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Autore: Pll_AeAlove    14/09/2016    0 recensioni
Il giorno del suo sedicesimo compleanno Anneka Weber scompare misteriosamente, per poi ritornare a casa completamente sotto shock, senza nemmeno riuscire a spiegare cosa le sia successo e quanto spaventoso sia stato. Ma Anneka non sarà l'unica a subire vari attacchi o, addirittura, la morte.
Lei è l'unica ad essere sopravvissuta, l'unica a sapere, ma è bloccata dalla paura, talmente profonda da averle fatto dimenticare l'accaduto, a cui si aggiunge il conseguente desiderio di non ricordare affatto la brutta esperienza vissuta.
Ma quando le cose si fanno difficili e seguono altre morti misteriose, Anneka è costretta a fronteggiare i suoi demoni e cercare di scoprire cosa è successo davvero e, soprattutto, chi è il carnefice.
Perché, innegabilmente, c'era qualcosa che li accomunava tutti.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2 Gli occhi di Anneka rilucevano grazie al fioco riverbero dei raggi del sole che si soffermavano sul suo viso, mentre lei era intenta a guardare fuori dal vetro della finestra e ammirare il cielo terso e sereno, su cui alcune nuvole si stagliavano leggere come un manto, mentre il sole si rendeva prepotentemente protagonista della scena, illuminando la grigia vita che si stava in quel momento svolgendo. Anneka ascoltava con scarso interesse le parole dell'insegnante, mentre si soffermava intensamente ad ammirare la luce e riflettere su quanto bello il mondo fosse, ma anche su quanta poca umanità vi vivesse. Un posto così meraviglioso, che offre semplici bellezze quotidiane a chiunque le cerchi, semplicemente alzando gli occhi e facendosi incantare da quel sole bollente e luminoso. Lei era una persona che aveva sempre amato la bellezza e aveva, a volte anche invano, tentato di indivuarla in qualunque cosa, aveva tentato per tanto tempo di trovare qualunque aspetto positivo si trovasse nelle cose, quelle cose che, di natura, non sono nè positive nè negative, ma acquistano l'accezione che una persona decide di dare loro. La sua ricerca della bellezza era risultata spesso effimera, eppure lei aveva da sempre tentato di apprezzare, apprezzare qualsiasi situazione, e forse era stata proprio la sua continua ricerca della bellezza a ingannarla. Forse per tutto quel tempo non aveva ricercato la bellezza, aveva solo cercato di scappare dalla naturale crudeltà e forsa anche banalità del mondo, aveva cercato in qualsiasi modo di scappare dalla banalità del male. Forse il male era banale proprio perché non agiva in modo maligno, ma in modo inconsapevole. In verità lei non credeva che il mondo fosse un posto di cui andare fieri, però pensava in positivo e sperava che, in futuro, ciò avrebbe potuto portare a qualcosa di buono. Magari, pensando in positivo e facendo tesoro di ogni gesto o parola, sarebbe riuscita ad accettare e avrebbe smesso di scappare. Perché lei ne era sicura, avrebbe trovato un modo per non scappare più. Però accettare non è esattamente sinonimo di evitare. Forse perché lei era troppo debole, forse perché, ad ogni modo, i suoi tentativi si mostravano sempre essere delle mere velleità. Lei scappava sempre. Lei non poteva sopportare. Eppure c'era qualcuno che voleva farle provare dolore. E che gliene avrebbe fatto provare. Perché quel qualcuno la conosceva meglio di quanto lei stessa si conoscesse. - «Rachel, ma ti svegli!?» mormorò Anneka, dopo che i suoi pensieri si furono sfumati e si fu accorta che l'insegnante era ancora intenta a spiegare con solerzia un argomento che tutti sapevano ma che, non volendo andare avanti con il programma, le facevano sempre ripetere fingendo di non aver capito. Rachel trasalì, cadendo dalla sedia e provocando un leggero tonfo. «Eh-oh?» Anneka alzò gli occhi al cielo «possibile che tu debba sempre dormire durante le ore di lezione?» rise divertita. «Sei proprio imbranata,» asserì dopo. «Ehi tu, lì in fondo. Vuoi chiudere quella bocca!?» la redarguì severamente l'insegnante, mentre gli altri ridevano della situazione e Rachel si tirava nuovamente su a sedere, per poi poggiare la testa sul banco. «Vedi, ho ricevuto una sgridata per colpa tua,» mormorò Anneka, tentando di non farsi notare dall'insegnante che, nel frattempo, aveva ripreso a spiegare. «Io sarei imbranata? Tu stai sempre a pensare a chissà cosa!» asserì, rivolgendosi con il capo alla realtà che c'era dietro la finestra vicino alla quale era seduta Anneka. Poi la guardò con un'espressione compiaciuta. «Okay,» convenne Anneka, sbuffando «magari mi distraggo facilmente, ma...» tentennò un po', poi si mise a braccia incrociate sul banco e abbassò il capo per non farsi notare «io non mi estraneo completamente e non cado dalle sedie,» disse, in tono ovvio. «Be', io ammetto che la lezione non mi interessa, ma se tu ti distrai, come tu hai ammesso, allora non interessa nemmeno a te.» «Rachel...è la terza volta che sento parlare del nichilismo e ho già ascoltato attentamente alla prima. Tu non hai mai ascoltato una singola parola!» «Cosa vuoi che ti dica? Che tra noi sei tu la mente?» chiese Rachel. Anneka annuì «non te ne faccio una colpa se sei meno intelligente di me, ma è un pregio che io lo sia più di te,» ridacchiò, con tono falsamente insolente. Amava punzecchiare Rachel in quel modo. «Uffa! Sei proprio noiosa. Mi ripeti perché siamo migliori amiche?» le chiese Rachel, mentre si girava dalla parte opposta a quella di Anneka la quale, avvicinandosi al suo orecchio, le disse «perché ci conosciamo da praticamente una vita,» ci tenne a precisare «e perché tu mi adori troppo per mandarmi a quel paese.» Rachel si girò nuovamente e alzò un sopracciglio, poi ritornò con la testa sul banco, scuotendola leggermente all'affermazione della sua migliore amica. Anneka adorava Rachel, perché con lei aveva condiviso qualsiasi momento, sia bello che brutto; era questo che pensava della sua migliore amica. Che, per lei, era come una sorella. E che non avrebbe mai voluto perderla, per niente al mondo. Rachel era la sua àncora e, fintanto che c'era, tutto era a posto. - Durante il tragitto in auto di quella stessa mattina, era parso ad Anneka che suo padre fosse più silenzioso del solito o che, addirittura, le stesse celando qualcosa. Il suo sguardo deluso e stanco era stata una prova forse ancora troppo astratta, eppure c'era qualcosa che la induceva a pensare che i suoi genitori le stavano nascondendo qualcosa. Lo capiva da come si guardavano imbarazzati quando le parlavano. Come se qualcosa mancasse. «Quindi,» Rosalie circondò le spalle di Anneka con un braccio «quand'è che vieni anche tu da mia zia a farti una manicure?» chiese. Rosalie era un'altra buona amica di Anneka e, nonostante amasse tingere le sue unghie in ogni modo possibile, non era una persona vanitosa, anzi. Era molto timida con chi non conosceva, ma abbastanza confidenziale con chi le stava simpatico. «Non lo so, Rosalie,» Anneka storse il naso, poi si rivolse alla sua interlocutrice «lo sai che le mie unghie mi piacciono così come sono.» «Se è questo che vuoi...» Rosalie si strinse nelle spalle «va bene così. Almeno smetti di mangiucchiartele però!» disse, per poi tirarsi velocemente su gli occhiali con l'indice sinistro. «Rosalie ha ragione, dovresti proprio fare qualcosa,» Rachel si alzò e si avvicinò ad Anneka, stritolandole le guance «ci vuole un bel cambio di look.» Rosalie ridacchiò, stringendo a sè Anneka per le spalle. Era l'intervallo, ma le tre amiche avevano deciso di restare in aula di filosofia e non scendere in cortile. «Quando la finirete di rompermi le scatole?» chiese, sorridendo. Intanto Rosalie aveva preso la sua merenda e si era messa tranquilla a mangiare, accavallando le gambe con i suoi soliti garbati modi di fare. «Annekaaa,» Rachel prolungò la lettera finale digrignando i denti, strattonandola per le spalle e avvicinandosi al suo viso «sei troppo una brava ragazza, sii trasgressiva per una volta.» Rosalie mise una mano davanti alla bocca e ridacchiò innocentemente. «Non sono una brava ragazza, ho anche io i miei difetti. In verità, nessuno è perfetto o davvero innocente.» Rachel strabuzzò gli occhi «okay, ecco che parte e fa la filosofa,» alzò gli occhi al cielo e si mise dritta a braccia conserte, poi si girò verso Rosalie, che aveva parlato. «Ma la filosofia vi piace così tanto?» aveva infatti chiesto, con la sua voce sottile. «Ho scelto questo corso perché, fondamentalmente, non studio nessuna materia,» fece Rachel, mentre Anneka sorrideva, divertita dell'atteggiamento sempre ironico e simpatico della migliore amica «ma, in più, ho Anneka con me.» «Sì be', tu vivi per non fare nulla, sei una tale pigrona!» Anneka rise ancora di più all'affermazione di Rosalie. «Che c'è, voi due!? Guardate che ne vado fiera!» «Contenta tu...» mormorò Anneka, poi chiese «e Claire? Non è venuta oggi a scuola?» «A quanto so si sentiva poco bene...» sussurrò vagamente Rosalie, poi disse «sicuramente la vedremo domani. A proposito Anneka, tra poco è il tuo compleanno, mancano nove giorni.» Anneka avrebbe voluto chiedere più spiegazioni riguardo l'assenza alquanto immotivata di Claire, ma si esaltò immediatamente dopo ciò aveva detto Rosalie «sì, è meraviglioso! Compirò sedici anni, è fantastico!» sorrise ampiamente con gli occhi ricolmi di vana speranza. «E cosa organizzi?» chiese molto curiosa l'altra. «Non lo so ancora.» Poi chiese, titubante «voi ci sarete, vero?» Rosalie e Rachel annuirono e esultarono, e Anneka fu sicura di essere contenta. Lei era ciò che voleva essere. Nessuno le avrebbe portato via ciò che aveva. O almeno, così credeva. «Ragazze, vado in bagno prima che ricomincino le lezioni,» annunciò poi, legando i capelli biondo cenere in una coda improvvisata e dirigendosi a passo svelto verso i bagni. Quel lunedì, dopo l'intervallo, c'era il corso di matematica, una delle sue materie preferite. Ciò che odiava di quel corso, però, era che non c'erano né Rosalie né Rachel a farle compagnia, perché nessuna delle due lo frequentava. Solitamente si sedeva accanto a Claire, ma quel giorno lei non c'era. Ciò che fondamentalmente odiava di quel corso era che avrebbe dovuto vedere una di quelle poche persone che non le piacevano molto. Che non le piacevano affatto.
   
 
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