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Autore: Okimar    15/09/2016    1 recensioni
Ogni persona ha un proprio tallone d'Achille, qualcosa che gli impedisce di continuare a comportarsi normalmente, seguire la propria routine come se nulla fosse accaduto.
Qualcosa che non gli permette di svolgere il proprio lavoro con il dovuto distacco.
Penelope ha trovato il proprio punto di rottura.
E forse non è la sola...
(la storia si svolge poco dopo l'inizio della quinta serie)
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Morgan, Penelope Garcia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PUNTO DI ROTTURA

 

Quel senso di calore sale rapidamente per poi riscendere in modo altrettanto repentino. La testa comincia a girarle; per un istante tutto si fa oscuro. La voce dall'altra parte del telefono si fa lontana.
-Garcia, allora? Garcia, hai trovato quei risultati? Pronto?-
La dura realtà la reclama. Sangue, morte, stupri, ira, plagio, i risultati di mille modi diversi per rovinare un uomo e fare sì che non possa definirsi più tale, la reclamano ogni giorno, quasi a qualsiasi ora.
Riprende il controllo.
-Sono in arrivo tra pochi secondi.-

L'uomo alto e fascinoso, così come lo definirebbero molte rappresentanti del cosiddetto gentil sesso, osserva il proprio capo concludere la chiamata con rabbia. E' preoccupato per lui ma non può fare niente, perché non vuole essere aiutato. Cerca di non pensarci mentre prende il proprio cellulare per osservare i dati inviai dal miglior tecnico informatico che l'FBI abbia mai avuto. Ma si accorge subito che qualcosa non quadra. E così anche gli altri, soprattutto l'uomo dai capelli scuri e lo sguardo severo che ironicamente definisce "papà".
-Ma che cosa ha combinato Garcia? Questi sono i dati di un caso dell'anno scorso...- lo guarda riprendere l'apparecchio in mano, digitare tasti rischiando di romperli e lo ascolta gridare degli ordini. Sa che per colpa di quest'errore gli toccherà un lavoro extra una volta concluse le indagini, tornati a Quantico.
Ecco finalmente i documenti corretti. Mentre li legge è stranamente distratto; in tutti questi anni non era mai capitato che Garcia sbagliasse caso.
Un trillo improvviso lo costringe a sollevare lo sguardo dalle carte. Così fanno tutti gli altri. Risponde il capo della polizia locale. Scuote la testa, sconsolato. Brutto segno. -Quanti?- lo sentono domandare. -Dobbiamo avvisare le famiglie.- conclude con tono sommesso. Bruttissimo segno.

Qualche ora più tardi sono sul jet e ben presto il bel moro può scorgere l'edificio dove lavora e dove ben altro tipo di compito lo sta aspettando. Dovrebbe limitarsi a sistemare le proprie cose e andarsene a casa, come fanno tutti gli altri, ma non può. Deve prima vedere come sta lei. Capire se è stato veramente un caso, quell'errore, o c'è sotto di più.
Non bussa, la porta è aperta, entra senza avvisare, quasi fosse un suo diritto. La inquadra subito, è di spalle, sta sistemando dei fogli... quando le arriva a pochi centimetri la donna sobbalza. Ma non dice niente. Si limita a guardarlo, aspettando che svanisca.
-Ancora qui, bambolina?- è una domanda neutrale, eppure lei reagisce in modo strano. Lascia andare le carte e stringe il proprio corpo con le braccia, come a proteggersi. Ma da cosa? O da chi?
-Sì, devo sistemare delle cose, ho quasi finito...- la donna bionda arretra, per stare il più possibile lontano a lui, ma sa perfettamente che il proprio antro è piccolo e non c'è modo di sfuggirgli.
-Penelope, stai bene?- l'uso del nome proprio la uccide. Era sicura che lui avrebbe capito che qualcosa non funzionava. Sperava solo che ci impiegasse più tempo. Molto più tempo.
-Sì, sì, stai tranquillo.- ma non riesce neanche a guardarlo negli occhi, mentre lo dice.
-Allora perché non hai usato nessun nomignolo e non hai flirtato con me? E non lo stai facendo neanche adesso...- non c'è nessuna accusa e nessun desiderio di giudicarla, nel tono di lui. Ma l'informatica resiste. Non deve sapere. Non può sapere.
-Era un caso troppo difficile...- suona come una scusa scarsa alle sue stesse orecchie. Ma non è mai stata brava a mentire, come a tenere i segreti... -Puoi andare, io vado a casa tra cinque minuti...- l'agente speciale ora è sicuro che qualcosa bolla in pentola. Deve solo capire cosa. Comincia a vagare, cercando qualche indizio che possa aiutarlo. Poco prima che ci arrivi, lei afferra un foglio e se lo porta al petto. Con modi estremamente bruschi e inusuali per lui, specialmente nei confronti della bionda, glielo strappa di mano. Basta un'occhiata per capire.
-Una lettera di dimissioni? Bambolina... Penelope, vuoi lasciare il BAU?- una fitta al cuore lo trafigge, alla sola idea di non sentire più la sua voce calda e così incredibilmente sexy mentre flirta con lui, evitandogli di essere trascinato nel buco nero scavato dal S.I. di turno. -Perché?- domanda ancora, più sconsolato, non avendo ottenuto alcun tipo di spiegazione. Le si avvicina, la prende per le spalle, poi le alza delicatamente il mento e la obbliga a guardarlo dritto negli occhi.
-Hanno rifatto quella proposta a Kevin e... ho pensato che la cosa migliore è che vada con lui.- è l'unica cosa che riesce a cavarle fuori. Al solo sentire quel nome gli brucia lo stomaco.
-Non puoi andartene!- ora grida quasi -L'Unità ha bisogno di te! Sei la migliore in questo campo, bambina. Non puoi lasciarci...- gli occhi lucidi che nemmeno aveva notato, sembrano sul punto di straripare.
-No... non è vero. Ho... quei bambini...- prova a bloccarla, ma è impossibile. -E' stata colpa mia, se sono morti.- piange senza alcun freno, ma quando lui fa per abbracciarla, viene respinto. -E' stata colpa mia, perché non ero... non sono più in grado di fare questo lavoro.- lui vorrebbe che fosse così, una decisione dettata dall'ansia, dalla paura, dal rimorso e dal momento. Ma il suo tono è così deciso, così convinto di ciò che dice, quasi fosse qualcosa di duramente ponderato da vari giorni.
-Che stai dicendo?- nemmeno l'uomo si preoccupa ormai di nascondere la propria disperazione. Sta per perderla. O forse è già successo, senza che se ne accorgesse.
-Sto dicendo che... che non posso più andare avanti così. Quando vado a casa vedo cadaveri orribilmente mutilati, i pupazzetti e i colori non sono più sufficienti. Neanche i nomignoli. Ho gli incubi, da quella maledetta sera- non c'è bisogno che specifichi nulla, sa perfettamente di cosa lei stia parlando -quasi ogni notte. E non è sempre lo stesso, sai? Cambia, a volte mi uccide subito, altre preferisce torturarmi, altre ancora...- lo sguardo del moro le fa capire che ha compreso -... non riesco più a sorridere e neanche a...- esita un attimo, prima di dirlo -...neanche a fare l'amore. Mi sento rigida, sporca, sbagliata. Questo lavoro logora chi lo fa. Guarda Reid, che non ha mai avuto una relazione e Emily non è da meno. JJ ha un figlio che ogni giorno rischia di diventare orfano di entrambi i genitori. Rossi è stato sposato troppe volte e non ha mai funzionato. E Hotch, Hotch è stato quasi ucciso, fisicamente, perché psicologicamente è già morto... e non può vedere la donna che ama e Jack perché un criminale psicopatico lo ha preso di mira. Non può neanche augurargli la buona notte!- singhiozza più forte. Questa volta è l'uomo a non trovare le parole, così lei prosegue il proprio sfogo e sproloquio. -Mi hanno sparato, hanno sparato a Reid, Rossi è stato per vent'anni ossessionato da un caso che ha avuto un epilogo orrendo, Hotch è stato torturato, e tu sei quasi saltato per aria e mi hai costretto a rimanere in linea. Saresti potuto morire, e mi hai obbligato a sentire la tua possibile fine!- lo tocca, ma solo per allontanarlo maggiormente. -Ogni caso che seguiamo ci avvelena, lentamente, giorno per giorno. Ossessiona qualcuno, che rischia la sua vita e non solo per arrivare al bandolo della matassa... e poi... poi si scopre che l'orribile assassino è stato maltrattato dai genitori e costretto a guardare mentre uccidevano qualcuno, di solito un parente, l'unico con il quale avesse un rapporto sano... oppure che lo stupratore è stato a sua volta vittima di tale supplizio... questi sono i casi peggiori. Sono quelli che non mi permettono di dormire la notte. Continuo a chiedermi perché, perché queste povere anime non hanno incontrato qualcuno che potesse aiutarle lungo la strada? Possibile che nessuno sia stato in grado di cambiare le cose? Troppo spesso i carnefici sono anche vittime e io... io mi sento così impotente e... non ce la faccio più.- sembra che il lunghissimo discorsone sia terminato.
-Garcia io... io non sapevo che stessi così male, che avessi ancora gli incubi... e...- le basta uno sguardo per bloccarlo.
-Basta, Derek. Basta! Io... io voglio dei figli.- riesce finalmente a dire -Voglio vivere in una casetta normale con un uomo che mi ami, tornare tra quelle mura e sentirmi serena, sedermi sul lettino del mio bambino per raccontargli una fiaba dove il cavaliere sconfigge il drago... ma senza vedere il sangue che sgorga tra le pagine... senza sentire le grida di quelli che non sono stati salvati in tempo...- ha ripreso a piangere e urlare. Ma stavolta anche lui perde il controllo.
-E credi che la soluzione sia scappare in una fattoria con mister informatico casinista?- la gelosia e la rabbia traspaiono senza che qualcuno debba fargli il profilo. E' stato già abbastanza difficile vederla ogni fottuto giorno con quel tipo, ma immaginarla lontana miglia, svegliarsi con questi, preparargli la colazione... e soprattutto incinta di lui... non riesce neanche a pensarlo. La afferra per i polsi senza badare di non farle male. Legge ora la paura, negli occhi scuri di lei.
-Voglio una vita normale...- prova a dire, a bassa voce. Quasi avesse davvero il timore di essere sgridata dal proprio migliore amico.
-Normale, bambolina?- è estremamente ironico, ma ci sono anche sfumature cattive, nel tono che gli esce. -Da quando ti piacciono le cose normali? Guardati- le indica l'abito sgargiante e troppo scollato che indossa, le scarpe logicamente abbinate, l'impalcatura che costituisce la sua pettinatura -e guarda questo posto, o casa tua- la obbliga a fare un giro panoramico su sé stessa: tra i vari computer sono appese foto stupide, pupazzetti di ogni tipo, dappertutto sono sparse penne glitterate e piumate. -Tu non sei normale. La tua vita, non è mai stata "normale". Sei una persona meravigliosa che fa un lavoro orrendo, ma estremamente utile. Riesci a vedere sempre il buono in ogni persona e in ogni cosa...- si è tranquilizzato e la sua voce appare calma e quasi serena.
-E' proprio questo il punto, non riesci a capirlo? Non ce la faccio più, a vedere il bene, il bianco nel nero, lo yin nello yang o quel che è. Vedo solo miseria, ovunque. E fin quando resterò qui, sono sicura che non dimenticherò mai quello sguardo, quegli occhi prima che... mi sparasse.- ormai ha capito che non c'è nulla che possa dire, nulla che possa fare, per convincerla a cambiare idea. Ma l'idea di perderla, quell'egoistico bisogno che ha di sentirla e vederla ogni mattina, è talmente pressante... spinge per far emergere qualcosa di cui è all'oscuro egli stesso. Sta per uscire, è sulla punta della sua lingua...
-Penelope...-
-Non lo trovi così ingiusto? Anche nei telefilm, i protagonisti sono praticamente sempre single, non ce n'è uno che riesca a portare avanti una relazione normale, che non riesca a farsi coinvolgere talmente tanto da non avere più una vita propria... salviamo le persone, ma nessuno sembra essere in grado di salvare noi... è come se fossimo maledetti, destinati a essere soli per sempre e io... non voglio esserlo...- sono talmente tante le cose che vorrebbe dirle e sa perfettamente quali la colpirebbero di più, le farebbero capire ogni cosa. Ma la voce si rifiuta di venire fuori. -Mi dispiace, Derek. Mi dispiace davvero. Non devi credere che sia stato facile, giungere a questa conclusione. Ma ho raggiunto il mio punto di rottura. Non c'è modo di aggiustare le cose.- ha gli occhi asciutti, ora; ma la traccia lasciata dalle lacrime si vede ancora. Vorrebbe abbracciarlo, ma il pensiero di non poterlo più fare, tra poco, è talmente doloroso... -Forse un giorno anche tu, raggiungerai il tuo e magari sarai in grado di capirmi meglio... Manderò Kevin a ritirare le mie cose. Io... non ci riesco.- lo guarda un'ultima volta. Lui resta lì, impietrito, non riesce a fare neanche un passo verso di lei. Vorrebbe urlare, trattenerla con la forza, qualunque cosa, qualunque cosa pur di non lasciarla andare via. Ma una parte di lui sa che non è giusto; non ha alcun diritto di decidere per lei, nessuna valida motivazione per avere delle pretese. -Cerca di stare bene...- proprio all'ultimo torna indietro, appoggia le mani sulle sue spalle per poter sollevarsi e posare un bacio sulla sua guancia. Un bacio amichevole, triste e così pieno di rimpianti.

Esattamente una settimana dopo l'agente speciale Aaron Hotchner, nonché supervisore dell'unità di analisi comportamentale, trova sulla propria scrivania una lettera di dimissioni. La seconda in pochi giorni. Abbastanza inaspettata, ma non troppo. Certe parole dette da un caro collega, anche egli stroncato, logorato da questo lavoro, gli tornano in mente.
Al documento è allegato un bigliettino informale.

Ho deciso di accettare quell'incarico a New York. Mi dispiace, ma ho raggiunto il mio punto di rottura.
D.M.


Spazio autrice:
eccomi alla prima pubblicazione di una storia su Criminal minds (non la prima che abbia scritto in assoluto su questa serie, se questo esperimento andrà bene potrei pubblicare anche l'altra ^^). Questa storia parte dall'inizio della quinta serie, ovvero quando Hotch si ritrova a non poter più vedere la propria famiglia. Rivedere quegli episodi mi ha talmente scosso, unito al ferimento di Reid... mi sono chiesta come una persona come Garcia sia riuscita a sopportare una tale sofferenza continua. Non ho messo negli avvertimenti OOC perché spero di essere restata nel limite dei personaggi. Fatemi sapere, nel caso lo modificherò. 
p.s. nonostante sia una stra fan della coppia Morgan-Garcia, qui c'è solo un accenno. Lascio a ognuno la libertà di pensare cosa possa aver fatto il "mio" Derek  dopo aver lasciato la propria lettera di dimissioni... ;)

sperando che vi sia piaciuta questa storia auguro a tutti una buona serata (o giornata, a seconda del momento in cui leggerete) ^_^

 

Okimar_Angy

  
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