Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: BlackNeko    17/09/2016    1 recensioni
Pensa di voler morire, in fondo non vede il senso di continuare a vivere in quell'inferno.
Non c'è speranza.
O forse c'è ancora una ragione per andare avanti?
[Zombie Apocalypse AU]
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L’unico colore che i suoi occhi riescono a percepire è il nero, così scuro da sembrare solido. Il buio lo circonda.
Da giorni non riesce a dormire. Quando ci prova e chiude gli occhi, rivede sempre le stesse raccapriccianti immagini: un’ascia conficcata nel cranio di quella che una volta poteva essere stata una persona rispettabile, onesta, e che ormai non era nient’altro che un ammasso di carne che si muoveva in base al puro istinto della fame di esseri umani.
E’ questo quello che sono gli zombie: involucri di carne putrefatta e ossa danneggiate che conservano un cervello da buttare.
Rivede quelle creature orribili e insieme a loro si susseguono, come fossero scene di  un film, i volti sorridenti di amici e familiari che ormai non ci sono più, trasformati in quei mostri che lui stesso uccide, o morti per mano loro. Prova a scacciarle via, si ostina a pensare a qualcosa di diverso, tuttavia non ci riesce. Allora spalanca gli occhi e cerca di focalizzare la propria attenzione su qualcosa, qualsiasi cosa, ma solo il buio accoglie il suo sguardo, fitto e minaccioso, e i flashback cruenti non spariscono. Anzi, a loro vanno ad aggiungersi i suoni: il rantolio agonizzante degli zombie, il rumore disgustoso del sangue che zampilla dalle ferite e gocciola sull'asfalto, le grida d'aiuto.
Un ricordo, particolarmente vivido, prende a farsi spazio nella sua mente.


Una bambina corre nella sua direzione, il viso in lacrime. Deve avere cinque o sei anni, è molto piccola. I capelli castani della treccia sono disordinati e le cadono davanti agli occhi, il vestitino a fiori che indossa svolazza dietro di lei mentre corre con passi incerti. È solo allora che lo vede: il segno di un morso sulla sua spalla.
Un senso di nausea lo fa vacillare: un morso, così come una qualsiasi ferita, è quanto basta per prendersi l'infezione e diventare come uno di loro.
La bambina continua a correre, nota Jean e protende le braccia verso di lui, in una richiesta d'aiuto.
È solo una bambina.
Avrebbe dovuto giocare in un parco, in una bella giornata di sole, con la sua mamma e con il suo papà. Non avrebbe dovuto correre verso di lui, in preda al terrore puro.
È solo una bambina.
Continua a ripeterselo, non riesce a non pensare al fatto che è una creatura innocente e indifesa, che non ha fatto niente di male per meritarsi tutto quello che le sta accadendo, mentre estrae la pistola con mani tremanti.
È solo una bambina.
È solo una bambina.
È solo una bambina.
È solo una bambina.
Uno sparo, e il piccolo corpo si accascia al suolo privo di vita. Jean si sente debole, si lascia cadere a terra sulle ginocchia e vomita.
Era solo una bambina.


Inizia a tremare, il respiro gli si ferma in gola e non riesce a respirare. Pensa di voler morire, in fondo non vede il senso di continuare a vivere in quell'inferno.
Non c'è speranza.
Se anche la restante parte di umanità non infetta riuscisse a prevalere sugli zombie, cosa farebbe lui dopo? Riuscirebbe a tornare a vivere come faceva un tempo, prima che tutto quello accadesse?
La causa scatenante dell'epidemia è sconosciuta, un antidoto è pressoché impossibile da ipotizzare, figurarsi da realizzare.
Si porta le mani alle orecchie, cercando di zittire il pianto della bambina che gli risuona nelle orecchie come un eco terrorizzante, e gli avambracci a coprirgli il volto, a cancellare il suo viso piccolo rigato dalle lacrime. Vorrebbe gridare, ma finirebbe soltanto per attirare l'attenzione di qualche zombie nelle vicinanze, allora si rannicchia su sé stesso, in posizione fetale.
Improvvisamente un paio di braccia si chiudono intorno alla sua figura scossa dai tremiti, lo afferrano tirandolo indietro, facendolo scontrare con un petto solido e dalla sorpresa dell'azione improvvisa un urlo quasi gli sfugge dalle labbra. Sente una voce, calda e rassicurante, chiamare il suo nome. Delle mani si chiudono sui suoi fianchi e lo voltano lentamente nella direzione del corpo premuto contro il suo. “Jean, va tutto bene”
Jean sbatte le palpebre un paio di volte e riconosce la voce e l'aspetto del ragazzo come se si fosse appena svegliato da un incubo.
"Marco" pronuncia il suo nome in un sospiro, poggiandogli le mani tremanti sulle guance.
Marco è caldo sotto le sue dita, gli dà sicurezza quel calore e il suo profumo lo rassicura. Quando legge la preoccupazione nei suoi occhi però, sente come se il macigno sul suo cuore si appesantisse un po' di più, schiacciandolo e mozzandogli il fiato ancora una volta.
Non può permettersi di farlo preoccupare. Non quando vive la sua stessa realtà tutti i giorni e non sembra mai mostrare segni di cedimento, non quando ha il sorriso sulle labbra sempre pronto a rassicurarlo e infondergli coraggio. Non potrebbe mai perdonarselo.
"Marco non preoccuparti, sto bene"
Marco aggrotta la fronte, contrariato. "Non mentirmi Jean, per favore" mormora, posa le mani su quelle di Jean premute sulle sue guance e lo guarda negli occhi, un sorriso dolce gli curva le labbra. "Ti va di parlarne?"
Jean osserva il suo volto illuminato dalla fioca luce della luna e il piccolo sorriso che gli curva le labbra in un chiaro segno di incitamento, ed emette un sospiro. "Va bene" acconsente e il petto gli si stringe al pensiero di aggravare le sue preoccupazioni. Però sa anche che Marco vuole aiutarlo davvero, quindi gli racconta tutto, cercando comunque di alleggerire il peso delle sue stesse paure.
Marco lo guarda con attenzione, mordendosi le labbra nervosamente. “Jean" sospira afflitto, stringendolo in un abbraccio. "Andrà meglio, vedrai" non può dirgli che andrà tutto bene, ma può almeno assicurargli che col tempo andrà meglio. "Mi dispiace"
Marco sobbalza quando sente quelle parole e in un attimo si è allontanato dal corpo di Jean per guardarlo di nuovo negli occhi. "Perché dici così?" chiede, allarmato. "Perché non voglio farti preoccupare, e invece..." confessa, distogliendo lo sguardo dal suo. "Jean, non dire così!" Marco lo afferra per le spalle e lo scuote leggermente. Gli prende il viso tra la mani, subito dopo. "Lo sai che ci sono sempre per te! No, io voglio esserci sempre per te!" dice, il tono deciso e le iridi castane ferme in quelle ambrate di Jean. "Quindi non dirlo mai più, che ti dispiace!"
Jean cerca di trattenerle, eppure sente lo stesso le lacrime formarsi agli angoli degli occhi. "Marco" la voce gli esce fuori in un rantolo strozzato e in un altro momento sarebbe arrossito, ma ora come ora non può fare a meno di assecondare soltanto il suo cuore che va all'impazzata e avvicinare le labbra a quelle di Marco per lasciargli un bacio. Marco gli sorride nuovamente e Jean si ritrova a fare lo stesso mentre finalmente si libera dai ricordi neri come la morte e rossi come il sangue. Si riempie il cuore della visione degli occhi di Marco che sembrano brillare anche nella semi-oscurità, delle lentiggini sugli zigomi che si premura di carezzare con le punte delle dita e delle labbra morbide che si curvano in un sorriso contro le sue. Marco si stacca per un attimo, per guardarlo negli occhi e chiedergli se adesso si sente bene.
"Sì, sto bene" annuisce, per sottolineare la veridicità delle sue parole. "Grazie, Marco"
"Non ringraziarmi" gli mette una mano tra i capelli e porta di nuovo le loro bocche ad incontrarsi.
Jean si ritrova a premere Marco sul materasso, seduto sul suo bacino, le mani sui suoi polsi per tenerli fermi sul letto. Marco alza un sopracciglio e ghigna divertito e Jean questa volta si ritrova ad arrossire prima di togliere le mani dai suoi polsi con un imbarazzo evidente che porta entrambi a scoppiare a ridere. Continuano a sghignazzare mentre Jean gli lambisce piano le labbra e il collo con i denti, per non fargli male. Marco muove i fianchi con uno scatto e in un attimo è lui ad ancorare Jean al materasso, un sorrisetto sulle labbra a cui Jean risponde con uno sbuffo divertito e un'alzata degli occhi al cielo, fingendosi scocciato. "Jean" Marco cattura la sua attenzione, portando un paio di occhi ambrati a fissarlo curiosi. "Ti amo” sussurra mentre gli bacia la fronte. Le guance di Jean, se possibile, diventano ancora più rosse. E Marco continua a ripetergli che lo ama mentre gli bacia la punta del naso e gli lascia un bacio su una guancia. Gli sfiora la bocca e le labbra si curvano in un nuovo sorriso quando sente quelle di Jean fare altrettanto. "Ti amo anch'io" gli sorride dolcemente prima di baciarlo. Marco copre meglio entrambi sotto le coperte e lo abbraccia stringendolo forte. "Andrà meglio, te lo prometto"
Andrà meglio.
Jean se lo ripete più e più volte, il naso premuto nell'incavo del collo di Marco.
"Buonanotte" biascica mentre sta quasi per addormentarsi. "Buonanotte, Jean" gli bacia una guancia e chiude gli occhi, anch'egli assonnato.
Jean, in uno stato di dormiveglia, pensa che valga la pena di vivere se vivere significa poter stare accanto a Marco.

 

Spazio autrice
Riassunto breve di questa one shot: AU JeanMarco dove i personaggi sono in un contesto diverso da quello dell’opera originale ma soffrono lo stesso.
Okay, va bene...Mi scuso con Jean e Marco perché anche qui portano il fardello del famoso mai una gioia, ma purtroppo mi era venuta in mente quest’idea e dovevo per forza scriverci qualcosa.
Spero vi piaccia! ~

  
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