19/09/2016
1 recensioniTutto in discesa
È diventata un’abitudine.
Indugiare con lo sguardo sul corpo dell’altro, sulle linee dei vestiti che marcavano la pelle, i gesti compiuti e le sensazioni emanate in determinati momenti.
Derek in effetti non deve neppure sorprendersi quando, osservato il giovane un po’ troppo a lungo, si ritrova i suoi occhi svegli addosso.
Cerca di fingere di guardare da un’altra parte, come un ladro colto in un atto di profanazione, e si costringe a non arrossire e di restare con lo sguardo fisso davanti a sé, le sopracciglia corrugate in una posa rigida.
Ma passa poco tempo e il suo sguardo torna dov’era prima, incontrando una luce d’ambra maliziosa che lo aspetta.
Da lì la strada è tutta in discesa. O in salita, dipende…
Era facile ignorare i propri impulsi che gli urlavano di andare dal ragazzo e di prendere, possedere, marchiare, quando sapeva di provare qualcosa che l’oggetto delle sue animalesche attenzioni non provava.
Derek sapeva nascondere la propria preoccupazione dietro a sguardi truci; il proprio interesse dietro a parole graffianti; il desiderio dietro la falsa indifferenza.
Almeno così era all’inizio.
Era convinto, Derek, che la lontananza avrebbe giovato a meraviglia: lui non avrebbe avuto la tentazione di fare qualcosa per cui si sarebbe pentito amaramente più in là, e nei rari momenti di civile interazione Stiles era troppo spaventato da tutto il suo essere lupo ringhiante e cattivo per poter prestare attenzione a qualcosa di diverso dagli artigli e le zanne che Derek gli ricordava cordialmente di possedere.
Sì, Derek ne era fortemente convinto. Lontananza.
Il problema però era che Stiles era… beh, Stiles; un iperattivo e logorroico ragazzino che non poteva mai, mai, farsi gli affari suoi senza prendere ciò come un’offesa personale arrecatagli da chi-sa-solo-cosa.
E se quindi all’inizio Derek sapeva che Stiles non lo reputava più importante di una piantina grassa da documentare per il bene della scienza, sempre più spesso il ragazzo aveva cominciato a lasciare che il licantropo gli si insinuasse sotto la pelle, acuendo la giovane curiosità e la sua voglia di sapere e capire e conoscere.
Stiles aveva cominciato a interessarsi a Derek con occhio più personale, più emotivo.
Derek se ne era accorto.
Ma, dopo tutto, Derek non avrebbe dovuto sorprendersi più di tanto, dopo tutte le volte passate a salvarsi a vicenda da sempre più improbabili esseri malvagi, che i suoi sguardi avevano cominciato a venire ricambiati con sempre più frequenza.
La cosa lo turbava.
Gli sembrava un affronto alla sua persona visti tutti i suoi tentativi di allontanare Stiles da sé, tentativi alquanto blandi, ad essere sinceri.
Per questo non riesce a sentirsi veramente offeso, ma solo un tantino irritato, quando si ritrova la bocca di Stiles incollata alla propria che gli succhia via l’anima dalle ossa.
Derek in realtà lo ha sempre saputo, anche a distanza di anni, che sarebbe finita in quel modo.
Questo non vuol però dire che la cosa lo rende più lieto, affatto, e forse i suoi pensieri si stanno riflettendo un po’ troppo sinceramente sul suo volto perché: << Andiamo, non fare il sourwolf, tanto lo so perfettamente che lo volevi almeno la metà di quanto l’ho voluto io. >>
E in effetti, Derek, a questo non sa proprio come rispondere per contraddirlo.
E decide di non volerlo fare. Non veramente.
Indugiare con lo sguardo sul corpo dell’altro, sulle linee dei vestiti che marcavano la pelle, i gesti compiuti e le sensazioni emanate in determinati momenti.
Derek in effetti non deve neppure sorprendersi quando, osservato il giovane un po’ troppo a lungo, si ritrova i suoi occhi svegli addosso.
Cerca di fingere di guardare da un’altra parte, come un ladro colto in un atto di profanazione, e si costringe a non arrossire e di restare con lo sguardo fisso davanti a sé, le sopracciglia corrugate in una posa rigida.
Ma passa poco tempo e il suo sguardo torna dov’era prima, incontrando una luce d’ambra maliziosa che lo aspetta.
Da lì la strada è tutta in discesa. O in salita, dipende…
Era facile ignorare i propri impulsi che gli urlavano di andare dal ragazzo e di prendere, possedere, marchiare, quando sapeva di provare qualcosa che l’oggetto delle sue animalesche attenzioni non provava.
Derek sapeva nascondere la propria preoccupazione dietro a sguardi truci; il proprio interesse dietro a parole graffianti; il desiderio dietro la falsa indifferenza.
Almeno così era all’inizio.
Era convinto, Derek, che la lontananza avrebbe giovato a meraviglia: lui non avrebbe avuto la tentazione di fare qualcosa per cui si sarebbe pentito amaramente più in là, e nei rari momenti di civile interazione Stiles era troppo spaventato da tutto il suo essere lupo ringhiante e cattivo per poter prestare attenzione a qualcosa di diverso dagli artigli e le zanne che Derek gli ricordava cordialmente di possedere.
Sì, Derek ne era fortemente convinto. Lontananza.
Il problema però era che Stiles era… beh, Stiles; un iperattivo e logorroico ragazzino che non poteva mai, mai, farsi gli affari suoi senza prendere ciò come un’offesa personale arrecatagli da chi-sa-solo-cosa.
E se quindi all’inizio Derek sapeva che Stiles non lo reputava più importante di una piantina grassa da documentare per il bene della scienza, sempre più spesso il ragazzo aveva cominciato a lasciare che il licantropo gli si insinuasse sotto la pelle, acuendo la giovane curiosità e la sua voglia di sapere e capire e conoscere.
Stiles aveva cominciato a interessarsi a Derek con occhio più personale, più emotivo.
Derek se ne era accorto.
Ma, dopo tutto, Derek non avrebbe dovuto sorprendersi più di tanto, dopo tutte le volte passate a salvarsi a vicenda da sempre più improbabili esseri malvagi, che i suoi sguardi avevano cominciato a venire ricambiati con sempre più frequenza.
La cosa lo turbava.
Gli sembrava un affronto alla sua persona visti tutti i suoi tentativi di allontanare Stiles da sé, tentativi alquanto blandi, ad essere sinceri.
Per questo non riesce a sentirsi veramente offeso, ma solo un tantino irritato, quando si ritrova la bocca di Stiles incollata alla propria che gli succhia via l’anima dalle ossa.
Derek in realtà lo ha sempre saputo, anche a distanza di anni, che sarebbe finita in quel modo.
Questo non vuol però dire che la cosa lo rende più lieto, affatto, e forse i suoi pensieri si stanno riflettendo un po’ troppo sinceramente sul suo volto perché: << Andiamo, non fare il sourwolf, tanto lo so perfettamente che lo volevi almeno la metà di quanto l’ho voluto io. >>
E in effetti, Derek, a questo non sa proprio come rispondere per contraddirlo.
E decide di non volerlo fare. Non veramente.