Chiudendo gli occhi non riesce più a vedere il suo viso, ma le sue palpebre sono divenute troppo pesanti, come se su di esse fossero posati dei macigni insostenibili.
Si lascia andare al piacere, allora, la ragazza dai capelli di notte, come l’ha definita il suo amante.
Si lascia baciare, accarezzare, stringere da quelle mani forti che le scaldano la pelle fremente come se i polpastrelli fossero tanti piccoli fuocherelli impazziti.
Geme, solo una volta.
Poi tace.
Ed in silenzio, si concede al Signore del cielo, come ogni sera.
 
 
Qualcosa si muove in lei.
Qualcosa cresce nel suo ventre, che non è più piatto e tonico, ma leggermente arcuato e morbido.
Accarezza quel rigonfiamento con una mano, mentre con l’altra si asciuga una lacrima dispettosa sfuggita a quello che fino ad un momento prima aveva creduto essere un ferreo autocontrollo.
Chiude gli occhi umidi, e ripensa alle notti d’Amore trascorse con colui che le ha offerto il dono che ora porta in grembo.
Deve nascondere quel frutto di una passione  proibita, deve lasciare le sue sorelle all’oscuro.
Soprattutto è Lei che non deve saperlo: la rappresaglia sarebbe durissima.
Ma è proprio Lei che per prima si accorge del suo turbamento.
< Cosa c’è che non va, mia cara? > le domanda una sera, sedute di fronte al fuoco dopo una giornata di caccia particolarmente fruttuosa.
La ragazza istintivamente si porta le mani al grembo, per tentare di nascondere quella protuberanza che è però ancora pressoché inesistente.
< Sì, io… io sto bene. Sono solo molto stanca, tutto qui >, risponde, ed i suoi occhi scuri vagano senza una meta, troppo pavidi per incrociare quelli penetranti dell’altra, che la scruta come se volesse scandagliare l’anfratto più recondito della sua anima.
< Qualunque cosa ti turbi, sappi che ne puoi parlare con noi. Con me >, mormora, e la sua voce è delicata come la melodia di un flauto.
Poi si allontana con un fruscio di vesti e si dirige verso le altre Cacciatrici, che ridono e scherzano godendosi la giovinezza.
La giovane rimane sola con i propri pensieri, e, troppo timida per rimanere con le sue sorelle e con Lei, si allontana.
Una brezza leggera le scompiglia i capelli, ed in un attimo lui le appare, bello come sempre, splendente più del Sole.
Lui ha capito, nonostante lei non gli abbia mai detto niente.
< Artemide lo sa? >, le domanda dolcemente, accarezzandole il volto smagrito dalla tensione.
La giovane per un attimo si rilassa sotto quel tocco gentile e delicato.
< No… Lei… Lei mi ha vista strana, ma le ho spiegato che è colpa della stanchezza. Sembrava piuttosto convinta, ma non potrò nasconderglielo per sempre, e nemmeno alle altre mie sorelle, non quando… quando… >, si interrompe, indicandosi con gesto eloquente il ventre.
Lui la guarda teneramente, ed è del medesimo sentimento che è intriso il suo tono mentre le risponde: < Quando verrà il momento, lo affronteremo insieme. >
< Ma quando Artemide scoprirà che ho infranto il voto di castità, mi ucciderà o peggio >, interviene la fanciulla, iniziando a tremare.
Il suo innamorato non può far altro che prenderla tra le braccia, e cullarla.
< Non lascerò che faccia del male a te o a nostro figlio. Io ti amo, Callisto >, le sussurra.
< Anche io ti amo, Zeus >, risponde lei, congiungendo poi le loro labbra in un nuovo, ennesimo bacio.
E quando l’Amore sboccia come un fiore di campo appena sorto, Callisto riesce a dimenticare per un attimo le preoccupazioni che le attanagliano l’anima.
Forse davvero tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Forse davvero le sue sono solo paranoie inutili.
Per ora, Callisto non voleva pensarci.
Per adesso, l’unico suo pensiero è perdersi tra i baci e le carezze di Zeus.
Artemide, nascosta in un angolo buio, osserva la scena.