, senza intimidirsi l’uno del l’altro ma sostenendosi a vicenda. Forse mi ero sbagliata su di me: I miei occhi dicevano tutto e lui non cercava nient’altro che questo.
 
   
 
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