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Autore: Annabethrock    13/09/2016    1 recensioni
Percy e Annabeth sono due migliori amici che si sono lasciati per 5 anni dopo che il padre di lei ha ottenuto un trasferimento. Ora suo padre viene ritrasferito a Manhattan, dove vive Percy. E se i due capissero di provare più di una semplice amicizia l'uno per l'altro ?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 15

 

 

POV ANNABETH

 

Casa.

Finalmente ero a casa, ed era la prima che sentivo veramente mia dopo anni.

Perchè, diciamocelo, “Casa” non è solo una parola che si riferisce a quattro mura e un po' di mobili carini.

No no, significa molto di più.

E' riferita anche alle persone che vivono nell'edificio o nei dintorni, è riferita alle esperienze vissute lì dentro.

Riferita ai pianti, agli urli di gioia, agli attacchi di rabbia e le paure che hanno macchiato quei muri nel corso degli anni.

Anche se ero in quella città da poco tempo, non mi ero mai sentita a casa come in quel momento, mentre varcavo l'entrata con Percy al mio fianco e mio padre dall'altro e Piper con Jason al seguito, che erano arrivati lì appena avevano saputo delle mie dimissioni.

“Benvenuta a casa Annie” mio padre mi avvicinò a sé lasciandomi un bacio sulla fronte. Gli sorrisi mentre faticando mi lanciai, praticamente, sul divano di pelle del salotto che mio padre aveva insistito di portare direttamente da San Francisco.

Mentre l'odore pungente di limone che aveva da sempre caratterizzato quella casa mi pungeva le narici ringraziai mentalmente mio padre.

Quel divano aveva visto cuori infranti, promesse e sogni, come, una telecamera che non si spegne mai.

Finalmente ero a casa.

 

 

POV PERCY

 

 

Il tempo passò velocemente dalle dimissioni di Annabeth. Fortunatamente le sue dimissioni coincidevano con le vacanze d'autunno, (N/p: so che probabilmente non esistono ma mi servivano per adattare i tempi della storia :) ) il che era un sollievo dato che avevo già saltato la scuola per stare accanto ad Annabeth, magari andando solo alle lezioni del mattino o saltandole proprio. Probabilmente avrei dovuto recuperare più argomenti di quanti una mente umana possa comprendere, ma sinceramente non mi pesava, stare accanto ad Annabeth era molto più importante di qualche calcola algebrico.

Le vacanze sarebbero durate circa una settimana e mezzo e quel giorno eravamo circa a metà di esse.

Annabeth aveva ancora il gesso alla gamba e la stampella, anche se le abrasioni e i tagli sembravano essersi quasi tutti rimarginati.

Per quanto riguardava la nostra situazione io e lei non eravamo ancora riusciti a parlarci seriamente. Ogni volta che uno dei due iniziava un discorso o qualcuno ci interrompeva, o succedeva qualcosa che ci separava.

Era snervante perchè cazzo, sembrava che l'Universo non ci volesse insieme. Ah, ma io e Annabeth avremmo parlato e volente o dolente l'Universo avrebbe dovuto adattarsi.

Quel giorno ero andato come il mio solito a trovare Annabeth e lei mi aveva aperto sorridente la porta.

Eravamo in cucina, parlando del più e del meno mentre lei armeggiava con dei mestoli per preparare qualcosa da mangiare.

Senza che me ne accorgessi mi venne in mente, prima che tutto diventasse così complicato, il nostro piccolo momento nella mia cucina dove iniziammo una battaglia di cibo in piena regola finendo a pochi centimetri l'uno dal viso dell'altra.

La voce di Annabeth mi riportò alla realtà “Perchè stai sorridendo come un'idiota?” mi domandò, puntandomi contro il mestolo di legno “Stavo solo pensando” risposi avvicinandomi a lei.

Sinceramente pensavo che come il nostro solito sarebbe arrivato qualcuno o che il telefono suonasse o qualsiasi altra cosa che avrebbe potuto interromperci. Stranamente nessuno si mise in mezzo mentre lei continuava a guardarmi con fare interrogativo.

Decisi di prendere quella pace come un segnale di “Muovi il culo” dal nostro caro Universo.

Ora o mai più.

“A cosa?”

“A noi due” lei smise di colpo di mescolare ciò che c'era nella pentola e mi fissò con quei suoi tormentosi occhi grigi “Cosa?” mi avvicinai ancora di più “Si, ti ricordi la nostra battaglia di cibo a casa mia?” lei sorrise tornado a mescolare “Come dimenticarlo”.

“Già come dimenticarlo” mi avvicinai prendendole le mani e facendola voltare verso di me “Annabeth c'è una cosa che devo dirti” ora o mai più.

 

 

POV ANNABETH

 

Annabeth c'è una cosa che devo dirti”

improvvisamente fissando i suoi occhi verdi da così vicino riuscivo a scorgere ogni sfumatura. Ce n'erano di verde scuro, verde smeraldo e persino alcuni accenni di azzurro chiaro.

E' inutile dire che riuscivo a malapena a respirare, senza contare il fatto che il mio cervello aveva in qualche modo deciso di non darmi più segnali e lo stomaco che si contorceva più di un acrobata di uno di quei circhi russi.

Lo so che non è il massimo della similitudine ma siate gentili, come ho già specificato la mia preziosa parte razionale era andata a puttane. Parlando finemente.

Comunque riuscii a strascicare una parola di senso compiuto cosa che mi risultò più difficile del dovuto.

“Dimmi”

“Sai Annabeth io non so cosa tu abbia sentito quando eri a rischio coma...”

“Tutto” lo interruppi e sorrisi alla sua faccia stupita “Era come se percepissi ciò che mi circondava, senza però riuscire a reagire”.

La presa sulle mie mani si fece più stretta mentre le sue iridi verdi non si staccavano dalle mie “Perfetto. I miei sentimenti da lì non sono cambiati. Tutto ciò che hai sentito era vero, è vero e te lo ripeterò all'infinito se necessario. Ti amo Annabeth Chase”

Bum. Il mio cuore perse un battito e l'unica parte di cervello che aveva deciso di collaborare smise di farlo.

Così mi ritrovai a balbettare fissando Percy “Beh, forse dovresti sapere che neanche i miei di sentimenti sono cambiati” feci una pausa abbassando lo sguardo per poi rincontrare i suoi occhi come se fossero attratti, due pianeti che si cercano senza ma incontrasi.

“Tutto quello che ti ho detto alla festa è ancora quello che sento. Quel incidente avrà potuto spezzare la mia gamba, ma niente, niente potrà spezzare ciò che provo per te Percy. I secondi successivi a quella frase furono confusi. Non so chi si mosse per primo ma ricordo che sentivo le labbra calde di Percy sulle mie.

Il mio Percy.

Conoscete la regola dei 3 secondi? No? Perfetto ve la spiego. Secondo questa regola ci metti circa tre secondi per realizzare cosa sta accadendo quando baci una persona. Durante il primo secondo la tua mente pensa “Sto baciando una persona”, durante il secondo “O cazzo sto veramente baciando una persona!” mentre nel terzo “Mi piace baciare questa persona?”.

Ora, arrivati al terzo punto ci sono due possibilità. Se la risposta è positiva ilo bacio continua e Dio solo sa che succede, mentre se la risposta è negativa il bacio finisce lì magari con qualche schiaffo o imprecazione varia.

Ecco, il mio cervello optò per la prima opzione, così misi le braccia al colle di Percy mentre le sue mani si spostavano sulla mia vita per sollevarmi da terra. Mi posò delicatamente sul bancone della cucina mentre le mie mani cercavano le sue spalle. Come a cercare un sostegno, una sporgenza per evitare di cadere nel baratro.

In quel momento realizzai che Percy era la mia ancora di salvezza, e lo sarebbe sempre stato. Mentre le mie mani gli solleticavano l'orlo della maglia e le sue si muovevano avide sulla mia vita, sentimmo all'improvviso la porta che si apriva rivelando una Piper con gli occhi spalancati e una mano sulla bocca.

“Giuro che non ho visto niente!” si coprì gli occhi con le mani mentre io e Percy ci ricomponevamo come meglio potevamo imbarazzati e rossi in viso “Piper non stavamo facendo niente” lei abbassò la mano e mi guardò sorridendo, anche se la mano ancora le tremava. Nel frattempo Jason era comparso sulla porta “Che succede?” disse con fare interrogativo “Niente, te lo spiegherò, ora dobbiamo fare quella cosa irrevocabile ricordi?” allo sguardo perplesso di Jason la mia migliore amica lo spinse fuori di casa, incurante delle proteste del ragazzo, ammiccandomi prima di chiudere la porta.

Incontrai lo sguardo di Percy arrossendo, se Piper non ci avesse interrotti... Lui di rimando mi sorrise porgendomi la mano “Film?” annuii mentre mi dirigevo verso il divano sedendomi “Basta che non sia alla Ricerca di Nemo” lui rise e mise un DVD a caso che trovò sulla mensole e mi raggiunse sul divano.

Si avvicinò cingendomi con un braccio mentre io mi accoccolai a lui ispirando il suo profumo. Per la prima volta dopo anni mi sentivo sicura, tra le sue braccia tutto sarebbe stato più facile.

   
 
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