Capitolo 4 – If
you want the frog, then comes the prince!
Continuo a guardare a bocca aperta il ragazzo
davanti a me, seduto per terra e che si massaggia la fronte. Certo che
assomiglia parecchio a Malfoy… deve essere il suo fratello gemello, nato
Magonò, e che quindi hanno abbandonato per il disonore che arrecava alla sua
famiglia. Ma lui si è riscattato, diventando proprietario di un famoso locale
londinese, sconfiggendo i pregiudizi del suo mondo, dove un giorno tornerà a
testa alta. Tutto ciò si mostra perfettamente come una bella telenovela quando
il ragazzo biondo che ho di fronte e che avevo escluso categoricamente essere
Draco Lucius Malfoy, sibila guardandomi con espressione di sufficienza:
“Granger, il tuo testone fa sempre danni… dovresti mozzartelo…”.
La stretta allo stomaco, indicatrice della
rabbia caratteristica di sei anni di Hogwarts, tanto per capirci quella da
reazione repressa a parole che definire offensive è un pallido eufemismo, mi fa
capire che questo è veramente Draco Lucius Malfoy, altro che gemello
babbano segreto. Lo guardo ancora, incredula. La gentilezza delle sue
parole è inconfondibile… tra l’altro, mi conosce e mi chiama per cognome,
quindi…ciò non toglie che, se lo avessi incontrato per strada, non l’avrei
minimamente notato. Perché? Perché è vestito da babbano, tra l’altro, un
babbano perfetto, elegante e raffinato, insomma non come Ronald che accoppiava
i pantaloni viola con le maglie rosse e i calzini verdi. Malfoy, invece, con grande senso
dello stile, indossa una camicia bianca su un paio di jeans neri. Pende
allentata al suo colletto una cravatta a righe orizzontali bianche e nere. Se
non sapessi che Malfoy non indosserebbe mai quelle cose, penserei che ci si
trovi persino a suo agio. Nonostante però l’abbigliamento insolito per uno
della sua risma, non è umanamente possibile non vedere in lui quel
diciannovenne che vidi in occasione della battaglia finale contro Voldemort.
Credo effettivamente di non averlo più visto da allora. Il ritratto, però, è
sempre lo stesso: capelli biondi e corti con due ciocche ribelli che gli
accarezzano la fronte spaziosa, colorito pallido anche se leggermente più
rosato, naso arricciato in espressione snob, occhi grigi socchiusi con aria da
nobile decaduto, labbra sottili contratte per la rabbia, fisico asciutto e
scolpito che risalta sotto la camicia bianca. Al massimo, aggiungo qualche
centimetro in più alla sua già notevole altezza ed una punta di maggiore
morbidezza nei lineamenti decisi e strafottenti.
“Adesso
mi dovranno ricoverare per trauma celebrale…” lo sento mormorare con voce
sofferente. In compenso, è sempre irritante. Stringo i pugni, lo shock mi ha
fatto rimanere fin troppo in silenzio.
“Non
fare tragedie come a tuo solito…” mormoro, sfiorandomi la fronte con le dita e
ritraendole coperte da una sottile striatura rossastra. Sbraito isterica: “E io
che dovrei dire, che sto anche sanguinando?!”.
“Perfetto,
anche il sangue della Granger addosso…” ribatte sarcasticamente, strofinandosi
con forza la fronte per levarsi le tracce del mio sangue di dosso rendendo la
sua pelle diafana praticamente violacea. Aggiunge poi con pathos drammatico:
“Devono avermi lanciato una maledizione, non c’è altra spiegazione…”.
“Se
vuoi, te la lancio io una maledizione, Malfoy…” mi sollevo, guardandolo con
aria di sfida. Lo so perfettamente che non posso fare magie, non sono cretina,
ma tanto lui, il cretino della situazione, non lo sa!
“Giusto
per porre fine alla tua vita da patetico furetto rimbalzante… quelle sono cose
che segnano per tutta la vita…” completo con la migliore espressione di donna
comprensiva dei cosiddetti _ casi umani_ o anche dei _casi clinici_. Malfoy
è decisamente sia un caso umano che un caso clinico.
Sorrido
soddisfatta, mentre noto che è impallidito più del consueto. Quanto mi mancava,
vederlo patire! Quando stavo male per Ron, dovevo chiamarlo ed usarlo come
palletta antistress! Peccato che non mi sia venuta prima questa idea
illuminante… avrei risparmiato un bel po’ di sofferenze e trappole psicologiche
al mio povero fidanzato.
Apre la
bocca un paio di volte come un pesce rosso alla ricerca d’ossigeno, per poi
dirmi tagliente: “Che diamine ci fai qui, Granger?”.
Mi serro
nelle spalle, la presenza silenziosa e scioccata di Seth che ci guarda
meravigliato, mi ricorda perfettamente con la lucidità di un fulmine nel cielo,
che cosa ero venuta a fare qui. Il posto da cameriera. Certamente non
glielo posso dire, per nessuna ragione al mondo. Quello si metterebbe a ridere,
tanto da farsi sentire fino all’Indocina meridionale. E poi, tanto per sapere,
non sarebbe più corretto che fossi io a fare questa domanda? Che ci fa lui
qui, e per di più comportandosi da persona normale, quando lui non è
assolutamente una persona normale? Sia nel senso che è un mago, sia in altro
senso, ovviamente… ed poi ora che ci penso, Seth non l’ha chiamato Danny?
Sposto a
disagio il peso del corpo da un piede all’altro, rimanendomene zitta, lo
sguardo fisso sulle travi del soffitto. Interessanti, devono essere di acero
bianco… in quel mentre, lui si alza, sopravanzandomi pienamente in altezza e
guardandomi con espressione minacciosa.
Fa un passo nella mia direzione, portandosi a
poco meno di un metro da me.
“Non voglio ripeterlo una seconda volta… ma
visto che sei talmente imbecille, sono costretto a farlo… Granger, che diamine
vuoi da me??!!”.
“Per prima cosa, modera la lingua, Malfoy…” il
mio sguardo ritorna irato sulla sua persona. Sarò anche dieci centimetri più
bassa di lui e soprattutto sono la più grande non-strega della storia, ma posso
sempre cavargli gli occhi, attenzione!
“E poi figurati che diamine posso volere da
te!!” aggiungo con voce più alta per rendere incisivo il concetto.
“E va bene…” fa lui, una smorfia di nervosismo
rende i suoi occhi più inquieti “Ma ricordami che mi ci hai costretto tu…”.
Non ho ancora capito che cosa ha detto che lui
mi afferra bruscamente per il gomito, trascinandomi con lui.
“Malfoy, lasciami immediatamente!” urlo,
impuntandomi con tutte le scarpe per terra, cercando di resistere. Ma Malfoy
potrà anche avere il colorito di un rachitico, ma tutto è tranne che tale…
infatti, continua a trascinarmi con sé senza alcun apparente sforzo. Si limita
solo a dire a Seth, che è ammutolito e guarda la scena senza fiatare, che deve
risolvere una questione e che tra poco finiranno l’inventario. Seth annuisce,
sorridendo a trentadue denti, e va verso quelle che dovrebbero essere le
cucine, comunque nella direzione opposta a quella che sta prendendo Malfoy.
“Seth, questa è omissione di soccorso! Ci sono
gli estremi della denuncia!” urlo, ma lui si è già dileguato.
Non mi rimane perciò che continuare a scalciare,
mentre Malfoy mi conduce per delle ripide scale a chiocciola al piano
superiore. Quanto vorrei la mia bacchetta! Chissà che diamine ha in mente
questo ex-quasi-Mangiamorte! Potrebbe torturarmi e lanciarmi l’Incanto Imber,
quello che ti fa rimanere attaccato al bagno per dodici cicli lunari. Anche se
quello veniva usato solo dagli stregoni incas per difendersi dai conquistadores
spagnoli… ma sono incorreggibile… ma a che diamine sto pensando in un momento
drammatico come questo?!!
La corsa di Malfoy si arresta in un corridoio
che conduce ad una porta smaltata di rosso acceso. La raggiunge, aprendola e
trascinandomi con un ultimo strattone dietro di sé. La richiude, mentre io
riesco a liberarmi dalla sua presa.
La stanza è in penombra, la serranda è infatti
abbassata e la luce del sole entra dalle minuscole e sottili fessure. Mi
massaggio il braccio indolenzito, guardandomi attorno. Sembra una stanza da
letto… una stanza da letto?! O mio Dio…
Guardo la porta, vedendo se posso raggiungerla,
ma ovviamente Malfoy è stupido, ma non fino a questo punto… infatti, è fermo
davanti all’unica via di fuga, il respiro corto. Sento solo il suo ansimare per
il passo veloce con zavorra a carico, mentre il suo viso resta avvolto nel
buio.
“Malfoy, fammi immediatamente passare…”
mormoro, sperando di risultare minacciosa.
Per un po’, lui mi guarda senza parlare,
riprendendo fiato. Mi
trapassa da parte a parte come se fossi un vetro trasparente. Mi stringo nelle
spalle, mi sta facendo venire i brividi. Sia chiaro, io non ho paura!!!!
Credo di aver scordato quanto l’odiassi e quanto soprattutto lui odiasse me. Il
crepitare dell’aria tra me e lui, il sentire la pelle che brucia, il tremore
incontrollabile… bè, erano sensazioni decisamente dimenticate. Ho odiato anche
Ron e Lavanda, questo è vero, ma non è mai stato come con Malfoy. Così… originario
e naturale…Avete presente il serpente e la mangusta? A loro ha mai detto
qualcuno di odiarsi? O hanno mai litigato, ponendo fine alla loro amicizia?…
ancora? Ma si può sapere a che sto pensando????
“Hai
detto a Seth il mio nome? Intendo a parte ripetere dodici volte Malfoy
come una piccola gallina sgozzata?!” la sua voce è carica di rabbia. Sembra
reprimerla a fatica. Sbatto le palpebre un paio di volte, non riuscendo a
capire.
“Ma se
nemmeno sapevo che c’eri tu qui!” rispondo velocemente, sebbene non ci abbia
capito niente.
“Diamoci
un taglio, Granger” sibila lui, gli occhi che nel buio scintillano ciechi,
mentre assottiglia la nostra distanza con un passo “Non sarai qui per il tuo…
lavoro, eh?”.
Ma è
imbecille?! Ma che diamine dice, adesso?! Il mio lavoro?!! Io lo sto cercando
un lavoro! Un attimo… forse non ha saputo che non sono più il capo degli Auror…
lo guardo, cercando di capire se sia effettivamente come ho capito io. Non
sembra mentire. Deve essere ancora convinto che io sia a capo degli Auror.
Sembra quasi spaventato, sebbene tenti di nasconderlo… vuoi vedere che è di
nuovo immischiato in faccende oscure? E crede che io sia sulle sue tracce e sia
venuta qui per arrestarlo?
“Perché
dovrei essere qui per il mio lavoro?” imito il suo tono di voce,
accentuando l’ultima parola. Incrocio le braccia, rimandando al mittente la
domanda.
“Dimmelo
tu…”. Lui inarca elegantemente un sopracciglio, la sua voce sembra annoiata, ma
riesco ancora a distinguerne un breve tremore: “Potty si è rimangiato la
parola? O vuole togliermi Serenity?”. Nell’ultima frase, distinguo una nota
strana… diversa… sofferente dolcezza.
Forse è
quella che mi rende più calma e che ammorbidisce la mia voce: “Harry non mi ha
mandato qui, Malfoy… e, se questo può consolarti, io non so minimamente chi sia
questa Serenity…”.
“E
allora che ci fai qui?” le sue parole sono stanche. Mi basta la sua voce, anche
se non vedo il suo viso.
Ecco, so
perfettamente dove stiamo arrivando… al fatto che non sono più il capo degli
Auror… non ci penso neanche a dirglielo! Ne va della mia dignità! Mi mordo
inquieta il labbro inferiore, guardando
altrove.
“Si sta
facendo notte, Granger… il tuo silenzio non fa che confermare i miei sospetti…”.
Dannazione,
mi mette anche fretta! Aspetta, ci sto arrivando alla balla del secolo… ho
trovato… eludere il discorso…
“Perché
ti fai chiamare come uno schifoso babbano, eh Danny Ryan?” chiedo, la
voce beffarda. Lo osservo con l’ombra di un sorriso soddisfatto, convinta di
averla avuta vinta.
“Non
attacca Granger…”, se la mia risata era soddisfatta, la sua dovrebbe essere
multata per eccesso di presunzione “Ecco, la prova di che cosa possa produrre
il contatto prolungato con Potty e Lenticchia… la demenza assoluta… e pensare
che eri una strega così dotata…”
pronuncia l’ultima parola in tono dolciastro, dimostrando che lui al
contrario di tutti gli altri, non l’ha mai pensato che fossi dotata. Come se
non lo sapessi…
Il suo
ghigno giunge fino alle mie orecchie, per poi diventare una bassa nota di
sottofondo, mentre dice: “Se il caro ministro Potter non ti mai detto nulla, non
vedo perché dovrei farti io una conferenza stampa, Granger… non sono affari
tuoi… ormai il danno è bello che fatto… quindi, quello che risulta ancora
disgustosamente poco chiaro è perché stai ancora respirando la mia stessa aria
e calpestando la mia stessa polvere…”.
Se lo
prendessi a pugni, mi denuncerebbe qualcuno? Ma che dico, la farei franca in un
batter d’occhio… la giuria più inflessibile del mondo mi assolverebbe per
ripetuto comportamento provocatorio contro la mia persona. Non penso che sia
ancora nata la persona che mi possa fare più saltare i nervi come Malfoy! E
poi… il danno è bello che fatto… se c’è qualcuno che ha fatto un danno,
quello è lui! Venendo al mondo!
”Sta tranquillo, non ho intenzione di farlo ancora per molto…” rispondo
a tono, le mani che si rilassano dai pugni in cui si erano contratte “Anzi,
veramente stavo già per andarmene, prima che a qualcuno venisse una crisi di
schizofrenia e mi trascinasse qui…”.
Faccio qualche passo con il mento alzato da donna-sicura-di-sé-che-non-deve-chiedere-niente-a-nessuno-tantomeno-ad-un-malfuretto-rimbalzante.
Mi fermo accanto a lui e gli intimo di aprire immediatamente la porta.
“E’
stata una pena rivederti, Granger… speravo di aver dimenticato la tua faccia…
ed invece adesso dovrò impiegarci altri quattro anni… “ commenta ironico,
facendomi passare.
“Per la
tua di faccia ci sarebbe voluto un triplo incantesimo di memoria… ma, sai, non
me la sentivo di rischiare la vita… è una cosa pericolosa e non volevo fare la
fine di Gilderoy Allock…” ribatto, sorpassandolo “A mai più arrivederci,
Malfoy…”.
“A mai
più arrivederci anche a te, Granger…” risponde a tono in maniera falsamente educata
lui, mentre io scendo le scale. Ripercorro con la schiena dritta la sala piena
di tavolini, ringraziando mentalmente che non ci sia Seth nel caso in cui mi
chieda perché ho chiamato Malfoy il suo Danny. Anche perché non saprei nemmeno
io che dirgli… deve aver pensato che fosse una specie di soprannome… o la
parola usata nel vocabolario di tutte le lingue per indicare uno schifoso
bastardo di quinta categoria, arrogante, presuntuoso, eccetera, eccetera. In
effetti, il nome Malfoy potrebbe essere candidato ad essere il sinonimo
universale agli insulti più spregevoli del linguaggio umano.
Mi chino
con attenzione sotto la serranda abbassata, e respiro a pieni polmoni l’aria
dell’esterno. Mi volgo indietro, guardando l’immagine dipinta sulla saracinesca
della bambina sorridente, poi, presa da chissà che istinto, mi allontano
velocemente, a passo sempre più sostenuto, finché mi ritrovo a correre per le
strade di Notting hill.
Finalmente
mi fermo in un parco, incurante del fatto che lì ci venivo sempre con Ron.
Chissene… mi siedo su una panchina di legno chiaro, il cuore in gola e la milza
che mi punge. Poggio una mano sul petto, tentando di riprendere fiato, il
torace che si alza ed abbassa ritmicamente. Attorno a me, la gente colorata
riempie l’aria di voci gioiose e vivaci, non prestandomi la benché minima
attenzione. Mi appoggio contro lo schienale della panchina, chiudendo gli occhi
e cercando di isolarmi dal mondo esterno. Ma niente non funziona, il gomito
sembra infuocarsi della presa di Malfoy.
Imbecille… ma se io oggi fossi rimasta a
casa!!!
La
percezione che ci sia qualcosa di strano, di profondamente strano non se ne va…
Malfoy che si fa chiamare Danny Ryan e che si comporta da babbano, cosa per lui
assolutamente aberrante. Malfoy che è anche il proprietario di un locale
babbano… qualcosa che io non so e che, invece, Harry conosce… una promessa che
Harry gli deve aver fatto… e poi… Serenity… chi è? La mia mente rincorre
i pezzi di questo puzzle anomalo, come quando ad Hogwarts dovevo scrivere una
relazione e andavo a cercare le parole del professore di turno, assieme alle
nozioni che io naturalmente conoscevo da tempo immemore. Ma, al contrario di
come avveniva quelle volte, stavolta non c’è risoluzione. Le domande restano lì
dove sono, così come la mia curiosità innata e il mio sospetto consueto verso
Malfoy.
Ma in
fondo non me ne importa niente, sarebbe stato importante se Seth mi avesse
preso, ma in questo caso… Malfoy può farsi chiamare Danny quanto gli pare e
piace, magari a fare il babbano impara a rispettare gli altri…
Mi alzo
dalla panchina, estraggo il lettore mp3 e mi incammino verso la stazione,
ascoltando la musica.
One of them has got a gun to shoot the other
one, and together they were friends to school…
Crazy…
Alanis Morissette… anche se poi, in realtà, è una cover di una canzone di Seal
del ’94 o giù di lì… adesso il campo musicale è tutto un arraffare le idee
degli altri, riciclate fino alla noia. Ogni canzone è uguale alle precedenti.
Non ci sono più i grandi artisti di una volta, vedi i Queen o i Guns n’ Roses.
Premo il tasto dell’avanzamento veloce per trovare una canzone di questi ultimi
che amo alla follia, Sweet Child o’ mine, continuando a camminare e mi faccio
assorbire dalla poesia delle sue parole. Finalmente intravedo la stazione e,
con mia grande fortuna, un treno in ritardo di un’ora anticipa invece quello
che io avrei dovuto prendere tra due ore e mezzo. Con soddisfazione, rimango in
piedi accanto alla porta, permettendo ad una signora anziana di prendere
l’unico posto libero. Lei mi sorride grata, carica di buste della spesa. Ci
vorrebbe decisamente più educazione a questo mondo… invece tra il bullismo e le
nulle politiche giovanili, quello che la fa da padrone…
Niente,
maledizione! Non ci riesco a distrarmi!!!
Continuo
a pensare ossessivamente al grande, pfiù, segreto di Malfoy! È
sempre stato così con quel maledetto! Lo incrociavo nei corridoi a scuola, ci
insultavamo a vicenda, trattenevo dalla rissa inevitabile Harry e Ron, fingevo
che fossi superiore e me ne andavo a testa alta, convinta di averlo sempre
battuto. Lui poteva anche essere purosangue, ricco e facoltoso, ma dalla mia io
invece avevo la media stratosferica e l’amicizia con l’eroe del mondo magico.
Nonostante questo, però, quando me ne tornavo in classe e mi sedevo al mio
posto, le sue irritanti parole mi tornavano nel cervello con scadenza regolare,
sovrapponendosi a quelle delle varie spiegazioni. E così mi distraevo, mentre
fantasticavo di scioglierlo nell’acido solforico oppure di trasformarlo
perennemente in un furetto. Chiaramente, mentre discutevo di questi dubbi
amletici, Harry mi diceva qualcosa o il professore mi chiamava, beccandomi
disattenta. Riuscivo sempre a rimediare ovviamente, ma intanto il fastidio mi
faceva torcere le mani dal nervosismo. Volevo fare la superiore e ci riuscivo
perfettamente davanti a lui, ma invece dentro macinavo e macinavo fino allo
spasmo.
Finita
la scuola, almeno per me, al sesto, non lo rividi per moltissimo tempo. Anni,
credo. Salvo poi rincontrarlo, quando il viaggio alla ricerca degli Horcrux
terminò… contenti, ma ancora terrorizzati per l’inevitabile battaglia finale,
tornammo a Grimmuald Place e lui era lì. Aveva i capelli lunghi e l’aria stanca
ed affranta, mi fece pena. O meglio, mi fece quasi pena. Perché, nonostante
tutto, riprese con le solite battutine del cavolo. Granger di qui, Granger di
là, So-tutto-io, castoro… la solita solfa. L’unica eccezione era che non mi
chiamava più Mezzosangue e, in effetti, essendo diventato una spia per
l’Ordine, non era sensato credere ancora alle baggianate di Voldemort. Non so
realmente come accadde che lui passò dalla nostra parte, Lupin parlò con Harry
per due ore e mezzo, e, quando ne uscirono, Harry disse che potevamo fidarci di
Malfoy. Remus garantiva ampiamente per lui. Né io, né Ron ci fidammo
compiutamente, ricordandoci che una cosa simile aveva portato all’omicidio di
Silente da parte di Piton. E solo perché Silente si era fidato troppo di Piton.
Però, dovemmo ricrederci. Malfoy era effettivamente sincero, veniva una volta alla
settimana a portarci i piani dei Mangiamorte e, devo ammetterlo, grazie a lui
abbiamo salvato molte vite, oltre che battere Voldemort. Ma non ho mai capito
perché lo avesse fatto. Seppi solamente che la guerra si era portata via i suoi
genitori, non so né come, né quando e nemmeno ad opera di chi. Lo vidi per
l’ultima volta proprio nel giorno della battaglia. Poi niente. Nessuno ne ha
più parlato tra i miei amici… anche se, a quanto pare, Harry deve invece sapere
qualcosa.
Comunque,
avevo sempre logicamente supposto che lui avesse ereditato l’ingente patrimonio
della sua famiglia e fosse chissà dove a godersi i suoi miliardi, alla faccia
dei poveri disoccupati come me. Ma, queste erano solo supposizioni come ho
detto, non sapevo davvero dov’era e che vita facesse. Fino ad ora… Malfoy
babbano… fatico ancora a crederci. Quando lo dirò a Dean…
Dean!
Mi batto
la mano sulla fronte, me ne ero completamente scordata! Dannato Malfoy!
Alla
prima fermata, scendo subito, infilandomi nel primo negozio di alimentari che
trovo. Compro velocemente un po’ di pollo, le uova e qualche altra cosa,
pescando assurdi centesimi dalle tasche recondite della mia borsa. La mia mente
canticchia come una nenia… maledetto furetto, maledetto furetto,
maledettissimo furetto!. Esco dal supermercato e torno a casa, sgusciando
sempre come una ladra per le scale con il terrore reverenziale che la signora
Sanchez mi senta. Infilo silenziosamente la chiave nella toppa, girando
lentamente, apro la porta e la riaccosto nel più completo silenzio. Sospiro di
sollievo ed entro in casa, cercando di non fare rumore anche con i miei piedi,
nel caso in cui mi senta. Grattastinchi viene a strofinarsi affettuosamente
sulle mie gambe, lo accarezzo dietro l’orecchio e lui fa le fusa, contento.
Appoggio le buste della spesa in cucina, come prevedevo Dean non è tornato.
Vorrà sbollire la rabbia e quindi farà gli straordinari, fermandosi a pranzo.
Tipico, ma questo ritorna decisamente a mio favore. Avrò tutto il tempo per
attuare il mio piano per riprendermi il mio ragazzo. Mangio un panino al volo,
poi inizio l’opera di restauro di casa, riordinando, ramazzando, lavando,
spolverando, cose di cui se ne sentiva l’estremo bisogno.
Poi
inizio i preparativi a me stessa. Doccia, peeling, maschera facciale, pedicure
e manicure.
Mentre
sono in cucina, però, e mi passo lo smalto rosa sulle unghie delle mani, sento
squillare il telefono.
Impreco
tra me e me, ma è possibile che non possa mai starmene tranquilla? Conoscono
solo questo numero di telefono? Mi alzo con l’accappatoio addosso e
l’asciugamano a turbante sui capelli bagnati. Raggiungo il telefono, cercando
di sollevare la cornetta, senza scheggiare lo smalto fresco. Inutilmente.
“Chi
è?!” rispondo nervosamente “Cioè, volevo dire pronto…”.
“Ma
allora è vero che sei sempre nervosa?” una voce trillante ride dall’altra parte
della cornetta.
“Seth?”
“Sì…
sono indelebile, vero?”.
“No, sei
assillante… che c’è?”.
“Ti
chiamo per il tuo colloquio…”.
“Per il
mio colloquio?!” chiedo sconcertata “Vuoi sapere il mio numero di scarpe e
constatare che il 38 è troppo grande, farmi saltellare sul tavolo dei cocktail
con una palletta sul naso o vedere se so servire bibite in caso di terremoto?
Che altro c’è da dire?!”.
“Che sei
perfetta…inizi domani…”.
“CHE
COSA?!!” per il contraccolpo, scivolo su una parte del pavimento rimasta
bagnata, e cado per terra.
“Ci sei
ancora? Herm, tesoro?” Seth mi chiama a gran voce.
Riafferro
la cornetta che mi era scivolata e borbotto: “Si può sapere che hai detto?!”.
“Cosa
non ti è chiaro, esattamente?” fa lui innocentemente “La parte della perfezione
o quella del tuo primo giorno di lavoro?”.
“No,
quella dove penso che tu sia un pazzo…” bofonchio sarcastica “Che cavolo è
cambiato da stamattina?!”.
“Le tue
referenze…”.
“Le mie
referenze? Io non ho refer- “, mi blocco un attimo, mentre la comprensione mi
avvolge.
Poi
sussurro quasi con terrore: “E’ perché conosco Malf-, cioè volevo dire,
Danny?!”.
“Indovinato.
Non credo che ci siano referenze migliori!”.
“Io non
lavorerò mai con lui!” urlo nella cornetta, sperando di rintronarlo.
“E
perché?” chiede lui curioso e sornione “Sembrate andare d’accordo…”.
“EH?! In
quale assurdo universo parallelo io vado d’accordo con Malf… volevo dire, con
Danny?!”. Questa storia del doppio nome sta diventando snervante, quasi quanto
il fatto che sto reggendo il gioco a Malfoy nella sua recita.
“Non lo
so, dimmelo tu… di che avete parlato?” la voce allusiva di Seth mi fa saltare
la mosca al naso.
“DI
NIENTE!!!” urlo di nuovo, Grattastinchi scappa via spaventato.
“E va bene…”
ride lui al telefono “Comunque, non importa… mi ha detto che andavate a scuola
assieme…”.
“Ti ha
detto anche che sono terribilmente allergica alla sua personalità? Se sì,
capirai perfettamente perché non posso lavorare con lui neanche tra duecento
anni…” spiego paziente, cercando di recuperare il controllo di me stessa “Mi
viene l’orticaria e le bolle su tutto il corpo… insomma, non sono un bello
spettacolo…”.
“Non
fare la bambina” il suo tono di voce si fa cavernoso, da persona matura “Non mi
dire che non riusciresti ad ignorare Danny per, quanto, sei o sette ore al
giorno? E per quattro giorni a settimana?”.
Punta
sul vivo, replico velocemente: “Ma certo che ci riuscirei, figurati che mi
frega del furetto… cioè, intendo sempre dire Danny…”.
“E
allora non c’è problema, no?” è tornato gaio e frizzante come prima.
“Sì,
invece… e lui che ha detto?”. Sorrido tra me e me, soddisfatta.
“Che va
bene…” mugugna semplicemente.
“Che va
bene???!!” chiedo sconcertata. Malfoy non può aver mai messo nella stessa frase
il mio nome e l’avverbio “bene”. Mi affretto a chiedere: “Stai scherzando?”.
“Sono
serissimo, invece… scusami, ma adesso vado di fretta… allora, che vuoi fare?”
termina sbrigativo.
Rimango
ferma, Grattastinchi mi osserva pensosamente, mentre io fisso lo sguardo sulla
libreria di fronte a me. Che faccio? Mi torturo mentalmente. Mi farebbe comodo
avere un lavoro, questo è lampante. Ma alle dipendenze di Malfoy? Con lui come
mio capo?! Questa situazione potrebbe facilmente ritorcersi contro di me e poi
gli concederei un vantaggio notevole. Quello mi metterebbe in croce dalla
mattina alla sera! Però intanto… un lavoro, finalmente. Comprarmi un
libro senza sentirmi in colpa, un bel vestito o litri e litri di succo
all’ananas! Inoltre, credo che a Dean farebbe piacere, no? Insomma, sapere che
collaboro anch’io al menage della casa! Mi dico fino alla noia che lo faccio
solo per Dean, prima di pronunciare le fatali parole: “D’accordo, accetto…
quando si comincia?”.
“Davvero?”
fa lui tutto contento e mi fa tenerezza “Va bene, allora… domani mattina alle 8
al locale… entra dall’ingresso nel retro… è quella l’entrata del pub, dove
lavorerai tu… ti presenterò agli altri… anche se penso ci saranno solo Corinne
e Lorna, oltre a me…”.
“Perché?
Cioè, insomma, ci sarebbero anche degli altri?”.
“Certo,
tesoro…” mi spiega lui concitatamente “Il Petite Peste è diviso in tre
zone: il pub che gestisco io e dove lavorerai tu, il ristorante, che è la parte
che hai visto oggi, e lì ci sono Summer, April, Gail e Lawrence, il cuoco; infine
c’è la discoteca, il regno di Trey… comunque, loro non ci saranno… ci sarò solo
io e le altre due cameriere…”.
“Va
bene… allora ci vediamo domani…”.
Lui mi
richiama, dicendomi: “Ed ovviamente, inutile dirti, che ci sarà Danny…”.
“Toh,
che strano… me ne ero dimenticata… ed è stato il minuto più meraviglioso della
mia vita!” borbotto sarcastica.
“Va
bene, va bene… a domani, allora…” commenta, ridendo, per poi riagganciare.
Appoggio
la cornetta sul ricevitore, e per un attimo, ripenso a quello che ho appena
fatto. Devo essere completamente impazzita! No, non posso, non posso
assolutamente farlo! Riafferro il telefono con rabbia, prima di accorgermi che
ovviamente io il numero di Seth non ce l’ho. E che sono davvero una pazza
isterica. Ormai ho accettato…
Con il
passo di una condannata a morte, me ne ritorno in camera da letto, poi
vestendomi, mi viene l’illuminazione. Ritorno velocemente sui miei passi,
raggiungendo il telefono. Apro il cassetto della mensola panciuta su cui è
posto, e ne estraggo una piccola agendina in cuoio rosso. La sfoglio
freneticamente, uscendone infine vittoriosa un biglietto da visita con un
numero scarabocchiato a penna. Lo compongo febbrilmente e attendo in linea che
qualcuno risponda.