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Autore: LoveLustHateDesire    26/09/2016    1 recensioni
"Quinn si passò una mano sulla viso, con un sospiro.
-Ho bisogno di un margarita.
-Oh, beh, okay. – Rispose lui, seguendola.
Quando furono seduti, l’uno davanti all’altra, lui decise di aprire bocca: - Mi ha chiesto di darti anche questa. – Le porse una busta, lei la prese e la mise nella borsa. –Credo che dovresti aprirla adesso."
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Corcoran, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Shelby Corcoran | Coppie: Puck/Quinn
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Quinn si accarezzava il pancione, pensierosa.
-Tutto okay? – Le chiese Mark, che aveva inciso il nome della donna all’interno dell’anello che portava all’anulare sinistro.
-Scalcia, non mi dà un attimo di tregua.
-E’ una bambina impaziente. – Scherzò lui, inginocchiandosi accanto a lei e toccandole delicatamente la pancia.
-Già. – Asserì lei con un sorriso.
-Sai a quale nome pensavo? Ne ho trovato uno bellissimo.
-Ah sì? – Chiese lei, fingendosi interessata.
-Mamma! – Il piccolo William corse verso Quinn, abbracciandola.
-Ehi Will, sei tornato? – Lo accolse lei accarezzandogli distrattamente la schiena con un sorriso.
-Will, ti piace il nome Beth per la tua sorellina? – Gli chiese Mark, abbassandosi accanto a lui.
Lui annuì e poi corse in camera.
Quinn sbiancò. –Ehi, ti senti bene? Hai bisogno di zuccheri, sei pallida come un cencio.
-No, sto bene, sto bene. - La donna si legò i capelli e prese un pezzo di carta per farsi aria. – Questo caldo mi toglie il respiro.
Lui alzò le spalle, visibilmente preoccupato. –Allora, ti piace il nome Beth per nostra figlia?
-No. – Rispose d’istinto lei. –No, non mi piace, scusa, ma è breve, è poco incisivo, è poco significativo e mi ricorda la sorella rammollita di “Piccole donne”. – Disse, a mitragliatrice. -No, non mi ispira per nulla. Per nostra figlia ci vuole un nome che ispiri forza, che ispiri animo, che le dia un certo spirito. Che ne diresti di Sue?
-Sue mi sa tanto di capelli biondi, corti, tipo un marines. No, non mi piace. Eppure Beth è perfetto, secondo me! E’ delicato.
-Appunto! Mercedes? Mercedes è un nome stupendo e trasmette forza.
-Ma no..
-Che ne dici di Santana?
-Santana non si chiamava quella tua amica che detesti perché ha un caratteraccio?
-Sì, ma se era mia amica un motivo c’era. Ascolta, porto Will a fare due passi, ne riparliamo, okay?
-Ma è appena tornato da foot..
-William! Scendi, andiamo a fare una passeggiata!
 
Quinn rimase imbambolata a spingere William sull’altalena per dieci minuti buoni, pensando a tutto, tranne al figlio che la implorava di rallentare.
-Oh, scusa! – Esclamò, fermando l’altalena. Lo prese in braccio e si avviarono per il vialetto che li avrebbe condotti a casa.
Ma mentre Quinn si destreggiava tra il bambino in carne ed ossa e la bambina nella pancia, vide una vecchia conoscenza sulla sua strada.
La mano le corse al fianco ormai inesistente e le sopracciglia le si aggrottarono, ma le labbra a papera si aprirono in un gran sorriso. Lui sorrise di rimando e la abbracciò senza prestare attenzione alla bellissima ragazza bionda che aveva di fianco.
-Puck!
-Quinn!
Lei gli diede un sonoro bacio sulla guancia.
-Lui è William, Will lui è Noah. – Mentre scambiavano due parole e si stringevano la mano, Quinn non riuscì a distogliere l’attenzione da quella ragazza, giovanissima, non avrà avuto più di sedici anni, il viso dai tratti delicati, poco truccato, indossava un abito blu, corto, aderente, ma non troppo e aveva due splendidi occhi verdi, che venivano a volte coperti dal lungo ciuffo di capelli biondi che le sfiorava il viso.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma era il suo ritratto quando aspettava Beth.
-Be’, voi due vi conoscete già, ma è passato un po’ di tempo. Quinn, lei è Beth. Beth, lei è Quinn.
Quinn sbarrò gli occhi, li chiuse, prese fiato e li riaprì, in tempo per tappare la bocca a William che stava dicendo: - Ti chiami come la mia…
-Zitto, tesoro. Volete entrare, un caffè, un the?
-Mamma, chi è Quinn? – Chiedeva ancora il bambino, ma la donna fece finta di non ascoltarlo.
-Veramente siamo di fretta, ma un caffè mi andrebbe. – Rispose Puck. – Noi tre da soli. – Specificò.
“Come una vera famiglia”, pensò Quinn, ma non lo disse.
-Will, vai a casa e dì a papà che la mamma torna presto. Mi raccomando! Dritto a casa e non parlare con nessuno. – Gli accarezzò i capelli e il bambino corse per il vialetto che lo separava dalla casa.
Calò il silenzio.
Un imbarazzante e gravoso silenzio.
-Beh, non siamo solo noi tre. – Cercò di scherzare Puck, ma Quinn lo fulminò.
Camminarono per interi minuti in silenzio. –Beh, è passato davvero tanto tempo. – Disse Beth, con una voce che era a dir poco identica a quella di Quinn. La donna impallidì, Puck la guardò e rise di gusto. – Lo so… - Commentò solo, e Quinn gli diede una gomitata affettuosa.
Quinn le porse la mano con una naturalezza e una grazia che a Puck ricordarono uando avevano cantato per la prima volta insieme al glee club, sembrava che al mondo esistessero solo più loro due.
-E’ un piacere riincontrarti. – Rispose la ragazza, con un sorriso palesemente di circostanza. Quinn lo riconobbe, quel sorriso, e non riuscì a trattenere un –Sputa il rospo, ragazzina. – Nonostante implorasse se stessa con tutta la forza di non aprire bocca.
  – Non è affatto un piacere.  Puck mi ha vista crescere e invece mi tocca muovermi per intere miglia per poter scambiare due parole con te, la donna che mi ha concepita. E’ assurdo!
Se il tentativo di quelle parole era ferirla, non riuscirono nel loro intento. Quinn sorrise, lasciando a bocca aperta la ragazza. L’unica cosa che si rammaricava era di non aver donato una famiglia a Beth.
Poi, improvvisamente, capì che loro due, da soli, insieme, erano una famiglia. Che lei non c’entrava più nulla, aveva dato la vita a Beth e il suo compito era finito lì, l’aveva scelto lei. Improvvisamente, scelse di prendere una decisione da adulta, di rispettare le sue scelte da ragazza e di superarle, accettando le cazzate che aveva fatto, una ad una, compresa la peggiore.
La guardò. Era la sua fotocopia, sì, ma era ben diversa da lei. Aveva il sorriso assonnato di Puck, i gesti di Puck e le espressioni poco convinte di Puck: caratteri non ereditari, ma che si acquisiscono con il tempo trascorso insieme, con i pomeriggi passati a giocare con le barbie e non con i dieci minuti di tempo che lei  vi aveva passato insieme a qualche festa di compleanno. Puck non soltanto l’aveva vista con il vestitino rosa e i capelli perfettamente acconciati alle feste, ma l’aveva portata in vacanza, le aveva sorretto la testa mentre vomitava, l’aveva portata in braccio per infiniti chilometri quando si addormentava.
Quinn sorrise, frugò nella borsa ed estrasse un pacchetto bianco.
-Tieni, questo è tuo. Mi fa piacere vedere che Puck aveva ragione, sei la mia fotocopia. Forse non fa piacere a te, e hai ragione, sono scappata e non mi sono comportata da madre, ma nemmeno tu adesso saresti in grado di farlo. Non chiedo il tuo perdono, non lo spero neanche, ma spero che prima o poi sarai in grado di comprendermi e di capire che non ho voluto fare del male a te, ma che ero soltanto una ragazzina cresciuta. Nel frattempo, mentre cresci, tieni questo. Ci ho scritto anche la data.
-Un test di gravidanza?
-Il mio test di gravidanza. Il tuo test di gravidanza. Il nostro test di gravidanza. Puck è più forte di me, è stato un bene avere lui a fianco invece della sottoscritta. Sei migliore di me, Beth. O se non lo sei ancora, lo diventerai. – Le strinse il braccio con confidenza e poi ricadde nelle braccia di Noah, che la strinse a sé. Quando si straccarono guardò Puck per interminabili secondi: - Io e te abbiamo ancora un conto in sospeso, Puckerman.
-Non vedo l’ora di scontare la mia pena, Fabray.
-Fatti sentire, non sparire più. Buona fortuna, Beth, per qualunque cosa, adesso sai dove trovarmi. – Disse poi lei, allontanandosi sulla via di casa.
Non le era sfuggita, la reazione di Beth alle sue parole. Era evidente che non si sarebbe mai aspettata un discorso simile dalla donna che, in ogni caso, sotto ogni punto di vista, l’aveva abbandonata. Se la ragazzina sapeva reagire in modo schietto e diretto come ogni Fabray, era Quinn che aveva inventato quella tecnica. Sorrise, pensando a come sarebbe cresciuta in compagnia di Puck. Alla fortuna che aveva, ad avere un padre. Un po’ anomalo, ma un padre, che l’avrebbe accompagnata a fare il primo piercing, il primo taglio di capelli assurdo, il primo tatuaggio. Più ci pensava, più era sicura di averle fatto il più bel regalo che avrebbe potuto farle, lasciandola nelle mani di Puck.
Quando entrò in casa, disse solamente: - Hai ragione, Beth è un nome bellissimo, ma è già stato preso. Nostra figlia si chiamerà Amy.-
 Amy. La sorella stronza di “Piccole Donne”. Lo pensò, ma non lo disse. 



Eccoci qui, sono tornata! 
Scusate il mio ritardo, ieri sono stata al concerto di Ligabue ed ero presa dai mille preparativi... In ogni caso spero davvero che questo capitolo "di passaggio", se così vogliamo definirlo, vi piaccia e che mi scriviate una piccola recensione, per qualunque cosa.
A questo proposito, un doveroso "grazie" va a Celestina che recensisce tutti i capitoli!
Alla prossima! 
  
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