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Autore: Soul of the Crow    24/09/2016    0 recensioni
Umani, vampiri, demoni ed angeli: quel mondo devastato avrebbe presto visto combattere queste grandi schiere.
Manca però una figura tra di esse: una che non può prendere alcuna delle due parti, che fa semplicemente il suo dovere in quel mondo fin troppo crudele con tutti. Quel qualcuno ha una sua storia, una che tenta di non far sparire per sempre, ma che saprà tenersi stretta quando ritroverà coloro che ha fallito ad aiutare anni prima?
[Dal capitolo...]
- Anche se è ciò che tu hai deciso, non significa che la cosa mi debba piacere. -
- Non mi importa. Farò di tutto per la mia famiglia. E se Guren, Shinoa o gli altri intendono usarmi, che facciano come vogliono. -
.
.
.
- ... Questa è la scelta peggiore che potevi fare, ma immagino non potrò fermarti ugualmente. Non è forse così? -
- Sì. Salverò Mika, te lo assicuro. -
.
.
.
- Mmm... Allora forse c'è ancora qualcosa che posso fare. -
Nel mondo dopo l'Apocalisse si aggiunge un'altra persona: un nuovo alleato per la Shinoa Squad, che necessiterà del loro aiuto per portare a termine le promesse fatte a chi le ha dato uno scopo.
[Pairings: fem!MikaYuu, altre in seguito] [AU per discostamento dagli avvenimenti del manga] [Successivo cambiamento di rating]
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Mikaela Hyakuya, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yūichirō Hyakuya
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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The fourth page: inhabitant of the other shore



L’Aldilà…


Il luogo di non ritorno…


Il posto in cui si giunge dopo la morte…


Dove le vite terminate si devono dirigere per non spezzare un delicato equilibrio…


È risaputo come la vita, l’unica che viene data ad ognuno e che mai si può riavere indietro una volta persa, solitamente si svolge: una persona nasce, cresce, accumula sempre più esperienze, viene a contatto con altri individui o fatti che possono danneggiarla od arricchirla, sempre cosciente che un giorno la propria fiammella vitale dovrà estinguersi come quelle degli altri individui intorno a lei. Nessuna vita dura per sempre, per cui l’ideale sarebbe che ognuno abbia la possibilità di spendere i propri attimi come meglio ritiene… Almeno per chi può permetterselo, prima che il tempo a disposizione scada…

Ma cosa succede dopo? La domanda che molti si sono posti, un quesito piuttosto vago per una risposta che lo è altrettanto: la “vita dopo la morte”. Un concetto potenzialmente soggettivo, ma la sua più comune definizione rispecchia il concetto di “giusta retribuzione”: ognuno ottiene ciò che si merita nell’aldilà, cioè numerose sofferenze per coloro che hanno seguito una cattiva condotta durante la loro vita terrena, ed un riposo nella beatitudine eterna per i buoni ed i giusti. Da qui sono scaturite le idee sulla presunta esistenza di “Paradiso” e “Inferno”, di questi luoghi di pace e di castigo per i defunti, ma anche qui il discorso viene preso con le pinze, sia perché ognuno ha le sue idee di “ricompensa” e “punizione”, sia perché non tutti credono che l’anima raggiunga una qualche destinazione dopo la morte, e magari giunta lì dover sopportare altri tormenti oltre a quelli che ha dovuto subire in vita… Solo quest’idea non è molto allettante…

Malgrado si tratti di una caratteristica presente in varie fedi religiose, l’unico appiglio a cui ci si può aggrappare quando la scienza e la ragione non sanno trovare spiegazione, le eccezioni ci sono sempre, e questo è solo uno dei tanti contesti che lo dimostra: per quello che pensava Kaguya, dopo la morte c’era soltanto il nulla. Come poteva affermarlo con certezza? Beh, l’aveva visto coi propri occhi: nei suoi ultimi attimi di vita, quando il rosso del sangue, il bianco argenteo della Luna ed il nero fumo erano gli unici elementi che ancora riusciva a distinguere, ricordava bene di aver chiuso gli occhi. Li aveva aperti nuovamente dopo un tempo che non era certa saper quantificare, ma si era domandata subito se li avesse davvero aperti… Poiché intorno a lei vi era solo uno spazio nero e sconfinato. Poteva essere benissimo il cielo notturno che ancora la stava sovrastando, ma dovette scartare subito l’ipotesi perché sotto di sé non c’era il freddo suolo erboso, un tempo verde brillante e che poi divenne color cremisi per il sangue versato da lei e da altri quella sera, ma le sembrava di stare fluttuando perché non avvertiva nulla di solido contro la sua schiena, quando si ricordava benissimo di essere caduta a terra a causa di una ferita; sbattere più volte le palpebre o sfregarsi gli occhi per esserne certa non aveva cambiato molto le cose, ed il gesto in sé si era rivelato in compenso una fatica tremenda: movimenti prima veloci e naturali lì costavano uno sforzo immenso, tanto che per muovere anche solo la mano di qualche millimetro dalla sua posizione vicina al fianco, in quello che si ricordava essere stato un vano tentativo di bloccare il sangue che era uscito a fiotti da un lungo taglio, aveva dovuto fare appello a tutte le forze che pian piano la stavano abbandonando. Anche l’udito aveva cominciato a giocarle scherzi: i suoni che riusciva ancora a percepire ora le parevano troppo lontani, come se lei stessa fosse stata avvolta da strati di morbida ovatta che rendevano i rumori sempre più indistinguibili finchè non cessavano… O come se stesse per sprofondare in un lungo sonno… Persino gli odori erano sempre più flebili, ma si era detta che forse era meglio così: aveva vissuto in un modo che non era nemmeno certa poterlo definire “vita”, tanto che perfino quella notte di sangue che aveva interrotto quella quiete stagnante, quell’ultima sera che allora non sapeva avrebbe trascorso da viva, le era parsa una liberazione. Almeno nel nulla nessuno la avrebbe potuta disturbare, nessuno la avrebbe potuta costringere a fare cose orribili, nessuno la avrebbe tenuta chiusa in una gabbia… Certo, aveva sperato di non morire, di poter semplicemente approfittare della confusione per allontanarsi, ma quella notte d’estate, la notte del suo settimo compleanno, si era conclusa nel peggiore dei modi.
Quello spazio vuoto doveva essere la sua destinazione dopo quei sette anni trascorsi in quella che era stata più una prigione che una casa, un posto in cui la porta era sempre aperta, ma stare dentro o fuori non faceva differenza poiché qualcuno avrebbe sempre tenuto sotto controllo la avrebbe sempre tenuto sotto controllo… Lei, la marionetta incapace di muoversi ed esprimersi senza la guida di un padrone… Di un burattinaio…

Le cose sarebbero dovute andare così certo, ma a quanto pare qualcuno aveva pensato ad una strada ben diversa per lei: in quello spazio monotono dove niente e nessuno avrebbe dovuto disturbarla, qualcosa era riuscito ad intromettersi, a farsi strada in quel vuoto, fino a raggiungere la sé stessa che allora voleva farla finita.
Come quando aveva creduto di stare sognando di vedere solo nero davanti a sé, si era ripetuta lo stesso quando vide una fioca luce lilla avvicinarsi sempre più a lei, ma aveva reso chiaro fin da subito che quell’intrusa era più di quello che appariva: una volta giunta davanti ai suoi occhi, quel colore divenne sempre più vivido, e mentre si diffondevano odori di pioggia, di fiori, di erbe medicinali, di pagine di volumi antichi ed altri nuovi, che non c’entravano nulla gli uni con gli altri, che caratterizzavano una persona che a quel tempo non conosceva ancora, la Kaguya di allora si era ridestata dallo stato di torpore in cui era caduta quando anche una voce di bambina, soave e leggera come il tintinnio di campanelli, si fece sentire dalla luce violetta:


- Ah ah! Allora qua c’era ancora qualcuno! –

- ? –

- Non stai tanto bene vero? Sei tutta sporca di sangue… –

- … -

- Non mi rispondi? Guarda che lo so che mi senti! Ehi! –

- … -

- Umpf! E va bene… Senti, mi basta che rispondi e poi me ne vado ok? Perché non te ne sei andata via subito? Era pericoloso rimanere lì. –

- … I… I-… -

- Eh? Che cosa? –

- … I-Io… N… No… -

- Mh? Non volevi? Come mai? –

- … -

- Ancora il gioco del silenzio? Non puoi fare così! –

- Io… Vi-… Vive… Re… Lì… No… N-Non… Non… C-… Ce… La… F-… Face… Più… -

- Non ce la facevi più a stare lì? Non mi hai comunque risposto! Se proprio non volevi, come mai sei rimasta dov’eri? Non dirmi che volevi fare la fine degli altri che erano lì!? –

- … I-Io… -

- Pfff… Lascia stare. Sei proprio testarda sai. Però sei proprio sicura che vuoi che le cose finiscano così? Proprio adesso?

- ? –

- Ah già scusami, stavolta non mi sono spiegata io… Allora, da dove potrei iniziare… -

- Ugh… *cough*! *cough*! –

- Noooo! Così non va! Se continui così te ne andrai via prima che finisca, uffa! Ok, ho capito: ti spiegherò tutto quanto più tardi! Ora solo le cose importanti: io so chi sei, o meglio “cosa” sei di preciso. Quelle persone con cui vivevi sono state cattive con te vero? –

- Eh? C-… Co… Come… F… -

- Come lo so? Diciamo che ho un “lavoro” un po’ strano. Comunque sia, ho visto cosa ti hanno fatto e ti hanno fatto molto male. Quindi, che ne dici di fare così? Io realizzerò il desiderio che aveva mentre eri chiusa in quella “gabbia”, e tu in cambio ne esaudirai uno mio. –

- P... P-… Perché… I… -

- Perché lo sto chiedendo proprio a te? O perché lo sto chiedendo a qualcuno che incontro per la prima volta? Ti ho già detto che ti osservavo da un po’, no? E adesso rispondimi: sì o no? E niente gioco del silenzio stavolta! –

- T-Tu… Chi… -

- Chi sono? Basta con le domande e rispondimi! –

- … -

- Mmm… Ok, ho capito… Se me l’hai chiesto, vuol dire che un po’ ti interessa. Allora, chi sono io… Beh, dimmi una cosa... Tu hai mai sentito parlare dei Tristi Mietitori o Shinigami? –

- …! T-Tu… A-All… Se-Sei… M… -

- Esatto! Io sono la Morte e sono venuta a farti visita. Molto piacere Kaguya Akagi! E ora che mi sono presentata, stringiamoci la mano e diamo inizio alla tua nuova vita! –


Alla fine quella shinigami non voleva affatto farle una proposta: voleva soltanto chiederle il permesso per poter portare avanti un suo piccolo progetto.
Kaguya aveva comunque accettato, stringendo la sua mano piccola e pallida con una altrettanto minuscola e bianca, l’una madida e puzzolente di sangue e l’altra candida ma comunque macchiata di ciò che le Anime viste col passare dei secoli le avevano lasciato addosso, un qualcosa che non sapeva identificare e che poi ha imparato a conoscere, così come aveva appreso che la voce spensierata, un po’ scontrosa e fastidiosa di quella bambina celava qualcosa di più complesso; tuttavia, prima di iniziare la sua nuova vita, pensò di aver trovato conferma a ciò che aveva sempre creduto prima di morire: Paradiso ed Inferno erano solo invenzioni poste dall’uomo perché non pensasse al vuoto nero e sconfinato in cui si sarebbe ritrovato quando avrebbe chiuso gli occhi per l’ultima volta, quando non avrebbe potuto più alzare lo sguardo per poter salutare la mattina seguente.
Inoltre, scoprì che quel discorso non valeva solo per gli umani: tutti i Tristi Mietitori che avevano conservato ragione e ricordi della loro vita terrena, coloro che avevano avuto la possibilità di scorgere anche solo per pochi attimi quel nulla assoluto, ritenevano quasi ridicola l’esistenza di luoghi di riposo o sofferenza eterni dopo la morte, forse perché loro in un certo senso hanno avuto la possibilità di vedere una delle possibili strade che aspettavano coloro a cui il cuore aveva smesso di battere… O forse perché avevano ora la possibilità di raccontare ciò agli umani e porre fine alla loro ignoranza in materia; in fondo non esisteva alcun divieto che imponeva di mantenere il segreto della loro esistenza, ma era altrettanto risaputa l’inutilità di tale azione: solo particolari categorie di umani li potevano vedere, quelli che erano prossimi alla morte o che avevano appena visto qualcuno morire in primis. E malgrado tali situazioni si verificassero di continuo tra i comuni mortali, nessuno si azzardava a raccontare ciò che avevano visto: figurarsi se la gente andava a raccontare di misteriose figure con mantello e cappuccio vicino al letto di morte di un loro caro!
E in ogni caso, l’avvento della modernità aveva fatto presto diradare la fede che certe entità esistessero, seppure gli shinigami siano rimasti soggetti piuttosto popolari tra gli umani e che addirittura spopolassero in programmi televisivi o libri. Anche qui i personaggi presentati avevano poco o nulla in comune con Kaguya o gli altri Tristi Mietitori, quindi nessuno di loro rischiava di avere la propria identità messa allo scoperto.

La castana credeva solo a ciò che vedeva coi propri occhi, per cui da bambina non aveva mai creduto molto alle figure collegate all’Aldilà che rappresentavano l’argomento più importante nelle conversazioni all’interno della villa; per quanto fosse piccola prima di diventare una shinigami, e malgrado i tentativi di parenti e servitori nello sfruttare quello che per loro era un prodigio, uno di quelli che nascevano una volta ogni mille anni, lei voleva restare il più lontano possibile da quelle che per lei erano solo mostri. Anche se all’inizio si era rifiutata, compiuti i quattro anni tutti persero la pazienza e le sbatterono con forza in faccia quella che era la realtà che ora viveva, quella di un mondo in cui gli esseri che tanto rinnegava potevano essere dietro l’angolo; inoltre, gli anni da Triste Mietitore l’hanno portata a non credere nell’esistenza di una qualche entità superiore che ha già deciso tutto o comunque qualcuno che dall’alto stesse guardando tutto per punire le vittime di ingiustizie: aveva visto persone che erano riuscite a scampare alla fine scritta nelle Pagine, che fosse per merito loro o per un qualche incidente di percorso non importava tanto. Peccato che quelle persone abbiano comunque incontrato la loro fine molto presto… Altra cosa che aveva imparato: alla Morte puoi scappare una volta, ma alla seconda non sarai altrettanto fortunato. Chi ha orecchie per intendere intenda.
Ogni volta che ripensava ai tempi indietro, dai suoi anni da umana fino all’incontro con la shinigami di luce color lavanda, si accorgeva di quanto questi fossero solo memorie che si stavano diradando sempre più… Solo parole e voci erano ben impresse nella sua testa, azioni e volti sbiadivano poco alla volta… Certo, anche da Triste Mietitore ne aveva passate un po’ per arrivare dove era ora, ma sia lei che Yuri avevano concluso che la sua testa era stata rivoltata al punto che fare affidamento sulla sua memoria non rappresentava una buona soluzione in ogni situazione: tra quello che le aveva fatto la sua famiglia e quello che era successo dopo la sua morte, che fosse stata lei a relegare i brutti ricordi in un angolino della sua mente o che c’entrasse una qualche causa di forza maggiore, la sua memoria era come una pagina strappata in frammenti minuscoli e fradici d’acqua. Potevi metterli gli uni vicino agli altri, ma vedi a stento ciò che contenevano: in pratica, era messa troppo male.
Se qualcuno le avesse chiesto di parlare della notte in cui era morta ad esempio, si sarebbe dovuto accontentare di spiegazioni molto approssimate e confuse: non saprebbe più come descrivere ciò che aveva provato allora e che Yuri la costringeva a rivivere ogni anniversario da quella che era stata la notte della sua morte, ma continuava a ripetersi che andava bene così fintanto che si ricordava ancora i punti salienti dell’evento che la spronava tuttora a proseguire nel cammino che aveva scelto e nella promessa fatta con la “Morte”, così come le idee che si era costruita da quando aveva cominciato quel lavoro.
Quel Triste Mietitore le ha dato un motivo per esaudire ciò che lei stessa ha chiesto in cambio, e il ritrovamento della katana Red Lily due anni dopo le ha restituito i frammenti dei ricordi della sua vita precedente; non aveva molto in mano, ma in qualche modo avrebbe fatto. Queste erano le uniche basi su cui poteva fare affidamento.


Nel mentre dei suoi pensieri, la notte di Natale sulla Terra era già finita, ma a differenza del tempo che scorre incurante di ciò che succede al mondo, la distruzione segnata dalla notte dell’Apocalisse si era fatta sentire… In quella città… In quella nazione… In ogni angolo del pianeta… E così anche nel mondo dei Tristi Mietitori.
In quel momento, Kaguya non si trovava in nessuno di quei posti: si trovava in un luogo di transizione necessario per tornare al suo attuale mondo d’appartenenza, un mare sconfinato e scuro, perennemente avvolto in una fitta nebbia, leggermente mosso da onde; lei viaggiava su una gondola di un materiale rigido, simile a comune pietra che si può trovare in fondo ad un qualunque corso d’acqua, ma in realtà imbevuta di un potere infuso in essa dalle acque di quello stesso pezzo d’Aldilà che rendeva possibile ciò. Sulla barca vi erano cesellature che disegnavano intricati arabeschi e alla prua era fissata una lanterna che emetteva un debole bagliore rossiccio, il suo “documento d’identità” per quando sarebbe giunta alla riva con le Anime che aveva raccolto, ora semplici sfere, ognuna di esse circondata dalle parole contenute nelle Pagine delle loro vite, rinchiuse in piccoli contenitori ovoidali –anch’essi rossi nel suo caso- di un materiale trasparente, tenute sigillate da un potere simile a quello presente nella barca per evitare che si disperdessero prima di arrivare a destinazione; non servivano remi poiché una corrente spingeva tutte le barche verso l’unico punto d’arrivo possibile.
La castana si disse che poteva finalmente rilassarsi un po’, mentre lasciava la schiena inclinarsi leggermente all’indietro senza però arrivare a poggiarla contro la poppa della barca; chiuse gli occhi e volse il volto al cielo, come a volersi lasciare accarezzare da una brezza che però in quel luogo non poteva soffiare.
- “La signorina sa che non può permettersi di riposare ancora vero?” – ecco, come al solito c’era qualcuno che non la lasciava in pace. Ella lasciò andare un sospiro, ma non fece altro: non riaprì gli occhi ne si rimise in posizione corretta per sedersi.
- “I tuoi colleghi non esattamente sani di mente sono proprio sopra le nostre teste. Sai che potrebbero attaccarci per avere il nostro carico?” – ribadì lui con più decisione, un po’ perché non gli piaceva essere ignorato così, in parte preoccupato che gli shinigami coi mantelli grigi tendevano a rubare le anime dalle barche. Erano fatti così: se non gli bastava un pasto, cercavano subito di più anche se dovevano rubare… E quel mare sfortunatamente era il loro territorio: la nebbia non era altro che un aggrumolato di quei Mietitori, per cui era opportuno prestare la dovuta attenzione perché i naviganti non perdessero di vista il frutto di una giornata di lavoro. Certo, si trattava comunque di defunti, ma avrebbe dovuto affrontare più noie se si fosse verificato quell’imprevisto.
- Non ti preoccupare. Da quando sono stati introdotti quei nuovi recipienti, potremo stare semplicemente a goderci il viaggio: sono fatti perché quei mantelli svolazzanti non possano percepire le onde d’energia provenienti dalle anime. E ora lasciami in pace che voglio stare un po’ tranquilla prima di dover affrontare quelli là! – gli impose fermamente, tornando sorridente al dolce silenzio di quel posto, senza grida di umani, ruggiti dei Mietitori senza cervello in cerca di cibo/anime… Niente, soltanto il dolce suono delle onde di quel mare che cullavano l’imbarcazione ed un invito muto per la navigante ad abbandonarsi realmente nell’atmosfera di quello scenario.
Era tutto perfetto in quel momento ed intendeva goderselo fino a quando non sarebbe dovuta scendere a terra… Peccato che, come per quando era morta, sembrava che non tutti lì fossero d’accordo con lei… E no, stavolta non si trattava di Yuri.
- Ehi! – urlava una voce che, a giudicare da quanto era affievolita, chiunque avesse parlato aveva dovuto alzare il volume al massimo per farsi sentire anche da chi aveva un udito speciale come una shinigami al pari di Kaguya. Era una voce di ragazza, questo ne era certa, ma non riuscì subito a capire chi era finchè non sentì la stessa parola gridata altre tre volte. Allora si decise finalmente a riaprire gli occhi e rimettersi seduta diritta, sporgendosi leggermente dalla gondola solo per notare altre due imbarcazioni identiche, tranne per le lanterne che avevano a prua, l’una gialla chiara e l’altra gialla bruna quasi arancione; avvistate, mormorò un “meno male” tra sé e sé: se non altro, non si trattava di nessuno che rappresentava fonte di preoccupazione per lei.
Le due barche accostarono ad entrambi i lati quella della castana, la quale si ritrovò avvolta in un abbraccio che però aveva rischiato di far cadere entrambi dalle rispettive imbarcazioni, ritrovandosi in faccia una chioma bionda e delle lacrime di gioia ad inzupparle il kimono:
- Signorina Kaguya! Mi è mancata così tanto! Perché non ci ha detto che la sospensione finiva oggi? Avremmo potuto fare la strada di ritorno insieme come al solito! – si lamentò la ragazza che prima aveva urlato, mentre Kaguya cercava di liberarsi da quella stretta che sembrava una morsa. Adorava quella ragazza, ma non voleva finire di nuovo sospesa per un giorno di più, stavolta per problemi di salute: quell’abbraccio sembrava volesse spaccarle la schiena e le braccia.
- Lasciala andare. Capisco che sei contenta di rivederla, ma cerca di darti un minimo di contegno. Anche se siamo lontani dalla Terra, siamo ancora in orario lavorativo! E poi chi ti ha dato il permesso di chiamarla col suo vero nome!? - un’altra voce, stavolta quella di un ragazzo, anche lui conosciuto dalla castana, e in occasioni come quella era ben felice di sentirlo.
Sentì un “Pfff” scocciato da parte della ragazza che la stava ancora abbracciando, la quale si scostò lentamente, assaporando ogni attimo in cui ancora stringeva la sua superiore, prima di ritornare seduta nella sua imbarcazione: era un’adolescente dai capelli biondi scuri raccolti in una coda alta, occhi color miele ed un fisico formoso dalla pelle chiara, e il suo abbigliamento –che consisteva in una canotta lunga scollata color crema che recava il disegno di un albero stilizzato color arancione scuro, pantaloncini color arancione chiaro ed infradito bianche- serviva a sottolinearlo ulteriormente. Portava un mantello di un colore tra l’arancione chiaro ed il bruno ed una collana con un coccio di ambra.
La castana era stata più volte gelosa di quel fisico, lei che era sempre stata magra in picco, ma in fondo non era ancora del tutto un Mietitore: forse sarebbe cresciuta un altro po’…
- Amber, Topaz ha ragione. Qui non dovresti chiamarmi così. Ricordi che vi ho detto di non dire a nessuno il vostro nome? Così vale anche per me. Vi ho già spiegato cosa devo fare e non mi serve che qualcuno si metta in mezzo senza che sia necessario. E poi… -
- Sì sì, questa la so: “Conoscere il nome significa conoscere tutto. Tenevi ben strette le vostre identità e le vostre vite, perché se ne perdete il controllo gli altri ne approfitteranno e basta”. Non sono stupida, me lo ricordo, ma non mi piace che siamo rimasti separati così tanto senza avere sue notizie! Com’è stato l’esilio forzato sulla Terra poi? Voglio i dettagli! – Ed eccola che tornava alla carica: era piuttosto energica per una appena tornata da una lunga giornata di lavoro, ma era altrettanto facile che la loro non fosse stata tanto impegnativa come la sua.
- Anche il signor Yuri! Non è giusto che la tenga tutta per sé! - aggiunse poi seccata, tornando a stringere Kaguya malgrado il divieto impostole in precedenza.
- Non chiamarlo così! Se continua a chiamare in quel modo e con quel tono il nostro capo, è solo colpa tua Amber! Dovresti chiamarla signorina Ruby se proprio devi. – la corresse nuovamente il ragazzo, e finalmente la castana si girò a guardare il suo altro sottoposto: un ragazzo intorno all’età di Amber, dai capelli bruni corti e occhi dello stesso colore, che indossava una camicia bianca con maniche tirate su fino ai gomiti e lasciata leggermente aperta all’altezza del petto, lasciando intravedere la pelle lievemente abbronzata, pantaloni di jeans neri e scarpe da ginnastica bianche. Come Amber, anche lui portava un mantello giallo più dorato che bruno ed una collana con un coccio, ma il suo era un pezzo di topazio.
- Uffa Alan, non mi lasci mai fare nulla! E poi te l’ho detto: io per voi sono Marie! Non accetto di essere chiamata Amber! – ribattè la bionda arrabbiata, tenendo sempre più stretta Kaguya finchè l’altro non si attivò per cercare di liberare la sua superiore dalla collega bionda, tentando al contempo di rimanere in equilibrio sulla barca senza far cadere loro stessi od il carico mentre tutte e tre le imbarcazioni non accennava a rallentare, impresa alquanto ardua considerando l’ostinazione di Amber a non lasciar andare la presa.
Il tutto andò avanti per diversi minuti, con Yuri che osservava silenzioso e divertito i tre, finchè la sua padrona non smise di dibattersi nella morsa della bionda per fissare un punto in lontananza, ove la nebbia era meno fitta.
- Siamo arrivati… - un sussurro, e gli altri due allora si fermarono e ripresero posto sulle loro barche che man mano che si avvicinavano a riva si riempivano di luce e si sollevavano dalla superficie del mare, per poi cominciare a dirigersi verso la destinazione finale: il punto dove li aspettava il lavoro più lungo e che li avrebbe tenuti sicuramente lontani dal mondo degli umani per parecchio tempo, considerando in che stato si trovava ora quest’ultimo.
- Ah già, mi ero dimenticato. – Kaguya si voltò verso Topaz, alla sua destra, il quale si stava sporgendo dal suo mezzo per darle qualcosa che teneva stretto in mano, qualcosa che aveva una corda; la castana allungò la sua katana perché legasse lì la corda, trovando avvolta all’elsa una collana con un cristallo di rubino a forma di goccia.
Sorrise lievemente, prendendo il dono e rimettendoselo al collo: ecco perché Yuri non glielo aveva dato prima di cominciare il lavoro quella notte. Non lo aveva mai avuto lui sin dall’inizio.
- Bentornata signorina Ruby. – le disse il ragazzo insieme ad Amber, e la castana sorrise di gratitudine ad entrambi. Ora si ricominciava e aveva la sensazione che le cose si sarebbero fatte interessanti da lì in poi.
- I’m home, my dear Shards[1]. – con quelle ultime parole che riempirono di felicità il cuore degli altri due Shinigami, i tre continuarono il viaggio circondati da quella che ora era una lieve foschia mattutina.



[1]: “Sono a casa, miei cari Shards” (Fonte: google traduttore)



Angolo dell’autrice
Capitolo 4 finalmente: ci sto impiegando più di quel che credevo, ma non voglio commettere l’errore che ho fatto col primo capitolo.

Oltre al nome completo di Kaguya (“Akagi” ha diversi significati da quello che ho visto in Internet, ma basti sapere che contiene la parola “Aka” che significa “rosso), vediamo finalmente altri Tristi Mietitori. Come è stato reso evidente, ogni shinigami ha, oltre al suo vecchio nome da umano che viene tenuto segreto a tutti normalmente, il nome della pietra che portano al collo:
- Kaguya: Ruby
- Alan: Topaz
- Marie: Amber

Nella frase in inglese, Kaguya ha chiamato Amber/Maria e Topaz/Alan “Shards”: letteralmente significa “cocci”, ma terrò la parola “Shards” perché appartengono come Kaguya ad una particolare categoria di Tristi Mietitori che dovrei spiegare nel prossimo capitolo se tutto va bene.
Spero che vi siate goduti il capitolo e che magari vogliate lasciarmi un piccolo commento.
Alla prossima pagina della storia.
Crow
  
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