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Autore: InuAra    19/09/2016    15 recensioni
Fanfiction 1° classificata del contest "Quel semaforo rosso…" indetto dal gruppo di Facebook "Takahashi Fanfiction Italia".
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“Quando arriviamo a casa corri a farti un bel bagno, eh?”
“Cosa??”
“No, voglio dire… un bagno caldo, per scaldarti… Non vorrei averti sulla coscienza e ti sei raffreddata un bel po’”
“Ma mica mi ammalo tanto facilmente”, replicò Akane gonfiando il muscolo del braccio, “Non è poi così freddo e sono una persona forte, io!”
“Già… infatti sei un maschiaccio, tu!”
Semaforo rosso.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nabiki Tendo, Ranma Saotome, Tatewaki Kuno, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction 1° classificata del contest "Quel semaforo rosso…" indetto dal gruppo di Facebook "Takahashi Fanfiction Italia".

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Di semafori rossi e di ombrelli in un giorno di pioggia di ordinaria follia


“Ah… i giorni di pioggia… le ingenue fanciulle senza un riparo che corrono invano verso casa… le divise bagnate che lasciano intravedere i giovani corpi inesperti… E poi i semafori color della lussuria, che le sorprendono sotto la pioggia. Semafori galeotti per gli amanti che si giovano dell’ardire della giovinezza per riparare le amate coi loro ombrelli. L’attesa, i vestiti bagnati sui seni turgidi, il rumore della pioggia… La passione e l’ardore fanno il resto”
 
Fuori dall’anonimo caffè per famiglie, pesanti nuvole nere si stavano addensando in cielo, e Kuno Tatewaki, di fronte al suo cocktail, le dita intrecciate intorno al bicchiere, lo sguardo acceso perso davanti a sé, si figurava con una nobile calma il momento eccitante in cui Akane Tendo e la ragazza col codino, ferme sulle strisce in attesa che il semaforo tornasse verde, tra un urletto e l’altro si sarebbero strette a lui sotto l’ombrello per non farsi bagnare dagli schizzi delle auto.
 
“Stai parlando di pioggia e di semafori rossi?”, una voce sarcastica lo riportò alla realtà.
 
“Ma cosa vuoi saperne tu, Nabiki Tendo, dell’amore e del romanticismo”, lanciò un’occhiata di disprezzo alla sua interlocutrice.
 
Lei lo guardava a sua volta con sufficienza mentre, attaccata alla cannuccia, si godeva il drink offertole da Tatewaki.
 
“Come vuoi, come vuoi… Basta che mi paghi”, gli ficcò una mano aperta sotto il naso.
 
“Come se Tatewaki Kuno non fosse un uomo di parola”, sbuffò lui, “Che cos’è poi il vil denaro a fronte dell’amore?”, concluse intensamente mentre sborsava cinquemila yen.
 
E nello stesso istante in cui alla Palestra Tendo, non troppo lontano da lì, Kasumi chiedeva pacata al padre e al signor Genma, rigorosamente in versione panda, intenti a giocare a shogi, “Volete altro tè?”, Nabiki Tendo intascava i suoi soldi guadagnati in modo oltremodo scorretto.
 
L’inizio di un giorno di ordinaria follia a Nerima, insomma.
 
 
***
 
“Ranma sbrigati! Guarda che non ti aspetto!”, al suono della campanella Akane si tuffò fuori dall’aula, sperando di non incappare in Kuno, Kodachi o una a caso delle spasimanti del fidanzato.
In fondo che male c’era a desiderare per una volta di tornarsene a casa da sola con lui?
 
“Ma sì, ma sì, sto arrivando…”, sbuffò Ranma buttando alla rinfusa le ultime cose in cartella e trascinandosi dietro di lei.
 
E addirittura riuscirono a uscire dall’edificio senza fare brutti incontri. Incredibile…
 
“Ma cos…?”
 
Certo, non poteva andare così liscia.
 
Di fronte al cancello Akane si bloccò di colpo, naso all’aria.
 
Il cielo del tardo pomeriggio era nero e non prometteva niente di buono.
 
Una goccia, due… Stava per venire giù il finimondo.
 
“Accidenti non ho l’ombrello”, fece appena in tempo a mugugnare imbronciata. 
 
E si aprirono le cateratte. Letteralmente.
 
“Accidenti!”, inveì più forte sovrastando lo scroscio dell’acqua, mentre si inzuppava inesorabilmente.
 
“Ecco che almeno ora mi aspetterai”, sentì dietro di sé la voce di Ranma, un Ranma inaspettatamente ancora ragazzo, e insopportabilmente sornione.
 
Si voltò stupita.
 
Ranma ostentava quel dannato sorrisetto sghembo mentre, al riparo di un ombrello, avanzava pigramente, il braccio libero dietro la testa.
 
“Anche se piove che problema c’è?”, le ridacchiò praticamente in faccia, dopo averla raggiunta.
 
“E da quando in qua tu ti ricorderesti di portarti dietro l’ombrello”, lo rimbeccò con le braccia incrociate, fingendo noncuranza, se noncuranza si può fingere mentre ci si sta facendo una doccia a cielo aperto.
 
“Da quando Kasumi me lo infila in cartella con tutte le sue raccomandazioni”, ghignò lui.
 
Lei lo guardò di sbieco, indispettita. Il tasso di orgoglio era sempre altissimo tra di loro. Ma quella volta fu Ranma a fare un passo indietro.
 
“Dai scema, non vorrai startene tutto il giorno lì sotto la pioggia! Vieni”, le concesse con un pizzico di dolcezza sporgendosi appena per avvicinarle l’ombrello.
 
Per una volta l’orgoglio si sciolse facilmente sotto la pioggia e Akane non se lo fece ripetere due volte: sgattaiolò sotto l’ombrello, con un piccolo ‘grazie’ seguito da una sonora linguaccia.
 
Giusto per non farsi mancare niente.
 
E la linguaccia, come spesso accadeva nei battibecchi bipolari tra i due ragazzi, fu a sua volta seguita da un sorriso, uno di quei sorrisi senza pudore di Akane, così repentini e così luminosi, che Ranma non potè fare a meno di arrossire leggermente e di pensare quello che senza deciderlo pensava sempre in momenti come quello: *Certo che è proprio… carina…*
 
Seguì il percorso di una gocciolina scivolarle sul viso bagnato e poi lungo il collo bianco.
 
*Anche… ‘bella’, quando vuole*, deglutì.
 
Iniziarono a camminare in silenzio per un po’.
 
Stare sotto l’ombrello di Ranma era piacevole, in fondo. Anche se era bagnata e infreddolita.
 
Si stavano avvicinando all’attraversamento pedonale, uno dei pochi di Nerima con un semaforo, alquanto inutile, a dire il vero, ma rigorosamente rispettato da tutti, nel quartiere.
 
“Quando arriviamo a casa corri a farti un bel bagno, eh?”
 
“Cosa??”
 
“No, voglio dire… un bagno caldo, per scaldarti… Non vorrei averti sulla coscienza e ti sei raffreddata un bel po’”
 
“Ma mica mi ammalo tanto facilmente”, replicò Akane gonfiando il muscolo del braccio, “Non è poi così freddo e sono una persona forte, io!”
 
“Già… infatti sei un maschiaccio, tu!”
 
Semaforo rosso.
 
“Cosa…?!”, d’istinto alzò un pugno per colpirlo stizzita e d’istinto lui la bloccò e le riabbassò il pugno lungo il corpo, per far sì che nessuno dei due si ritrovasse fuori dall’area dell’ombrello, in un movimento fluido e facile, che la disarmò.
 
“E dai, questa me l’hai servita su un vassoio d’argento”, le sussurrò impunito.
 
Se voleva chiederle scusa lo stava facendo con una faccia decisamente da schiaffi.
 
Da parte sua Ranma si accorse solo in quel momento che gli occhi di lei, spalancati tra l’imbarazzo e il disappunto, erano solo a pochi centimetri dai suoi.
 
Come diavolo aveva fatto ad avvicinarsi tanto?
Ancora le teneva la mano stretta nella sua, ancora aveva il corpo pigiato contro quello di lei, che percepiva perfettamente attraverso i vestiti bagnati di pioggia.
Vivevano assieme ormai da anni, avevano passato tante cose insieme, avventure incredibili, disastrate, pericolose, e non erano per così dire estranei a una certa vicinanza fisica, eppure tante cose erano ancora difficili e quell’intimità improvvisa era imbarazzante come fosse la prima volta…
Anzi, rispetto alla prima volta si sentiva dieci volte più accaldato.
Quasi sul punto di esplodere.
Non ebbe il tempo di rendersi conto che ultimamente accadeva sempre più spesso…
Diamine, doveva uscirne! Ma ‘voleva’ uscirne?
 
“Sorellina!”
 
Semaforo verde.
 
“Na-Nabiki..?”, preso dal panico Ranma si staccò. In fondo non aveva fatto niente di male, giusto?...
 
“Siamo qui, Nabiki!”, sentì Akane che come se nulla fosse segnalava la loro posizione a quell’arpia di sua sorella, che li raggiunse con tanto di ombrello.
 
“Siete scappati subito finita la scuola…”
 
“Perché, cosa volevi?”, chiese Ranma circospetto.
 
“Nulla in particolare”, rispose con nonchalance. “Anzi, Ranma… puoi venire un attimo?”
 
Lo prese a braccetto, tirandolo sotto il proprio l’ombrello, e Ranma istintivamente lasciò il suo in mano ad Akane.
 
“Che vuoi? Guarda che soldi non ne ho”, grugnì.
 
Nabiki, in tutta risposta, sorrise innocentemente.
 
“Niente di che, solo una cosuccia da nulla…”, e senza che Ranma potesse dire o fare qualunque cosa, lei scostò di poco l’ombrello, quel tanto che bastò per far sì che la pioggia sulla testa del ragazzo desse il via alla trasformazione.
 
Semaforo rosso.
 
“Ma che diavolo stai facendo?!”, tuonò un’alquanto indemoniata voce femminile.
 
“Nabiki, cosa…?”, ma la domanda piuttosto seccata di Akane fu interrotta a metà da un urlo lontano.
 
“Akane Tendoooo!! Ragazza col codinooo”
 
Le due interpellate si voltarono.
 
E rabbrividirono.
 
A grandi falcate, con due ombrelli aperti, uno in una mano uno nell’altra, Kuno Tatewaki correva giubilante verso di loro e verso il semaforo rosso che le teneva bloccate sulle strisce.
 
“Ora capisco…”, Ranma si coprì il volto con la mano, nel tentativo di trattenersi dal dare in escandescenze.
 
E mentre le invocazioni di Kuno, che velocemente si stava avvicinando, risuonavano nelle sue orecchie aumentando non di poco il nervosismo, trovò il tempo di voltarsi verso Akane, improvvisamente e sinceramente solidale: “Ma tu come diavolo fai? Tu sei donna tutto il tempo e ti assilla di continuo, io almeno lo sono solo a metà”
 
“Grazie per la considerazione”, bofonchiò Akane regalandogli un mezzo sorriso, appena un po’ ironico, “…ma ti ricordo che ‘il tuono blu’ assilla continuamente anche Ranma Saotome. Versione maschile, ovviamente”
 
Ranma ci pensò su e si rese immediatamente conto della stupidaggine che aveva appena detto.
 
“Ah, già”
 
 “Pronto?”, Akane lo riportò alla realtà del momento.
 
“E me lo chiedi?”
 
Ranma Saotome era nato pronto.
 
“Uno, due e…”
 
“Ecco il vostro adorato Kuno che viene a ripararvi amorevolmenteeeehhhh!!”,  due pugni perfettamente coordinati tra loro lo mandarono in orbita, proprio nell’istante stesso in cui Kuno le aveva coperte coi suoi due ombrelli e contemporaneamente cinte sotto le ascelle premendo, non proprio per caso, contro i loro petti.
 
Semaforo verde.
 
“Che schifo!”, ansimava di disgusto la ragazza coi capelli rossi, mentre l’altra si era voltata verso la sorella: “Nabiki la devi smettere di…”
 
Ma quella aveva già rimesso a Ranma in mano un nuovo ombrello e gli stava versando in testa l’acqua bollente di un piccolo termos.
 
“Che ti sei messa in testa di fare?!”, si ribellò lui, tornato uomo.
 
“Con Kuno non è andata, ma…”
 
“Adesso è il mio turno!”
 
La voce cinguettante era quella di Ukyo, che era sbucata fuori non si sa quando non si sa da dove, appendendosi al braccio di Ranma.
 
“Io qui ho finito”, si congedò Nabiki attraversando le strisce.
 
“Ehi tu! Dove pensi di andare?!”
 
Semaforo rosso.
 
La sentì ridacchiare, ormai lontana, mentre Ukyo si avvinghiava a lui sempre più.
 
“Ranma, tesoruccio! Ho dimenticato l’ombrello, ti va di accompagnarmi a casa col tuo?”
 
Gli occhi erano grandi e dolci. Come dirle di no senza ferirla?
 
“Ehm… ecco… io…”
 
“Se è per me non c’è problema”, tagliò corto Akane che stava letteralmente fumando di rabbia.
 
Semaforo verde.
 
“Fai pure. Io vado a casa”, e attraversò.
 
“Ehi tu, aspetta!”, le gridò dietro Ranma, risentito.
 
Ma non stavano tornando a casa insieme? Insieme sotto lo stesso ombrello? Dove… dove diavolo aveva sbagliato, ancora?!
 
Semaforo rosso.
 
Provò a spiegarsi, da lontano, tra la stizza e la giustificazione, come spesso accadeva: “Akane, io…”
 
“Shan Puuuu!”
 
Ma non gli fu permesso.
 
“Shan Pu, vieni sotto l’ombrello con me!”, spuntando dal nulla Mousse si era fiondato su Ukyo, scambiandola per la sua amata cinesina di ritorno dalle consegne del ristorante.
 
Fu sufficiente una spatolata secca: l’irruenza della talpa fu sedata, l’ombrello di Mousse cadde a terra e una papera starnazzante fu spedita lontano.
 
Questo servì a far staccare Ukyo da Ranma e la cosa non sfuggì ad Akane, che faceva finta di niente tergiversando sul ciglio opposto della strada.
 
Semaforo verde.
 
“Akane, aspettami, guarda che sto arriv…”
 
“Ni-hao Lanma!”
 
A Nerima la gente a quanto pare ha l’abitudine di sbucare fuori da nulla.
 
Shan Pu non aveva mai fatto eccezione.
 
“Amole, che foltuna incoltlalti sulla mia stlada!…”
 
“Ehi tu, svergognata! Levagli quelle mani di dosso! Ranma era qui con me! Con me, hai capito?! Ho pagato e non lo lascio certo a te! Ha promesso di accompagnarmi a casa…”
 
“La volete piantare, tutte e due?!”
 
Neanche a dirlo, nessuna lo ascoltava.
 
Come sempre.
 
“Gila al lalgo, lagazza-spatola! Questo pomeliggio è solo mio, di Lanma e della pioggia”, terminò sognante. E senza aspettare neanche un cenno di consenso dal suo futuro marito, Shan Pu si avvicinò a lui forse un po’ oltre il comune decoro, mirando sfacciatamente alle labbra.
 
Semaforo rosso.
 
L’ombrello aperto di Akane gli si stampò violento in faccia. Dall’altra parte della strada, la ragazza era sotto la pioggia, ancora in posizione di lancio, furiosa.
 
“Ops, mi è scivolata una mano”
 
 “A-Akane…”, anche Ukyo era rimasta basita. Akane poteva essere molto pericolosa, quando voleva.
 
Shan Pu avrebbe voluto dire: “Aya! Lagazza violenta!!”
E Ranma avrebbe voluto urlare: “Che diavolo stai facendo??!”
Ma non ce ne fu il tempo.
 
Nell’impatto l’ombrello di Ranma era stato scalzato via e in meno di un secondo una gattina rosa si era ritrovata artigliata al viso stravolto di orrore della ragazza dai capelli rossi.
 
“Ga-ga-gatto…”, fu la sola cosa che Ranma riuscì a balbettare.
 
“Mihao!”, annuì orgogliosa Shan Pu, che si chiese per quale motivo dovesse fermarsi dal fare ciò che aveva intenzione di fare solo perché la stupida ragazza violenta si era messa in mezzo facendola trasformare.
 
E mentre Ranma si dimenava senza logica correndo a destra e a manca, col rischio di finire in strada, lei avvicinò ancora un po’ il musetto alle sue labbra… e diede una leccatina.
 
Crack!
 
Fu troppo per lui. Si irrigidì, sentendosi attraversare da un fulmine e frantumare l’identità come fosse pietra.
 
Mihao
 
La “gattizzazione” ebbe luogo e Ranma, ormai sulle quattro zampe, iniziò a miagolare in modo disumano e a soffiare inferocito contro Ukyo e contro chiunque gli passasse accanto, generando un certo scompiglio.
 
Akane dall’altra parte della strada non si era persa neanche un attimo della scena.
 
“Oh no... Ranma!”
 
Ne sentì il richiamo. Si voltò verso di lei e la vide.
 
Semaforo o non semaforo si buttò in strada, deciso a raggiungerla.
 
Akane si tappò gli occhi. Quell’idiota si sarebbe fatto ammazzare!
 
Quando sollevò la testa e riprese fiato, lui le stava in grembo come se fosse il posto più bello dove potersi trovare, l’unico che agognasse. E faceva le fusa, placidamente.
 
Semaforo verde.
 
“Ranma…”, sorrise lei, sollevata, “Prima o poi mi farai venire un infarto”
 
“Mihao!”, Shan Pu, ancora attaccata al colletto della camicia di Ranma, miagolava contrariata.
 
 “Oh oh oh, il futuro marito!”, Obaba, tanto per cambiare, era sbucata da dietro un angolo.
 
Ranma arcuò la schiena e cominciò a soffiarle contro.
 
 “Ora basta”, scandì Akane, ormai al limite.
 
Afferrò Shan Pu per la collottola e la strappò fermamente dalla sua presa, mollandola in mano alla vecchia senza neanche guardarla in faccia: “Credo proprio che sia abbastanza”
 
“Ahahah! Lo credo anch’io”, concordò inaspettatamente Obaba pur trovando il tutto molto gustoso e divertente. “Direi che il futuro marito è piuttosto inutile in questo momento e un’amazzone sa quando è il momento di ritirarsi”
 
Come Obaba si dileguò, portandosi dietro una recalcitrante Shan Pu, Ranma si accoccolò meglio e socchiuse gli occhi in una smorfia di puro piacere, giocherellando appena con un lembo della gonna azzurra di Akane.
 
Il volto le si distese nel guardare il suo fidanzato così arrendevole e indifeso, e affondò una mano nei suoi capelli rossi ormai completamente bagnati.
 
Anche il semaforo era rosso, in quel momento.
 
Ukyo aveva guardato interdetta tutta la scena. C’era poco che lei potesse fare, ormai.
 
Sbuffò fuori un po’ di amarezza.
 
In quella, accanto a lei si fermò un ragazzo con la testa abbassata su una cartina, enorme zaino in spalla e antico ombrello rosso alla mano.
 
“Ma dove sono finito?”, gemeva tra sé e sé.
 
“Toh, Ryoga. Chi si rivede!”
 
Alzò il capo. Una voce conosciuta!
 
“Ukyo? Ma che ci fai tu qui?”
 
Ukyo lo guardò con occhi a mezz’asta. Si poteva rispondere a una domanda come quella?
 
Ryoga capì.
 
“Ma allora… allora sono nella città della dolce Akane!”
 
Sempre con gli occhi a mezz’asta, un po’ rassegnata, la ragazza sollevò un braccio indicando oltre le strisce.
 
Ryoga guardò in quella direzione e la vide, e il sorriso gli si allargò.
 
Poi vide lui.
 
“Ranma, che diavolo stai facendo in braccio alla dolce Aka…”
 
Ma nessuno sentì la sua frase finire. Una macchina passando lo schizzò completamente, e di lui non rimase altro che un porcellino nero.
 
Semaforo verde.
 
Akane non si era accorta di nulla.  Si era alzata da terra e aveva detto piano: “Andiamo a casa, Ranma”
 
Ormai fradicia fin nel midollo, non si affrettò e sorrise anzi a quel giorno di pioggia mentre si incamminava lontano da quell’incrocio e da quel semaforo.
 
Ranma le saltellava intorno tra un passo e l’altro, anche lui zuppo d’acqua.
 
“Vieni, su!”, lo richiamò con una serie di bacini di quelli che si fanno ai gatti.
 
Ma a dirla tutta in quel momento non riuscì a mentire fino in fondo neanche a se stessa e dovette ammettere che con Ranma in quello stato riusciva a permettersi una buona dose di tenerezze.
 
“Vieni, che a casa ti faccio un bel bagno caldo!”, arrossì appena, ridacchiando per la propria impudenza. Tanto Ranma non si sarebbe mai ricordato della piccola libertà che si era presa con quella frase.
 
Le trotterellò accanto, sciogliendosi in fusa.
 
Molte cose erano accadute negli ultimi mesi. C’era stato un viaggio in Cina, c’era stato il monte Hooh, la paura della morte. E poi c’era stato un assurdo matrimonio mancato e il ritorno alla normalità - se di normalità si poteva parlare nella loro vita - e alle litigate e alle riappacipicazioni.
 
Tante cose erano cambiate, tante stavano cambiando.
 
Semaforo rosso.
 
E tante restavano uguali, a Nerima.
 
P-chan li guardò andare via. La sua Akane con quell’idiota di Ranma.
 
Grossi lacrimoni gli appannarono la vista.
 
“Beh, immagino che anche tu abbia bisogno di un bagno caldo”, intervenne Ukyo.
 
Poteva comprenderlo bene, in quel momento. Si sentiva come lui. Ma diversamente da lui lei era abituata a reagire senza troppe lacrime.
 
“Dai, seguimi!”
 
Si bloccò.
 
“Anzi no”, aggiunse un po’ imbarazzata. Ryoga non aveva il minimo senso dell’orientamento. L’avrebbe perso subito.
 
Raccolse lo zaino e se lo caricò in spalla.
 
“Ecco! Così faremo prima”
 
Si avvicinò a lui e con la mano libera dolcemente lo tirò su da terra e se lo mise in braccio.
 
“Andiamo!”, concluse risoluta e ottimista, muovendosi in direzione del suo ristorante, e per farlo non c’era bisogno di attraversare la strada.
 
P-chan la osservò timidamente dalla sua posizione e, senza un motivo, sentì che stava diventando tutto rosso.
 
Semaforo verde.
 
 
 
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Ciao a tutti!
 
Ecco una piccola OS davvero senza nessuna pretesa…
Ringrazio di cuore le ragazze che hanno indetto questo contest perché è stato per me un pretesto per rimettermi a scrivere qualcosa di diverso, riconciliandomi con i personaggi di Ranma, i loro caratteri e l’aria spensierata e leggera che si respira nel manga/anime. Chi mi segue sa che nell’ultimo capitolo la mia long ha assunto colori che definire tragici è dir poco. XD Avevo bisogno di questa boccata fresca, anche se so bene che non è niente di che! ;-)
Però se avete voglia di commentare ne sarò più che felice!
 
A presto!
 
InuAra
 

 P.S. Grazie mille a Miyu87 per la splendida immagine, prezioso premio del contest! <3
  
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