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Autore: Chiisana19    25/09/2016    13 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"Quella mattina avrebbe preso finalmente quel treno che poteva cambiarle la vita. Niente più routine. Certo, avrebbe continuato a vedere la sua famiglia e i suoi amici, ma non come prima. Era grande ormai e quel grande passo ne era la prova. "
Kagome è una ragazza piena di vita e, un giorno, decide si fare qualcosa che prima o poi dovremo fare tutti: andare via di casa. E come iniziare al meglio condividendo quel grande appartamento con quattro bellissimi ragazzi completamente diversi? Non sarà solo un'esperienza unica, ma anche l'inizio di una grande amicizia e forse.. di un nuovo amore.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Home sweet Home
 
Si lasciano mai le case dell’infanzia? Mai: rimangono sempre dentro di noi, anche quando non esistono più,
anche quando vengono distrutte da ruspe e bulldozer, come succederà a questa.


Ferzan Ozpetek
 
 
Capitolo 1 – Coinquilini
 

Quella mattina avrebbe preso finalmente quel treno che poteva cambiarle la vita. Niente più routine. Certo, avrebbe continuato a vedere la sua famiglia e i suoi amici, ma non come prima. Era grande ormai e quel grande passo ne era la prova.
Uscì di casa col suo zaino giallo portafortuna, che aveva visto anni migliori, e il trolley grigio mentre un leggero vento le colpì il volto fresco e roseo. Respirò a pieni polmoni; intanto l’albero sacro di casa Higurashi mosse le sue foglie, perdendo tanti piccoli petali, segno che l’estate stava finendo.
«Hai preso il portafoglio?» chiese agitato suo nonno, che era uscito di casa insieme a lei. Forse tra tutti era lui quello più in ansia. Beh, forse era normale, infondo la sua nipotina sarebbe andata a vivere per conto suo.
«Si nonno» rispose con un sorriso la ragazza, ma l’uomo, molto più basso di lei, continuò imperterrito.
«E il cellulare?»
«Ce l’ho qui» esclamò radiosa, dandosi due colpetti alla tasca destra dei jeans chiari.
«La ricarica?» proprio non voleva arrendersi. Tipico.
«E’ la prima cosa che ho preso» rispose alzando gli occhi al cielo divertita.
«E il..»
«Papà basta! Kagome sa cavarsela da sola ormai!» intervenne la signora Higurashi, nonché sua madre, una donna dolce e gentile. Esattamente la copia sputata di sua figlia, oh meglio dire il contrario; fatta eccezione dei loro capelli. Quelli di lei erano corti e castani, mentre quelli della ragazza lunghi e mori.
«Volevo solo chiederle se ha con sé il portafortuna che le ho regalato ieri sera!» brontolò infastidito il vecchio, incrociando le braccia, cosa che fece intenerire Kagome, che si avvicinò a lui.
«Tranquillo nonno, l’ho attaccato al mio zaino!» rispose con un sorriso, dandogli le spalle, permettendogli di osservare quel pendaglio rosa a forma sferica che provocava un leggero suono, simile ad un campanellino.
«Ciao sorellona buon viaggio!» esclamò felice l’ultimo membro della famiglia, suo fratello Sota, con in braccio il fedele gatto di casa Buyo, che in quel momento sbadigliò. Oltre ad essere grasso era pure un pigrone, per questo Kagome lo adorava. Peccato che non potesse portarlo via con sé.
«Ciao Sota! Mi raccomando fai il bravo» disse Kagome con un sorriso, piegandosi sulle ginocchia in modo tale da mettersi alla sua altezza «D’ora in avanti sarai tu il signorino della casa perciò ti affido tutte le responsabilità» disse in sussurro per non farsi sentire dagli altri e fintamente seria. Sota annuì energicamente col capo, contento.
«Conta pure su di me sorellona!» rispose incurvando le sopracciglia e gonfiando il petto, mentre Buyo miagolò, forse infastidito. Kagome a quella scena sorrise, scompigliando i capelli del fratello del suo stesso colore.
Facendo pressione si rimise in piedi, prese il suo trolley e seguita dalla sua famiglia, scese dalle lunghe scalinate. La sua casa si trovava in cima ad una collina ed era famosa per via del tempio a cui badava il nonno e l’albero sacro, il Goshinboku. La leggenda diceva che quell’albero risiedeva dall’epoca Sengoku, quindi aveva più di 500 anni. Diverse volte lei e suo fratello avevano aiutato quel vecchio brontolone a gestire il tempietto, peccato che Kagome odiasse svolgere quelle mansioni.
Raggiunto l’ultimo scalino guardò da lontano la fermata dell’autobus, che l’avrebbe portata giù in città, la capitale del loro Paese: Tokyo. Per raggiungerla ci volevano almeno una quarantina di minuti.
«Mi raccomando Kagome, chiamaci non appena arrivi» disse sua madre, unendo le mani al petto. Sicuramente era emozionata, infatti gli occhi le diventarono lucidi.
«Non ti preoccupare mamma, alla fine non è così lontano» mormorò con un leggero sorriso la ragazza. Così le veniva da piangere pure a lei. Con un slancio si buttò tra le sue braccia, abbracciandola con forza. Anche il nonno e suo fratello Sota si unirono, quest’ultimo stringendole la gamba.
Kagome da lontano sentì il mezzo arrivare e con dispiacere si staccò dalla loro presa. Alzò la mano per fermarlo e quando questo si bloccò davanti a lei aprendo le porte si voltò un’ultima volta, osservando quelle persone che tanto amava.
«Buona fortuna tesoro» disse sua madre, ormai con le lacrime che scendevano imperterrite dalle sue guance.
«Ti vogliamo bene Kagome» anche suo nonno tratteneva quei lucciconi trasparenti. Quel vecchio brontolone, sempre duro e serio, ma alla fine aveva un cuore d’oro.
«Vai sorellona!» gridò Sota alzando un pugno in aria, mentre con l’altro braccio teneva Buyo che miagolò, o forse era uno sbadiglio..?
Kagome regalò a tutti un sorriso poi salì sull’autobus, prendendo posto vicino al finestrino. Li salutò con la mano, mentre lentamente diventarono piccole figure nere, fino a scomparire dalla sua vista. Posò la schiena con peso morto, tirando un sospiro triste. Il passo più brutto l’aveva fatto, ora stava a quello più bello! Chiuse gli occhi, sapendo che mancava ancora molto alla sua fermata.
 
 
***
 
 
Un mese prima
 
Anche quella sera aveva sentito sua madre e suo nonno litigare per lo stesso motivo. Era rientrata a casa stanca, ma soddisfatta per la giornata affrontata, ma le loro urla l’avevano buttato subito giù di morale.
«Papà non possiamo continuare così! Sota deve andare a scuola, mentre Kagome sta facendo di tutto per aiutarci» esclamò in una crisi di nervi la donna, mettendosi a sedere esausta.
«Lo so, ma non basta!» le parole di suo nonno le rimbombavano in testa «Siamo in troppi in questa casa, se continueremo così dovremmo spostarci» continuò il vecchio.
Kagome rizzò il capo e la schiena. Trasferirsi? Lasciare la casa di famiglia? No, questo non l’avrebbe mai permesso! A grandi falcate entrò in cucina.
«No nonno, non possiamo!» gridò la ragazza.
«Kagome ma.. da quanto sei qui?» mormorò sua madre. Sicuramente speravano che quei discorsi fossero affrontati da soli.
«Cerca di capire, tesoro!» disse suo nonno, tralasciando la domanda di sua figlia. Sapeva che sua nipote era sveglia quindi meritava di sapere anche lei «Anche per noi è importante questa casa! Ma il tuo lavoro, quello di tua madre e io che gestisco ormai a malapena il tempio non bastano per mantenerci tutti!» a quelle parole Kagome abbassò il capo. Lo sapeva perfettamente, anzi in realtà l’aveva capito da sola già da tempo, ma che poteva fare? Il suo lavoro era a tempo pieno e non le deva la possibilità di gestirne un altro.
Ad un certo punto ripensò alle parole di suo nonno.
«Avete detto che il vero problema sta nel mantenerci tutti, giusto?» disse decisa, rialzando il capo.
«Si» bisbigliò sua mamma, con lo sguardo abbattuto. Quella dura verità doveva ferirla parecchio.
«Bene, quindi basterebbe che qualcuno di noi se ne andasse a vivere da un’altra parte. Le spese migliorerebbero, no?» continuò seria la ragazza facendo alzare a loro il capo di scatto, ma non gli diede tempo di parlare «Posso cercare una casa e condividerla con qualcuno e trovare un nuovo lavoro, magari giù in città!»
La proposta di Kagome riaccese una piccola speranza ai membri della famiglia Higurashi. Non dissero nulla, perché sapevano che forse era la soluzione migliore, ma.. era giusto sacrificare qualcuno per il bene di quel piccolo nucleo familiare? Kagome prese quel silenzio come una conferma.
«Bene, allora mi propongo io» senza aggiungere altro uscì di fretta e furia dalla cucina, per raggiungere la sua camera al piano di sopra. Accese il vecchio pc e attese.
 
 
 
Nulla. Quella era la ventesima casa che guardava e all’inizio sembrava perfetta. Due coinquilini, una camera a disposizione, un bagno e un giardinetto, peccato che.. la paga era tipo il doppio del suo stipendio! Possibile che la gente chiedesse così tanto?
Sbuffò annoiata, scorrendo col mouse su quella pagina internet quando i suoi occhi color cioccolato notarono la foto di una palazzina abbastanza carina e il luogo in cui si trovava: Ikebukuro. Era il quartiere più attivo e importante di Tokyo, e si trovava nella parte nord-ovest, esattamente la zona opposta di dove abitava lei.
Sapeva che il prezzo sarebbe stato alto, ma la curiosità prese il sopravvento e senza pensarci aprì la pagina.
“Cercasi coinquilino di qualsiasi età. L’appartamento è già occupato da quattro persone; è grande e spazioso con 4 vani, 2 bagni, una soffitta, una cucina e una grande terrazza. Sesto piano con tanto di ascensore. Il pagamento mensile richiesto è di…”
Kagome sbarrò gli occhi. Se li strusciò con le mani sperando di aver letto male, ma quando ritornò a leggere quei numeri erano sempre gli stessi. Com’era possibile che un appartamento di Ikebukuro costasse così poco? Curiosa iniziò a vedere le foto. In effetti oltre ad avere molto spazio era pure bella.
Poggiò il mento sulla mano, pensando a cosa fare. In effetti  quella era una grande occasione, però era la scelta giusta? Prese una matita di legno poggiata lì vicino, iniziando a mordicchiarla, mentre qualcuno bussò alla sua porta che subito dopo si aprì.
«Kagome..» la voce di sua madre la risvegliò.
«Ehi mamma! Guarda qui..» esclamò entusiasta la ragazza, indicando lo schermo col dito leccato di smalto color perla «Ho trovato un appartamento niente male nel quartiere di Ikebukuro. Il prezzo è ottimo e anche  l’abitazione promette bene»
«E’ fantastico tesoro, però..» la sua voce triste la bloccò, spostando il suo sguardo verso di lei. Non le pareva molto eccitato.
«Che c’è?» domandò confusa.
Prima di parlare fece un grosso respiro «Kagome, io sono fiera di te, davvero! Ma non voglio che tu ti sacrifichi per la famiglia, non è giusto. Troveremo un’altra soluzione» disse convinta, o almeno ci provò, dato che i suoi occhi si inumidirono subito «Mi dispiace, sono una pessima madre. Te e Sota non meritate di crescere così» esclamò ancora per poi scoppiare a piangere, nascondendo il viso tra le mani.
Quello sfogo non era dovuto per quello che aveva detto, ma per tutto, e Kagome lo sapeva bene. Si alzò dalla sedia di legno raggiungendola, era alta quanto lei; poggiò le sue mani sulle spalle che continuavano a muoversi per via dei singhiozzi che sfuggivano al suo controllo.
«Mamma, ehi..» sussurrò dolce «Io sono già cresciuta e anche bene, solo grazie a te! Non sei affatto una pessima madre. La situazione che ora stiamo affrontando può capitare a tutti e poi..» continuò sorridendo, attirando la sua attenzione facendola smettere di piangere e spostando il suo viso rigato dalle lacrime a quello di sua figlia.
«Ho venticinque anni e prima o poi me ne dovrò andare no? E credo che questa sia l’occasione migliore» concluse con un sorriso. La donna rimase ad osservarla, senza fare una piega. Aveva ragione, era grande ormai. Annuì tirando su col naso. Era così fiera di lei.
«Allora, qual è la casa che ti ha incuriosita di più?» chiese con un sorriso, riportando gioia all’animo di Kagome che la strascinò fino al computer per mostrargli la casa.
 
 
 
Dopo un’ora guardò il messaggio che aveva appena finito di scrivere.
Salve, ho letto il vostro annuncio per la ricerca di un nuovo coinquilino e sarei parecchio interessata. Io abito dall’altra parte di Tokyo e ho già un lavoro fisso, ma credo che per una questione di comodità dovrò trovarne un altro in quelle zone, spero che per voi non sia un problema. Anche se non dovessi trovarlo subito avrei già i soldi per pagare i primi due mesi. Aspetto una vostra risposta.
Cordiali saluti.
 
Lo rilesse altre dieci volte. Alla fine anche suo nonno aveva acconsentito, nonostante i suoi battibecchi e le brontolate. Poggiò la mano sul mouse e lentamente spostò la freccia su ‘invia’ e dopo un attimo di esitazione cliccò col tasto sinistro.
‘Il messaggio è stato inviato’.  Ce l’aveva fatta, ora bastava solo attendere.
 
 
***
 
 
Oggi

Kagome riaprì gli occhi. L’autobus aveva preso una buca, disturbando il suo dormiveglia. Per tutto il viaggio aveva ripensato a quello che era accaduto un mese prima. Dopo aver inviato il messaggio la risposta le era arrivata la sera tardi del giorno dopo.
Avevano spiegato che andava più che bene. Gli avevano pure proposto di fare un visita prima di prendere una decisione, ma Kagome aveva rifiutato, non aveva tempo di cercarne un’altra. Si sarebbe adeguata, punto e basta.
Dopo quasi un’ora finalmente il mezzo raggiunse la sua fermata, la stazione. Per raggiungere il quartiere Ikebukuro doveva prendere un treno e poi la metro. Per giorni aveva studiato la zona e per fortuna la palazzina era vicina ad una delle fermate; a piedi ci metteva solo cinque minuti.
Comprato il biglietto una marea di gente la sommerse, mentre cercava disperatamente di leggere il cartellone degli orari del treno. Partiva alle 16.25, un brivido fastidioso salì lungo la sua schiena. Posò gli occhi nocciola sul grande orologio, le 16.23! Disperata iniziò a correre. Naturalmente il binario era dalla parte opposta rispetto a dove stava lei.
A  fatica fece una serie di slalom tra la folla, sperando di non travolgerla col suo trolley. Odiava i luoghi troppo colmi di gente, era abituata alle zone calme e tranquille di campagna. Col fiatone vide finalmente il suo treno, peccato che.. stesse partendo.
«Ehi, aspetta!» gridò riprendendo a correre, cercando di trattenere la fitta alla milza. Niente da fare, era andato. Portando la testa all’indietro e trattenendo una parola poco consona tornò a vedere il cartellone degli orari, per vedere quando partiva il prossimo.
18.45, maledizione si iniziava bene!
 
 
Il sole stava tramontando dietro gli alti edifici del quartiere. Nonostante il buio fosse pronto ad arrivare le strade erano comunque vive ed illuminate. Kagome non aveva mai visto tanto movimento e vivacità. Era stata diverse volte a Tokyo, ma mai di sera. Per lei tutto quello era nuovo.
Ikebukuro era veramente una bella zona, pulita e ordinata. Quando era uscita alla stazione, prima di prendere la metro aveva intravisto la parte culturale; era così curiosa di visitare il Sunshine 60*. Attorno a lei c’erano molti negozi di ogni tipo, ma soprattutto giovani della sua età vestiti con abiti di alta moda. In effetti quel quartiere di Tokyo era famoso non solo per la cultura, ma anche per il divertimento.
Studiando i cartelli delle vie intravide finalmente il suo obbiettivo. Davanti a lei stava la palazzina che aveva visto diverse volte in foto. Respirò a pieni polmoni, per darsi coraggio, poi si avviò, trascinando il suo trolley. Era parecchio alto, contava dieci piani.
Notò per sua fortuna che il portone era aperto così vi entrò chiamando l’ascensore. Sesto piano, interno 24C. Con la mano tremante pigiò sul bottone numero 6. Era in ansia? Si. Aveva cambiato idea? Forse. E se i suoi nuovi coinquilini fossero state delle ragazze pazze e altezzose, o peggio dei noiosi anziani?
“Ok Kagome, calmati, va tutto bene. Non devi agitarti. Sei abbastanza adulta e vaccinata. Non devi preoccuparti. Si!” si auto convinse. Doveva affrontare la situazione con maturità!
Il suono dell’ascensore che l’avvertiva di essere arrivata la risvegliò, facendole scomparire del tutto il coraggio che aveva accumulato. Uscì dalla grossa scatola metallica guardando a destra e a sinistra notando quattro porte. Quindi ad ogni piano stavano quattro appartamenti? Iniziò a camminare lungo il corridoio notando che per terra c’era una pulita e profumata moquette rossa.
Aguzzò gli occhi notando che l’interno 24C si trovava a destra, esattamente in fondo. Tirò sul col naso e si mise di fronte alla porta, ma prima guardò il suo cellulare: 19.38, era in ritardo di almeno due ore, che figuraccia. Allungò la mano e finalmente suonò il campanello.
Un silenzio irreale fu subito troncato da qualcosa che si rompeva e Kagome constatò che proveniva proprio da lì dentro, subito dopo sentì delle voci e la porta si spalancò improvvisamente, come i suoi occhi.
Davanti a lei era apparso un ragazzo molto più alto che la guardava confuso, ma dopo averla studiata ben presto si trasformò in malizioso. Si poggiò con una spalla allo stipite della porta incrociando le braccia.
«Ciao»
Ok, il tono pareva quello di un pervertito pronto a saltarle addosso, ma non era quello il vero problema: quel tipo era a petto nudo!
«Emh, salve..» bisbigliò Kagome, diventando rossa come la moquette, mentre lui continuava a mangiarla con i suoi occhi affascinanti.
«Non ricordo di aver mai conosciuto prima una deliziosa fanciulla come te, ma sono ben felice di farlo ora. Ti hanno parlato di me e sei venuta a divertirti un po’?»
Kagome sbatté diverse volte gli occhi, ma che stava dicendo? Si portò confusa e imbarazzata la mano dietro la nuca, iniziando a grattarsela nervosamente.
«No, ecco io.. sono la nuova coinquilina»
Detto questo il volto del ragazzo tornò confuso, aprendo leggermente la bocca, forse per dire qualcosa, ma qualcuno lo precedette.
«Chi diavolo è Miroku? Se è il nuovo coinquilino gli spacco la faccia! E’ in ritardo di due ore e io avevo saltato per lui una riunione importante!» sbraitò il nuovo arrivato che spuntò dietro di lui. Kagome notò solamente dei capelli neri e una lunga treccia.
«Si.. è LEI» sottolineò il ragazzo di nome Miroku al nuovo arrivato, che lo guardò stordito. Kagome si ritrovò osservata da due sguardi di un blu scuro e intenso.
«Lei?» domandò, guardandola basito. Kagome voleva scavarsi una fossa. Cosa avevano da fissare a quel modo?
«Oh, cazzo» continuò questo, rientrando nell’appartamento di fretta e furia, iniziando ad urlare qualcosa.
«Emh.. prego entra» disse quello a petto nudo, aprendo del tutto l’uscio della porta bianca, permettendole di entrare. Kagome fece un leggero segno col capo, in segno di ringraziamento per poi entrare trascinando la sua grossa valigia.
Sicuramente l’inizio non era stato dei migliori. Si fermò in mezzo alla stanza e il rumore di un vetro rotto riempì l’aria.
«Ma porca troia Bankotsu, stai più attento!» una nuova voce si fece sentire alla sua sinistra.
«Scusa, ma sei sempre in mezzo!»
Kagome si strinse le spalle, non sapendo che fare mentre il tipo che l’aveva fatta entrare la guardò in difficoltà.
«Smettetela di litigare e venite qui!» urlò questo attirando l’attenzione di tutti.
Kagome diventò ancora più rossa quando nella stanza comparvero altre due persone, ritrovandosi tre paia di occhi bellissimi puntati su di lei. Tutto loro avevano i capelli scuri, ma sistemati con pettinature diverse.
«Chi è lei?» chiese con tono gentile quello con una coda da cavallo.
«E’ la nuova coinquilina» spiegò lo stesso ragazzo vicino a lei, grattandosi la guancia, forse imbarazzato.
«E perché è una ragazza?» continuò ancora, cambiando leggermente il tono.
«E perché è arrivata due ore dopo?» intervenne scocciato quello con la treccia.
«Ecco io..» iniziò imbarazzata Kagome, affondando leggermente il collo tra le spalle «Ho letto un mese fa il vostro annuncio, vi ho persino scritto e voi mi avete risposto, dicendomi che era tutto apposto.. non capisco quale sia il problema» disse innocentemente.
Giusto, qual’era il problema? Sembrava che il fatto fosse una ragazza li infastidisse. Notò i ragazzi osservarla e non appena finì la sua spiegazione guardarono quello che stava ancora a petto nudo.
«Miroku.. che diavolo hai scritto su quell’annuncio?» sbraitò il più basso di tutti, mentre il diretto interessato indietreggiò terrorizzato.
«Ecco io.. ho fatto come avete chiesto» tentò di giustificarsi, ma ormai il danno era fatto.
«Fammi vedere» disse con uno sbuffo quello con la coda, prendendo il cellulare tra le mani «Hai scritto ‘Cercasi coinquilino di qualsiasi età. Ma sei scemo? Avevamo detto età media di 30 anni, maschio!» esclamò frustrato, dopo aver letto il loro annuncio sul sito.
«Sei proprio un idiota» aggiunse l’altro portando una mano sulla fronte e scuotendo la testa..
«Mi dispiace, è che.. quando l’ho fatto era sera ed ero stanc..»
«Risparmiaci le tue stupide giustificazioni, adesso abbiamo un problema peggiore..»
Tutti e tre tornarono a guardare la ragazza. Lei era un problema? Peggiore? Fece un lungo respiro, cercando di calmarsi, sicuramente potevano trovare una soluzione.
«Sentite, io ho bisogno di avere un tetto sopra la testa, non potete mandarmi via così. Mi dispiace per voi che io sia una ragazza, ma vi prometto che non darò noia a nessuno, lo giuro!» Kagome era disperata. Voleva tanto convincerli a farla rimanere altrimenti era un bel casino, non poteva tornare a casa.
«Oh, ma per noi non è un problema avere una ragazza come coinquilina» intervenne subito il ragazzo che aveva scritto l’annuncio, agitando euforico le braccia. Kagome alzò un sopracciglio confusa.
«E’ per te che abbiamo paura sia un problema» spiegò quello con la coda, ma Kagome era sempre più disorientata.
«Perché dovrebbe esserlo?» chiese, non capiva dove volessero arrivare.
«Beh, siamo quattro maschi. E tu sei l’unica femmina, non credo che reggeresti molto qui con noi» spiegò, diventando leggermente rosso. Kagome, dopo aver ascoltato quelle parole, tutta la tensione accumulata in quei minuti scivolò via, come un doccia calda. Un radioso sorriso spuntò sulle sue labbra.
«Ve l’ho detto ho bisogno di un appartamento e non ho il tempo di trovarne un altro. A me sta bene, in realtà mi basta solo..» abbassò leggermente lo sguardo, imbarazzata quel quello che stava per dire «Che ci sia privacy»
Beh, infondo non chiedeva molto no? Per lei non era affatto un problema, le bastava semplicemente che quei ragazzi non invadessero troppo i suoi spazi, anche perché sinceramente, escluso quello che continuava a mostrare in bella vista il petto muscoloso, non gli davano questa impressione.
«Beh allora.. benvenuta nella famiglia!» gridò il ragazzo vicino a lei e solo in quel momento notò che aveva i capelli legati da un buffo e corto codino dietro la nuca «Preparo un po’ di sakè» continuò , sparendo dietro un arco alla sua destra, forse dove stava la cucina.
«Si idiota, ma prima mettiti una cazzo di maglietta!» sbraitò quello con la treccia.
 
 
 
«Ecco qui!»
Dopo dieci minuti il ragazzo col codino fece la sua comparsa in salotto, con in mano un vassoio che poggiò sul tavolino di vetro, davanti al divano. Kagome era seduta su questo, rigida come una corda di violino.
«Grazie» disse, arrossendo appena, mentre lui prese posto sul bracciolo del divano accanto a lei. Per fortuna aveva avuto la decenza di coprirsi.
Kagome prese la tazza rossa, iniziando a sorseggiare la bevanda calda, nel frattempo alla sua sinistra stava il ragazzo che le pareva il più gentile; per terra, seduto a gambe incrociate, si trovava quello con la lunga treccia.
«Ti chiediamo scusa! » disse quello vicino a lei «Ammetto che l’inizio non è stato dei migliori..» continuò imbarazzato, mentre Kagome posò la tazza sul tavolino.
«Oh no, non vi preoccupate, davvero» disse con un tenero sorriso, facendo rassicurare tutti. Sembrava una ragazza abbastanza gentile.
«Beh io cercherei di rimediare iniziando con le presentazioni! Io sono Miroku e lavoro in un officina!» si presentò sorridendo allegramente. Kagome lo osservò. Come aveva già notato aveva i capelli scuri e gli occhi di un bellissimo blu. Le orecchie erano abbellite da anelli color oro, uno in quello destro e due in quello sinistro.
«Io sono Koga. Sono un preparatore atletico» intervenne il ragazzo accanto a lei. I capelli erano legati da un’alta coda di cavalo, mentre gli occhi erano di un bellissimo azzurro cielo, la pelle leggermente olivastra. Indossava una maglietta a maniche corte e Kagome notò i suoi avambracci sviluppati, si vedeva che aveva un fisico molto allenato.
«Il grandissimo Bankotsu presente a rapporto!» esclamò quello  per terra, attirando l’attenzione di tutti «Sono il migliore amico d’infanzia di quel scapestrato accanto a te. Lavoro in un’azienda di famiglia» spiegò, facendole l’occhiolino. A quanto pare lui e Miroku erano quelli più burloni, lo aveva capito nel modo in cui parlavano. Notò anche che il braccio destro di Bankotsu era ricoperto da diversi tatuaggi in bianco e nero. Anche i suoi occhi erano blu, ma con alcune sfumature tendenti al verde.
«Piacere di fare la vostra conoscenza» disse imbarazzata la ragazza «Io mi chiamo Kagome e beh, prima lavoravo in un negozio vicino a dove abitavo, ma dato che mi sono trasferita qui dovrò trovarne un altro» spiegò il più brevemente possibile, parlare di lei la imbarazzava troppo.
«Kagome, è un bellissimo nome» disse con un tono romantico Miroku, afferrando senza timore le sue mani «Vorrei tanto chiederti di dividere il letto con me, ma essendo coinquilini non credo che la cosa funzionerebbe..»
Kagome sgranò gli occhi, mentre un cuscino arrivò dritto in faccia al ragazzo col codino, che iniziò a lamentarsi.
«Idiota! E’ appena arrivata e già la importuni» esclamò adirato Koga, che gliene rilanciò un altro.
«Guarda che scherzavo!»
«Si certo come no! Stai tranquilla lo fa con tutte» sputò Bankotsu, mettendosi i piedi, iniziando a scrocchiarsi la schiena, poi guardò l’orario sull’orologio legato al polso «Ehi, è ora di cena!» esclamò contento.
«A chi sta scegliere oggi?» domandò Koga, alzandosi anche lui.
«A me! E oggi scelgo ramen, vado ad ordinarlo!» disse al settimo cielo Miroku, alzandosi di fretta e furia dal bracciolo, rischiando di ruzzolare per terra dato che il parquet era scivoloso.
«Di nuovo? Ma l’ha scelto l’altro giorno Bankotsu!» fece annoiato Koga, raggiungendolo.
«Beh, io ne ho voglia!» con quel tono Miroku pareva un bambino di nove anni. Kagome sorrise divertita, lui e Sota erano parecchio simili, in effetti anche lui andava matto per il ramen, come lei del resto.
 «Dai ordina i ravioli a vapore, è da tanto che non li mangiamo!» tentò ancora Koga, ma Miroku non voleva sentire ragioni, infatti scosse il capo.
«No, a me fanno schifo! Prendiamo del semplice riso in bianco, a pranzo ho mangiato anche troppo!» sbraitò Bankotsu, portandosi la mano sullo stomaco. 
«Piantiamola e ordiniamo qualcosa!» disse annoiato Koga, passandosi esausto una mano sulla fronte.
«Ok, allora ramen» disse con trentadue denti Miroku, estraendo dalla tasca il cellulare.
«Ti ho detto di no, non mi va quello schifo di.. »
«Scusate..» quando Kagome prese parola tutti si zittirono e si voltarono verso di lei, osservandola curiosi «Spiegatemi bene: voi ordinate sempre la cena?» chiese, corrucciando la fronte, mentre loro si scambiarono un’occhiata confusa.
 «Si» disse tranquillamente Koga, come se quello che avesse detto lei fosse la cosa più naturale del mondo. Kagome lo guardò, piegando lievemente il capo di lato.
«Perché?»
«Tre motivi!» iniziò Bankotsu, mostrando la mano con le tre dita alzate «Uno: non sappiamo cucinare. Due: è più veloce. Tre: non ci toccherebbe pulire la cucina» spiegò soddisfatto, mostrando un sorrisetto furbo.
«In realtà è comunque da pulire» intervenne Koga, alzando gli occhi al cielo.
Kagome scosse il capo. Va bene, quelle rivelazioni erano poco piacevoli per lei. In effetti, ora che ci faceva caso la casa non era esattamente come nelle foto, anzi, era letteralmente un disastro! Ma quando pensavano di pulirla?
«Ok, avete delle regole in questa casa?» chiese la ragazza, alzandosi in piedi, stirandosi con la mano i jeans e la maglietta. Miroku, Koga e Bankotsu la guardarono.
«Si» risposero tutti e tre insieme.
«Bene allora dato che da oggi vivrò anch’io qui vorrei aggiungerne alcune, siete d’accordo?»
«Dipende..» risposte ancora Bankotsu, con un tono poco convinto. Quella ragazza oltre ad essere carina e dolce era pure determinata.
«Molto bene, allora  vi dirò la regola numero uno: da domani niente più cena d’asporto, farò la spesa e cucinerò io» disse decisa «Vi sta bene?»
I ragazzi si guardarono. All’inizio stupiti, poi iniziarono a ridere e ad urlare, battendosi diverse volte il cinque. Kagome li guardò confusa, senza capire. La stavano prendendo in giro per caso?
«Finalmente qualcuno di serio in questa casa» disse contento Miroku «Ci stiamo!» gridò euforico, facendo sorride anche Kagome. Si, forse la sua regola gli andava più che bene.
«Dovevamo chiedere una coinquilina femmina molto tempo fa!» sbraitò Bankotsu, dando un altro cinque a Koga, che rispose con forza.
 
 
 
Ormai era passata un’ora da quando Kagome era arrivata in quella casa. Dopo che i ragazzi avevano accettato la sua piccola norma si erano proposti di farle fare un giro della casa.
Miroku le aveva spiegato che la loro casa era molto più grande rispetto alle altre perché diversi mesi prima i loro vicini se ne erano andati e così avevano deciso di mettere da parte dei soldi e comprare così l’altra casa. Avevano abbattuto il muro che divideva i due appartamenti tirando fuori un nuovo bagno e due camere.
Prima ne avevano solo due e le dividevano. Ora invece avevano finalmente una stanza a testa. La casa era molto bella, Kagome doveva ammetterlo, peccato che era veramente sporca. In giro c’era di tutto, dai vestiti sporchi a scatole di cibo mezze vuote o lattine di birra.
«Tutti noi odiamo pulire» le aveva detto scocciato Bankotsu, quando Kagome aveva notato una grossa macchia di caffè sulla tenda bianca della cucina. Tzè, uomini.
Dopo averle fatto fare un giro la portarono in una stanza, che si trovava nella parte del secondo appartamento.
«Questa sarà la tua camera» era veramente graziosa e grande, tanto che entrava perfettamente un letto matrimoniale, peccato che fosse inutilizzabile. Per terra c’erano diversi vestiti e la scrivania stracolma di oggetti di ogni tipo.
«Questa è del quarto ragazzo che ora non è qui, si sposterà in soffitta. Tanto anche quella è grande» aveva spiegato con un sorriso Koga.
Finito il giro alla fine avevano ordinato la cena, e, per la felicità di Koga, ognuno aveva scelto quello che voleva. Si erano messi a mangiare sul tavolo che stava in cucina, con ancora sopra roba vecchia e forse andata a male.
«Posso farvi una domanda?» chiese Kagome, non appena finì il suo ramen; quanto le piaceva. I ragazzi annuirono, intenti ancora a mangiare con poca grazia.
«Dov’è il quinto coinquilino?» domandò curiosa, alzandosi dal proprio posto per buttare il piatto di plastica, peccato che il cestino fosse pieno, alzi stracolmo. Neanche la spazzatura buttavano?
«Parli di Inuyasha?» chiese Bankotsu con la bocca piena, per poi ingoiare quel grosso boccone «Non so cosa aveva da fare quell’idiota» disse, riprendendo a mangiare come una furia.
«E’ fuori a bere qualcosa con la squadra di basket» spiegò Koga, bevendo da una lattina la birra.
«Ma non giocate insieme?» chiese Miroku, alzando un sopracciglio.
«Si, ma io ho avuto la decenza di saltare l’ennesima uscita dato che oggi veniva il nuovo, o meglio la nuova coinquilina» disse Koga, facendo un occhiolino a Kagome, che arrossì imbarazzata.
«Mi dispiace, non c’era bisogno che tu la saltassi per me» mormorò dispiaciuta, stringendosi le spalle. Se c’era una cosa che non sopportava fare era recare disturbo agli altri.
«No non preoccuparti, anzi mi hai salvato. Ogni volta ce ne andiamo sempre al solito pub, beviamo troppo, torniamo tardi, e la mattina dopo mi ritrovo un terribile e fastidioso mal di testa» sorrise intenerito, osservando lo sguardo poco convinto della ragazza.
Era veramente carina. Gli trasmetteva un’incredibile tenerezza, ma allo stesso tempo forza e tenacia. Sinceramente lo incuriosiva molto e sicuramente non era l’unico a pensarlo. Aveva notato le occhiate di Bankotsu, beh infondo era il suo migliore amico. Anche quelle di Miroku, peccato che alla fine lui le rivolgeva a qualsiasi essere femminile. Era senza speranza!
Kagome, assonnata, si portò una mano alla bocca nascondendo il piccolo sbadiglio. Che giornata lunga, quello di cui aveva bisogno era una bella dormita in un letto comodo.
«Perdonate la mia fretta, ma vado a letto» disse, strizzando gli occhi che si erano leggermente inumiditi. I ragazzi la salutarono allegramente  e strusciando i piedi raggiunse la sua camera.
Dopo essersi chiusa la porta alla spalle non accese la luce e né si cambiò, le faceva troppa fatica aprire la valigia e cercare il pigiama. Si buttò direttamente sul materasso morbido, affondandoci dentro. Il suo corpo si rilassò immediatamente e dopo pochi minuti si addormentò, con un leggero sorriso sulle labbra.
Diverse ore dopo qualcuno entrò in casa, cercando di fare il meno rumore possibile. Gli occhi gli bruciavano terribilmente, così non accese le luci, utilizzando le mani per capire in quale direzione stava andando. Sicuramente i tre bicchieri di birra e i due shot alla frutta non lo aiutavano affatto in quella situazione, dato che non smetteva di traballare.
Finalmente raggiunse la sua meta. Aprì lentamente la porta per poi richiuderla. Era troppo stanco per cambiarsi, si tolse semplicemente la maglia buttandola per terra, poi raggiunse il letto, nascondendo il volto sul cuscino senza neanche accorgersi che qualcun’altro stava dormendo accanto a lui.






Angolo autrice:

Salve! Sincuramente molti di voi non mi conoscono perché fino ad oggi sono stata per otto lunghi anni una semplice lettrice. Amo leggere, è una mia passione e quando ho scoperto questo sito ero al settimo cielo! Col tempo decisi anch'io di scrivere qualcosa, ma sfortunatamente la mia insicurezza mi ha sempre frenato, ma grazie a delle persone molto speciali, che forse molti di voi conoscono, mi hanno aiutata ad uscire da questo piccolo guscio. Per questo motivo ringrazio veramente col cuore il gruppo facebook Takahashi Fanfiction Italia e tutte le ragazze che mi hanno spinta a pubblicare una mia piccola opera, in particolare Miyu87, alias mia beta e informatrice*-*
Parlando della storia, mi pareva giusto iniziare con qualcosa di semplice, infatti questa sarà una mini long di 4/5 capitoli. L'ho scritta circa due anni fa, ma l'ho corretta completamente. Spero veramente vi piaccia, alcune volte la mia mente contorta mi fa venire strambe idee xD 
Ultimo appunto: sono un'amante del Giappone quindi la maggior parte delle volte scriverò cose reali, per esempio il quartiere che ho scritto, Ikebukuro, esiste veramente e lì si trova il Sunshine 60(*) composto da 60 piani. E' un enorme centro commerciale con i più svariati negozi e questo, a Tokyo, è uno dei più grandi.
Direi basta, non voglio annoiarvi più di tanto! Un caloroso abbraccio :*

Marty 
  
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