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Ricorda la storia  |      
Autore: I_Cant_be_no_superman    25/09/2016    1 recensioni
Ricordo il suo sorriso, la sua risata e la sua dolcezza.
Ricordo di aver sentito caldo, e una strana sensazione di oppressione al petto.
[Larry, what else?]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ho scoperto di avere ancora un profilo su efp e mi sono detta, perchè non usarlo?
No, ok. Sono una brutta persona ma l'ispirazione è mancata in questi mesi mentre il lavoro era fin troppo.
Torno con una Larry senza pretese, semplicemente in frutto di un periodo cosi che mi fa rivalutare un sacco di cose.
E' tutta una cosa dolcina, spero vi piaccia.
Ora sparisco! 
Marinella.










Ricordo che ero fermo da ore davanti a quello stupido tabellone sperando che il mio treno comparisse sotto gli ultimi arrivi e poi alle partenze ma il tempo sembrava essersi fermato.
Ok, forse non ero li da ore ma dio, non vedevo l’ora di andare via.
Se fossi rimasto ancora qualche ora avrei cambiato idea, avrei finito per tornare a casa da lui e perdonargli ogni cosa, perdonare il suo tradimento.
Sospirai osservando per un attimo il mio riflesso nel vetro sporco di una vetrina della stazione dei treni di Bristol, occhi spenti e capelli tagliati da poco che ancora non avevo imparato a gestire.
Ricordo di aver messo addosso un maglione e un jeans senza neanche pensarci troppo, non sapevo neanche cosa avevo in valigia. La testa mi pulsava e le lacrime premevano in modo assurdo contro le mie palpebre socchiuse.
Gli avevo creduto mesi prima, avevo creduto che Nick non avrebbe mai potuto tradirmi, non dopo tutto quello che aveva fatto per tenermi a se anni prima, non poteva essere. Ma poi eccolo li, ricordavo cose assurde, era stato tutto troppo veloce.
Ero tornato a casa prima. Ricordavo l’odore del caffè, segno che Nick non doveva essere solo.
Ricordo una sciarpa rossa sul pavimento e odore di buono quando l’avevo raccolta per metterla in ordine. Ricordavo di non averlo chiamato per non disturbarlo prima di entrare in salotto e vedere i loro corpi sul divano.
Ricordo la sua voce che gemeva appena, ricordo le sue mani che la sera prima avevano accarezzato me, sfiorare la pelle di un altro con la stessa dolcezza.
Ricordo che avrei  voler urlare tutto quello che sentivo ma sapevo anche di non averlo fatto. Ero andato in camera, come un automa e avevo raccolto le mie cose, avevo preso tutto o almeno tutto quello che mi sarebbe potuto servire e avevo mandato un unico messaggio a mia sorella.
Non c’era stato bisogno di spiegare, con lei non era mai stato necessario, mi sarebbe bastato guardarla e lei avrebbe capito.
Ricordo di essere andato via mentre qualcosa di umido mi bagnava il viso, erano le mie lacrime.
Ricordo tutto questo ma non quando avessi smesso di piangere, no, quello non me lo ricordavo. Poi mi ero ritrovato in stazione sperando che il treno per Londra arrivasse veloce, che mi portasse via da tutto.
Continuavo a ripetere a me stesso che non stavo scappando, che tutto quello lo facevo per me, che infondo avevo sempre sognato di andare via da quel posto, di andare a Londra e di lavorare e diventare un medico famoso almeno in tutto il paese.
Potevo finire il tirocinio e la specialistica lì, Gem erano due anni che tentava di convincermi ad andare via. Doveva essere la cosa migliore per me. Sospirai ancora e mi resi conto che un ragazzo mi stava fissando con aria curiosa.
“Ehi, va tutto bene?” aveva la voce allegra e due occhi blu che trasmettevano un pace assurda mentre i suoi capelli biondi erano sparati in tutte le direzioni e il maglione a righe che portava gli stava decisamente largo. Lo fissa un attimo pensando a cosa rispondere alla sua domanda.
“Si, grazie..” lo sussurrai appena mentre mi stringevo istintivamente nel maglione che portavo addosso sperando che mi aiutasse.
I suoi occhi erano ancora sul mio viso e lo vidi osservarmi come se volesse leggere qualcosa in me.
“Con due occhi come i tuoi non credo si possa mentire.”
La sua voce era di una dolcezza assurda e per un attimo mi sembrò di sentirmi meno solo, meno disperato nella mia fuga verso qualcosa di cosi lontano.
Non so neanche cosa successe dopo.
Ricordo il suo nome, Niall.
Ricordo che eravamo andati a prendere un caffè che aveva parlato tanto. Ricordo il sapore della cannella che mi avevano lasciato sulle labbra i due piccoli dolcini che aveva ordinato per me.
Ricordo che era un musicista, lavorava a Londra in un piccolo pub, annotai il nome sulla mia agenda, che poi mi chiedevo in quale momento avevo portato con me.
Ricordo che mi aveva fatto parlare, che mi aveva tirato fuori tutta la verità prima di dirmi che tutto era una merda ma che poi avevo incontrato lui e da li le cose avrebbero potuto solo andare un po’ meglio.
Ricordo il suo abbraccio, come se lo conoscessi da sempre, come se non fossero passati solo quaranta minuti da quando ero scappato da quella che per anni avevo considerato casa mia, dalla persona con la quale avevo cominciato a sognare un futuro nell’istante stesso in cui lo avevo incontrato.
Ricordo il modo in cui si era preso cura di me e quanto era stato contento quando si era reso conto che il nostro treno era lo stesso.
“Vedi, Harry, la fortuna inizia a girare!”
“Niall, te lo hanno mai detto che sei un sacco rumoroso?”
Lo dissi mentre un sorriso leggero mi si formava sul viso. Ricordo di aver pensato che non sarei mai riuscito a farlo dopo quello che era successo.
Ricordo di essermi sentito libero, in un modo inspiegabile e irreale mi ero sentito libero quando la voce metallica aveva annunciato il mio treno.
Nick mi rendeva felice, lo aveva fatto per anni ma erano mesi che qualcosa sembrava essersi rotto tra noi due, come se un enorme voragine si fosse aperta e nulla riuscisse a chiuderla.
Ci avevamo provato, lo avevamo fatto per settimane ma poi era tutto finito.
Ricordo di aver capito in quel momento cosa era realmente successo a casa nostra, quanto tutto quello potesse essere prevedibile per chiunque ma non per me.
Ricordo che il dolore che mi portavo dentro sembro lasciarmi respirare piano piano sempre di più, sempre con più chiarezza fino quasi a farmi tornare in me.
“Dobbiamo andare o rischiamo di perdere il treno!” la voce di Niall era quasi disperata ma effettivamente eravamo un po’ in ritardo.
“Non è colpa mia se dovevo andare in bagno, Nì.”
“Non perderemo il treno, non perderemo il treno. Forse se lo ripeto si avvera..”
Risi ancora mentre gli correvo dietro trascinando la mia valigia con me. E non riuscivo a smettere, non riuscivo a dire alle mie labbra di non starsene piegate all’insù, e cavolo, mi sentivo libero.
Ricordavo il viaggio in treno, ricordavo gli alberi sempre più radi e il mare che ha un certo punto svaniva all’improvviso.
Ricordo il suono delle canzoni che Niall ogni tanto accennava con la chitarra mentre su un piccolo foglio prendeva nota di tutto.
Ricordo di aver riso ancora e ricordo di aver deciso che Niall sarebbe diventato mio amico che in un modo o nell’altro saremo rimasti legati, non so come accade davvero ma sono passati anni e lui e ancora li, pronto ad accogliermi se mai dovessi crollare.
Ricordo anche il silenzio che avevo dentro, ricordo tutto quello che provavo per Nick che lottava per riemergere fuori. Ricordo il mio cuore che batteva per tenermi in vita e non come quando lo faceva davvero, quando ero felice.
Era un suono vuoto, comune. Per Nick, il mio cuore, non aveva mai battuto in quel modo cosi anomalo.
Ma lo ignorai, ignorai tutto e mi concentrai su quello che mi aspettava adesso.
Ricordo di essermi addormentato, o meglio questo non lo ricordo ma Niall mi dice sempre che avevo dormito almeno per due ore, mi ero risvegliato quasi a Londra con un mal di testa atroce.
“Sono certo che andrà meglio, ora!” mi aveva detto il biondo porgendomi un caffè.
Ricordo di aver avuto paura, una paura folle la prima volta che avevo messo piede giù dal treno nella grande Londra. Si, ci ero già stato a trovare mia sorella ma questa volta era diverso, questa volta ero lì per restare, per ricominciare a vivere.
Ricordo il primo mese passato a Londra. L’appartamento di mia sorella era troppo piccolo per noi due e poi c’era il suo ragazzo sempre sul nostro divano e sembrava di essere in un letamaio.
Ricordo che a volte urlavamo, ricordo anche le risate, le cena a portar via.
“Pensi che ti innamorerai mai di nuovo, Haz?”
“Non lo so, cioè potrebbe accadere, solo che preferisco non chiedermelo” le risposi prima di sorriderle con dolcezza prendendo ancora un tiro dalla sigaretta che stavamo dividendo.
“Deve essere stato brutto per te..” sussurrò come se avesse paura di ferirmi ancora, come se potessi ricominciare a piangere come avevo fatto la prima settimana che ero stato lì con lei, non avrei mai smesso di essere in debito con lei per tutto quello che aveva fatto per me.
“Gem, sto meglio. Niall mi aiuta e anche aver ripreso a lavorare.”
Ricordo di aver visto un sorriso sincero sulle sue labbra prima che mi abbracciasse stretto sussurrandomi che per me, lei ci sarebbe sempre stata.
Ricordavo altre lacrime e delusioni, perché infondo volevo provarci, volevo qualcosa che il mio cuore lo facessi ripartire da zero ma non lo trovavo.
Non mi fidavo e alla fine tutti si stancavano della persona che ero diventato.
“Sei cambiato, Har, ma ancora non ho deciso se tutto questo mi piace.”
La voce di mia madre mi era giunta ovattata anche se lei era li davanti a me e un odore di cioccolato riempiva l’aria di casa nostra.
Ricordo il primo giorno a lavoro, l’epidemia di raffreddore.
“Styles, letto 6 e poi passa a controllare l’11. Ci servono letti, cercate di essere precisi!”
La voce del dottor Payne era l’unica costate di quella giornata.
Ricordo i bambini che mi guardavano spaventati e ricordo i loro genitori che sembravano pendere dalle mie labbra. Era solo influenza, andava tutto bene.
Ricordo le corse, le risse per gli interventi.
Ricordo le risate,le notti in bianco a studiare insieme.
Ricordo le cene in saletta e i camici sporchi di vomito.
Ricordo le soddisfazioni e le delusioni. E ricordo di non essermi mai sentito cosi vivo come in quel momento.
“Siete stati davvero tutti molto bravi oggi, ma per l’intervento da primo non sarà solo oggi a fare la differenza. Sarete valutati sempre e con attenzione..”
Ricordo che non avevo finito davvero di ascoltare tutto quello che aveva detto perché in circolo avevo talmente tanta adrenalina da farmi girare la testa.
“Quindi in pratica vi state uccidendo di lavoro per tagliare una gamba?” la voce di Niall sembrava quanto meno disgustata davanti al mio entusiasmo in quel momento.
“Non ci stiamo uccidendo e sarebbe solo l’inizio! Cioè il mio primo intervento come chirurgo principale, se ci penso mi metto a urlare” risi ancora mentre il mio migliore amico scuoteva la testa e puliva ancora una volta in bancone nel bar che ormai da qualche tempo gestiva con la sua ragazza.
“Voi siete fuori, Haz.”
“Sta zitto!” dissi mettendo su un piccolo broncio non smettendo un attimo di fissarlo.
“Non guardarmi in quel modo, scemotto! Non ci casco più!” quella era una bugia.
“Non ci crede nessuno, Nì” la voce di Maddy  era arrivata da poco lontano e nel silenzio tra noi due fu qualcosa a cui non seppi resistere. Scoppiai a ridere seguito subito dopo dal biondo.
“Come va con Ian?”
Ricordavo di avergli risposto qualcosa come un “usciamo solamente insieme” ma non era la verità, lo sapevamo entrambi. Ne io ne lui volevamo nulla, c’era sesso anche troppo a volte, fatto ovunque.
Ricordo i segni che portavo sui fianchi quando me li stringeva forte e ricordo il sapore delle sue labbra in modo troppo poco chiaro perché potesse essere importante davvero.
Avevamo scritto in faccia entrambi che non eravamo in cerca di niente. Eravamo qualcosa di non importante che fa stare molto bene.
Ricordavo le sere passate in pronto soccorso, con l’ansia a mille e la speranza di fare bene.
Ricordo una notte di pioggia, ricordo un incidete.
Ricordo le urla, i pianti e il sangue. Ricordo la sensazione di nausea quando tutto sembrava più tranquillo e ricordo in momento in cui ho deciso che avrei fatto ancora meglio perché non volevo che nessuno mai morisse davanti a me come lui.
Quello è il momento in cui seppi che sarei stato un medico migliore di quello che avrei potuto essere.
 Ricordo un giorno d’Agosto. Ricordo l’ambulatorio pieno di gente e i letti ancora occupati per l’incendio della notte prima.
“Styles, hai un paziente in sala 3” l’infermiera mi passo una cartella con alcuni esami e li controllai.
Bambina, sospetto rossore alla pelle. Doveva essere una semplice allergia.
Spostai le tende con gli occhi ancora fissi sugli esami dl sangue che la piccola doveva aver fatto il giorno prima.
Poi ricordo solamente un viso. Due occhi azzurri come il mare e un paio di labbra sottili.
Ricordo la sua voce, la preoccupazione che traspariva da essa per quel piccolo angelo biondo che stringeva tra le braccia e che sembrava volesse scomparire nel corpo di suo fratello, erano cosi simili che non potevano esserci dubbi, troppo per essere padre e figlia o almeno ci sperai.
Ricordo il suo sorriso, la sua risata e la sua dolcezza.
Ricordo di aver sentito caldo, e una strana sensazione di oppressione al petto.
Ricordo il giorno in cui il mio cuore aveva ripreso a battere come una volta nel momento in cui il verde scuro dei miei occhi si era perso in un mare blu che a me ricordavo troppo cose passate.
“In pochi giorni starà di nuovo bene, ne sono sicuro.”
“Quindi dici- gli avevo ripetuto almeno tre volte di darmi del tu avevo qualche anno meno di lui infondo- che deve essere per via di qualcosa che ha mangiato?”
“Si, gli esami sono tutti nella norma, credo sia una forma leggera di allergia alimentare, Louis” lo rassicurai accarezzano i capelli della piccola Daisy, ora che la guardavo meglio assomigliava decisamente tanto al fratello.
Ricordo il sorriso dolce che aveva rivolto alla bimba e il modo in cui l’aveva presa di nuovo la tra le braccia per  tenerla vicino a se.
Ricordo la voce di Daisy sussurrare qualcosa al suo orecchio e poi ricordo le guance di Louis più rosse e gli occhi leggermente imbarazzati.
“Daisy dice che sei il più bel dottore che abbia mai visto.”
Lo aveva detto cosi a bassa voce da farmi credere per un attimo di essermi sognato ogni cosa. Quella bambina doveva avere un grosso ascendente sul fratello maggiore.
Ricordo di essere arrossito e di aver sentito un strano suono nel mio petto ma non gli avevo dato importanze, non ero neanche più abituato.
Ricordo di aver scritto il mio numero su un angolo sgualcito di un foglio che avevo trovato nella sala, ricordo di averci pensato prima di scriverci sopra qualcosa. Solo Harry o magari Dr Styles?
Scrissi il mio nome, ne sono quasi certo anche se Louis poi si è ostinato a ripetermi che sopra ci fosse scritto il mio cognome, ma sono io quello con la buona memoria.
“Se hai bisogno di qualcosa o vedi che non passa non pensarci e chiamami, ok?” gli ricordai porgendogli il mio numero di cellulare. Daisy fu più veloce del fratello e lo strinse al petto con aria sognate.
Ricordo che ridemmo ancora mentre sentivo che qualcosa dentro di me stava tornando a muoversi, era un piccolo soffio di vento ma sembrò cambiare tutto quello che mi circondava.
Ricordo che per quanto avessi memoria non avevo mai amato i cambiamenti o le attese. Mi spaventavano e stressavano ma alla fine avevo scelto uno dei lavori peggiore per queste cose ma la paura ti spinge a stare meglio.
Ricordo un turno di notte, saranno state le tre del mattino, erano ore che non toccavo cibo. Ricordo una notte tranquilla e poche persone in ambulatorio.
Ricordo una chiamata.
“Harry, sono Louis.”
Ricordo la paura, l’ansia. Perché non poteva essere successo qualcosa a lui o alla piccola.
“Che succede?” il mio tono di voce era allarmato e il cuore mi andava a mille nel petto.
“Io..scusami, non avrei dovuto chiamarti. Non è successo nulla, solo che ho appena finito a lavoro..”
“Mi hai fatto venire un colpo.”
E si, un colpo me lo aveva fatto venire davvero perché poi aveva riso, riso in un modo incredibile e il mio intero mondo si era fermato.
“Mi dispiace, è che ieri sono venuto a cercarti in ospedale e mi hanno detto che non ci saresti stato fino a questa sera, sapevo che avevi il turno di notte…”
“Si, sono in ospedale, mi hai fatto venire un colpo avevo paura che vi fosse successo qualcosa” dissi sorridendo decisamente più tranquillo.
“No, stiamo tutti bene. La principessa è a letto da un po’, io ho finito adesso del lavoro e poi mi è venuta voglia di sentirti” lo sussurro in un modo che non riesco a spiegare, ricordo di essere arrossito.
“Davvero?.. cioè si,hai capito..”
Ricordo di aver fatto la figura del cretino quella sera e per molte sere dopo, mentre aspettavo la sua telefonata.
Ricordo di aver riso tanto quella sera mentre me ne stavo seduto su una delle panchine appena fuori all’entrata delle emergenze, pronto a fare il mio lavoro.
“Sono un programmatore, ma mi piacerebbe un sacco aprire un posto tutto mio dove vendere videogiochi e avere contatto con le persone. Ma sto parlando solo io, dimmi qualcosa di te” Louis, la sua voce era un qualcosa di cui ricordo mi resi conto di dipendere dopo una sola telefonata.
“Sogno di fare il medico da quando ho iniziato a camminare, quando stavo a Bristol lavoravo in una piccola clinica e anche grazie al mio ex in realtà..”
Ricordo di avergli detto di tutto, non della mia storia con Nick,ma di quanto in realtà gli dovessi.
Perché nonostante tutto il male non avrei mai scordato tutte le volte che quel ragazzo troppo alto per tutti ma non per me mi fosse stato vicino, tutte le volte che aveva asciugato le mie lacrime per un esame andato male.
“Non è  gran che interessante la mia vita” conclusi grattandomi appena il retro del collo mentre un sbadiglio offuscava la mia voce.
“Sei un medico, si che lo è. Non ci sarei mai riuscito io, sono un tipo troppo divertente!”
“Che fai ti autopromuovi?”
Ricordo che ridemmo per un po’ prima che lui parlasse ancora.
“Beh, devo convincere un medico molto sexy ad uscire con me per cena, devo sembrare interessante.”
Ricordo la mia faccia, ricordo più che altro il mio riflesso nel vetro di ingresso della porta.
Ricordo il suono sordo che avevo nel petto da anni diventare più forte, più vivo e all’inizio fece davvero tanto male ma poi tutto divenne assurdamente piacevole.
“Dovresti chiedergli di uscire, sono certo che cadrebbe ai tuoi piedi” sussurrai con voce lontana, mi sentivo in un altro luogo ed ero felice davvero.
“Se lo dici tu, mi fido. Passo a prenderti martedì sera, Harry. Fatti trovare pronto, ora devo andare e davvero tardi.”
“A domani, Louis.”
“A domani, Harry.”
Ricordo di essere rimasto con il telefono vicino all’orecchio per un tempo assurdamente ridicolo mentre le mie labbra non ne volevano sapere di tornare in una posizione normale, quegli angolino se ne stano all’insù.
Ricordo di aver capito che ero andato avanti, che avevo dimenticato il dolore e tutte le sofferenze. Ricordo il mio cuore che batte distintamente, in modo chiaro. Il mio cuore che batte felice per la prima volta da un anno, da quando il mio intero mondo sembra essermi finito addosso.
Parlammo tanto quella sera,oltre un ora. E ancora oggi ricordo tutto quello che ci dicemmo, come iniziò davvero tutto e mai come quel giorno mi resi conto che forse tutto sarebbe potuto andare meglio.
Ricordo l’ansia, la voglia che andasse tutto bene. Ricordo l’attesa e il mio modo nervoso di guardare l’orologio che portavo al polso, mancava ancora un ora e io ero pronto almeno da 15 minuti, ben fatto Harry.
Ricordo di essermi guardato allo specchio, i capelli erano cresciuti leggermente e i ricci tornavano a contornarmi il viso, viso che sembra più adulto meno bambino di un tempo.
“Sei bellissimo, Har..” la voce di mia sorella mi fece sorridere appena mentre due braccia dolci mi circondavano la vita e il suo viso, cosi simile al mio, si poggiava sulla mia spalla.  Guardai il suo riflesso nello specchio e sentii,ancora una volta, che lei ci sarebbe sempre stata.
“Ci credi se ti dico che lui è molto più bello?”
“Harry Styles, era un vita che non vedevo quell’espressione sul tuo viso!”
“Che espressione?” le chiesi girandomi appena a guardala.
Ricordo solo che mi sorrise lasciandomi un piccolo bacio sulla guancia prima di staccarsi da me e alzare le spalle come se la cosa fosse ovvia.
Ricordo il suo del campanello che aveva rotto il silenzio assurdo che si era creato in casa e nella mia testa.
Ricordo ancora il suo sorriso, il suo maglione leggero di un tenue verde acqua e i suoi capelli tenuti via dagli occhi con del gel.
Ricordo una ciocca di essi persa davanti ai suoi occhi e la mia mano che la riporta piano al suo posto mentre sul suo viso di apre un dolce sorriso che è sempre stato in grado di spiazzarmi.
“Mi piace il verde acqua su di te” dissi mentre indossavo la giacca per uscire di casa.
Quando la indossai mi sporsi a lasciare un piccolo bacio sulla sua guancia.
Ricordo le sue braccia che mi avvolsero istintivamente e nonostante fossi io quello con le spalle larghe non mi ero mai sentito cosi piccolo come in quel momento.
Ricordo un tavolino per due su una barca lungo il Tamigi, ricordo le candele e la piccola margherita che Louis aveva fatto lasciare per me.
Ricordo la musica, era jazz qualcosa che non conoscevo ma che ascoltassi ora, distrattamente, riuscirei a riconoscere perfettamente.
“Non credevo sarebbe stato cosi imbarazzante, di solito a telefono non siamo mai in silenzio” la voce di Louis suonava divertita e felice.
“Ero un sacco in ansia prima di venire qui..”
“Perché?” chiese.
“Non lo so, perché sei tu suppongo” lo dissi in modo talmente ovvio che per un attimo credevo mi ritenesse un ridicolo.
“Intendi un affascinante, promettete e superdotato programmatore informatico? Si, faccio questo effetto!”
Ricordo che scoppiamo a ridere prima che io gli dessi dell’idiota e scuotessi appena la testa perché adoravo tutto quello.
Adoravo sentirmi felice e voluto e adoravo il modo in cui Louis mi guardava.
Ricordo che Gem per anni mi aveva detto che nessuno mi aveva guardato come faceva lui. Ricordo che diceva che mi guardava come se anche se il mondo fosse crollato a lui non sarebbe importato perché io ero li a tenergli mano. Non credo esista nulla di più vero, perché io Louis lo avevo guardato allo stesso modo e lo facevo ancora.
Ricordo il cibo di quella sera, ricordo di non aver mangiato cosi bene.
Ricordo il leggero vento che tirava anche se era caldo per essere metà ottobre.
“Sei sicuro di non avere freddo?” chiesi a Louis, non aveva neanche una giacca o meglio l’aveva nella sua macchina.
“Sto bene, Har.”
Ricordo che scosse la testa, forse mi preoccupavo troppo all’epoca sta di fatto che ora e lui quello iper protettivo.
Ricordo le parole e ricordo le emozioni.
Era come vivere su una giostra, una che era stata spenta per troppo tempo e all’improvviso tutte le luci si accendono e riparte. Cambiano i volti, cambiano le persone e poi ci sei tu, tu che riprendi a vivere e lo fai attraverso un sorriso che avrebbe fermato il cuore a chiunque ma che a te lo manda a mille fino a farti rischiare un infarto.
Ricordo la lunga passeggiata che facemmo dopo cena. Ricordo la mia mano alla ricerca di quella di Lou.
Ricordo la prima volta che le nostra dita si intrecciarono insieme. La sensazione di perfetta completezza che poche volte avrei provato nella vita.  Le sue mani erano morbide e leggeri calli facevano la loro comparsa sulla punta delle dita.
Era bello camminare tenendoci per mano, vicini eppure ancora distanti se si pensa a dove siamo ora a quanta strada avevamo fatto insieme.
“Ci ho messo settimane a decidere di chiamarti” confesso ad un certo punto il liscio dopo un lungo silenzio per nulla pesante tra noi.
“Credo di averlo sperato fin dall’inizio che tu chiamassi.”
“Avrei voluto farlo, usare una scusa stupida per sentire di nuovo la tua voce ma avevo paura di suonare ridicolo” rise ancora.
Ancora un battito in meno.
“E io che dovrei dire? Anche se avessi voluto non avrei potuto chiamarti!”
“Lo avesti fatto? Mi avresti chiamato?”
Annui alla sua domanda sorridendo prima di avvicinarmi a lui e cercare un contatto con il suo corpo.
Ricordo che Louis era caldo quella sera, lo era sempre anche se fuori c’erano 0 gradi e la neve che cadeva lenta, lui era sempre caldo e quello era solo il primo vero abbraccio.
Ricordo di aver sentito le sue braccia stringermi senza incertezze mentre teneva il mio corpo imprigionato tra il suo e il muretto con il rumore del fiume che ci cullava piano.
Ricordo le sue mani incastrate tra i miei capelli e le carezze leggere che mi aveva lasciato lungo il collo.
Ricordo di essermi affidato completamente a lui quella sera e mentre le mie mani accarezzavano la sua schiena mi resi conto che lui con me aveva già rischiato tutto chiedendomi di uscire.
Ricordo di averlo guardato negli occhi e ancora una volta blu e azzurro si erano uniti insieme.
Tutto il resto era scomparso e il nostro mondo di riduceva a quello, a un legame fatto di sguardi.
“Se mi guardi cosi non riesco a non baciarti, Harry.”
Perché il mio nome era cosi bello se era lui a pronunciarlo?
“Non ti ho mai chiesto di non farlo..”
Ricordo il modo dolce in cui sorridendo aveva arricciato gli occhi prima di scuotere appena la testa.
“E’ che sei cosi dannatamente bello illuminato dalle stelle, Harry.”
Ricordo che in quel momento sarei potuto morire se dalle sue labbra fosse uscito ancora una volta il mio nome con quella nota dolce che solo lui era in grado di usare.
Ricordo il secondo subito precedente al bacio. Ricordo il suo respiro caldo sulle labbra, sapeva di amarena a causa del dolce che aveva mangiato alla fine.
Ricordo il mio cuore accelerare al limite del consentito mentre le mie mani andavano a cercare i suoi capelli cosi da stringerli.
Ricordo di essermi chiesto se fossi ancora capace di baciare, se non fosse passato troppo tempo anche se era una cosa stupida, certe cose non si dimenticano.
Ricordo il primo tocco delle sue labbra sulle mie.
Sapevano di buono, di dolce e di amore.
Ricordo di aver sentito per la prima volta il sapore dell’amore vero sulle labbra di Louis quella sera lungo un fiume, in una città enorme  e in un punto del modo più o meno importante ma che per me voleva dire capire ancora qualcosa di quel casino bellissimo che era la vita.
Ricordo il suo sguardo subito dopo mentre la sua mano con delicatezza mi sfiorava una guancia.
“Te l’ho detto che ti avrei baciato, i tuoi occhi sembravano pregarmi di farlo” sussurro a meno di due centimetri dalle mie labbra.
“Allora baciami ancora, Louis.”
Sorrise, lo fece ancora molte volte quella sera o meglio il resto di essa mentre camminavamo lungo le strade come se esistessimo solo noi due e nient’altro.
Ricordo altri baci, scambiati in fretta, rubati appena uno dei due si distraeva.
Ricordo le mani strette, il passo lento.
Ricordo le luci che illuminavano il suo viso, l’invidia di alcuni sguardi.
Ricordo di aver sentito il sapore di quelle labbra per giorni sulle mie e ricordo tutte le prese in giro che Gem mi aveva rifilato quando dopo il secondo appuntamento ero tornato a casa con un segno enorme appena sotto l’orecchio.
Ricordo le lunghe telefonate che ci siamo scambiati i giorni dopo quell’uscita. Le parole dolci, la voglia di rivedersi.
“Poi Daisy è salita sul tavolo e si è messa a urlare che se non fossi stato tu non voleva nessun medico, ti giuro quando la maestra me lo ha raccontato stavo per morire dal ridere” sentivo nella sua voce la nota inconfondibile della sua risata mentre mi raccontava cosa era successo a scuola della sorellina il giorno stesso.
“Ma piccolina, non si era fatta molto male, vero?”
“No, si era solo un po’ sbucciata il ginocchio. Quando ci hanno chiamato dalla scuola io e mia madre ci siamo preoccupati un sacco.”
Ricordo altre belle serate passate insieme.
Ricordo le due di notte di un giovedì sera, ricordo il vento forte.
Ricordo di una sera abbastanza piena e di uno stupido messaggio che avevo mandato a Louis sperando che fosse ancora a lavoro anche se era molto improbabile.
Avevo voglia di dolcetti a limone.
Ricordo il suono di un clacson mentre ero appoggiato alla terrazza del primo piano dopo il giro di controllo che avevo fatto nel reparto neonatale dell’ospedale.
“Harry!”
Ricordo la sua voce che urla il mio nome e il suono della sua risata subito dopo.
Il cuore a mille, gli occhi che brillano.
Altri baci, altre carezze.
Ricordo il sapore dei dolcetti a limone sulle sue labbra e lo zucchero a velo che gli aveva sporcato il naso prima che gli scattassi una foto che ancora conservo sul pc di casa.
Ricordo altri appuntamenti organizzati, improvvisati.
“Harry, passo a prenderti? Per favore non mi piace sentirti cosi” sussurro quello che ormai potevo definire il mio ragazzo dopo l’ennesima giornata che non andava in ospedale.
“Non credo di farcela, possiamo vederci domani?”
Ricordo che non mi aveva ascoltato e ringrazio che non lo facesse quasi mai a volte.
Ricordo che era sotto casa mia meno di un ora dopo con in mano una cena a portar via del giapponese e tanti sorrisi. Louis era fatto cosi.
Era qualcosa di diverso in un mondo che faceva del normale la sua caratteristica migliore.
Ma lui era migliore, era il meglio che io potessi volere.
Ricordo una serata passata sotto le coperte del mio letto con carezze lente e la voglia di goderci tutto.
Ricordo che non eravamo andati ancora molto oltre a quei tempi e riesco ancora a sentire tutto il tremore delle nostre mani mentre per la prima volta sfioravamo le nostre pelli.
Ricordo una sensazione piacevole infondo allo stomaco mentre il suo respiro caldo sfiorava la pelle sensibile del mio collo e mille brividi mi percorrevano la schiena facendomi sospirare appena.
“Louis..”
Ricordo di aver sussurrato il suo nome più volte mentre le sue labbra mi sfioravano il collo in un modo nuovo, in una muta richiesta che neanche volendo io avrei mai potuto rifiutare.
Perché io mi sentivo suo e volevo esserlo davvero in tutto.
E nonostante Louis mi ripetesse costantemente che ero suo era bello sentirlo davvero. Per la prima volta ricordo di essere appartenuto a qualcuno in un modo che non avrei mai creduto possibile se Louis non fosse arrivato nella mia vita.
Ricordo le sue labbra.
Sulle mie.
Sul mio collo, sulle spalle.
Le sue labbra sulla mia pancia, poi sui fianchi. Lente.
Ricordo le sue mani che sfiorano la mia pelle spogliandola e ricordo le mie che compivano gli stessi movimenti sui suoi vestiti.
Mostrandomi il suo corpo, la sua storia.
La storia che portava incisa sulla pelle, come me infondo, una storia che volevo conoscere e imparare a memoria e iniziai a farlo quella sera per davvero.
Ricordo i suoi denti che marchiavano la mia carne.
Sul collo, sui fianchi. Ne portai i segni per settimane.
Ricordo le mie labbra sulla sua pelle, a lasciare segni.
Ricordo le mie mani ancorate alla sua schiena in un richiesta forte di non lasciarmi. Di non lasciare che tutto finisse senza aver almeno lottato per me.
Ricordo la sensazione di aver il suo corpo nudo vicino al mio, dentro il mio.
Un unico corpo, una sola anima.
Ricordo i nostri gemiti, il cozzare delle nostre pelli. La sensazione di piena felicità.
Ricordo gli occhi di Louis, non si staccarono mai dai miei, non succede mai.
Vi lessi dentro tante, troppe cose ma sorprendentemente non mi spaventarono.
Quella sera ricordo di aver conosciuto un Louis nuovo, fatto di tocchi gentili e bisognosi d’ amore.
E glielo donai, cercai con tutto me stesso di essere migliore.
Ricordo che quella sera dormimmo insieme per la prima volta. Con le gambe intrecciate e i sorrisi stampati in faccia.
Con i volti vicini e il cuore che non aveva mai battuto cosi forte.
“Louis?” lo chiamai appena.
“Si, piccolo.”
Bacio appena accennato sulle mie labbra.
“Che succede se mi innamoro di te?”
Ricordo di essermi sentito un totale idiota nel secondo esatto in cui quelle parole lasciarono le mie labbra.
“Succede che dovrai restare con me per sempre.”
“Non sarebbe per nulla male, sai?”
“Harry?”
Ridacchiai guardandolo negli occhi mentre le mie mani percorrevano piano ogni angolo del suo torace.
“Dimmi!”
“Che succede se io sono già innamorato di te?”
Ricordo la prima volta che mi resi conto di essermi innamorato di lui.
Stavamo litigando, non ricordo il motivo di tutto quello ma era brutto.
Ricordo le urla e la gelosia, era qualcosa di forte che sentivo dentro di me più di ogni altra cosa e per lui era lo stesso.
Ricordo che faceva male, sentire le sue urla contro di me, sentire le sue paure farsi quasi tangibili mentre me ne faceva partecipe.
Ricordo quei tre giorni che non ci parlammo in modo chiaro.
Era come essere immersi in acqua, senza avere la possibilità di respirare.
Ricordo la sensazione di vuoto al centro del petto, del dolore al livello del cuore.
Ricordo di una sera di gennaio, pioveva a dirotto ma non mi importava.
Camminavo sotto la pioggia verso l’unica cosa che avrebbe mai potuto salvarmi da me stesso.
Ricordo di una paura folle.
Ricordo le scale di casa del mio ragazzo, quella dove viveva un tempo.  Louis mi aveva rinfacciato per anni per averle bagnate tutte.
Faceva freddo.
Ricordo di aver bussato alla porta e di aver visto la sorpresa sul suo viso.
“Mi dispiace.”
Appena un sussurro prima di sentirlo avvolgermi tra le sue braccia e fu come se tutto il mondo riprendesse a girare e l’aria riuscisse nuovamente a farmi vivere.
Ricordo di essere dovuto rimanere a casa una settimana prima che la febbre scendesse e ricordo che Louis non se ne andò un attimo, mi rimase accanto sempre.
Ricordo di averne un po’ approfittato in effetti ma ero malato, ehi.
Ricordo la settimana dopo a lavoro e ricordo l’intervento da primo operatore.
Ero nervoso da morire ma non vedevo l’ora di dimostrare di potermela cavare,di dimostrare che tutto quello che avevo fatto in quegli anni portasse i suoi frutti.
Ricordo la gioia che provai quando tutto fu finito, quando mi resi conto di riuscire a stare finalmente in piedi da solo. Di riuscire a essere quello che avevo sempre sognato e di avere accanto un uomo che mi ero reso conto di amare.
Ricordo la prima volta che Louis mi disse di amarmi.
Eravamo insieme da qualche mese e con i nostri alti e bassi le cose andavano bene per entrambi.
“Harry?”
Ricordo che stavo cucinando, voleva che gli preparassi il suo piatto Thai preferito quella sera.
“Si, amore.”
Un lungo silenzio.
Ricordo di essermi voltato appena trovandomi il suo viso dannatamente vicino, era assurdo che ancora dopo mesi mi facesse sentire un ragazzino.
“Ti amo.”
Ricordo rumore di qualcosa che si ruppe, solo il giorno dopo mi resi conto che era un bicchiere.
Ricordo che gli chiesi di ripeterlo un infinita di volte quella notte, mentre facevamo l’amore. Louis lo disse sempre senza lasciarsi pregare e io lo ricambiai ogni volta prima di un bacio o dopo di esso.
Ricordo di una vacanza fatta dopo il primo anno insieme.
Mancava poco alla fine del tirocinio e Louis voleva che staccassi un pochino prima di concentrarmi completamente sull’esame per la qualifica. Ero un sacco nervoso in quel periodo e sembrava che solo lui riuscisse a capire come prendermi.
Ricordo una casa al mare, su una spiaggia bianca nel sud della Francia.
Ricordo le lunghe passeggiate sulla spiaggia o le cene organizzate per poi andare a fare il bagno nell’oceano.
“Va un po’ meglio?” mi chiese mentre eravamo in acqua. Se ne stava abbandonato sul mio petto con la testa poggiata sulla mia spalla mentre io nuotavo piano per farlo rilassare.
“Mai stato meglio, grazie amore!”
“Stavo pensando una cosa..” sussurro e improvvisamente sentì la sua voce farsi più incerta.
Ricordo quando Louis mi chiese di andare a vivere insieme, che magari cercare una casa sola sarebbe stato più comodo per entrambi.
Ricordo la luna che si rifletteva sul mare, ricordo l’acqua calda attorno ai nostri corpi.
Ricordo di aver fatto l’amore con lui sulla spiaggia perché volevo capisse che ogni cosa di me gli apparteneva.
Ricordo la nostra prima casa, un quartiere orrendo ma era tutto quello che potevamo permetterci visto il mio stipendio misero di specializzando. Louis mi aveva detto ch avrebbe potuto coprire lui le spese fino a che non ci fossimo sistemati ma non accettai.
Ricordo la sua faccia nausea la prima volta che dormimmo li e ricordo di averlo distratto il necessario perché smettesse di pensarci.
Ricordo una mattina di qualche mese dopo, la casa era diventata più nostra e le nostre foto facevano bella mostra di loro attaccate alle pareti.
Ricordo di aver fatto il turno di notte e di essere tornato a casa a pezzi, ricordo di essermi infilato a letto e di essermi aggrappato all’unica persona che era in grado di salvarmi.
Ricordo l’odore del caffè e dei muffin della pasticceria vicino casa.
“Sembri un orsetto quando ti strofini gli occhi cosi!” disse Louis poggiando il vassoio con la colazione sul comodino prima di sedersi accanto a me.
“E’ tanto tardi?”
“Non più del solito amore” mi bacio delicatamente prima che io lo abbracciassi chiedendo molto di più di un semplice sfioramento di labbra.
Ricordo di essermi ritrovato seduto sulle sue gambe a mangiucchiare un muffin quando lo avevo visto cercare qualcosa nel suo comodino.
“Amore…ma che fai?”
“Aspetta tu!” Rise.
Ricordo che avevo tra le labbra l’ultimo pezzo di muffin al cioccolato quando vidi la scatolina blu che prendeva dal comodino. E ricordo di averlo guardato quasi stupito quando quella semplice fedina di argento aveva fatto la sua comparsa tra le sue dita.
“Sposami, Harry.”
Ricordo quasi tutto fino a quel momento ma di quella mattina, davvero, non mi sembra di ricordare quasi nulla. Ricordo il mio si sussurrato appena perché la voce era andata via.
Ricordo un po’ di lacrime, la gioia, l’amore.
Ricordo di voglia di vivere, voglia di sempre e per sempre con lui.
Ricordo tutti i preparativi e ricordo la villa in Toscana che avrebbe fatto da cornice al nostro giorno perfetto.
Ricordo lui sull’altare, bello da morire nel suo completo nero che ne metteva in risalto il corpo perfetto.
Ricordo le lacrime di mia madre e quelle della madre di Lou.
Ricordo mia sorella che mi tiene la mano, l’odore di ortensia, il sole caldo sul viso.
Ricordo la felicità, ansia, la gioia.
Ricordo il motivo per cui mi ero innamorato di lui perché semplicemente non avevo mai smesso di averlo.
Non avevo mai smesso neanche un secondo perché io in lui ci avevo trovato ogni pezzo mancante della mia anima.
Avevo trovato in Louis tutto quello che era utile al mio corpo per vivere.
Ricordo le foto fatte vicino ad un piccolo lago, ricordo di cibo buonissimo e abiti eleganti.
Ricordo di un bacio scambiato a mezzanotte.
Ricordo e vivo ancora anni felici.
Ricordo..


“Papà! Dobbiamo andare o papà Louis dice che arriviamo sempre tardi!”
La voce di mio figlio mi riporto alla realtà mentre finivo di indossare il capotto avvicinandomi poi a lui, non era più alto della mia gamba.
“Hai proprio ragione, Jamie” sussurrai aggiustandogli attorno al collo la sua sciarpa nuova, era rossa.
Ricordo di una sera passata in famiglia a ricordare i vecchi tempi, ricordo di aver raccontato la nostra storia ancora una volta.
Ricordo di essere stato di nuovo felice, come se succedesse tutto di nuovo.
“Ti amo, Harry” un sussurro per non svegliare nostro figlio.
“Ti amo, Louis” un bacio per suggellare un promessa solo nostra.
Ricordo un “per sempre”sussurrato una sera d’estate che non ha mai smesso di essere tale.











 
Ringrazio chiunque sia arrivato fino a qui.
Spero che sia stato di vostro gradimento e vi chiedo venia per eventuali errori ma non ho chi mi rivede tutto al momento ma provederrò presto!!
A risentirci!
   
 
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