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Autore: Mirajade_    20/09/2016    2 recensioni
[Titolo cambiato da HALFVITAL in quello corrente]
L'angelo Michael cacciò il diavolo dal cielo con una spada di fuoco.
Lui è il padre che non c'è mai stato. Quello ricercato dalla propria figlia.
Nathaliel semi-angelo ricercata dai servitori di Dio e di Satana. Vogliono strapparle via tutto.
Perde la madre all'età di cinque anni e viene adottata dal demone Mephistopheles che la farà diventare un'esorcista.
Si ritroverà faccia a faccia con degli occhi zaffiro che la porteranno a odiare e amare...
Dal testo:
– Come esistono i servitori di Satana, esistono i servitori di Dio. Domani Nathaliel inizierà a frequentare la scuola per esorcisti, ti chiedo di tenerla d’occhio e di non fare parola della sua natura con qualcuno- si sistemò le maniche della sua giacca scrutando l’esorcista – E tienila lontana da tuo fratello, o quantomeno non farli stare da soli-
Genere: Fluff, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio, Rin Okumura, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Wounds like Crown
Brave enough to love you...

Non piango mai.
Da quando sono piccola sono sempre stata una bambina che piangeva poco ma che quando lo faceva sembrava incontenibile. Strillavo e mi dimenavo ma adesso? Adesso ho superato quella soglia che poteva permettermi di agitarmi e piangere come una bambina, eppure lo stavo facendo.
Lacrime su lacrime che fuoriuscivano dai miei occhi mentre tra le mani stringevo il corpo inerme e vuoto di Mephisto, mentre le immagini di come era avvenuto quell’assassinio mi si riproducevano nella testa con ferocia.
***
 
La demone si scagliò su Yukio, mostrando le zanne e gli artigli mentre ad ogni suo passo il cemento della strada si spaccava facendo uscire da ogni crepa fuoco e fiamme, come se stesse aprendo un apertura per farci sprofondare tutti all’inferno.
Un inferno da cui cominciavano uscire le più vaste specie di demoni.
In un attimo mi ritrovai nel mezzo di una battaglia, mentre orde di demoni inveivano contro i giovani esorcisti, vidi Yukio in difficoltà con la demone bionda e il resto della squadra che pensava a coprirgli le spalle, poi notai lui, Rin, che con quella spada infoderata aveva il potere di farmi adirare come una bestia: hai una spada? Allora usala!
Ma era inutile pensare a lui, perché l’uomo che si era presentato come padrone di quel demone schiava si faceva sempre più vicino.
Ho studiato da qualche parte che esistono demoni senza volontà e pensiero proprio, costretti a stare sotto regole ed ordini di un “padrone” estremamente potente.
-Figlia di Michael- sibilò il demone –Mi divertirò a scuoiarti viva- disse mentre la sua schiena sembrava aprirsi in due facendo uscire da quello squarcio insanguinato un demone dalle fattezze grottesche. Con bocche al posto degl’occhi e un enorme occhio nero al posto della bocca; la pelle era verdognola e trasmetteva un odore fetido e tra gli artigli marroni l’essere teneva saldo un bastone di bronzo solcato ovunque da enormi spuntoni.
Ringhiai frustata: perché non potevo usare i miei poteri e una docile preghiera di certo non avrebbe ammansito quel demone orrendo che mi avrebbe riso in faccia se gli avessi sfoggiato le mie poche conoscenze da Aria.
Allora corsi, corsi lontana, finché le gambe iniziarono a dolermi in maniera violenta e i suoni della battaglia si fecero lontani ma ancora vivi nella mia testa. Non sentivo le presenza di quel mostro ma credevo impossibile che mi avesse lasciato stare.
Poi lo vidi: Rin che correva urlando, un sguardo di battaglia a squarciagli il volto e i capelli blu al vento, si gettò su di me facendomi ruzzolare a terra lontano da dove mi ero fermata, dove il mio posto era stato preso da quello che sembrava essere un artiglio gigante conficcato nel terreno.
Sentì un risata provenire dall’alto.
-Divertente!- urlava il demone dagl’occhi a forma di bocca –La figlia di Michael e il famigerato figlio di…- dovetti sbattere più volte gli occhi per capire che l’oggetto che aveva fatto zittire l’essere era stato un ombrello color confetto conficcato nel occhio al posto della bocca: Mephisto volteggiava nel cielo, seduto su una poltrona con lo sguardo più feroce che gli avessi mai visto sfoggiare.
-Ma guarda chi abbiamo qui- disse ghignando –Un demone gentilmente inviato da…- si rivolse all’interessato con un tono interrogatorio a cui il demone rispose con un semplice e asciutto –Lilith-
Mephisto ghignò ancora.
-La carissima Lili- l’ombrello macchiato di sangue verdastro cadde sul cemento completamente distrutto dall’acido del sangue demoniaco. Il principe dell’inferno fece comparire nella sua mano una spada sottile dalla lama affilata –Mi chiedo perché ti abbia ordinato di ucciderla?- capì che faceva riferimento a me.
-Figlia di un arcangelo e di una reincarnazione della Madre… merita di morire- rispose il mostro e dall’alto si scaraventò su di me incontrando però la katana, ancora nel fodero, di Rin –Spostati figlio di Satana, non sei tu l’obbiettivo!- vidi i denti di Rin strisciare tra di loro e canini pungergli il labbro inferiore: quella frase lo aveva fatto veramente adirare.
Ma al contempo sembrava dispiaciuto.
Sapevo cosa si provava essere chiamata figlia di un demone.
Mephisto scese sul cemento stradale e si rivolse a noi  –Scappate voi, penserò io al nostro gentile ospite- disse, e al solo pensiero di lasciarlo lì mi si formò un magone di quelli enormi, che ti attorcigliano lo stomaco e che ti vorrebbero fare vomitare addirittura l’anima.
Una sensazione terribile e io non mi sarei mossa di lì, non sarei scappata come ho sempre fatto, rischiando che l’ultimo squarcio della mia famiglia venisse spazzato via: quel demone era forte, fin troppo, lo sentivo. Creato da Lilith, quella che era capace di scombussolare l’intero equilibrio naturale e che rischiava di fare più timore di Satana stesso.
-Non me ne andrò questo volta!- urlai, togliendomi la giacca.
Il demone nel frattempo era rimasto ad osservare la scena.
Vidi qualcosa brillare negl’occhi di Mephisto: Paura? Rimprovero? Orgoglio? Non lo seppi dire. Fece un cenno col capo a Rin.
-Nat, dobbiamo andare- mi disse il ragazzo
-Sei impazzito? Non lo lascio qui, da solo, con quel coso…- cercai di continuare ma lei mie parole si frantumarono contro lo sguardo vacuo e rabbioso dell’esorcista che continuava a fissarmi quasi con astio.
-Pensi che io voglia andarmene?- mi chiese –L’ultima cosa che voglio è che qualcuno muoia, ma non serviamo qui… siamo d’intralcio- disse con tono lapidario.
Mi infervorai  -Forse io sono d’intralcio… ma non capisco te, con quella tua stupida katana nel foderò come se non volessi rovinarla da chissà quali esseri! Non vuoi essere d’intralcio? Bene, allora usala e magari me ne andrò con la certezza che Mephisto possa contare su qualcuno!-
Passarono secondi che a me parvero ore –Non posso- sibilò infine Rin, prendendomi per il polso e costringendomi a fuggire via dal mio ultimo spiraglio di famiglia.
 
Eravamo lontani dalla battaglia, e io fin troppo stanca per ritornare indietro e pentirmi di aver abbandonato Mephisto al suo destino: principe dell’Inferno o no, avevo fin troppa paura a lasciarlo a combattere con un essere creato da colei che viene nominata “regina dei demoni”.
Mi voltai verso Rin: non sembrava affannato, neanche dolorante, aveva solo i capelli arruffati e il viso sporco di polvere.
-Sei un fottuto idiota!- cominciai ad urlargli contro, cercando di sferrargli un pugno ma lui riuscì a fermarmi giusto in tempo che potessi colpire la sua faccia.
-Calmati Nathalie… Mephisto sopravvivrà e più forte di quanto credi- cercò di rassicurarmi.
-Io…- cominciai, una frase mai terminata.
Un arto strappato, un occhio cavato, una ferita riaperta, una coltellata in gola… il dolore che stavo provando era peggiore a tutte quelle torture messe assieme. Provavo la stessa sensazione del fuoco sulla pelle e della carne che mi si squarciava. Urlai.
-Nat!- anche Rin urlava mentre dalle mie labbra fuoriusciva il mio sangue angelico, macchiando l’asfalto e espandendo il suo odore.
Urlai più forte, ancora ed ancora desiderando di essere divisa in due solo per non percepire quel dolore acuto che si infiltrava nelle membra fino alla testa e poi lo vidi… più splendente dell’ultima volta.
Ingethel.
Ritornato dal suo mondo di luce, con lo spadone alla mano, le cavità vuote e luminose, e le ali grandi e maestose che sembravano racchiudere l’immensità dei palazzi di Chicago.
-L’ora è giunta, Nathaliel figlia di Michael- la sua voce rimbombò all’infinito riproducendo di nuovo quello stridio impossibile da sopportare riproducendosi nella mia mente.
Quando mi voltai Rin era impallidito in procinto di sfoderare la spada, sapevo che non riusciva a sentire le parole di Ingethel: gli umani erano feccia per gli angeli.
-Rin- riuscì a sussurrare, prima che un’altra fitta mi togliesse il respiro –Non muoverti- ansimai, ma venni ignorata e in mezzo alle lacrime che scendevano copiose per il dolore che stavo subendo vidi l’esorcista posizionarsi davanti a me.
-Sporco ibrido- sibilò Ingethel avvicinandosi con la veste di pura luce, come se fluttuasse. Sputò sull’asfalto e migliaia di spuntoni fecero la loro comparsa sotto ai piedi di Rin, li schivò con agilità inaudita.
-Mi dispiace- lo sentì sussurrare –Non lo volevo che lo scoprissi così- e sfoderò la katana.
Miriadi di fiamme bluastre lo pervasero e i tratti tipici dei demoni sbucarono fuori. Mi  ritrovai in un sogno, nel mio sogno… dove Rin era veramente un demone discendente dello sporco Satana e dove Ingethel veniva con una regalità tale da farmi rabbrividire, perché sapevo che voleva strapparmele. Strappare le mie, le MIE ALI!
 Non era un sogno, era un incubo.
La battaglia tra Rin e Ingethel continuava, quest’ultimo ricordava una statua il cui suo unico movimento era parare con lo spadone i colpi del demone.
-Figlio di Satana- sentii –Perirai, bruciato dal fuoco celeste- e l’urlo che emisi fu quello più straziante di tutta la mia vita, capace di farti sanguinare le corde vocali.
Iniziò a piovere, ma non erano gocce limpide quelle che scendevano… erano gocce di sangue, capii poco dopo che quello era il mio sangue venuto fuori quando le mie ali erano letteralmente esplose fuori dalle ferite sulla mia schiena.
Ansimai, i suoni della battaglia erano cessati, piangevo.
-Nathaliel- la voce del’angelo sembrava più vicina e rassicurante che mai –In nome della Corte Bianca ti affido un compito: uccidi il Figlio di Satana con l’ausilio del Fuoco Celeste- le crepe di luce mi ricoprirono in maniera violenta, la mia vista si fece più acuta e luminosa, i capelli di un argento brillante… era ufficiale, stavo lentamente divenendo un angelo.
Quello che accade dopo fu strano: mi sentii leggera, inesistente, rilassata… come se mi fossi appena sdraiata e avessi incominciato a sognare scene di battaglia dove io ero la spettatrice di un film che vedeva come combattenti me e Rin.
Vidi con i miei occhi il mio corpo contorcersi, mentre dal mio stesso sangue veniva fuori un’arma lucida, vidi attraverso il riflesso di una pozzanghera di sangue i miei occhi completamente privi di colore, bianchi come la neve, e la smorfia aggressiva e agguerrita di qualcuno che doveva portare a termine il suo compito anche a costo della propria vita.
-Nat- fu Rin a parlare con lo sguardo vacuo, sorpreso e infuriato. Le sue orecchie erano a punta e allungate, la pupilla un filo rosso e la pelle un involucro pallido completamente in fiamme.
Era un demone.
Dovevo ucciderlo…
No!
Mi mossi, o almeno era il mio corpo che faceva da se, la naginata di sangue fendette l’aria in un colpo, rivolto a Rin, andato a vuoto, era troppo veloce.
-Non voglio farti del male… non a te- mi disse.
Battei il manico dell’arma sull’asfalto con un potenza da far crepare quest’ultimo mente fresche e lunghe fiamme bianche e longilinee venivano fuori per ricoprire la mia arma. Vidi il fuoco celeste curarmi i graffi delle mani e rinfrescarmi le membra, ne trassi beneficio.
Ingethel mi guardava: lo sguardo di un maestro che controllava i propri allievi.
Fendetti più volte l’aria finché in uno scattò improvviso riuscì a colpire Rin anche se  graffiandolo superficialmente.
Le fiamme bianche presero a corroderlo intorno a quel graffio, facendo urlare il demone che in uno scatto d’ira rivelò le fauci, ferendomi con la katana all’altezza della scapola.
Questa volta fu il suo turno per attaccare.
Il corpo mi doleva mentre paravo i colpi e la naginata schizzava sangue ad ogni colpo, imbrattandomi il viso e i capelli argentei. Volevo fermarmi, lanciare via l’arma e gettarmi a terra in preda alle lacrime perché Mephisto poteva morire, perché quell’angelo sembrava scavarmi nei pensieri dandomi ordini e perché Rin, quel ragazzo dai sorrisi spontanei e dalla stupidità inaudita, era figlio del mostro che aveva ucciso mia madre. Ma non lo feci, il mio corpo era governato da vita propria e Ingethel sembrava impartirne gli ordini.
Furono questi pensieri a interferire quell’automatico movimento del mio corpo trovandomi con la katana di fiamme infernali impiantata nella spalla, urlai di dolore e il fuoco celeste divampò senza controllo bruciando ogni singola particella con la sua luce, bruciando Rin dallo sguardo demoniaco.
Quando il biancore si dissolse del tutto, la katana era ancora conficcata nella mia spalla, priva di fiamme blu e Rin ringhiava di dolore con la naginata conficcata nel polmone destro… sembrò ritornare lentamente umano rivelando sulla pelle grave ustioni, le stesse che portavo io.
-Rin- sussurrai, finalmente riuscivo a parlare, piansi mentre la katana imbratta di rosso cadeva per terra accompagnata dalla naginata dissoltasi in sangue.
L’esorcista cadde in ginocchio dinanzi a me, ansimando e tenendosi la parte perforata, copioso sangue sciabordava da essa.
-No- dissi, inginocchiandomi alla sua altezza – No, no- ripetei come una mantra –Non volevo- piansi prendendolo per le spalle in gesto delicato –Rin ti prego non…-
-Lo so- mi disse interrompendomi –So che non eri tu-
Rimanemmo in un silenzio tombale dove lui si lasciò abbracciare, dove il dolore alla spalla sembrava non voler svanire, dove le mie ali sembravano volerci racchiudere in un mondo dove Ingethel e Satana non esistevano.
-Figlia di Michael- un momento irrealizzabile –Non sei stata capace neanche ad uccidere un insulso demone. La Corte Bianca ha deciso, le tue ali verranno estirpate e il fuoco celeste ereditato dall’arcangelo Michele verrà rimosso dal tuo corpo- la presa su quelle che potevo riconoscere ali si fece violenta, lo stridio dello spadone che si innalzava fu l’unico suono che sentii mentre contavo i secondi.
3
2
1
Lo spadone calò velocemente, ma non sfiorò mai le mie ali.
Ingethel fu scaraventato lontano, contro un edificio semi-distrutto che cadde completamente sopra l’angelo ricoprendolo di macerie.
-Mi dispiace, Thalia- Mephisto era lì, più serio che mai e con il suo amato smoking completamente strappato –Non so se vivrò abbastanza per prendermi la tua anima- mi disse mentre uno strato di pelle bluastra, somigliante al marmo lo ricopriva, una coda sgusciò fuori assieme a delle ali enormi di pipistrello e a delle corna nerastre.
Gli occhi di Mephisto erano di puro oro colato.
Si scagliò sulle macerie da cui proveniva una luce argentea dando vita ad una battaglia dove l’arcangelo sembrava più infuriato che mai rivelando in fasci di luce il suo essere tanto maligno.
Mephisto colpiva con violenza non lasciando tempo all’essere di luce per ricomporsi; schizzi di sangue trasparente imbrattavano in ogni dove la scena. Ingethel sarebbe morto, era quello che pensai quando il mio tutore fu ricoperto da una strana aura di potere nerastra che traspirava solo morte.
L’angelo avevo perso quel suo sguardo sofferente e adesso soffocava all’interno di quell’aura. Era fatta, è morto!
Ma resistetti il tempo per vedere il mio tutore preso per il collo dall’angelo, sentire un “crack” provenire dall’osso del collo, accompagnato dalle urla della squadra di esorcisti venuta a soccorrerci, poi svenni.
***
 
-Nat?- Yukio mi accarezza un spalla –Non so che dire, non…-
-Non dire nulla- sibilo tra i singhiozzi, il corpo di Mephisto è più freddo del solito e nonostante gli insulti e le lacrime non si risveglia, restando con la testa quasi staccata dal resto del corpo.
Ingethel è svanito lasciando chiazze di sangue trasparente a corrodere l’asfalto e le macerie, lasciando le mie ali intatte e Mephisto distrutto.
Sarebbe morto, Ingethel, un angelo non sopravvive ad uno scontro col principe dell’Inferno e io sarei andata dritta in paradiso solo per ridere alla vista della morte di quello sporco essere.
Nessuno osa parlare, persino Shiemi si è ammutolita e ha iniziato a singhiozzare alla vista del grande e potente demone morto.
Io avevo esaurito le mie lacrime o semplicemente si erano tramutate in rabbia accecante.
-Torneranno- avverte Yukio –Angeli e Demoni, ognuno con il proprio obiettivo-
-Quale sarebbe?- chiede Bon, accanto a lui la demone schiava ammanettata con i capelli biondi davanti al volto. Perché è ancora viva?
-Nathalie- non fu  Yukio a parlare ma suo fratello maggiore –Cercano lei, no?- sibila –Perché non dirlo fino dall’inizio?!- inizia ad urlare. Shiemi tenta di calmarlo accarezzandogli il braccio ma l’esorcista si scosta come scottato –Perché non ce l’avevate detto?!- si rivolge al fratello –Era tanto difficile dire “Sono un cazzo di angelo con alle calcagna schiere di demoni ed essere alati? Non solo i demoni, adesso dobbiamo vedercela anche con gli angeli”- e fu lì che mi infervorai.
Abbandono il corpo di Mephisto, mi alzo arrivando davanti alla figura infuriata di Rin –Come se tu non mi avessi detto “Sai sono il cazzo di figlio di Satana”!- le mie ali fremono.
-Non ho deciso io di chi essere figlio, ok?! Non ne vado di certo fiero-
-Ma sentilo… come se io fossi fiera di essere figlia di quello che ha fatto il culo al tuo paparino-                         
Rin si zittisce, contrae il viso in una smorfia di pura rabbia, pensavo che mi avrebbe colpito ma non lo fa semplicemente si allontana mentre il peso delle frasi che gli avevo rivolto si faceva sentire
–Io mi fidavo di te… a quanto pare quella fiducia non era ricambiata- lo sento dire.
***
 
Il corpo di Mephisto si era tramutato in cenere dopo diverse ore portando con se gli ultimi tratti della mia umanità, lasciandomi da sola ad affrontare gli sguardi di quelli che dovevo definire compagni ma che adesso sembravano vedermi come una minaccia… o peggio, un essere superiore a tutto e tutti, una divinità.
Una settimana è passata.
 Una settimana dove non ho avuto nessuna intenzione di collaborare con le ricerche per trovare qualche indizio per ricondurci a Lilith. La regina dei demoni era uscita dal suo covo di fiamme nell’inferno, e si era presentata sulla terra per motivi sconosciuti, ci aveva riferito la demone schiava.
Riguardo a lei, Bon era riuscito ad uccidere il demone padrone e automaticamente era divenuto lui il nuovo padrone della demone, ogni sua richiesta o desiderio era un ordine per la bionda. Completamente devota a quello che lei chiamava il “suo salvatore”.  Quindi aveva iniziato a collaborare, anche se, continuava a guardarmi come fossi un insetto disgustoso e ripugnante, e rivolgeva parola solo all’esorcista dalla cresta tinta.
Quest’ultimo non aveva preso molto bene quella situazione:  era divenuto possessore della vita di qualcun altro e se avesse rifiutato quella vita, Hyreen sarebbe morta trasformandosi in cenere come tutti i demoni .
Bon ci aveva pensato e demone o non, riteneva che Hyreen non fosse maligna né tantomeno pericolosa, il suo unico scopo di vita era servire il proprio padrone e lei lo avrebbe fatto.
Il divano dell’albergo è scomodo, fin troppo per i miei gusti, e la schiena e le ali ne risentono. È stato difficile imparare a “chiudere” le ali tra loro stesse ma alla fine ho ottenuto buoni risultati riuscendo di nuovo a indossare una felpa senza che quest’ultima si stracciasse.
Le ferite di battaglia si erano rimarginate in pochi giorni: il vantaggio di essere un angelo. E da quel ch emi aveva riferito Yukio anche quelle di suo fratello si erano completamente ricucite, allentando leggermente il magone che mi ero ritrovata ad avere per giorni interi.
La porta scorrevole si aprì, rivelando un Rin nelle mie medesime e disperate condizioni, con il cappuccio di una felpa grigia sul capo facendolo sembrare più cupo.
Non mi ha più rivolto parola dall’accaduto e se prima lo avevo odiato per quello che rappresentava adesso rivedevo solamente Rin, distrutto da chissà quali pensieri. È entrato in cucina, e riuscì a vedere,dal bancone che separava cucina e soggiorno, che è entrato per prendersi ancora una volta una misera bottiglietta d’acqua.
Da quanto non toccava cibo?
Quando si avvia per uscire e ritornare nella sua stanza lo chiamo, dopo sette giorni avevo pronunciato di nuovo il suo nome. Lui ne sembra sorpreso, si ferma di scatto, con una mano appoggiata alla porta da far scorrere.
-Da quanto non mangi?- eppure non era quella la domanda che volevo rivolgergli.
Non risponde per i primi trenta secondi poi decide di parlare, con voce stanca, come stufa della mia presenza –Che t’importa?- sibila –Non ero il “cazzo di figlio di Satana”?- si volta squadrandomi con gli occhi blu; mostra profonde occhiaie.
-Come se tu non mi avessi attaccato- replico – Mi hai dato la colpa degl’attacchi verso gli altri, incazzandoti per questo, come se volessi incolparmi della morte di Mephisto-
-Sai perfettamente che non ti stavo dando la colpa…-
-Ah no?- mi siedo sul divano infossando il viso nel maglione che indosso –A me sembrava proprio che mi stessi dando la colpa-
-Non è vero- dice lui, fulminandomi con lo sguardo .
-Allora, sentiamo, per quale motiv…-
-Perché non me l’hai mai detto, ecco perché. Io mi fidavo e mi fido ancora di te, avevo sempre trovato qualcosa di speciale, diverso, in te e non so… da quando ti ho trovato nel bagno, sul punto di morire, mi sono ripromesso di proteggerti a costo della mia stessa vita ma a quanto pare possiamo dire che sei una divinità scesa in terra, non hai certo bisogno dell’aiuto di un demone- rimaniamo a fissarci per intensi minuti, distolgo lo sguardo prima di arrossire davanti a lui. Quel suo modo di guardarmi o di leggermi  l’anima come fossi un libro aperto solo per lui mi metteva in disagio e in imbarazzo.
-Se ti fidavi così tanto di me, perché non me l’hai detto che tu sei…-
-Saresti scappata, mi avresti evitato mentre tu… Tu sei un angelo nessuno avrebbe provato timore per te- risponde lui sincero. Si siede sulla poltrona antica e scricchiolante, proprio davanti a me; il cappuccio scivola via rivelando la massa scompigliata di capelli blu.
Non posso replicare alla sua frase perché ha maledettamente ragione: lo avrei evitato per paura che potesse essere come il padre, ma questo prima di aver visto la morte mia e di altri scivolarmi più volte davanti al viso.
-Io ho paura di tuo p…. di Satana- mi correggo – e forse sì, ti avrei evitato perché sono estremamente codarda ma sarei ritornata perché, per quel poco che ti conosco, so per certo che tu non sei come lui- un sorriso amaro sboccia sulle sue labbra.
-Il mio timore è che possa diventarlo e che ogni giorno tu possa accorgerti di quanto siamo diversi, fin troppo anche per essere amici-
-Rin, sono sempre la stessa- lo rassicuro –Solo con qualche arto  in più- scherzo riuscendo a scorgere sul suo volto l’ombra di un sorriso.
-Come prima?- gli porgo una mano da sopra il basso tavolino di legno d’acero.
E il mio cuore si alleggerisce al suo “come prima” anche se detto con incertezza, mi stringe la mano con leggerezza inaudita come se avesse paura a toccarmi.
-Allora…- inizia imbarazzato – Com’è avere le ali?-
-Suppongo sempre meglio di avere una coda- rispondo indicando la coda nera poggiata sul bracciolo della poltrona.
E lui ride, di una risata che mi sono accorta di amare come poche.
***
Quando Yukio era ritornato era rimasto contento nel vedere me e suo fratello in una stanza senza ucciderci o insultarci, aveva tirato una sospiro di sollievo e si era meravigliato di come con innaturale tranquillità io e Rin commentavamo disgustati il film che eravamo riusciti a trovare nei pochi canali rimasti.
L’ora della cena era poi arrivata, svolgendosi serenamente, inizialmente, Shiemi aveva raccontato qualcosa sulla vastità di fiori che aveva trovato nei dintorni dell’albergo chiedendo insistentemente a me e “Izumo-chan” di aiutarla un giorno di questi a curarli.
Come se fossimo venuti qui per una gita… e come se mi piacessero i fiori.
Poi l’argomento era cambiato e Yukio aveva informato me e Rin delle ricerche fatte avvertendoci che era l’ultima volta che non partecipavamo, promettendoci che ci avrebbe trascinato anche se ci avesse trovati mezzi nudi o col pigiama.
-Abbiamo incontrato un gruppo di gente, accampata ad una vecchia fabbrica di plastica. Non pensavamo ci fossero altri oltre noi, dopo il mandato di evacuazione di Mephisto- aveva iniziato -Infatti quelle non erano semplici persone- l’esorcista occhialuto aveva soffiato su i noodles preparati da Rin quasi con adrenalina, come se non vedesse l’ora di raccontare i fatti – Erano tutte e donne e potevano essere una ventina, tutte assoggettate ad un demone-
-Portavano il classico simbolo di possessione- aveva aggiunto Izumo con tono di superiorità – La prof Shura ci ha confermato che verrà a controllare lei stessa, sarà qui domani stesso-
-Non era stata chiamato dal Vaticano?- avevo chiesto Rin sedendosi meglio nel divano, poggiando la ciotola vuota sul tavolino dinanzi a lui. Sembrava aver assunto un po’ di colore in volto e le occhiaie si erano sbiadite dopo aver dormito per quasi tutto il giorno.
-A quanto pare vuole partecipare alla missione anche lei- aveva risposto Yukio –Ha lasciato la sua precedente missione a qualcun altro dicendo che la trovava troppo noiosa per lei. Comunque, ritornando a prima…- fece una pausa, il tempo di sedersi compostamente sul bracciolo della poltrona dov’era seduta Shiemi –Le donne che abbiamo ritrovato oltre alla possessione demoniaca mostravano pure il classico ventre da donne gravide, la parte peggiore è che in ognuno di quei ventri nascono e crescono demoni più forti del normale, più devastanti, così potenti da eguagliare i principe dell’inferno, era la loggia di cui ci aveva parlato Lalu- si rivolse a me –Una loggia che si occupa della nascita di nuovi demoni, sangue del sangue di Lilith, la regina e madre dei demoni- anche lui poggiò la ciotola sul tavolino – Se i demoni riuscissero nel loro interno, se una di quelle donne riuscisse a partorire uno di quei demoni, saremmo finiti-
Un lugubre silenzio era calato nella stanza, persino Shima era rimasto basito, lui che solitamente era il più allegro del gruppo, quello che spesso e volentieri sdrammatizzava su tutto.
-Quindi?- chiese poi Rin, la sua coda dondolava dal divano come se avesse vita propria –Qual è il piano?-
-Abbiamo delle supposizioni su chi sia il capo di questa loggia- aveva detto Bon con il suo classico sguardo duro e le braccia incrociate sul petto come se volesse finire al più presto quella discussione per poter rifugiarsi in camera. Hyreen era seduta accanto a lui, sul pavimento, lo sguardo apatico non distorto da nessuna espressione o emozione la faceva somigliare ad una bambola, poi si era voltata verso il suo padrone con sguardo meravigliato al sentire il suo nome pronunciato da quest’ultimo –Hyreen ha percepito la presenza di una strega… una certa Satrina-
Yukio poggiò sul tavolino una decina di volantini tutti raffiguranti una discoteca che a quanto pare andava molto in voga “Satrina’s Edom” –Pensiamo che sia un altro covo… è ha a venti minuti dalla città, significa che...-
-Libero accesso ai demoni- risposi –Mephisto ha fatto in modo che nessun demone potesse entrare nella zona finché non si sarebbero uccisi quelli all’interno, in questo modo…-
-I demoni possono pianificare con la strega- continuò Yukio –Penso che stiano cercando di entrare per riprendersi le ragazze, dobbiamo scoprire qual è il loro piano. Quando arriverà Shura faremo una visita al locale- sospirò, forse stanco, infondo era giorni e notti che si scervellava per trovare qualche indizio e adesso che ne aveva finalmente trovato uno sentiva di potersi meritare un attimo di relax –Io, Bon, Rin, Izumo e Nathalie andremo al covo fuori città, Shura, Konekomaru, Shiemi, e Shima rimarranno a quello delle ragazze possedute per ogni genere di evenienza e magari per controllare se ci sarà qualche novità o…- inghiotte malamente –Parto, mi duole dirvi che se mai un demone riuscisse a nascere sarà compito vostro ucciderlo- guardò con attenzione Shiemi come a infondergli una sicurezza che sapeva lei non possedesse.
L’esorcista annuì convinta mentre il suo familio le saltellava sulla spalla.
-E gli angeli?- chiesi dopo una serie di secondi che parvero infiniti–Ci sono novità su di loro?- il mio tono di voce si abbassò radicalmente quando mi accorsi degli sguardi quasi di adorazione di alcuni, come se sentire la parola “angelo” li emozionasse, come se fossero bambini davanti ad un tubetto di bolle di sapone.
Yukio fece un cenno insicuro con la testa avvertendomi solamente che, gli angeli, avrebbero mandato qualcun altro di più potente di Ingethel, sicuramente la morte di quest’ultima aveva scosso la Corte Bianca.
-Sarò pronta!- dissi convinta –Pagheranno per la morte di Mephisto-
L’esorcista occhialuto sospirò, c’era dell’altro me lo sentivo – Oltre alle informazioni abbiamo trovato una chiave-
-Una chiave?- chiesi stranita.
Konekomaru, seduto scomodamente su una seggiola a dondolo in vimini estrasse dai pantaloni una lunga chiave argentata incisa in ogni punto da scritte o minuscoli disegni.
 Era luminosa, fin troppo per i miei occhi ma resistetti attivando poi la vista angelica con poche difficoltà: da quando avevo completato la “trasformazione” usare i poteri era divenuto facile come bere un bicchiere d’acqua.
Gli occhi smisero di bruciarmi e riuscì a leggere qualche scritta minuscola sulla chiave, non erano vere e proprie lettere quelle, sembravano linee attorcigliate tra loro, spezzate di tanto in tanto da un segmento  o un punto. “Janna” era quello che riuscivo a comprendere, una parola che il solo pensarla mi mandava brividi in tutto il corpo e mi accelerava il cuore, così tanto da sentirlo nelle orecchie.
-Nathalie- mi richiamò Yukio, schioccandomi le dita davanti al viso –Va tutto bene?-
Mi guardai intorno, c’eravamo solo io, lui e Konekomaru con ancora in mano la chiave. Dov’erano finiti tutti gli altri? E soprattutto, da quanto sto guardando la chiave?
-Okumura-kun ha avuto un capogiro- mi spiegò quest’ultimo – La vista della chiave non gli ha beneficiato affatto- poggiò l’oggetto menzionato sul tavolino, sembrava aver perso la sua luminescenza.
-La luce…- dissi –Era troppo forte-
Konekomaru uscì silenziosamente, adesso c’eravamo solo io e il mio insegnante –Quale luce?-
-La chiave, prima si era illuminata- spiegai – Era fin troppo forte pure per me, solo la vista divina è riuscita a farmela guardare senza farmi piangere- e mi accorsi dallo sguardo stranito di Yukio che quella luce l’avevo vista solo io –Che cos’è?- chiesi con un blocco allo stomaco, quasi d’ansia.
-La chiave del Paradiso- mi rispose lui – E il possessore di essa… è l’arcangelo Michael-
E l’ansia si trasformò in terrore e angoscia.
 
 
   
 
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