Non
so perché faccio ‘ste cose credetemi, so solo che
tutta questa
pioggia mi sta rimbambendo.
Se
non conoscete Harry Potter o avete voglia di capire meglio la scena,
vi consiglio di vedere questo
video per capire il livello di sottonaggine di Mordred e quest’altro
per
comprendere le figuracce che fa persino nelle AU e immaginarvi
Arthur e i
cavalieri che fanno la balbettante bambocciona banda di babbuini, Fred
e
George indovinerete subito chi sono.
Okay,
mi eclisso.
P.S.
Ho litigato con l’editor con un’ora quindi
ricoprite di amore la
mia OTP<3 (Dopo i Merthur)
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The Yule
Ball
«Il
Ballo del Ceppo è una tradizione del Torneo Tremaghi sin da
quando ha avuto
inizio. […] Nel Ballo del Ceppo innanzitutto e soprattutto,
si danza.»
Minerva
McGranitt~ Harry Potter e il Calice di Fuoco
L’ultima
volta
borbottò Mordred fra sé Ultima
volta che chiedo a mio padre di aiutarmi allentando per la
millesima volta il papillon nero, cercando disperatamente di non
soffocare.
La Sala Grande,
già
gremita di persone, risplendeva di luminosi colori che -ovviamente per
magia-
davano vita a una splendida aurora boreale. Polvere nivea ricadeva
sulle teste
degli invitati, spesso causando il dispiacere di qualche giovane
fanciulla che,
con molta probabilità, aveva passato l’intero
pomeriggio ad acconciare quei
capelli perfettamente scolpiti e decorati con ogni genere di
accessorio. Gli
alberi di Natale, in passato ricchi delle più stravaganti
decorazioni, ora
erano confinati negli angoli della sala, dolcemente ricoperti di neve
candida.
I lunghi tavoli delle quattro Case erano scomparsi misteriosamente,
mostrando
la ampiezza della stanza e lasciando lo spazio necessario per ballare.
Da quando il
Torneo
Tremaghi era iniziato Hogwarts sembrava essere rinata. Ogni suo angolo
era
stato lucidato a dovere, e il castello pareva essersi ingrandito
misteriosamente per accogliere un gran numero di studenti che
sicuramente non
era stata in grado di ospitare nel passato. Perfino Gwaine e Percy,
perennemente intenti a preparare nuovi scherzi da fare a qualche povero
malcapitato, sembravano come incantati da queste continue
novità, divenendo più
quieti del previsto.
Si
lisciò la camicia,
arrendendosi al papillon-assassino e aspettando vicino alle scale. Alla
fine,
preferiva soffrire in silenzio che morire strangolato da quel Tranello
del
Diavolo travestito.
Figliolo,
un gentiluomo non si slaccia mai né la cravatta,
né il papillon.
Mordred
sbuffò, sentendo
la voce imperiosa di suo padre, Uther, rimbombare nelle sue orecchie. Certo, se magari il papillon fosse nuovo e
lo smoking fosse della misura giusta! Aveva arrotolato le
maniche della
giacca che, come se non bastasse, era sicuramente di almeno due taglie
più
grande, così come anche i pantaloni, stretti da una cintura
recuperata dal
fondo del suo armadio, in modo tale da non mostrare a tutti le sue
mutande. Forse l’unica cosa nuova
del completo.
Quando il suo
amabile
genitore aveva scoperto dell’imminenza del Torneo Tremaghi
aveva spedito ai
suoi figli gli abiti da sera più
belli
che avesse trovato.
Peccato che
quando
Mordred aveva aperto il suo pacco tutto il tavolo dei Serpeverde fosse
scoppiato a ridere all’unisono. Un vestito femminile, di un
colore indefinibile
fra il marrone e un beige sbiadito tutto trine e merletti troneggiava
davanti
ai suoi occhi sconvolti.
Che fine aveva
fatto il
suo smoking? Quello di Arthur, nuovo fiammante, era giunto sano e salvo
al
destinatario, che aveva cercato di non ridere di fronte alla sventura
del
fratellino, ma con scarsi risultati.
Eppure Mordred
sapeva chi
era stato, lui ne era più che certo. Nel pacco, ben nascosto
sotto i diversi
strati di carta velina, aveva ritrovato un foglietto completamente
bianco,
eccezion fatta per l’impronta di un bacio.
Un rossetto
rosso sangue
che solo una persona al mondo portava.
Morgana, sua
sorella
maggiore, la pupilla di suo padre, la più brillante e
sicuramente la più
perfida tra tutti e tre i figli di Uther.
Quella
bastarda. Per colpa sua
e del suo scherzo suo padre gli aveva
spedito in fretta e furia il primo smoking che aveva trovato. Peccato
che fosse
appartenuto allo zio Agravaine e che puzzasse di muffa. Era talmente
vecchio
che fra le tasche aveva trovato fazzoletti sporchi ormai ingialliti di
cui il
solo pensiero lo fece rabbrividire.
Si
raddrizzò nuovamente il
colletto, sperando che finalmente la sua dama si mostrasse e potessero
addentrarsi
nella calca prima dell’entrata dei campioni.
Voleva tutto,
fuorché
dover incontrare i campioni, e in particolare quello di Hogwarts, anzi,
quella di Hogwarts. Da un paio di
anni a
questa parte il regolamento era stato modificato, e il Torneo era ben
lieto di
accettare campioni al di sotto dei diciassette anni che fossero in
grado di
superare le sue prove.
Suo fratello
Arthur aveva
posto il suo nome nel Calice, nella speranza di essere lui il nuovo
campione,
incoraggiato da un’ovazione di Grifondoro impazziti. Le
qualità c’erano tutte:
il coraggio, l’ardore, la voglia di farsi ammazzare che
Mordred continuava a
non capire, e un’altra serie infinita per cui era dato per
certo come campione
della scuola.
Tutti i
Grifondoro
giravano armati per la scuola con spille, magliette, cappellini e ogni
genere
di cianfrusaglie raffigurante il suo faccione biondo. Una ragazzina del
secondo
anno aveva cercato di corrompere Mordred con un sacco di Gelatine Tutti
i Gusti
+1 per avere una ciocca di capelli di suo fratello.
Il che, lo aveva
semplicemente scandalizzato.
Merlin, il
suo… Amico, per i
più, ma fidanzato di Arthur per
la cerchia, da
bravo Corvonero quale era, aveva però ricordato
più volte ai suoi amici la
presenza di altri candidati, ma ogni volta veniva zittito da Arthur con
una
borsa in piena faccia o un Stai zitto, Merlin molto poco cortese. Ah, l’amour,
peccato che ogni volta dopo la precedente battuta Arthur si
ritrovasse con delle orecchie d’asino, e un Merlin offeso
lungo i corridoi della
scuola.
Fortunatamente,
questi
battibecchi inutili e poco produttivi finirono la sera
dell’estrazione, quando
nel silenzio generale il preside non urlò Arthur
Pendragon, bensì un nome del tutto
inaspettato…
«Ehilà,
Reddie!»
Una pacca ben
assestata
sulla schiena fece mugolare il giovane Serpeverde dal dolore. Non si
era ancora
ripreso dal morso dell’ippogrifo che avrebbe dovuto curare
durante la lezione
di Cura delle Creature Magiche.
Lo sapeva che lo
faceva
apposta, maledetta.
«Ciao
Kara, ti stavo
aspettando.» pigolò ignorando la fitta lancinante
che pulsava sulla sua
schiena. Strizzò gli occhi, cercando di trattenere le
lacrime, venendo
aggredito dal giallo canarino quasi accecante dell’abito
della sua
accompagnatrice.
Lui e Kara erano
amici
sin dal primo anno, entrambi Serpeverde, ed entrambi relegati al ruolo
di
fratelli minori, condividevano una passione per gli scacchi magici che
sua
sorella Morgana continuava a definire assolutamente
idiota. Kara era quel tipo di persona che sapeva cosa
significasse aprire
un pacco e trovare un vestito da donna inguardabile senza stupirsi
più di tanto.
Era la più giovane di tre fratelli, tutti maschi e tutti
fieramente Corvonero, e
ovviamente lei era la pecora nera.
E Mordred sapeva
cosa
significasse anche quello.
Dopo Morgana e
il suo
essere Serpe fino al midollo, Uther aveva sperato ardentemente che i suoi figli
maschi
fossero entrambi Grifondoro. Purtroppo le sue speranze andarono in
frantumi non
appena il Cappello Parlante sfiorò la sua testa.
Più
Serpeverde di così si muore, giovane Pendragon,
aveva scherzato il Cappello una volta rivisto il ragazzo tanti anni
addietro
nell’ufficio del preside.
Si erano
conosciuti
durante una lezione di Trasfigurazione in cui Kara aveva dovuto
accompagnare il
ragazzino dolorante in infermeria dopo essere stato schiantato
accidentalmente
da un suo compagno di classe, e da allora non si erano mai lasciati.
Nonostante i
pettegolezzi
sulla loro relazione, l’affetto per Kara non era mai sfociato
in qualcosa di
più grande, evitando di complicare un’amicizia
inutilmente. In nome della loro
amicizia avevano quindi deciso di andare insieme al ballo per evitare
accompagnatori di fortuna poco amichevoli.
«Sei
pronto a ballare?
Dopo tutte quelle ore di prova non accetto più
scuse.»
Mordred gemette
sonoramente, lui odiava ballare, lo odiava profondamente e quelle
settimane
erano state un vero inferno per lui. La professoressa Annis aveva
sacrificato
le sue lezioni di Trasfigurazione per insegnare ai suoi alunni
l’elegante arte
della danza.
E chi meglio di
lui
poteva essere usato come cavia? Lo aveva invitato a raggiungerla nel
bel mezzo
dell’aula per ballare il valzer di fronte agli occhi
divertiti di tutta la sua
Casa.
Era stata
sicuramente una
delle cose più imbarazzanti della sua vita, poco ma sicuro.
Ora,
metta la mano destra sul mio fianco, signor Pendragon.
…Come
prego?
Sul
mio fianco.
Solo il ricordo
delle
risate soffocate di Leon e Gwaine gli facevano voglia di nascondersi
sotto al
letto, al sicuro, nei suoi sotterranei. E invece era lì, a
mostrare a tutti la
sua bravura e a supportare la sua migliore amica.
«Ti
concedo due valzer,
dopo di che, fai finta che io faccia parte della tappezzeria.»
Kara
alzò un sopracciglio
visibilmente contrariata, non aveva sicuramente intenzione di passare
la serata
seduta accanto al suo cavaliere.
«Non
fare l’asociale,
Mordred, dobbiamo divertirci stasera! Mostriamo a quei bulgari come si
balla.»
Il ragazzo la guardò di sbieco «… O
come non si balla, sei una noia mortale.»
concluse lei con l’entusiasmo che svaniva miseramente.
«Anche
io ti voglio bene.»
continuò rassegnato il giovane, mentre le porgeva il braccio
con galanteria.
«I
vecchietti del San Mungo
sono più arzilli di te, almeno prova a fare colpo su
qualcun-…» Le parole le
morirono in gola mentre un fruscio di abiti le indirizzò lo
sguardo verso le
scale.
Mordred non ci
fece
troppo caso, controllando l’orologio con impazienza.
«Non
voglio fare colpo su
nessuno, Kara, ora possiamo andare? Altrimenti…»
La Serpeverde lo
zittì,
costringendolo a voltarsi e a rimanere a bocca aperta. Sulla cima, a
pochi
gradini di distanza, apparve la campionessa di Hogwarts.
Aithusa.
Il corpo
flessuoso
avvolto da un lunghissimo abito azzurro cielo, la cui scollatura
lasciava ben
poco all’immaginazione. I meravigliosi capelli liberi da
qualsiasi fermaglio,
ricadevano candidi come una cascata. Dei riccioli ribelli le incorniciavano il
viso
niveo, le labbra rosee e lucide si piegavano in un sorriso sbarazzino
mentre
scendeva le scale.
Kara
ridacchiò, vedendo
l’espressione ebete del ragazzo di fronte alla loro coetanea.
Mordred si era
innamorato di lei quasi un anno prima in circostanze piuttosto comiche,
arrivando a conquistare la bella Grifondoro in poco tempo con la sua
dolcezza e
la sua gentilezza disarmanti.
Tutto questo
clima di
amore e pace era durato diversi mesi, fino all’estrazione del
campione di
Hogwarts. Quella sera Aithusa
O’Connor divenne
la campionessa di Hogwarts nel silenzio più totale.
Nessuno si
aspettava il
suo nome, tanto meno Mordred, con il quale scoppiò una lite
furiosa degenerata
a suon di colpi di bacchetta e fatture lanciate a destra e a manca. Nonostante
la
ragazza avesse ribadito più volte di non essere stata lei a
mettere il suo nome
nel Calice, Mordred non ci credette mai. I due si lasciarono
bruscamente,
evitandosi a vicenda, e arrivando addirittura a cambiare le loro
abitudini
giornaliere pur di non incontrarsi. E quando ciò accadeva,
il silenzio regnava
sovrano, le occhiatacce omicide che volavano dal tavolo dei Serpeverde a
quello
dei Grifondoro erano sufficienti più di mille parole.
Tuttavia, sia
Kara che la
combriccola di Arthur sapevano che i due non avevano mai smesso di
piacersi a
vicenda e che se non la smettevano
sarebbero finiti a pomiciare da qualche parte all’improvviso,
o almeno
questa era la teoria di Merlin a riguardo e secondo la Serpeverde non
aveva
tutti i torti.
«È
bellissima…» lo sentì
bisbigliare con un filo di voce mentre i suoi occhi annegavano nella
figura
elegante della fanciulla.
Kara
sospirò, scuotendo
la testa rassegnata «Scommetto che a lei un terzo valzer lo
concederesti
eccome.»
Mordred non
rispose,
godendosi ancora per qualche istante il sorriso furbo di Aithusa, per
poi vederla
scomparire al braccio del suo accompagnatore francese, non prima di
aver
lanciato un’ultima occhiata al giovane Serpeverde.
Rimase
imbambolato,
incapace di articolare una frase di senso compiuto o di muovere un singolo
muscolo. Che caso perso. Pensò
esasperata, vedendo
gli occhi di Mordred completamente assenti e assorti in
tutt’altri pensieri.
«Andiamo
Romeo, non
abbiamo tutta la sera.»
Mordred si
lasciò
trascinare senza opporre resistenza, sentendo ancora il profumo di Aithusa stordirlo
dolcemente.
Se
siano finiti come Merlin aveva previsto? Nessuno lo sa, nemmeno Kara.
Eppure
c’è chi afferma di averli visti insieme dopo il
ballo, ma questa, è un’altra
storia.