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Autore: Doomsday_    03/05/2009    5 recensioni
Questa storia racconta di due ragazze con dei poteri sovrannaturali.
è scritta a quattro mani, e viene raccontata da due prospettive diverse. Buona lettura!!
"Doveva aver smesso di pensare a me, dato che in qualità di "frugatrice-nelle-teste-altrui", ero in grado di captare soltanto i pensieri che mi riguardavano personalmente. Sperai ironicamente che i miei poteri fossero in garanzia: a volte avrei dato perfino l' anima per sapere tutto ciò che pensava la gente apparte ciò che riguardava me. Rischiavo troppe volte di rimanere offesa."
"Mi sedetti su un banco e iniziai a respirare lentamente.
Mi piaceva assaporare ogni istante della mia magia. Anche se in realtà durava poco meno di un secondo, io la sentivo durare per minuti infiniti.
Mi fermai su un'immagine precisa nella mia testa, desiderando di essere là e, come ogni volta, sentii alleggerirmi. Sentii il mio corpo dissolversi velocemente nel nulla."

N.B. Storia momentaneamente sospesa.
Genere: Comico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Saldi.
Oggi era giorno di saldi e questa parolina meravigliosa continuava a ronzarmi in testa.
Tutti i negozi del centro commerciale, avevano una targhetta o verde o gialla con su scritto questa piccola parola, ed ogni volta che lo leggevo mi brillavano gli occhi.
Non vedevo l'ora di comprarmi qualcosa di nuovo.
Mi aggirai fra i negozi in cerca di qualcosa di carino da comprare. Entrai da HeM e avvistai, a pochi scaffali da me, una maglietta azzurra.
Mi feci spazio fra la folla per prenderla, ma poco prima che le mie dita si chiusero su essa, un'altra mano, più veloce, riuscì ad afferrarla.

Eccola lì, a pochi centimetri dal palmo della mia mano, la maglietta azzurra che tanto avevo cercato, da abbinare ai pantaloni neri per la cena di compleanno di zia Sandra.
Non badavo alla folla che mi circondava, ma solo quando ebbi afferrato la stampella mi accorsi dei pensieri di un' altra ragazza dall'aspetto abbastanza bizzarro.
-Ma chi caz...-, ah certo, le avevo appena tolto da sotto le mani la maglietta a cui entrambe miravamo.
I capelli rosso scuro e gli occhi verdi da bambina rendevano quella ragazza dai tratti dolci piuttosto particolare. Ciò che mi stupiva di più in quel momento - che mi spaventava più che altro - era il suo sguardo furioso nei miei confronti.
-Guarda te se questa tizia mi doveva fregare l' ultima maglietta azzurra rimasta...-, pensò.

Alzai lo sguardo furiosa. Ma chi era questa tizia che mi aveva fregato la mia maglietta?!
Davanti a me una ragazza minuta con i capelli lunghi e la frangetta nera e gli occhi azzurri, mi guardava spaventata.
La guardai con aria di sfida e lei con un sorriso mi porse la maglietta. Mi sentivo quasi in colpa per averla guardata male, in fondo era una bella ragazza.
Ma quella maglietta mi serviva per il mio primo giorno di scuola in questa città, visto che mi ero trasferita da poco, e non ci volevo rinunciare.
Con un sorriso presi la maglietta e con un semplice < Grazie >, mi feci spazio fino alla cassa.

Ascoltai i suoi pensieri dirigersi verso un' altra direzione, prima ad esaminare il mio aspetto -pensava fossi una bella ragazza, meno male...- e poi ci fu un buco totale.
Doveva aver smesso di pensare a me, dato che in qualità di
"frugatrice-nelle-teste-altrui", ero in grado di captare soltanto i pensieri che mi riguardavano personalmente. Sperai ironicamente che i miei poteri fossero in garanzia: a volte avrei dato perfino l' anima per sapere tutto ciò che pensava la gente a parte ciò che riguardava me. Rischiavo troppe volte di rimanere offesa.
Le offrii la maglietta all'istante, dopo esser stata terrorizzata dal suo sguardo assassino da shopping-dipendente.
Mi ringraziò e continuai a frugare tra gli scaffali, in cerca di qualcosa da indossare a quello stupido compleanno.
Trovai una magliettina bianca che non mi dispiaceva per nulla ma quando sentii i pensieri di un' altra amante dello shopping
-se quella prova soltanto a sfiorare la mia maglietta le stacco le mani -, rinunciai del tutto all'impresa e uscii da quell'inferno troppo affollato.

Sorridendo raggiante, dopo il mio nuovo acquisto, mi diressi verso casa. Arrivai all'incrocio... aspetta, ma dove stava casa mia? Accidenti, mi ero persa di nuovo!
Mi fiondai dietro un vicolo e, dopo essermi assicurata che nessuno mi poteva vedere, mi concentrai sulla mia nuova casa, facendomi venire in mente le immagini della mia stanza.
Sospirai, mi sentii leggera come il vento e in meno di un secondo atterrai sul pavimento della mia camera, proprio ad un centimetro dal mio letto. Dovevo ancora perfezionare il mio potere...
Mi alzai con un lamento e massaggiandomi il sedere, sistemai la mia nuova maglietta nell'armadio.
< Mel!! >, disse mio fratello di sei anni, entrando in camera mia correndo.
< Francesco, esci dalla mia stanza... >, sbuffai spazientita.
< Guarda cosa ho trovato! >, urlò fiero.
Fra le piccole manine cicciottelle stringeva una lucertola che si dimenava. < Che schifo! Liberala subito e vatti a lavare le mani! >, urlai esasperata.
Lui mi fece una linguaccia.
< Guarda che lo dico a mamma >, lo minacciai.
< E io le dico che hai usato di nuovo il tuo potere! >, sogghignò.
Con un imprecazione mi buttai all'inseguimento di mio fratello, che correva giù per le scale, verso la cucina.

Andai verso la gelateria del primo piano, pensando di spendere in cibo i soldi non spesi in indumenti.
-Guarda un po' chi c'è qui... La sorellina solitaria-, i pensieri di una persona familiare mi fecero girare involontariamente verso mio fratello maggiore.
Mi ritrovai di fronte a degli occhi azzurri come il cristallo uguali ai miei, nascosti in parte dai capelli scompigliati nero corvino.
< Ehilà, fratellone! >, ci salutammo e poi ognuno andò per la sua strada. Notai i pensieri di uno degli amici da cui era circondato:
-quella deve essere la sorella di Luca...Mmm niente male.-
Gli altri bei ragazzi non mi prestarono particolare attenzione. Preso il mio gelato al pistacchio tornai a casa piuttosto afflitta per vari motivi: mi toccava il cenone dei parenti e come se non fosse bastato il giorno dopo la scuola mi attendeva malefica.
Sarebbe iniziato il mio terzo anno da liceale, e di questo non ero per nulla entusiasta.
Misi su una maglietta a caso, cercando di non ripensare al caos in cui mi ero fiondata quel pomeriggio, e attesi, lentamente, le ore di noia mortale. Quando mi risvegliai la mattina successiva una pesante consapevolezza mi investì. Da quel giorno avrei ricominciato a studiare faticosamente solo per conoscere le regole di lingue morte. Il Liceo Classico ha i suoi svantaggi: la maggior parte degli studenti è di gruppo femminile, il che implica che non ci stiano molti ragazzi particolarmente carini. Sperai per un attimo che qualche nuovo alunno venisse nella mia classe per darle vita.
Non feci caso ai movimenti dei parenti vari per la casa, cercai di rimanere staccata dal mondo che mi circondava.
Riempita la cartella con un solo quaderno bianco -non sapevo che materia avrei avuto quel giorno-, vestita e pettinata i capelli, uscii di casa cercando di reprimere i miei pensieri.


Mi svegliai di soprassalto, a causa del rumore della sveglia.
Con un grugnito la spensi e ributtai la testa sotto il cuscino.
Oggi iniziava la scuola e la cosa che odiavo di più in assoluto erano le occhiate che lanciavano alle nuove alunne come me.
Odiavo la gente che con un'occhiata ti giudicava senza neanche conoscerti, e odiavo il liceo che dovevo frequentare. Stavo al terzo anno e non capivo ancora perché non me ne ero andata già dal primo giorno. Ma a cosa mi serviva studiare lingue morte?!
Sbuffando mi decisi ad alzarmi. Dovevo anche accompagnare mio fratello a scuola e lui era super entusiasta.
Presi la maglietta azzurra, i jeans e le scarpe azzurre e mi chiusi in bagno. Mi lavai e vestii, mi raccolsi i capelli in due ciuffetti e mi truccai leggermente. Solo un po di matita nera e ombretto azzurro e una passata di lucidalabbra. Scesi per fare colazione.
< 'Giorno mamy >, dissi con un sorriso, quando la vidi.
Le stampai un bacio sulla guancia e mi sedetti vicino a quella peste di mio fratello.
Ingurgitai in fretta il latte e i cereali, perché era davvero tardi e uscii correndo, acchiappando Francesco per la giacca per farlo andare più veloce. La scuola elementare era molto vicina a casa e la trovai subito. Con un bacio salutai Francesco e gli feci coraggio, visto che la sua euforia sembrava svanita.
Avrei voluto stargli accanto ma dovetti correre anche più velocemente di prima.
E se il ritardo già non bastava a farmi innervosire, ci riuscì la mia scarsa dote di orientamento.
Accidenti, mi ero persa di nuovo. Sbuffando pensai all'unica soluzione. Anche se avevo appena promesso a mia madre Elena che non lo avrei più usato, in quel momento avevo assolutamente bisogno del mio potere.
L'unico problema erano le strade super affollate di gente. Iniziai a correre più velocemente possibile, visualizzando nella mente l'immagini del liceo classico e leggera e veloce come il vento mi teletrasportai proprio davanti ai cancelli.
Mi guardai in torno preoccupata, sperando che nessuno mi avesse notato e così mi precipitai dentro la scuola.
Per fortuna la maggior parte degli studenti era già entrata dentro le classi. La mia era il 1H. La preside me l'aveva già mostrata e, stranamente, mi ricordavo la strada per arrivarci.
Bussai prima di entrare e il professore mi accolse con un sorriso.
< Scusi il ritardo >, dissi, chiudendomi la porta alle spalle.
< Non ti preoccupare. Tu sei la nuova alunna, giusto? >. mi chiese.
Io annuii in silenzio e mi avvicinai alla cattedra.
< Ragazzi >, disse rivolto alla classe per ottenere attenzione, < Questa è la vostra nuova compagna di classe. Melania Melis >, annunciò guardando il registro.
< Ciao, Melania >, dissero in coro.
Io arrossii lievemente.
< Puoi sistemarti lì al quinto banco a destra >, disse indicando un posto dove c'era già seduta una ragazza.
Mentre mi avviavo verso il banco, la riconobbi. Strabuzzai gli occhi per la sorpresa: era la ragazza del centro commerciale.
Mi sentii avvampare le guance. In quel momento avrei voluto teletrasportarmi via, da qualunque altra parte che non fosse quella.
Frenai l'impulso di sfilarmi la maglietta e buttarla fuori dalla finestra e mi sedetti accanto a lei.
Mi guardò accigliata, e ridacchiò, forse della mia espressione.
< Ciao, io sono Zoe. Forse ieri abbiamo iniziato con il piede sbagliato, eh? >, ridacchiò.
Io sorrisi imbarazzata e poi al richiamo del professore, ci mettemmo ad ascoltare la lezione; senza più rivolgerci la parola.

Arrivata a scuola non riuscii però a reprimere i pensieri altrui che mi ronzavano in testa.
-Finalmente è arrivata! Non vedevo l' ora di rivederla; le sono ancora cresciuti i capelli, vorrei averli lisci come i suoi...-, pensava Laura, amica del gruppo di cui facevo parte. I suoi genitori le facevano tenere i capelli corti e ricci. Le altre amiche formanti il gruppo erano Ginevra e Simona. Non ero comunque abbastanza legata a loro da confessare persino il mio segreto più grande.
-Lo sapevo. E' ingrassata. Non sta per niente bene quest'anno. Speriamo che la boccino così me la tolgo dalle palle una volta per tutte...-, pensò Desireè, la snob della classe. E in realtà non poteva nemmeno permetterselo, dato il sedere particolarmente sproporzionato.
Comunque, feci finta di niente: non volevo iniziare l' anno con una litigata e per di più non volevo rischiare di far sapere a qualcuno del mio potere, in quanto nemmeno la mia famiglia ne era al corrente.
Salutai i miei vecchi amici e mi diressi con loro in classe. Laura si sedette vicino a Ginevra, come al solito, mentre io mi sedetti all'ultimo banco, posto strategico molto utile quando non avevi fatto i compiti.
Vicino a me non c' era nessuno, visto che Simona aveva la febbre. Iniziava davvero bene...
Entrò il Pischedda in anticipo sulla campanella come al solito, e iniziò subito col suo discorso di inizio anno.
< Il greco quest'anno diventerà sempre più complesso, quindi vi dovrete impegnare ancora più che negli anni del ginnasio. >
Persi il filo del discorso quasi subito, fino a quando qualcuno bussò alla porta. Questa si aprì ed apparve una ragazza dai capelli rossi e dagli occhi verdi. No. Apparve la ragazza dai capelli rossi e dagli occhi verdi. Quella che avevo incontrato il pomeriggio prima al centro commerciale. E... Oh. E indossava proprio la maglietta che le avevo ceduto.
< Scusi il ritardo >, disse al Pischedda.
< Non ti preoccupare. Tu sei la nuova alunna, giusto? >, le rispose. Ah ecco, allora un nuovo alunno c'era ma non era di sesso maschile.
Il professore guardò il registro e ci disse: < Ragazzi, questa è la vostra nuova compagnia di classe, Melania Melis >.
Rispondemmo tutti in coro, salutandola.
-La faccio sedere accanto a Falcetelli? Ma sì, sperando che la nuova alunna la faccia stare più attenta.-, pensò il professore. Ah bene, allora si era accorto di quanto non mi interessassero i suoi discorsi idioti. < Puoi sistemarti lì al quinto banco a destra >.
Melania si diresse verso di me, quando realizzò anche lei chi fossi io. Sentii i suoi pensieri che scorrevano tra i ricordi del giorno precedente, mentre mi osservava e mi riconosceva.
Ridacchiai della situazione che si era creata, quando lei si era già seduta e sistemata nel posto accanto al mio.
< Ciao, io sono Zoe. Forse ieri abbiamo iniziato con il piede sbagliato, eh? >. I suoi pensieri erano pieni di imbarazzo.
Non seppi più che dirle, in fondo saremo potute diventare amiche, con un po' di sforzo.
L' intervallo e il resto delle lezioni passarono abbastanza in fretta. Io e la nuova alunna ci parlammo un po' di più, dopo che ebbe superato il momento di timidezza nei miei confronti.
In terza ora Daniele se ne uscì con una battuta tristissima: < Camilla, mi fai una camomilla? >, e Melania gli lanciò un' occhiataccia scioccata.
Le iniziai ad elencare i vari gruppi che si erano formati nella classe; le "sono-meglio-io-ma-sono-una-butrillona-e-non-me-ne-accorgo": Leader Desireè, Alessandra (soprannominata "Bumbe" per le enormi forme dovute all'enorme quantità di cibo ingerita col passare del tempo), Anastasia cosciotte di pollo... Tutte in realtà si sentivano leader.
Gli "idioti", composti interamente dai maschi: Daniele-battute-tristi, Marcello-l'accannato, Matteo-l'essere-superiore e infine Francesco-tocca-culi.
I "pariolini": Leonardo-che-cazzo-vuoi, Fabiola-tu-non-sei-nessuno.
Scherzammo per tutta l'ora, fino a quando mi chiese: < Tu di che gruppo fai parte? >.
Ci dovetti pensare un attimo, poi le risposi: < Mmm... Credo quello dei normali, e come vedi siamo ben pochi. Ne facciamo parte solo Ginevra, Laura, Simona ed io. Simona oggi non c'è, poi la conoscerai... >
Sarebbe stato più opportuno risponderle:
< Ginni, Sima e Laura dei normali. Io proprio non lo sono. Come vedi sono ben pochi >. Finite le ore di lezione sentii i suoi pensieri.
-E' una ragazza abbastanza simpatica. Saremmo potute diventare amiche se mio padre la smettesse di farci trasferire ogni anno.-

< Camilla mi fai una camomilla? >, disse un ragazzo capellone, a una che gli stava dietro.
Lo guardai scioccata. Ma si potevano fare battute più idiote?
Zoe notò la mia espressione e ridacchiando iniziò ad elencarmi i vari tipi di gruppi presenti nella classe.
Risi per tutta l'ora. Ma in che classe ero capitata?
Almeno una cosa positiva era che già dal primo giorno avevo trovato una potenziale amica.
< Tu di che gruppo fai parte? >, chiesi curiosa. Magari mi sarei potuta ambientare a loro.
< Mmm... Credo quello dei normali, e come vedi siamo ben pochi. Ne facciamo parte solo Ginevra, Laura, Simona ed io. Simona oggi non c'è, poi la conoscerai... >, disse sorridendo.
Ok, non potevo fare parte di quel gruppo. "Normale" non era proprio la parola adatta per definirmi. Però lei è una ragazza abbastanza simpatica. Saremmo potute diventare amiche se mio padre la smettesse di farci trasferire ogni anno.
Sospirai. D'altronde non era colpa sua. Ma poteva anche evitare di fare un lavoro così pesante come il militare.
L'amato suono della campanella annunciò la fine delle lezioni. Afferrai la cartella, salutai Zoe e mi fiondai fuori dalla classe.
Arrivata davanti al cancello, però, mi ricordai di non sapere la strada. Mi diedi un colpetto in testa. Ma come potevo essere così smemorata?! Ripensai alla scuola di mio fratello, per ricordare se c'era una stradina isolata dalla quale poter apparire.
Mentre ragionavo sgattaiolai dentro l'aula ormai vuota. Mi sedetti su un banco e iniziai a respirare lentamente. Mi piaceva assaporare ogni istante della mia magia. Anche se in realtà durava poco meno di un secondo, io la sentivo durare per minuti infiniti. Mi fermai su un'immagine precisa nella mia testa, desiderando di essere là e, come ogni volta, sentii alleggerirmi. Sentii il mio corpo dissolversi velocemente nel nulla.
Un rumore di porta. Spalancai gli occhi poco prima che anch'essi sparissero, giusto in tempo per vedere degli occhi spaventati, nascosti da capelli neri.
Persi la concentrazione e atterrai su di un cassonetto dell'immondizia, fortunatamente chiuso.
Senza preoccuparmi dei vari graffi su gambe e braccia, causati sia dalla caduta che dal teletrasporto traballante, rotolai giù dal cassonetto e appoggiai la testa contro il muro freddo.
Zoe mi aveva vista. Forse solo degli occhi che scomparivano, o poco più. Bastava per riconoscermi?.

   
 
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