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Autore: Lux_daisy    18/09/2016    2 recensioni
Aveva una dannatissima voglia di sentire la sua voce. Anche se l’avesse chiamato Ahomine o l’avesse insultato per averlo chiamato alle… aspetta, che ore erano?
Mise meglio a fuoco lo schermo e lesse l’ora. 00:34.
“Forse sta dormendo…” si disse, ma prima che se ne rendesse conto, aveva già fatto partire la chiamata.
"Ahomine! Che cazzo ti salta in mente di chiamarmi a quest’ora?! Stavo dormendo!" sbottò Kagami, la voce impastata dal sonno ma anche arrabbiata, "spero che tu abbia un buon motivo".
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Telefonata a mezzanotte




Salve a tutti! Eccomi tornata dopo più di 1 anno di assenza da efp... l'ultima mia pubblicazione fu proprio un'AoKaga e per chiudere il cerchio torno proprio con loro ^^ non scrivere per tutto questo tempo è stato brutto e questa fic di sicuro non è il migliore tra i miei lavori, ma avevo bisogno di tornare a scrivere... spero che non faccia troppo schifo...
PS: ho inventato dei personaggi di contorno per una questione di necessità: prendeteli con leggerezza per quello che sono








Aomine afferrò la lattina di birra da terra, se la portò alle labbra e trangugiò le ultime rimanenze di alcol; socchiuse gli occhi e ruttò sonoramente, scatenando le risate dei suoi compagni di classe.
 
Ex-compagni, ad essere precisi, dato che quel gruppetto di ragazzi riuniti in un parco pubblico a bere alcolici stava festeggiando il raggiungimento dell’agognato traguardo di ogni studente liceale: il diploma.
La fine della scuola. La fine di un’epoca e l’inizio di un’altra.  
 
Un’ubriacatura insieme era sembrato a tutti il modo migliore di festeggiare. Si erano fatti comprare birra e sakè dal fratello di uno di loro e avevano dato inizio ai bagordi nel campo giochi, illuminato dai lampioni e rallegrato dalle voci dei ragazzi.
 
Aomine e Sakurai erano seduti su una delle panchine, altri due, Takaba e Komachi, avevano occupato le altalene –sulle quali ondeggiavano e ridacchiavano- mentre l’ultimo, Chihaya si era sistemato sulle scale dello scivolo.
 
Daiki guardò la lattina vuota e sospirò tristemente: aveva finito pure quella. Era la… quarta? O la quinta? Dopo i tre bicchierini di sakè aveva smesso di contare e di curarsi di quanto alcol si fosse scolato. Gli altri non erano messi meglio di lui.
 
Le possibilità che crollassero là dove si trovavano e che si risvegliassero la mattina dopo con i postumi della sbronza, magari beccati da qualche adulto, erano decisamente alte, ma a nessuno di loro sembrava importare più di tanto.
 
<< Aomine, smettila di fissare quella lattina come se contenesse le risposte ai dubbi della vita e buttala via >> gli disse Chihaya, l’unico di loro con cui Daiki si era ritrovato nella stessa classe per tutti e tre gli anni del liceo e quello che pareva il più sobrio.
 
<< Scusami, Aomine-san, ma quella era la mia lattina >> gli fece notare Sakurai con voce strascicata.
Il moro gli lanciò un’occhiata e si limitò a scrollare le spalle.
 
<< Ecco l’indifferenza del grande Aomine Daiki, l’asso della Tōō, l’imbattibile campione. Ci credo che le ragazze non hanno mai avuto il coraggio di avvicinarsi a te >> lo prese in giro Takaba, le mani strette attorno la catena dell’altalena e la bocca aperta in un ampio sorriso.
 
<< Già! Già! Di sicuro facevi troppa paura alle ragazze! >> convenne Komachi. Buttò la testa all’indietro e rise sonoramente.
<< Però il nostro Aomine riceveva sempre un sacco di cioccolata a San Valentino >> commentò Chihaya mentre apriva un’altra lattina di birra.
<< Vero! Perché non ti sei mai messo con nessuna? >> volle sapere Takaba.
 
Daiki riaprì gli occhi e notò gli sguardi di tutti fissi su di lui, curiosi. Sbuffò e fece schioccare la lingua. << Le ragazze sono una scocciatura: vogliono sempre attenzioni e… altre cose… e poi ero troppo impegnato con il basket >>. Questo non significava che non avesse avuto le sue avventure: certo, si era trattato solo di sesso occasionale con partner che non avrebbero chiesto di più, ma per sfogare gli impulsi sessuali di un adolescente era più che sufficiente.
 
<< Dici così perché non ti è mai piaciuto qualcuno >> replicò Komachi col tono di chi conosceva chissà quale verità sulla vita e l’amore, << se avessi trovato la tua Yumi, lo sapresti >>.
Un coro di lamenti si levò nel campo giochi. << No, ti prego, non ricominciare con la storia di Yumi! >> esclamò Chihaya.
<< Scusami se lo dico, Komachi-san, ma neanche io voglio sentirti parlare di nuovo di Yumi >> convenne anche Sakurai, la lattina tra le mani.
 
L’ormai famosa Yumi era la ragazza di cui Komachi si era innamorato a prima vista mesi prima e che era riuscito a conquistare dopo settimane di corteggiamento e confessioni sdolcinate; avvenimenti che il ragazzo aveva condiviso con gli amici, volenti o nolenti. Più nolenti che altro, in effetti.
 
Aomine ridacchiò e pensò che avrebbe bevuto volentieri un’altra birra: purtroppo per lui, le avevano terminate tutte. Forse avrebbe potuto rubare quella di Chihaya.
<< Ora chiamo la mia Yumi-chan per dirle quanto la amo e quanto mi manca! >> esclamò Komachi entusiasta, l’alcol che ormai aveva preso il controllo sul suo cervello.
<< No! >> gridarono in coro Chihaya e Tokaba. Quest’ultimo, essendo vicino di altalena, si allungò per togliergli il cellulare di mano e ciò diede il via a un’accesa lotta condita dallo sferragliare delle catene e da risate e gridolini.
 
Daiki li osservò e rise di gusto: gli sembrava di assistere a un combattimento tra scimmie urlatrici. Non si sarebbe sorpreso se si fossero arrampicati sulla struttura dell’altalena, continuando a ridere e a tirarsi i vestiti. O forse era l’alcol che alimentava la sua fantasia.
<< Falla finita, Komachi. Non disturbare Yumi >> intervenne Chihaya, avvicinandosi alle due scimmie e afferrando il cellulare dalle mani dell’amico con nonchalance, un sorrisetto divertito sul volto.
 
Lui allungò le mani con fare lamentoso e offeso. << Ma voglio solo dirle quello che provo! Che la amo e che voglio trascorrere ogni giorno con lei >>.
 
Chihaya indietreggiò di alcuni passi, senza smettere di sorridere e nascose il telefono dietro la schiena. << Non ce n’è bisogno. Lo sa già, dato che l’hai tormentata per settimane >>.
 
Aomine li osservò, la mente che cercava di trovare un punto d’appiglio nel mare agitato dall’alcol che era il suo corpo. Non sentiva ancora il senso di nausea ma il mondo attorno girava anche se lui era seduto sulla panchina.
“Non va bene” si disse facendo un profondo respiro. Un improvviso desiderio lo colse del tutto impreparato, come una secchiata d’acqua in faccia. Si passò una mano tra i capelli e socchiuse gli occhi per un attimo.
 
<< Oh, andiamo, amico! Se non le dico che la amo, non lo saprà mai! >> si lagnò ancora Komachi. Si era alzato in piedi e cercava di riprendersi il cellulare dalle mani di Chihaya, ma data la sua scarsità di equilibrio i risultati furono vani.
 
<< Gliel’hai già detto, baka! Torna sull’altalena >> lo rimproverò l’amico con tono divertito, schivando i suoi vari attacchi; il tutto mentre Sakurai e Takaba ridacchiavano come due stupidi.
 
Solo Daiki si sentiva estraniato dalla scena. Con un po’ di fatica recuperò il suo telefono dalla tasca del giubbotto e scorse i nomi della rubrica fino a trovare il suo.
Aveva una dannatissima voglia di sentire la sua voce. Anche se l’avesse chiamato Ahomine o l’avesse insultato per averlo chiamato alle… aspetta, che ore erano?
Mise meglio a fuoco lo schermo e lesse l’ora. 00:34.
 
“Forse sta dormendo…” si disse, ma prima che se ne rendesse conto, aveva già fatto partire la chiamata.
Si alzò barcollando e si allontanò di alcuni metri, raggiungendo un albero là vicino: le voci degli altri ragazzi lo distraevano e irritavano.
 
Il telefono squillò molte volte e Aomine pensò che fosse stata un’idea stupida, ma poi d’un tratto il suono dello scatto alla risposta rimbombò nella sua testa e la voce all’altro capo gli fece battere il cuore.
 
<< Ahomine! Che cazzo ti salta in mente di chiamarmi a quest’ora?! Stavo dormendo! >> sbottò Kagami, la voce impastata dal sonno ma anche arrabbiata, << spero che tu abbia un buon motivo >>.
Daiki non rispose subito e si godette il suono della voce di Taiga. Sì, gli era proprio mancata. Nelle ultime settimane la scuola li aveva tenuti così impegnati che non avevano avuto il tempo di vedersi per i loro soliti one-on-one.
<< Ehi, Ahomine! Ci sei? >> continuò il rosso.
 
<< Ehilà, Bakagami, come te la passi? >> se ne uscì fuori il moro con voce strascicata, concludendo con una breve risata.
<< Sei ubriaco? >> gli chiese Taiga. Il moro colse il suono di coperte che si spostavano e immaginò che l’altro si fosse messo a sedere sul letto. Poteva quasi vedere la sua espressione crucciata che gli faceva sempre venire voglia di punzecchiarlo.
 
<< N-no… non sono… ubri-coso… >> rispose Daiki, cercando di essere convincente. Senza alcun successo, ovviamente e le risatine che non riusciva a trattenere non aiutavano di certo la sua causa.
Kagami sbuffò. << Già, sembri perfettamente sobrio in effetti. Dove sei? >>.
 
Aomine ridacchiò ancora. << Oh, il mio Bakagami è preoccupato per me? >>. Non riuscendo più a stare in piedi, si lasciò scivolare per terra e appoggiò la schiena al tronco dell’albero.
<< Vedo che anche da ubriaco spari cazzate >> si lamentò il rosso, ma non poteva negare a se stesso di essersi impensierito. Solo per un attimo, però. << Non sei da solo, vero? >>.
 
<< No, ci sono gli altri… siamo in un parco, credo… non me lo ricordo… >>. Parlare in modo coerente o anche solo pensare gli stava costando un certo sforzo, ma Aomine non voleva interrompere la chiamata.
<< E allora perché mi hai chiamato? Non ti stai divertendo? >>.
 
Daiki sbuffò. << Gli altri sono stupidi… e parlano d’amore… bleah >>. Sentì Kagami ridere e sorrise a sua volta.
<< Quindi mi hai chiamato perché ti annoiavi? >>.
 
Gli occhi del moro si fissarono su un petalo di ciliegio che si era poggiato sulla sua scarpa. << Volevo sentire la tua voce >> disse e per la prima volta da quando era iniziata la chiamata non ridacchiò.
 
Per alcuni secondi ricevette solo silenzio in risposta, ma la sua mente era troppo confusa e incerta per chiedersi se forse le sue parole avevano sorpreso Taiga. Quando stava per rompere quello strano momento di stallo, sentì una leggera risata attraversargli l’orecchio.
 
<< Che ti succede, Ahomine? L’alcol ti ha fatto diventare sdolcinato? >> provò a scherzare Taiga che, allo stesso tempo, sperò che Daiki fosse troppo sbronzo per accorgersi del nervosismo nella sua voce.
 
Fissare il petalo sulla sua scarpa diede ad Daiki sufficiente stabilità per rispondere in modo serio. In realtà, non sapeva bene neanche lui cosa volesse davvero dire: i pensieri si rincorrevano nella sua mente, veloci e disordinati e lui non riusciva a fermarli. Gli sfuggivano, come se stesse cercando di afferrare dei minuscoli fiocchi di neve e più cercava di tenerli a sé e di dare loro un senso più loro si allontanavano da lui. Rimanevano solo sensazioni, impulsi che sembravano voler fuoriuscire a tutti i costi.
 
<< Ehi Bakagami… non ci vediamo da settimane… non abbiamo più giocato a basket… non ci siamo più visti… no aspetta, questo l’ho già detto… >>, sbuffò pesantemente, infastidito dalla difficoltà di articolare frasi sensate, << non ho più mangiato le cose che prepari tu… mi manca la tua cucina… saresti una moglie perfetta, Bakagami… mi mancano le nostre partite… il basket è più divertente se siamo insieme, vero? >>, chiuse gli occhi e poggiò la testa al tronco dell’albero, << perché mi manchi così tanto, Taiga? Non mi piace se tu non ci sei… Komachi voleva chiamare la sua Yumi… e io ho pensato di chiamarti… >>, un sorriso gli curvò le labbra, << ti ho chiamato perché tu sei la mia Yumi, Bakagami… anche se non hai i capelli lunghi e le tette grosse… >>. Finì il tutto ridacchiando e si rese conto di avere tanto sonno.
 
Quell’albero era scomodo, ma lui era sicuro che si sarebbe addormentato presto: non riusciva più a riaprire gli occhi.
<< Ahomine, se è uno scherzo, ti assicuro che ti prendo a calci appena ti vedo >>.
Daiki ridacchiò: il suo Bakagami, sempre così arrabbiato e adorabile. << Mi piaci, Taiga… >>.
 
Seguirono lunghi secondi di silenzio e solo quando Kagami si ricordò come respirare, riuscì a parlare di nuovo. << Aomine… pronto? Ehi, Aomine, sei ancora lì? Pronto? Daiki! >>.
 
Gli sembrò di sentire il rumore di un tonfo. Chiuse la chiamata, si ributtò a letto e affondò la faccia nel cuscino. “Cosa diavolo è appena successo?”
 
 
 
 
 
Un suono penetrante e fastidioso distrusse il piacevole sonno di Aomine. Grugnì e si tirò il lenzuolo sulla testa, sperando che quel rumore capisse che doveva smettere di rompergli le scatole. Si impose di riaddormentarsi subito, ma il suo nemico sembrava non avere intenzione di desistere da dargli il tormento.
 
Grugnì, sbuffò ed emise altri versi di fastidio prima di liberarsi dal lenzuolo e aprire gli occhi. “Cazzo!”. Si mise seduto, maledicendo se stesso e l’alcol perché non era giusto che una cosa così buona facesse anche così male. Nel frattempo il suono non si era interrotto e Aomine capì che qualcuno stava suonando alla porta di casa.
 
“Chi cazzo è?!”. Si alzò in piedi a fatica, controllando a stento le vertigini che lo colpirono in pieno. << Arrivo! >> riuscì a gridare, la voce rauca e nervosa.
 
Caracollò verso l’ingresso con passo strascicato e mentre apriva la porta pensò a tutti gli insulti con cui avrebbe accolto il bastardo che l’aveva svegliato e che lo costringeva a muoversi anche se soffriva i postumi della sbronza, ma quando si ritrovò davanti la faccia di Taiga, la rabbia scomparve.
 
<< Ehilà >> iniziò il rosso, alzando la mano in segno di saluto, << scusa se ti ho disturbato >>.
Aomine scosse la testa e si spostò dalla porta per lasciarlo entrare. << Tranquillo, anche se avrei preferito che non violentassi il campanello per costringermi a venire fin qua >>.
 
<< Ho provato a chiamarti, ma avevi il telefono spento, Ahomine >> si lamentò Kagami, togliendosi le scarpe.
Il moro schioccò la lingua e si passò una mano sulla faccia. << Cazzo, spero di non averlo dimenticato al parco. Non ricordo quasi niente di ieri sera >>.
 
Il rosso si bloccò per un momento e guardò Aomine andare verso la sua stanza, un senso di disappunto che gli strinse il petto. “Quindi non ricorda niente, eh?”.
 
<< Sìììì! Il telefono è qua! Che culo! >> esclamò il moro. Taiga lo raggiunse e lo vide seduto sul letto col cellulare tra le mani.
<< È scarico. Chissà quando si è spento >> disse fra sé e sé.
<< Come ti senti? >> gli chiese Kagami, sedendosi accanto a lui.
 
 
Il moro si prese la testa tra le mani per un attimo e sospirò. << Come se avessi passato ore in una centrifuga a tutta potenza. Credo di essere nella fase “non toccherò mai più una goccia d’alcol in vita mia” >>.
<< Che è una cazzata, ovviamente >>.
Daiki fece un sorrisetto. << Ovviamente >>.
<< Come sei tornato a casa? >>.
 
Il moro fissò un punto davanti a sé e aggrottò le sopracciglia, come se si stesse sforzando di ricordare. << Non ci crederai, ma non lo so. Immagino di dover ringraziare Chihaya per non aver passato la notte nel parco come un barbone alcolizzato. Lui era quello meno sbronzo… ma come mai sei qua, Tai? >>.
 
Kagami si mosse sul letto, apparentemente a disagio. << Nessun motivo in particolare. Volevo solo controllare come stavi smaltendo la sbornia >>. Non poteva certo dirgli che era passato per parlare della sua inaspettata confessione d’amore da ubriaco e che lui, a quanto pareva, non ricordava assolutamente. Che fosse stato solo uno scherzo? Eppure gli era sembrata maledettamente serio.
 
Daiki sorrise e gli mise un braccio sulle spalle, attirandolo a sé. << Ma quant’è adorabile il mio Bakagami che si preoccupa per me?! >>.
Taiga fece una smorfia e provò un fastidioso senso d’imbarazzo. Si agitò per liberarsi dalla presa e lo allontanò con una leggera gomitata. << Per essere uno che sta male, hai abbastanza energie per fare il coglione come al tuo solito >>.
 
<< Il solito guastafeste >> replicò il moro, mettendo su il broncio.
Il rosso si alzò in piedi. << Beh, dato che sembri stare bene, posso anche andare >>.
<< Cosa?! Di già? Non mi prepari neanche la colazione? >>.
 
Kagami alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. << Prima di tutto, non sono tua madre e secondo, è mezzogiorno e mezza, Ahomine. È un po’ tardi per la colazione >>.
Il moro fece uno dei soliti ghigni. << Puoi prepararmi il pranzo, allora >>.
 
<< Preparatelo da solo. Ho comunque promesso a Kuroko che avremmo pranzato insieme oggi. Ci sono anche alcuni della squadra, quindi non posso farti da babysitter >>.
<< Uffa >> fu tutto ciò che disse Daiki prima di ributtarsi a letto.
 
Taiga sorrise e si avviò verso l’ingresso. << Ricordati di bere molta acqua e di prendere qualche medicina, se ti senti male >> gli urlò mentre si rimetteva le scarpe.
<< Sì, mammina >> gli rispose Aomine e pochi secondi dopo sentì la porta di casa aprirsi e richiudersi.
Chiuse gli occhi e si grattò l’addome. “Come faceva a sapere che mi sono ubriacato?”.
 
 
 
 
 
Dopo una doccia ristoratrice, un cambio d’abiti –aveva dormito con i vestiti del giorno prima- e un caffè nero, Aomine sentì che stava risalendo il baratro causato dai postumi della sbronza.
L’improvvisa chiamata da parte di Chihaya gli ricordò che doveva ringraziarlo per qualsiasi cosa avesse fatto per riportarlo a casa.
 
<< Ehilà, Aomine! Ho chiamato per sapere se sei ancora vivo >>. La voce allegra dell’amico in qualche modo gli diede fastidio: lui sembrava stare fin troppo bene.
<< Sofferente, ma ancora vivo. E a questo proposito, tu sai come sono tornato a casa? >>.
 
L’altro rise di gusto. << Certo che lo so e sto aspettando un grazie. Ho riportato al sicuro tutti voi ubriaconi. Ho dovuto svegliare i tuoi genitori per farti entrare in casa: non sembravano molto contenti delle tue condizioni, quindi preparati per quando torneranno >>.
 
“Merda!”. << A questo punto non sono sicuro di doverti ringraziare, amico >>.
<< Ho fatto del mio meglio considerando gli sforzi per trascinare il tuo culo ubriaco. Piuttosto, com’è finita con la tua confessione d’amore? >>.
 
“Cosa?!”. << Cosa?! Di che cacchio stai parlando? >>.
<< Non dirmi che eri così sbronzo che hai rimosso tutto! Cavolo, amico… dopo che ieri, tra una risata e una frase sconnessa, ti sei vantato di aver finalmente confessato i tuoi sentimenti alla persona che ti piace, ora mi vieni a dire che non ti ricordi nulla? >>.
 
<< L’ultima cosa che ricordo, e neanche molto chiaramente siete tu, Komachi e Takaba che date spettacolo. Poi è tutto confuso… che cazzo ho fatto? >>.
 
<< Beh, ti ho trovato che dormivi appoggiato ad un albero. Dopo essere riuscito a svegliarti, ti sei messo a delirare sul fatto che avevi trovato la tua Yumi e che ti eri finalmente dichiarato. Ho pensato che stessi semplicemente sparando qualche cazzata, che magari avevi fatto un sogno, ma tu insistevi che l’avevi fatto davvero, anche se, dato che ridacchiavi come un idiota, non ero molto sicuro che ci stavi con la testa >>.
 
Aomine si passò una mano sulla faccia e sospirò. << Merda, non ricordo… >>.
<< In questo momento provo pena per quella poveretta che ha ascoltato la tua confessione: magari ti ha anche detto di sì e ora tu non ricordi niente. Ma poi, si può sapere chi hai chiamato? Non hai riposto quando te l’ho chiesto ieri >>.
 
Daiki sospirò di nuovo e appoggiò il mento sul palmo della mano. << Forse stavo davvero delirando a causa dell’alcol… comunque, ora devo chiudere. Grazie per ieri, amico, ti devo un favore >>.
 
Si salutarono e una volta chiusa la chiamata, Aomine fece l’unica cosa che avrebbe dato una risposta ai suoi dubbi. Controllò il registro chiamate e sgranò gli occhi, incredulo.
“Cazzo! Non posso averlo fatto davvero!”.
 
Bakagami. 00:35. La telefonata era durata 3 minuti e 54 secondi.
 
 
 
 
Quando quella sera Kagami andò ad aprire alla porta, fu sorpreso di trovarci Aomine.
<< Aomine, che ci fai qua? >>.
Il moro sollevò la busta che teneva in una mano. << Ho portato un po’ di cibo spazzatura e quel videogioco che mi avevi chiesto in prestito tempo fa >>.
 
Il rosso lo fece entrare e i due si diressero in camera sua. << Ti senti meglio? >>.
Daiki annuì e si buttò sul letto come fosse a casa sua. In effetti aveva passato là tanto di quel tempo che ormai la considerava la sua seconda casa. << Abbastanza. Tu, tutto a posto? >>.
 
Taiga, che era ancora in piedi, gli lanciò un’occhiata e inarcò un sopracciglio. << Sì, perché non dovrebbe essere tutto a posto? >>.
Il moro alzò le spalle. << Così, tanto per dire… senti, come facevi a sapere che mi ero ubriacato? >>.
<< Mmh? Di che parli? >>.
 
<< Sta mattina, quando sei venuto da me, sembravi già sapere che stavo smaltendo la sbronza, ma non ci sentiamo da settimane, quindi… >>. Vide Kagami distogliere lo sguardo e questo confermò i suoi dubbi o almeno confermò che lui sapeva qualcosa e che stava facendo finta di niente.
Avrebbe dovuto fare lo stesso? Di sicuro Taiga era imbarazzato. “Per Buddha, mi sento imbarazzato persino io e non mi ricordo neanche cosa ho detto!”.
 
<< Ah, beh, mi hai chiamato verso mezzanotte e mezza ed eri chiaramente ubriaco dato che deliravi e ridevi come un’idiota >>.
Il moro si alzò in piedi e gli si avvicinò. << Ho detto qualcosa di stupido? >>.
 
Kagami lo fissò e si chiese se fosse il caso di dirgli la verità. Insomma, anche se l’avesse fatto, che sarebbe successo? Non potevano certo mettersi insieme… o potevano? Aomine gli aveva detto “mi piaci” ma forse non era in senso romantico. Forse era solo quello che sembrava, un delirio da ubriaco.
 
<< Ti sei lamentato che gli altri erano degli idioti, hai parlato di una certa Yumi e di un tipo, Komachi mi pare, ma non ci ho capito molto a dire il vero >>.
Daiki inclinò leggermente la testa. << Tutto qui? Niente di interessante? >>.
 
Taiga ricambiò lo sguardo, sentendosi improvvisamente a disagio. << Eri ubriaco, Ahomine. Quello che si dice da ubriachi non conta niente >>. Si allontanò di qualche passo, ma venne fermato dalla mano dell’altro che si stringeva attorno al suo polso.
<< Mi spiace di non ricordare >>.
Il rosso deglutì. Non era preparato a quello, qualunque cosa fosse. << Perché ti scusi? >>.
 
<< Non ne sono sicuro. Penso di aver detto qualcosa di importante e mi spiace di non ricordarlo >>. Si avvicinò ancora di più: i loro corpi quasi si sfioravano, i visi a pochi centimetri di distanza e i respiri che si mischiavano.
 
Kagami sbatté gli occhi e si impose di sembrare rilassato, per non fargli notare quanto si sentisse a disagio in quel momento. << Come puoi scusarti per qualcosa che non ricordi nemmeno? >>.
Lo sguardo di Aomine si fece più intenso, come se stesse cercando di scrutare qualcosa nella mente di Taiga. << Sento che vorrei ricordare >>.
 
<< No, non credo che lo vorresti >>. Kagami fece un passo indietro e si disse che era meglio chiudere la faccenda prima che le cose peggiorassero.
<< Quindi ho davvero detto qualcosa di sconvolgente? >>. Si avvicinò nuovamente al rosso e si chiese se non sarebbe stato meglio andare dritto al sodo. “Forse dovrei baciarlo e basta”.
 
Taiga sospirò e abbozzò un sorriso. << Di tutte le cose che hai detto… beh la penso allo stesso modo, ma c’è una cosa che non capisco… che cavolo vuol dire “tu sei la mia Yumi, Bakagami”? >>.
 
Daiki sgranò gli occhi, sorpreso, ma alla fine ridacchiò. << Vuol dire questo… >> rispose in un sussurro. Allungò una mano, la posò sulla sua guancia e azzerò la distanza tra di loro posando le labbra su quelle di Taiga.
 
Si baciarono con inziale dolcezza, mentre Taiga circondava i fianchi del moro con le braccia, stringendosi a lui. Aomine non attese oltre e infilò una mano tra i suoi capelli, mentre l’altra gli cinse le spalle.
 
Dopo lunghi secondi, Kagami interruppe il bacio e ghignò al verso di disappunto dell’altro. << Non hai intenzione di spiegarmelo, vero? >>.
 
Daiki alzò le spalle con aria di soddisfatta superiorità. << Beh, sai com’è, non ricordo quello che ho detto, quindi spiegare quella frase così, senza un’idea di tutto il resto… >>, fece un sorrisetto languido e iniziò a spingere Taiga verso il letto, << perché non mi rinfreschi un po’ la memoria? >>.
 
Il rosso non oppose resistenza ai movimenti di Aomine e si lasciò cadere sul letto; l’altro gli si sistemò di sopra, le braccia ai lati della testa e i volti vicini.
Kagami sorrise e allungò le braccia verso le spalle del moro. << Non era tutto questo granché come confessione… frasi sconnesse, risate stupide… dovresti riprovarci e impegnarti di più la prossima volta >>.
 
<< Ah, davvero? >>, Daiki si chinò verso di lui e gli sfiorò le labbra, << magari potrei impegnarmi in qualcos’altro adesso, che ne dici? >>.
Fu Taiga a far congiungere le loro bocche e il bacio che ne seguì non ebbe niente di delicato: fu umido e irruento, come se avessero premuto un pulsante e la passione fosse scoppiata all’improvviso, priva di controllo.
 
Le lingue si cercarono con desiderio, giocando e assaggiandosi come se non avessero fatto nient’altro. I rispettivi sapori e le salive si mischiarono, mentre i due respiravano col naso per non essere costretti a interrompersi e i corpi si surriscaldavano sempre di più.
 
Kagami affondò le mani tra i capelli corti di Aomine e questi ne approfittò per spingersi ancora di più verso di lui. Solo quel bacio stava facendo perder loro qualsiasi briciolo di razionalità avessero mai avuto, ma non era abbastanza.
 
Taiga spostò la gamba destra e il suo ginocchio si ritrovò a strusciare contro l’inguine di Daiki che emise un breve gemito nel bacio. Il moro si staccò quanto bastava per togliersi la maglietta: la lanciò da qualche parte verso il pavimento e si ributtò subito su Kagami, attaccando il suo collo.
 
Il rosso sospirò di piacere e sentì un piacevole fremito scivolare lungo la schiena fino alle sue parti basse. Fremito che aumentò quando le mani dell’altro gli sollevarono la maglietta e la lingua circondò il suo capezzolo. Un gemito più acuto gli uscì dalla bocca e Taiga si morse le labbra, imbarazzato dalle sue stesse reazioni.
 
<< Che voce sexy che hai, Bakagami >> lo prese in giro Aomine, lanciandogli un’occhiata divertita senza muoversi dal suo petto.
<< Sta’ zitto! >> sbottò Taiga e per vendetta strusciò nuovamente il ginocchio contro l’incipiente erezione dell’altro. Daiki emise un lungo e rauco sospiro e si disse che era arrivato il momento di fare sul serio. Fece sollevare Kagami e lo aiutò a liberarsi della maglietta per poi slacciarsi la cintura; vide il rosso iniziare ab abbassarsi i pantaloni della tuta e ghignò, soddisfatto nel notare di non essere l’unico eccitato e desideroso di andare oltre.
 
<< Surprise, motherfucker! >> un grido improvviso risuonò nella stanza e i due ragazzi gelarono sul posto. << Oh my God… >>.
 
Taiga voltò la testa e sgranò gli occhi: la sua vecchia coach, Alex, era sulla soglia della sua stanza, ancora col giubbotto addosso e una grossa borsa a tracolla e li guardava a bocca aperta. Di certo non avrebbe mai immaginato di beccare il suo ex-allievo a letto con un altro ragazzo e per di più quell’Aomine Daiki. Dalle loro posizioni inequivocabili sembrava proprio che avesse avuto il peggior tempismo del mondo per fare una sorpresa a Taiga.
 
<< Alex, what the fuck are you doing here?! >>. Kagami, che era rimasto a gambe divaricate con Aomine in mezzo, si mosse rapido: si tirò su i pantaloni e recuperò in fretta e furia la sua maglietta, il tutto borbottando frasi in inglese, la faccia rossa come un peperone.
 
<< Beh, mi sono detta: il mio Taiga si è diplomato, perché non andare a trovarlo per festeggiare insieme? >>.
<< Dall’America?! >> sbottò il rosso, incredulo. Nel frattempo Aomine si era limitato a riallacciarsi la cintura e a sedersi sul letto e fissava la ragazza con malcelata ostilità.
 
Alex alzò le spalle e fece un sorrisetto. << Avevo un po’ di tempo libero e volevo farti una sorpresa… ma direi che la sorpresa l’hai fatta tu a me, invece >>.
 
Se fosse stato possibile far apparire una buca e seppellircisi dentro, Daiki era sicuro che Taiga l’avrebbe fatto all’istante. Il moro era solo irritato per essere stato interrotto proprio quando le cose avevano cominciato a farsi dannatamente interessanti.
 
Alex sorrise e afferrò la maniglia della porta. << Oh, beh, continuate pure. Io accenderò la televisione, la metterò a volume alto e nel frattempo preparerò qualcosa da mangiare, perciò… divertitevi. E usate i preservativi, mi raccomando >>. Chiuse la porta e i due ragazzi la sentirono ridere di gusto.
 
Sorpresi, perplessi e senza parole, Kagami e Aomine si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
Quella giornata sarebbe stata indimenticabile per più di un motivo.
  
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