Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: jess803    15/09/2016    0 recensioni
L'altra metà del mio mondo è la storia di Riccardo, un introverso ragazzo di 17 anni che non sa bene come rapportarsi al resto del mondo. E' la storia di una amicizia, un'amicizia vera, che tuttavia non riesce ad andare oltre le cose non dette e ai silenzi. E' la storia di un amore, un amore forte come una calamita che attrae un pezzo di ferro, ma che "non osa pronunciare il suo nome". E' la storia di tre ragazzi, che tra i classici problemi dell'adolescenza e i primi amori, scopriranno qualcosa in più su loro stessi e sul loro posto nel mondo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1


Riccardo ha 17 anni e da ben dieci vive con la sua famiglia nella casetta al secondo piano a destra, in via dei Pioppi n 33. Riccardo è un ragazzino abbastanza alto per la sua età. Il suo viso è dolce, ma dai lineamenti ben definiti; la fronte è alta e spaziosa, sormontata da un folto ciuffo di capelli castani che cadono disordinati; le labbra, rosse e carnose, incorniciano un bellissimo e dolce sorriso. La madre amava dire in giro che era stata lei a donargli quel sorriso disarmante, che era sicuramente il tratto migliore del ragazzo.
<< Peccato che non lo mostri molto spesso agli altri >> aggiungeva poi la donna, sospirando. In realtà, quello che la mamma di Riccardo non aveva mai capito, era che il tratto migliore di suo figlio erano i due grandi e profondi occhi scuri; occhi che erano in grado di guardare le cose in modo diverso, che sapevano trovare la poesia in ogni angolo del mondo, anche quello più triste e malandato. Riccardo non è un ragazzino semplice e spesso, la sua famiglia, composta da madre, padre e fratellino minore, non era in grado di percepire la sua profonda e allo stesso tempo sottile diversità. La sua stanza si affaccia direttamente sull’ampio cortile del condominio; dall’esterno, si intravedono delle semplici tende color panna appese alla finestra, che lasciano passare la giusta quantità di luce per illuminare l’antro di un artista. La stanza del ragazzo ha una carta da parati molto modesta, è di color bianco calce, impreziosita da piccoli orsetti di vari colori e misure.
<< Non se ne parla! Sono ricordi del passato >> esclamava sempre la madre, ogni volta che il ragazzo, ormai adolescente, le chiedeva di cambiarla. << E comunque >> continuava la donna << ci sono talmente tante cose appese al muro che gli orsi neanche si vedono più >>.
Negli ultimi anni infatti, data la reticenza della signora a disfarsi di tale miniera di ricordi, Riccardo aveva deciso di risolversi il problema da solo. Ma, mentre un qualsiasi altro ragazzo avrebbe comprato un barattolo di vernice e ridipinto tutta la stanza, Riccardo aveva coperto quei fastidiosi orsetti a modo suo, nel modo più consono al suo modo di essere: aveva passato notti intere a disegnare paesaggi e persone con le sue matite colorate, aveva disegnato porti, strade, case, montagne e colline. E li aveva disegnati su ogni pezzo di carta disponibile: fogli volanti, tovagliette da pizzeria, fazzolettini tascabili e una volta anche su una T-shirt. Tutti questi disegni venivano poi attaccati alla parete con una puntina, che veniva infilata sulla sommità delle orecchie di un piccolo orso. E così, con gli anni, le mura della sua stanza erano diventate la rappresentazione dell’universo; non l’universo che conosciamo noi, ma l’universo che esisteva solo nei suoi pensieri, ricco di luce e colori, di paesaggi incontaminati e fantasiosi, un universo ricco di persone strambe, uomini senza capelli, bambini giganti, animali volanti, guerrieri senza scrupoli e avventuriere tenebrose. L’universo in cui viveva il ragazzo era proprio così, assurdo e incontaminato, tanto bello quanto chiuso e impenetrabile al resto del mondo. Quasi ogni anno, Riccardo faceva una gita da solo al lago, per tentare di riprodurre con gli acquerelli lo splendore del panorama al tramonto. Per qualche motivo, purtroppo, fino ad allora, non era mai rimasto particolarmente soddisfatto dei suoi paesaggi; stilisticamente e tecnicamente parlando erano buoni, ma li vedeva spenti e privi di anima, come se mancasse loro qualcosa. A parte qualche scampagnata qua e là per trovare ispirazione, Riccardo non aveva molti ricordi della sua infanzia, del resto non aveva vissuto una vita così ricca di avvenimenti entusiasmanti che valesse la pena ricordare; non ricordava il giorno del suo decimo compleanno, quando andò in gita allo zoo con la famiglia, nonostante la madre avesse appeso la foto di quella giornata al frigorifero con una calamita trovata nella scatola dei biscotti; non ricordava il suo primo giorno di scuola, quando era l’unico bambino a non essere scoppiato in lacrime dopo essere stato lasciato in classe dai genitori; non ricordava il giorno in cui era nato suo fratello Davide, eppure il piccolo mostriciattolo con i denti a fisarmonica era proprio lì, davanti ai suoi occhi ogni giorno. Ma c’era una cosa che Riccardo ricordava perfettamente, una giornata d’estate come le altre, la giornata in cui Riccardo aveva conosciuto l’altra metà del suo mondo.

Era passata qualche settimana da quando la famiglia Morello si era trasferita nella nuova casa, in via dei Pioppi, dal centro città. La signora Morello era una donna pratica e chiacchierona, aveva subito fatto amicizia con gli altri condomini e preparato dei dolcetti alle noci da offrire ai vicini. Il piccolo primogenito dei Morello avrebbe cominciato a frequentare la scuola del quartiere solo a settembre, ma all’inizio delle lezioni mancavano ancora due mesi e la simpatica signora, conoscendo il disinteresse che il figlio aveva sempre mostrato nel giocare e socializzare con gli altri bambini, aveva deciso di trovargli una compagnia per l’estate. Doveva evitare a tutti i costi che il piccolo trascorresse un’altra stagione chiuso nella sua solitudine, a giocherellare con le matite e le biglie colorate. Aveva quindi preparato una rinfrescante granita al limone da offrire ai bambini che ogni giorno giocavano nell’atrio, combattendo coraggiosamente contro la calura estiva, e aveva deciso, che a consegnare quelle granite, sarebbe stato proprio il tranquillo figlioletto.
<< Ricky, lascia stare un attimo quelle matite e vieni in cucina, ho preparato la granita al limone che ti piace tanto >> disse la donna, urlando dalla cucina. Il piccolo Riccardo fece finta di non aver sentito nulla e continuò imperterrito a colorare la schiena della sua amica Milla la tartaruga. Così la signora riprese, con voce più alta: << Ricky, sbrigati a venire che la granita si scioglie! >>. Ormai il piccolo aveva capito di non avere scampo, per questo si alzò e, sbuffando, si avviò nella piccola cucina della nuova casa. Quello che trovò quel giorno sul tavolo bianco al centro della stanza era a dir poco sorprendente: un’enorme quantità di giallo apparve davanti ai suoi occhi. Bucce di limoni e ghiaccio semi-sciolto coprivano quasi metà del tavolo, mentre l’altra metà era ricoperta da piccoli bicchieri di plastica colorati, pieni di granita fino all’orlo. Il piccolo si chiese se la mamma avesse intenzioni di fargli mangiare tutte quelle granite, ma subito dopo capì quale fosse il suo reale obiettivo.
<< Ehi guarda Riccardo, ci sono dei bambini che giocano a calcio in cortile, ti va di portare anche a loro un po’ di granita? Questa è troppa da poter mangiare da solo >>. Con un’espressione alquanto perplessa, il bambino chiese alla madre per quale motivo avesse preparato granita per un’intera scolaresca e la donna, perfettamente consapevole del fatto che il figlio era molto più sveglio di qualunque altro bambino della sua età, si limitò a rispondere frettolosamente: << avevo dei limoni da consumare! Su ora andiamo a portare queste granite giù, ti accompagno io >>. E così, senza alcuna possibilità di scelta, il piccolo e la madre si avviarono verso il cortile retrostante il portone, dove una decina di ragazzini, maschi e femmine di età compresa tra i 5 e i 10 anni, si stavano divertendo a lanciarsi la palla, in un gioco dalla regole non precisamente definite. La maggior parte di essi non viva nel condominio, ma si riuniva ogni pomeriggio a giocare insieme alle figlie delle portinaia e degli inquilini del primo piano. Quando la Signora Morello e il figlio si piantarono al centro del cortile con un vassoio pieno di granite, furono presi d’assalto dai bambini assetati e accaldati in cerca di frescura. Le granite scomparvero nel giro di 30 secondi.
<< Ricky, hai visto che la nostra idea è piaciuta? Che ne dici di restare qui a giocare mentre io finisco le faccende di sopra? >> disse la donna al figlio, con un sorriso smagliante. Riccardo scrollò le spalle: sembrava non essere interessato alla faccenda. La donna quindi si rivolse ad un ragazzino biondo che sembrava il capo della cricca: << Potete far giocare anche Riccardo con voi? >>.
E il bambino, con aria annoiata, rispose: << Beh, sì. Ci manca il portiere per una partita a calcio >>.
<< Ottimo! Io vado allora, buon divertimento caro! >> disse la donna raggiante, mentre spingeva con veemenza il figlio verso gli altri bambini. Dopo qualche minuto, assicuratasi che Riccardo avesse cominciato a giocare con gli altri, rientrò in casa, per finire di sbrigare le sue faccende domestiche.
<< Allora >> riprese il biondo spettinato rivolgendosi a Riccardo << sai stare a porta? >>.
<< Io…io…non lo so, credo di sì >> rispose balbettando il giovane solitario, troppo imbarazzato per poter dire che non aveva mai giocato in porta in vita sua.
<< Bene, allora giochiamo >> replicò il biondo, con aria di sfida.
Dall’espressione vagamente inquietante e sadica del biondino, Riccardo aveva già intuito che avrebbe passato un brutto quarto d’ora. Poco dopo, infatti, si ritrovò sommerso dalle pallonate delle piccola furia bionda, che miravano più alle sue ginocchia che alla rete immaginaria della porta . Finita la partita e fallita miseramente l’operazione amicizia messa in atto dalla madre, il piccolo Riccardo si avviò verso casa, non con aria triste e sconsolata, ma con l’aria di qualcuno che finalmente si era liberato di una scocciatura notevole, mentre da lontano, una bambina dai capelli scuri che aveva osservato tutta la scena, lo salutò con un sorriso smagliante.
<< Io sono Sara, la figlia della portinaia, abito anche io in questo palazzo. Giochiamo insieme con le carte? >> gli disse cortesemente la fanciulla.
Riccardo non ebbe neanche il tempo di rispondere che la bambina aveva già disposto, entusiasta, tutte le carte raffiguranti strani animaletti sul prato, pronta ad una sfida senza esclusione di colpi. Riccardo timidamente le disse di non esser capace di giocare con quelle carte, ma la bambina, sveglia e ottimista, non si fece certo scoraggiare da quel piccolo ostacolo. In appena dieci minuti, insegnò al suo nuovo amico tutte le regole principali del gioco, permettendogli così di dimenticare in fretta la delusione per la partita di calcio.
Riccardo quel giorno, aveva trovato, probabilmente, la prima amica della sua vita. La piccola Sara non solo gli aveva offerto protezione da quella terribile minaccia dorata, ma gli aveva anche messo a disposizione la sua amicizia. Nelle settimane successive, Riccardo e Sara si incontrarono regolarmente per le loro sfide quotidiane; non che Riccardo preferisse giocare a carte piuttosto che completare i suoi amati disegni, ma in quei giorni aveva capito che in fondo era bello avere un’amica con cui giocare. Insieme alle sfide a carte, negli assolati pomeriggi d’estate, non mancarono mai i dispetti della terribile furia bionda, che con una pallonata o un calcio, riusciva sempre a scombinare le carte dei due amici.
Solo dopo qualche giorno, Riccardo scoprì che la piccola peste era figlia della coppia che abitava al primo piano a sinistra e aveva sette anni come lui. Nonostante avesse delle strane tendenze violente, dall’aspetto sembrava un innocente angioletto: capelli biondi arruffati, naso piccolo e all’insù, occhi grandi color verde acqua. Malgrado i dispetti del piccolo angelo del male, l’estate di Riccardo trascorse tranquilla e, a settembre, cominciò finalmente la scuola.
   
 
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: jess803