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Autore: MM_White    23/09/2016    4 recensioni
[Eric x Christina][Spoiler!]
Buio totale. Tabula rasa. Knock-out.
Non è un doposbronza come tanti altri quello che Christina deve affrontare. Aperti con difficoltà gli occhi, infatti, scopre di essersi svegliata accanto ad Eric, il capofazione sadico e spietato degli Intrepidi. Ma non sa assolutamente come diamine sia potuto accadere. E la sua vocina da Candida esige che venga scoperta la verità...
* * *
Dal capitolo 16:
«Che ci fai qui?» Chiedo affiancandolo. «Credevo che i Capifazione avessero delle palestre private.»
«Ne abbiamo, infatti.» Mi guarda con la coda dell'occhio. «Ma oggi avevo nostalgia di questa...»
«Nostalgia...» Ripeto. «Non ti sembra un sentimento troppo profondo per te, Eric? Sai, per abituarti potresti cominciare con qualcosa di più semplice. Con l'ammirazione, per esempio, oppure con...»
«Smettila.» Si scosta dal sacco e mi lancia un'occhiata caustica. «Okei, non avevo nostalgia di questa merda di posto. Sono qui solo perchè speravo di vedere te.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christina, Edward, Eric, Will
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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In origine la porta doveva essere bianca, immacolata. Uno spettro spigoloso nel buio di questa galleria sotterranea. Ma adesso si presenta logora e piena di graffi, di ammaccature. Prova vivente che qui tutto si consuma...
Busso alla porta due volte e attendo. Il silenzio è assoluto. Sento dei rumori dall'altra parte, e l'uscio si apre di qualche centimetro.
É Kaimy. Mi fissa un attimo con il suo occhio blu come la notte, poi richiude la porta.
Scambio un'occhiata complice con Fiamma, mentre sentiamo tintinnare una catenella. Poi il rumore di un chiavistello. Due chiavistelli. E finalmente la porta si riapre.
Kaimy è di schiena, cammina verso una stanza buia. Quando riappare, legandosi in vita una vestaglia sdrucita, sono ancora sulla soglia.
«Che fai, non entri?»
Guardo Fiamma.
«Credo che sia meglio che ci parli da sola.»
Lei manda giù la saliva. Non dice nulla, annuisce soltanto. Ma poco prima di entrare mi ferma stringendomi il braccio.
«Resto nei paraggi.»
Ed io annuisco, con aria grave, chiudendo lentamente la porta.

 


 

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30.
Kaimy


 


 

 

E così eccola, davanti a me. L'amante di mio marito. La più recente. Se ne sta ferma con la schiena appoggiata alla porta, in silenzio. Appare impaurita, quasi indifesa. E inizialmente credevo fosse proprio così, perchè ho sempre considerato le ''conquiste'' di Eric come delle prede, delle vittime. Le pedine dei suoi giochi perversi.
Ma questa ragazza non è niente di tutto ciò.
Le prede non osano entrare nella tana del predatore. E dato che nel mondo animale accade piuttosto il contrario, mi chiedo se allora non sono proprio io, la preda.
Dovrei temerla?
La ragazza alza lo sguardo e una luce scintilla nelle sue iridi nere.
É bella, devo ammetterlo. Con la sua pelle scura e le gambe lunghe e sode. Ha l'eleganza di una pantera. La disinvoltura tipica delle persone risolute.
Apre bocca per rompere il silenzio. Ma se c'è una cosa che ho imparato bene, in questo luogo selvaggio, è che sei vuoi vincere devi attaccare per prima.
Così la prendo in contropiede e muovo un passo verso di lei.
«Ne ha avute altre, è vero...» La mia voce esce leggermente più forte di un sussurro. «Ma nessuna è mai venuta da me. Non so se tu sia coraggiosa o semplicemente stupida. E non so ancora se ritenermi compiaciuta oppure insultata.»
Nella camera cala nuovamente il silenzio. É insopportabile. Mi fa pensare che questo posto sia troppo piccolo per noi due. E non sto parlando dell'appartamento, se così si potrebbe definire il tugurio buio in cui mi sono ridotta a vivere, ma dell'intera città.
Cosa ci fa lei qui? Non vede che si rende ridicola? Non solo ha il coraggio di stare con Eric, ma ha anche la faccia tosta di venirmi a sbattere il suo bel visino sotto gli occhi. Deve avere del fegato, questo glielo concedo. Ma purtroppo per lei, non ci può essere nessuna competizione. Io sono una donna e la moglie dell'uomo conteso, mentre lei è solo una ragazzina nonchè l'ultima delle amanti.
La vedo riaprire bocca, per poi richiuderla di colpo. Tira un lungo sospiro, schiude le labbra, e le parole che sento fuoriuscire mi spiazzano.
«Mi dispiace.» Dice con gli occhi carichi di commiserazione.
Cosa? No, non può essere. Ho capito che cosa gli frullava nel cervello. Lo stesso mio pensiero, solo al contrario. E cioè che sono io, che non ho paragoni con lei. Che sono io a dover avere paura di lei.
«No, no, no bellina.» Sputo fuori in un sibilo minaccioso. «Tu non proverai compassione per me. Non osare pensare di fare una cosa del genere.»
«Non sto provando compassione.»
«Ma neanche mi odi.»
«E perchè dovrei farlo?» No, lei non ha paura. Non di me, almeno. «Perchè sei arrivata prima di me? Perchè Eric ti ha sposata quando ancora non mi conosceva?»
Vorrei piangere, ma non lo farò. Così rido.
«Tesoro mio, tu non sai niente.» Dico accarezzando lo schienale del divano. Logoro e vecchio, proprio come mi sento io in questo momento, che sono stata usata solo quando faceva comodo. «Eric mi avrebbe sposata anche se vi foste conosciuti prima.»
«Perchè sarebbe stato costretto a farlo.»
La risposta mi fa vacillare appena. A quanto pare sa molto di più di quello che dovrebbe sapere.
Strano.
Ma mi riprendo subito. Mai mostrare al nemico che è sulla strada giusta per ferirti.
«Come ti chiami?» Chiedo puntando gli occhi nei suoi e ingoiando la paura nelle profondità delle viscere.
«Christina.» Risponde lei con uno sguardo truce.
«Va bene, Christina. Di solito mi basta interpretare la parte della moglie gelosa e antipatica, per fare scappare a gambe levate le puttanelle che si scopa, ma evidentemente con te non funziona.»
«Io ed Eric non scopiamo.» Ringhia.
Colpita, penso, e non posso fare a meno di sollevare gli angoli della bocca in un ghigno.
«A no? E cosa fate quando passi la notte da lui? Costruite una tenda con le lenzuola e giocate a Cowboy e Indiani?»
«Non... Non è così semplice...»
«Ascoltami, voglio aiutarti perchè mi sembri una brava ragazza, davvero. Mi dispiacerebbe se ti facesse altro male...»
«Oh ma smettila.» Mi interrompe lei, sfrontata. «Non sono venuta qui per sentirmi raccontare la favoletta. Qualsiasi cosa mi dirai non sarà di certo perchè ti interessa davvero il mio bene.»
«Sei sveglia.»
«Più di quanto immagini.»
«E va bene, allora dimmi, lo sapevi vero che tu non sei la prima? Che ne ho viste passare tante altre, prima di te...»
«Sì.» Ammette Christina, con gli occhi lucidi. «Eric non me l'ha mai detto, ovviamente. Ma io credo di averlo sempre saputo.»
«E tutte hanno fatto la stessa fine.» Abbasso la voce, finchè diventa poco più di un bisbiglio. «Ne sceglie una, e non chiedermi con quale criterio. Bionda, alta, muscolosa, bruna, bassa. Per lui fa lo stesso, a quanto pare. Dopodichè inizia il corteggiamento. Il modus operandi è sempre lo stesso. Bevanda alcolica al locale di fiducia - quello dove sa che nessuno farà domande - giretto sulla zip-line e poi dritti verso il tetto. Scendono dal lucernario per atterrare direttamente sul suo letto.»
«Sapevo fosse paranoico.» Commenta quando ho finito. «Ma non che fosse anche abitudinario.»
«Eric è terribilmente abitudinario.» Confermo io con una smorfia. «Una volta collaudato un qualcosa, lo ripete fino allo sfinimento, apportando di volta in volta dei miglioramenti. Finchè non ritiene di aver raggiunto la perfezione.»
«Interessante... E perchè proprio la zip-line?»
Le rivolgo uno sguardo interrogativo.
«Non lo so. Forse perchè alle ragazze piace. Credo lo ritengano romantico.»
«Un modo rapido per convincerle ad allargare le gambe.»
«Sì...» Il modo in cui mi parla è strano. Mi puzza. «Ma perchè tanto interessamento per la zip-line?»
«Perchè io non so neanche che cazzo sia questa zip-line.»
Sta mentendo. Se fosse vero può significare solo una cosa: che con lei è stato diverso.
«Evidentemente Eric ha cambiato tattica.» Dico invece, assottigliando lo sguardo. «Lo conferma anche il fatto che sei qui.»
«Senti, io...» La ragazza sposta lo sguardo sul mobilio vecchio e pieno di polvere, sulla mia figura scarna, sul divano riparato alla bell'e meglio con delle toppe. «Lo so che sono l'ultima persona che può chiederti un favore, ma ho bisogno di capire. Ho bisogno di risposte.»
«Siediti.» Le ordino facendolo anch'io.
Lei mi segue, titubante, e io ho la possibilità di osservarla meglio.
Quella notte, alla festa, le luci stroboscopiche e la musica troppo forte avevano la capacità di annebbiare i sensi, distorcendo la realtà. O forse sarà stata colpa dell'alcol. Ricordo di averne bevuto molto. Quattro, forse cinque bicchieri di vodka liscia.
Dagli Eruditi non avevo mai bevuto niente apparte acqua, perchè dicevano che l'alcol non fa ragionare lucidamente. Che l'alcol fa male, e io non volevo farmi del male.
Ora invece, se non bevo il cervello torna a ragionare a pieno regime e mi sento morire. Perciò mi sento costretta a vivere così, con la mente sempre annebbiata dai fiumi dell'alcol. Facendo e dicendo di continuo cose di cui poi me ne pento.
«Sei bella...» Sospiro mentre mi chino per prendere una bottiglia di vino che ricordo essere rotolata sotto il divano, qualche giorno fa. «E sei giovane. Un fiore delicato che ha dovuto farsi crescere le spine.»
Quando torno a guardarla, non riesco a sostenere il suo sguardo penetrante. Alzo la bottiglia dal collo, per portarmelo alla bocca.
«Che fai, non ringrazi quando qualcuno ti fa un complimento?»
«Di solito sì. Ma mi è sembrato che stessi parlando più a te stessa che a me.»
Annuisco, mentre il liquido scende e mi riscalda le pareti interne del corpo. Un calore che si irradia fino alla pelle. Un calore che mi fa sentire meglio, come quando Eric mi abbracciava e io mi sentivo a casa.
«Ti fidi di me?»
Mi ripeteva sempre, sussurrandolo in notti talmente buie da farti gelare il sangue nelle vene. E così io lo stringevo ancora più forte, e lui mi riscaldava. Il buio incuteva paura, è vero, ma la luce era anche peggio. Quando arrivava significava che quel sogno sarebbe finito, e che noi saremmo dovuti tornare alle nostre vite.
Porgo il vino a Christina, che ne scola un bel pò dopo solo un attimo di esitazione.
«Sei perspicace, oltre che sveglia.»
«Ero una Candida.»
E io come dovrei considerarmi? Non sono più un'Erudita, non sarò mai un'Intrepida e non sono neanche un'Esclusa. Rido.
«Lo sei ancora, una Candida. Stare qui forse ti avrà cambiata un pochino. Ma non potrai mai nascondere ciò che sei veramente.»
«Allora, mi aiuterai sì o no?»
«Lo farei, se potessi.»
«Perchè non ammetti invece che non vuoi farlo?»
«Dannazione, sei esasperante!» Mi lamento massaggiandomi le tempie. «E tutto questo parlare mi mette mal di testa. Cosa diavolo vuoi sapere da me? Anzi, cosa credi che potrei mai sapere se vivo in questo buco sottoterra, lontana da tutti, con il cervello sempre in pappa?»
«Se lo ami, se lui ti ama, se...» Sento la sua vocina vacillare appena. «Se ne vale la pena.»
«Potevi chiedermelo subito, no? Allora è no,» dico con fermezza, puntando gli occhi nei suoi. «Non ne vale la pena, bambina mia. E non lo dico solo per mettere fine a questa tortura, lo dico perchè lo penso davvero. Eric non è responsabile o coerente o anche solo lontanamente affidabile. Io di certo non gliela affiderei mai, la mia vita. É l'ultima persona di cui ci si potrebbe innamorare...»
«Ma tu l'hai fatto...» Sospira la ragazza, con un'espressione indecifrabile.
«L'ho fatto,» ammetto allora. «E me ne pento. Quel ragazzo... Quel ragazzo è destinato all'autodistruzione. E se fossi rimasta al suo fianco, bhè, avrebbe disintegrato anche me.»
«Menti.»
«Come, prego?»
Le labbra di Christina tremano appena. Ma guardala, penso, così innamorata, così determinata. E così coraggiosa da riuscire ad affrontare chiunque, pur di salvare una relazione talmente assurda. Cosa ci trova di bello nel riparare più e più volte il proprio cuore ferito? Non lo vede come si diventa quando si è amato e sofferto troppo? Non vede in me il suo futuro così come io vedo in lei il mio passato?
Scappa, finchè sei in tempo.
Potrei ripeterglielo all'infinito ma lei non farebbe mai. E io la odio, la odio perchè può ancora rimediare ai suoi sbagli ma è così ottusa da considerare il mio suggerimento una minaccia. Odio lei e odio me stessa. Perchè ero giovane anch'io, e bella, e intelligente e perchè sto aiutando qualcuno quando a me non è stato riservato nessun consiglio.
Le promesse sono diventate cenere, il potere solo fumo negli occhi.
E io dovevo diventare qualcuno mentre ora sono nessuno.

 

*

 

Sbatto le palpebre, nervosa. Per un attimo, complice l'alcol e questo posto in penombra, mi è quasi sembrato di riuscire a vedere attraverso gli occhi di Kaimy. Di riuscire a sentire e provare quello che sente lei. Non mi era mai capitato di vivere un'esperienza talmente empatica.
Lei non fa che osservarmi, con quello sguardo lucido e stanco. E io non riesco a staccare gli occhi dalla sua figura. É sempre lei, con quell'aria di superiorità e l'arroganza da Erudita. Ma ha perso tanto del suo fascino giovanile. Ha le occhiaie, le clavicole sporgenti, i capelli di un nero spento. Il tessuto della vestaglia che si tende nei punti più spigolosi del corpo. Eppure, nonostante questo, sprizza carisma da tutti i pori.
«Ne è rimasto un pò?» Chiedo improvvisamente, inidicando la bottiglia che ha tra le mani.
Lei mi guarda attonita, poi solleva la bottiglia, soppesandola.
«No, ma se vuoi controllo cosa c'è nella dispensa.»
«Allora sì, grazie.»
Ho bisogno che nelle vene circoli molto alcol, se voglio trovare il coraggio di fare ciò per cui sono venuta. Così intanto controllo che nella tasca della felpa ci sia l'occorrente.
«Ecco qui.» Kaimy mi porge un bicchiere di vino rosso, poi ne riempie un altro per sè. «É caldo. Detesto il vino caldo ma non ho un frigo. E indovina un pò? Neanche una cantina. Quella che chiamo dispensa in realtà è solo una scatola tenuta sotto il letto.»
Osservo il liquido colore del rubino che oscilla nel bicchiere. Dopo lo sento scendere giù per la gola, un sorso alla volta. E poi, senza scambiarci neanche una parola, io e Kaimy ne beviamo dell'altro, e dell'altro ancora. Finchè termina anche il contenuto di questa bottiglia.
«Questa è una situazione assurda,» la sento biascicare con la voce impastata, mentre si appoggia allo schienale del divano. «Insomma guardaci. Tu ed io, a bere del vino e a conversare come se fossimo amiche di vecchia data.»
«E non lo siamo?» Chiedo con un sorriso. Sono brilla anch'io, ma su Kaimy l'alcol sembra aver fatto più effetto. E spero di riuscire a farmi dire ciò che voglio senza dover per forza ricorrere alle maniere forti.
«Certo che no!» La sento ridacchiare. «Non diventeremo mai amiche, noi due.»
«E tutto questo solo perchè amiamo lo stesso uomo!» La butto là. «Sai che c'è di bello? Al diavolo Eric, a questo punto preferisco avere un'amica come te. Con lui mica mi sono divertita così tanto...»
«Con Eric è solo segreti e pianti, pianti e segreti.»
«Ma anche lunghe notti di passione...»
«A bhè sì, salverei solo quelle.»
Allora sono stati a letto insieme. Hanno avuto una relazione. Ed Eric mi ha mentito, ancora una volta.
«Quanto... Quanto tempo è durata la vostra storia?»
Kaimy spalanca gli occhi e mi fissa. Adesso non sembra più ubriaca, o indifesa, e sputa fuori le parole in un sibilo furente.
«Cosa ti fa credere che sia finita?»
«Io, cre-credevo...» Balbetto, nel panico.
«Vieni qui, fai l'amica, beviamo insieme. Ma io non sono tua amica, Christina. Possiamo parlare, ma solo a patto che tu non dimentichi qual'è il tuo ruolo: tu sei l'amante. E se sei solo un'amante vuol dire che io ed Eric siamo ancora sposati. Sposarsi, qui, non è solo recitare in una cerimonia, sposarsi qui è...»
«Un atto di fiducia.» La interrompo.
«Sì,» conferma Kaimy con la voce che le trema, sul punto di scoppiare in lacrime.
«Io però non ce la faccio a fidarmi ciecamente di qualcuno,» affermo piano, infilando una mano nella tasca. «Sono diffidente per natura...»
«Candida.» Sputa fuori Kaimy, come se il solo pronunciare questa fazione le facesse venire il voltastomaco.
«L'hai detto tu, no? Non posso nascondere ciò che sono.» Detto questo le mostro la siringa.
Kaimy mi mostra un ghigno che sembra voler dire ''non ho paura di un siero, li ho creati io'', ma poi, inorridita, si rende conto che la siringa contiene un liquido trasparente.
«Quello... Quello che hai in mano...» Balbetta, terrorizzata. «É la cosa più mostruosa partorita da mente umana... Un abominio!»
Lo so, è proprio a causa di questo siero che sono scappata di casa.
E poi, il caos. Accade tutto in pochi secondi: Kaimy scatta in piedi e cerca di raggiungere l'ingresso, ma io riesco a bloccarla appena in tempo a impedirle di uscire. Allora lei si fa indietro e raggiunge il tavolino dove avevamo lasciato la bottiglia vuota, la afferra, la solleva sopra la testa e un rivolo di vino rosso come il sangue le scivola lungo il braccio. Cerca di colpirmi ma io schivo senza fatica i colpi, una, due, tre volte. É troppo ubriaca per coordinare bene i movimenti, o forse troppo Erudita, chissà. So solo che l'attimo prima la bottiglia di vetro colpisce il muro, schiantandosi, e l'attimo dopo Kaimy perde l'equlibrio e si ritrova con la schiena per terra, esausta.
Mi avvicino a lei, ansimante per la fatica e il cuore che mi batte all'impazzata, e le inietto il siero conficcandole l'ago nel collo.
Mentre Kaimy continua a frignare e a lamentarsi, io mi trascino in un angolo buio della camera, attendendo che il siero faccia effetto.
La schiena appoggiata al muro, le gambe che cedono, la testa pesante e io lentamente mi siedo per terra, con le braccia appoggiate sulle ginocchia.
Silenzio.
«Facciamola finita...» Fuoriesce dalle labbra carnose di Kaimy. «Sono consapevole di non avere altra scelta.»
I suoi occhi blu sono puntati contro il soffitto, spalancati. E lei boccheggia ed è tutta sudata. Come un pesce che deve ancora concepire di non essere più in acqua, ma che per istinto sa già che sta per morire.
«Sono stanca di cercare e non trovare mai niente. Voglio sapere tutto.» Tiro un lungo sospiro. «Dall'inizio.»
Kaimy volta lo sguardo verso di me, poi lo rivolge di nuovo al soffitto, con un ghigno.
«Sono nata il 26 Genna...»
«Oh, ma smettila! So benissimo che ci sono dei modi per eludere le proprietà del siero. Ma prima o poi dovrai dirmi la verità, e più tempo passa e più fa male. Allora» la incalzo con una calma serafica che non sapevo di poter avere, «come hai conosciuto Eric, davvero
«Mi fu chiesto di controllare il suo test attitudinale.»
«Va già meglio.» Dico osservando la sua gola bianchissima andare su e giù più volte. «Hai detto controllare. Come mai, c'era qualcosa che non andava nel test?»
«Il test... Il test...»
«Allora, cosa c'era che non andava nel test, Kaimy?» Ripeto, alzando un pò il tono della voce.
Kaimy serra le labbra, cercando di opporsi al siero.
«Okei, va bene. Ci arriveremo dopo.» Concludo, appuntandomi mentalmente di ripetere la domanda nel momento in cui sarebbe caduta ogni sua difesa. «Dopo cosa è accaduto?»
«Ne ho parlato con Jeanine, il capofazione degli Eruditi. Da lei mi aspettavo... Mi aspettavo una reazione diversa... Mi aspettavo che ordinasse di sbattere Eric tra gli Esclusi, o peggio ancora. Jeanine invece, lei invece mi ha detto di non parlarne con nessuno, che avrebbe pensato a tutto lei.»
«Strano comportamento...»
«L'ho pensato anch'io...»
«E così Jeanine lo ha lasciato perdere e alla Cerimonia Eric ha scelto gli Intrepidi...»
«Strano anche quello.»
«Perchè?»
«Perchè... Perchè...»
Kaimy combatte con il siero, che la induce a non avere segreti o a non dire bugie. Mentre il suo profilo, sotto la luce spettrale dei led, trema violentemente. Un lacrima fa capolino all'angolo dell'occhio.
«Perchè, Kaimy, ti sembrò strana la scelta di Eric?»
«Perchè al test attitudinale risultò Erudito, la seconda volta. Eravamo quasi convinte...»
«Come sarebbe a dire la seconda volta?»
«In tutto, il test, è stato ripetuto sei volte.»
«Come mai?»
«Erano... I test di Eric erano strani
«Ma davvero? Bhè sì, Eric in effetti è strano.» Ci rifletto su. «Okei, e in tutto questo tu che c'entri?»
«Jeanine non si aspettava che lui lasciasse la fazione. Ma non voleva neanche perderlo, così mandò me. Dovevo controllarlo, stargli vicino. E per farlo, per rimanere in questa fazione, mi costrinse a sposarlo. In cambio mi promise che avrei potuto continuare a lavorare sui miei esperimenti, che avrebbe fatto in modo che diventassi Capofazione.»
«Progetto ambizioso.»
«So di non essere una santarellina, Christina.» Singhiozza. «So di risultare antipatica e acida e senza scrupoli. Ma in quel periodo, io... Io mi innamorai davvero di Eric.»
«Okei, la conclusione perfetta di un'assurda favola. Ma se tu ed Eric stavate insieme, ed eravate pure sposati, come mai adesso sei qui? Come mai nessuno sa di questo matrimonio?»
«Fu un matrimonio segreto. Era tutta una farsa, io non dovevo innamorarmi di lui.»
«Perchè?» Chiedo, ormai senza più un briciolo di pazienza. «E quel tizio... Il testimone di Eric... Chi era?»
«Come fai a saperlo...?»
«E tra le due chi ha in corpo più siero della verità che sangue?» Mi avvicino a lei, gattonando. «Allora?»
Kaimy apre bocca. Aspira l'aria nei polmoni in un lungo, lento sospiro. Poi mi guarda.
«Non sono io il tuo vero nemico, Christina.» Geme, sforzandosi di non farsi vedere da me in lacrime. «Io ho saputo mettermi da parte, quando è arrivato il momento. Ho saputo lasciarlo andare...»
«Non mi sembra, dato che alla festa hai tirato su tutta quella sceneggiata.»
«Ho dovuto farlo, quando qualcuno che non sia lei si avvicina ad Eric, lui è in pericolo...»
Adesso ogni parola che pronuncia le costa uno sforzo incredibile. Sto scavando in un angolo della sua mente che lei ha reso inaccesibile a tutti, forse perfino a se stessa.
«Quando dici lei di chi parli esattamente?» Chiedo afferrandole un braccio inerme. «Perchè Eric è in pericolo?»
«Tu non capisci, piccola bastarda!» Singhiozza Kaimy. «Se io... Se te lo dicessi Eric potrebbe, potrebbe...»
«Perdere il posto di Capofazione, diventare un Escluso, COSA?»
«MORIRE!» Urla allora lei. «Potrebbe morire...»
«Santocielo...» Sospiro. «In che cosa mi sono imbattutta...»
«In qualcosa di più grande di te, e anche di me...»
«Ma io devo sapere...»
Anche se sapendolo Eric potrebbe morire?
«Lascia perdere, Christina.» Mi supplica lei mentre l'afferro per le spalle. Lo sguardo di entrambe sconvolto da quello che sta per accadere.
«Ascoltami bene, Kaimy...»
«NO!»
«Chi...»
Chi conosce il segreto di Eric?
«NO! NO!
«Chi...»
Chi è tanto folle da credere che Eric possa essere comandato?
«NOOO!»
Ed io, io voglio davvero essere immischiata in questo intrigo senza via d'uscita?
«Chi ha il potere di uccidere Eric?»
Nell'appartamento cala di nuovo il silenzio, anche se nelle orecchie sento un fastidioso e incessabile ronzio.
«Il mio compito è allontanare da Eric chiunque gli si avvicini troppo.»
«Non era questa la mia dom...»
«Lei ne è gelosissima. Lei ne è innamorata. E lei lo ha in pugno.»
«Lei... Chi?»
Kaimy mi rivolge di nuovo lo sguardo, trascinandomi nel mare in tempesta che è il colore intenso delle sue iridi.
«Jeanine.»
La mia lingua schiocca contro il palato secco, cercando qualcosa che la inumidisca. Ma la saliva sembra essere diventata sabbia e l'aria lingue di fuoco incandescenti. Fa male anche respirare.
Ecco perchè diceva di non essere lei la mia vera nemica.
«Io...» Continua. «Io le tenevo solo caldo il posto quando non c'era. E facevo in modo che lui le fosse fedele.»
«Eric è il suo cagnolino devoto...»
«Esatto. Peccato che non sia mai stato contento di scodinzolarle dietro.»
L'ha chiamata Jean, adesso ricordo e mi sembra tutto un pò più chiaro.
«Se Jeanine è a conoscenza di qualcosa che potrebbe metterlo in pericolo. Se è così rischioso, tradirla o farla incazzare... Perchè lui continua a farlo?»
«Perchè nessuno gli ha mai detto quali rischi corre. Eric non sa che cos'è.»
«Okei, Kaimy, ultima domanda...» Una lacrima le scivola definitivamente lungo una guancia, e incomincio a piangere anch'io. «Che cos'è esattamente, Eric?»
«Il test risultava inconcludente.» Rivela allora Kaimy con la voce interrotta dai singhiozzi. «Eric è un Divergente.»
Sento la voce di Kaimy parlare ancora, e ancora, ma io non la sento per davvero. Mi sembra di avere la testa in una bolla. Con gli occhi vedo la sua bocca aprirsi e chiudersi e la mia pelle farsi d'oca. Ma il brivido che l'ha percorsa non lo ricordo neanche. E so solo che nonostante mi sembra che non stia facendo nessun movimento, il petto devo pur muoverlo. Su e giù nell'atto di respirare, Sì, deve essere proprio così, perchè l'unica cosa di cui sono certa è che l'aria non sembra più fatta di fuoco ma di pietre. Macigni così pesanti che si fa fatica a respirare.

Fa male respirare.

Fa male sempre.

 


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Rieccomi! In questo capitolo vediamo un nuovissimo punto di vista, quello di Kaimy. Un cambiamento che avevo già previsto di fare più in là ma con un altro personaggio (e non farete fatica a capire di chi sto parlando). In questo capitolo però ho ritenuto opportuno far parlare Kaimy, mostrarvela non attraverso gli occhi della protagonista ma attraverso i suoi stessi occhi.
Questa volta devo dire che i ruoli si sono ribaltati, con Christina che si è dimostrata sleale e Kaimy che si è mostrata invece più "umana", più sentimentale...
Ed io spero che a voi stia bene così e che vi siano piaciuti tutti i piccoli (grandi) colpi di scena.

Un abbraccio alla prossima!
ℳ.ℳ.
   
 
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