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Autore: BlueOneechan    27/09/2016    0 recensioni
Credevano che l’arrivo di un bambino non avrebbe influenzato i loro destini, che sarebbero restati insieme per sempre. Ma sono già passati otto anni da quando Haruka è rimasto solo col piccolo Sakura.
Il tempo passa, ma il ricordo di Rin è ancora vivo.
Così come le ferite.
[HaruRin / Sakura Nanase/ Mpreg]
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!
Capitoli:
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Note dell’autrice: Prima di tutto, voglio ringraziare quanti hanno letto il primo capitolo e in particolare coloro che hanno trovato il tempo di lasciare un commento. Grazie davvero per le recensioni, mi sono servite per motivarmi e soprattutto per sapere quali erano i punti forti o deboli, così da migliorarli o correggerli. È per questo motivo che le vostre opinioni sono così importanti per me.

Note della traduttrice: Chiedo scusa a tutti per l'immenso ritardo nell'aggiornamento, non posso promettervi una periodicità precisa ma vi confermo il mio impegno a tradurre fino alla fine questa fan-fiction; così come quello di correggerla qualora trovassi eventuali errori o imprecisioni.
Come sempre, vi consiglio di fare un confronto tra le due versioni - trovate il link alla storia originale nella scheda autrice - per eventuali critiche costruttive da pormi nelle recensioni.
Buona lettura!

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QUANDO PIOVONO LE STELLE
CAPITOLO 2

 

I ripidi scalini di pietra che conducevano al santuario Misagozaki si rivelavano un corridoio perfetto per le correnti d’aria che vagavano per il luogo. Il vento autunnale si portava via le ultime foglie marroni che pendevano dagli alberi del santuario, e le trascinava giù per le scale e attraverso i passaggi labirintici delle case tra i monti.

La casa della famiglia Nanase si trovava a metà del sentiero per il santuario, per questo in autunno alcune foglie di solito si accumulavano davanti la porta. A Haruka non lo infastidiva ma si era abituato a raccoglierle in un angolo –con la stessa scopa di legno che anni fa apparteneva a sua nonna– e le metteva in dei sacchetti di plastica che poi gettava nei bidoni dell’immondizia. Era una routine alla quale Haruka non era molto abituato, di solito raccoglieva le foglie ogni tre o quattro giorni al massimo. Ma questa mattina si erano accumulate, perciò le tolse subito da davanti la porta.

—Così tante! —esclamò Sakura con gioia appena uscito di casa. Pigiò le foglie con ambo i piedi saltandoci sopra, sentendo il crepitio di queste spaccarsi sotto le sue scarpe. A Sakura piaceva farlo, infatti a volte saliva verso il santuario solo per giocare con le foglie secche che si accumulavano lì.

—Attento, le stai sparpagliando — disse Haruka uscendo dal portico. Camminò per l’esterno dando un’occhiata verso il cielo. Le nubi giunte durante la notte permanevano in alto, colorando il cielo di diversi toni di grigio. Si poteva prevedere che oggi avrebbe fatto più freddo di ieri—. Aspettami qui un momento, Saku.

Mentre lo lasciava divertirsi con le foglie secche, Haruka rientrò in casa. Salì al secondo piano, nella camera di suo figlio e controllò nell’armadio. Già non c’erano più gli abiti leggeri che Sakura usava nei periodi estivi, sostituiti da cappotti e maglioni adatti per l’inverno. Haruka ispezionò per un attimo il mobile finché non trovò il suo obiettivo. Un cappello di un delicato colore giallo, di lana, troppo grande per la sua testa che Sakura usava durante i giorni freddi.

—Il cappello che mi ha regalato Gou-san! —esclamò il piccolo entusiasta quando vide suo padre uscire di casa con il cappello tra le mani. Si avvicinò a Haruka inchinandosi con la testa più vicino aspettando gli venisse collocato il cappello. Appena sentì la testa coperta, Sakura tirò i bordi e si nascose ulteriormente nel cappello— Quando verrà a casa, papá?

—Per Natale, credo —rispose Haruka mentre chiudeva la porta di casa. Poi si voltò verso suo figlio e prese la sua piccola mano.

—Manca ancora molto a Natale—si lamentò Sakura.

—Non manca molto, solo un mese —rispose con calma incamminandosi verso le scale.

Una volta lì, Haruka poté sentire la brezza fredda che passava rapida sopra gli scalini di pietra che conducevano al santuario Misagozaki. Insieme al vento passarono un gruppo di foglie secche che svolazzarono in giro prima di perdersi tra le case; solo una si posò sulla giacca di Sakura, che cacciò una risatina di gioia prima di prenderla e lasciarla andare nell’aria. Il bambino seguì col suo sguardo azzurro il tragitto curvilineo della foglia, per poi alzare il viso verso Haruka e sorridergli teneramente.

Haruka ricambiò il sorriso, gli era impossibile non farlo di fronte agli incantevoli gesti di suo figlio, ancor più quando appariva così adorabile con quel cappello giallo che gli copriva quasi tutta la testa.

Era divertente il fatto che non restava alcuna traccia dei capelli rossi di Sakura, quasi completamente nascosti sotto il cappello. Questo appariva come qualcosa di buffo, ma al bambino non importava, anzi adorava quel cappello giallo come si trattasse di un tesoro.

Gou Matsuoka glielo aveva regalato durante una visita a casa di Haruka. Era inverno e nevicava da alcuni giorni, così quel cappello andava a meraviglio al piccolo. Gou lo aveva messo indosso a Sakura poi gli prestò uno specchietto; il piccolo osservava sé stesso soddisfatto poi quando vide la donna affianco dello stesso specchio. "Non abbiamo più la testa dello stesso colore, ora la mia è gialla", aveva commentato Sakura allegro, anche se i suoi capelli erano di un tono più chiaro di quelli di Gou. Lei sorrise tesa, limitandosi a guardarlo in silenzio mentre nella sua mente si ripetiva: "Non deve sapere che sono sua zia. Non dovrà  'mai'  sapere che sono sua zia". Questo accadde due anni fa.

—Voglio che Gou-san venga a trovarci prima di Natale —insisteva Sakura mentre saliva le scale con suo padre.

—È una decisione sua —disse Haruka in fretta con tono tagliente—. Cammina più svelto, Saku. Farai tardi a scuola—aggiunse per distrarre suo figlio e cambiare discorso.

Assolutamente, non gli piaceva parlare di Gou davanti a Sakura, così come lo disturbavano le visite che lei gli faceva. Non che a Haruka gli desse fastidio la sua presenza, tutto il contrario, provava un grande affetto per lei nato dalle esperienze condivise assieme durante gli anni della scuola e, soprattutto, dal sostegno offertegli da lei quando Rin se ne andò. Tuttavia, la più grande paura di Haruka era che in un modo o nell’altro l'argomento Rin sarebbe uscito fuori raggiungendo le orecchie di Sakura. Era cresciuto credendo alle parole di Haruka: sua madre era morta quando era piccolo, e  Gou era solo una buona amica di famiglia.
La situazione era deprimente e Haruka si odiava per mandare avanti una bugia così crudele, ma dire a Sakura che Rin lo aveva abbandonato era mille volte peggio. Haruka preferiva mantenere il segreto solo per continuare a proteggere il sorriso di suo figlio.

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Sopra, in altro nel cielo, non si riusciva a vedere null’altro che quelle enormi nubi grigio scuro. Erano ferme lì da ore, impedendo di vedere l’azzurro tra esse.
Nonostante il vento non si fermava, le nuvole continuavano a restare apparentemente immobili, accatastate come fossero un cumulo di cenere di cotone.

—Sta per venire a piovere… —mormorò Rin quasi in un sospiro, con gli occhi spenti persi verso il cielo e le ciocche di capelli rossi mosse dal vento gelido.

—Vieni, entriamo in casa—disse Gou girando la chiave dell’automobile, una macchina un po’ piccola che era riuscita a comprare coi suoi risparmi, e con la quale era andata a prendere suo fratello all’aeroporto di Tottori. Dalla stessa tasca cacciò anche la chiave per entrare in casa.

Posando la valigia sopra la spalla, Rin smise di guardare il cielo e si preparò ad entrare dopo sua sorella. I suoi passi erano lenti e timorosi, come un ospite che entra per la prima volta.

Il pavimento sotto i suoi piedi lo divideva dal giardino alla casa. C’erano alcuni arbusti sempreverde, ma già tutti i fiori erano spariti. Il vecchio albero vicino alla finestra, quello che sosteneva il peso di Rin e dei suoi amici quando erano piccoli, aveva i rami completamente vuoti, nemmeno una foglia pendeva da loro. Ai suoi piedi, vicino a una radice che sbucava in superficie, uno spazio vuoto al posto di quella che anni fa era sede di una statuina di delfino.

—So che era speciale per te, te la donarono al club di nuoto. Ma i colori si erano stinti col tempo. Era inutile — spiegò Gou dalla soglia di casa, notando lo sguardo di suoi fratello fisso nell’angolo dove un tempo c’era il delfino—. Vieni, entra.

Rin annuì con la testa, in silenzio, entrando in casa. Il delicato calore dell’interno lo avvolse subito e l’aroma caratteristico di casa piano giunse alle sue narici, erano dettagli che col passare del tempo Rin non poteva dimenticare. Le sedie della sala erano nella stessa posizione che ricordava, la scala con una piantina sul primo gradino; il semplice altare con gli incesi era ancora al suo posto, l’orologio che subito segnò mezzogiorno e le foto appese alle pareti non erano cambiate.

Tutto era uguale a come Rin ricordava, soprattutto quel mobile in legno in un angolo della sala, non aveva nulla di straordinario nella struttura, ma sopra di esso giacevano alcune fotografie molto importanti per sua madre. La foto del matrimonio con Toraichi Matsuoka, quella di Rin da piccolo che sosteneva Gou quando era neonata, la foto di entrambi il primo giorno di scuola, quelle che furono scattate durante alcuni compleanni e alcune di Kyou Matsuoka.

Tuttavia, c’era una fotografia che Rin non ricordava di aver visto lì l’ultima volta che si trovò a casa. Era un’immagine di sé stesso accanto a una finestra, con lo sguardo perso e malinconico, stringeva tra le mani una copertina rosa che copriva un bambino di appena due mesi.

—S-Sakura… —scappò un sospiro tra le labbra di Rin, mentre sentiva il suo cuore e il suo stomaco stringersi in una morsa. Uno spiacevole e amaro nodo iniziava a formasi in gola al ricordo che questa fotografia fu scattata da Haruka otto anni fa, giorni prima che decideste di prendere un volo per l’Australia con l’intento di ricominciare la sua vita.

—Sakura è già molto grande, lo sai? —commentò Gou con dolcezza, sorridendo triste nel vedere la reazione del fratello— È stata una fortuna che Haruka ci ha permesso di mantenere i contatti con Sakura. Mamma e io credevamo ti avrebbe denunciato quando te ne scappasti in Australia, e sai, servono soldi per accudire un bambino. Una denuncia significava rendere pubblico il fatto che Sakura era figlio di due uomini, noi lo prevedemmo e pregammo Haruka di non intentare nessuna azione legale contro di te, non volevamo continuasse a farti pressioni. Haruka rispose che non avrebbe fatto nulla contro di te, nemmeno accettò il denaro che gli offrimmo per suo figlio. L’unica cosa che ci chiese fu che Sakura non doveva sapere della tua esistenza, né che io sono sua zia e che mamma è sua nonna. In tutti questi anni abbiamo finto di essere amici della famiglia Nanase, questo è l’unico modo per poterci avvicinare a Sakura —spiegò con calma, notando come gli occhi rossi di Rin vibravano leggermente facendosi lucidi mentre osservava in silenzio la foto di suo figlio.

—Capisco… —fu l’unico commento che emise Rin con voce tremula, le lacrime pronte a uscire.

—Sakura è molto bello, ti assomiglia tanto —continuò Gou con un leggero sorriso. Tuttavia , la sua espressione sparì nel momento in cui Rin allungò la mano per prendere la fotografia e porla con l’immagine rivolta verso il basso, in modo da non vederla—. Fratello…

—Non voglio sapere nulla di Haru né di Sakura, ti prego —chiese Rin, facendo un grande sforzo per non irrompere in un pianto—. Loro non sono più parte della mia vita. Ho viaggiato da Sydney a Iwatobi per riunirmi con te e mamma. Se volevo sapere di Haru e Sakura, non avrei preso l’areo verso sud e me ne sarei rimasto a Tokyo, dove vivono.

—Tokyo? —chiese Gou dubbiosa.

Tutto si fece chiaro in mente quando si ricordò che otto anni fa Haruka e Rin avevano affittato un appartamento nella capitale mentre facevano parte della squadra di nuoto nazionale. Quando Sakura compì due mesi, Rin se ne era andato in Australia credendo che suo figlio e Haruka vivevano nello stesso appartamento. Naturalmente sempre in affitto, ma questo era durato fino ai due anni seguenti. Rin ignorava che Haruka e Sakura si erano trasferiti a Iwatobi, e continuavano a vivere lì finora.

Le sirene nella testa di Gou si attivarono subito. Né Rin, né Haruka dovevano vedersi, ma adesso si trovavano nella stessa città. Era solo questione di tempo prima che si rincontrassero.

—Fratello, Haruka e Sakura vivono a-…

—Gou,non voglio sapere nulla di loro —ripeté Rin con ancora più decisione nella voce, continuando.

E anche se Gou cercava di parlare per spiegargli la situazione, Rin era fermo all’idea di non ascoltare nulla che includesse Sakura e Haruka.
Purtoppo, ognuna delle parole di Gou si perdevano nell’aria.

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Le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere quando fu mezzogiorno. Il cielo era pieno di nuvole cariche d’acqua a sufficienza, così bastarono solo alcuni minuti perché iniziarono a formarsi piccole pozzanghere nel giardino della scuola Elementare Iwatobi.

I piccoli alunni pranzavano all’interno dell’edificio sotto lo sguardo dei rispettivi maestri. Alcuni bambini cantavano canzoni sulla pioggia, altri si entusiasmavano all’idea di tornare presto a casa e mettersi a letto per ascoltare il suono delle gocce, c’erano alcuni che iniziavano a piangere per timore di un possibile temporale. E poi, con un motivo completamente diverso, c’erano Sakura e il suo migliore amico Aiko Aihara.

Entrambi pranzarono con fretta eccessiva, posarono i loro bento vuoti dentro gli zaini e uscirono correndo dall’aula per sfruttare i minuti liberi che gli restavano.
Sebbene Sora Minami, la ragazza del gruppo, gli aveva ripetuto più e più volte le parole dette dalla maestra “è proibito uscire a bagnarsi sotto la pioggia", i due avevano solo una parola scritta nei loro occhi: divertimento.

Era stata un’idea di Sakura uscire nel cortile e correre sotto l’acqua e, come sempre, Aiko lo aveva seguito nel gioco senza pensarci due volte.
Si sfidarono a chi accumulava più acqua nella mano, saltarono felici sopra le pozzanghere, e si presero per mano facendo un girotondo ridendo ad alta voce.
Erano letteralmente inzuppati, compresi i calzini e il costume da bagno che era abituato a indossare. Quando videro la maestra furiosa cercarono di nascondersi dietro il tronco di un alberso di ciliegio senza foglie, ma era già troppo tardi.

Li sgridò severamente, li mandò all’infermeria per cambiarsi d’abito e chiamò per telefono i loro genitori. Sakura iniziò a piangere quando ascoltò i rimproveri di Haruka attraverso la cornetta; al suo fianco, Aiko era nelle stesse circostanze ascoltando la ramanzina di sua madre.

Si fecero promettere che non avrebbero più disobbedito agli ordini dei loro maestri, per questo dopo la fine della chiamata Sakura e Aiko si tennero per mano e si inchinarono, promettendo tra le lacrime che mai andranno a bagnarsi sotto la pioggia.

Finite le lezioni, la signora Aihara arrivò a scuola a prendere suo figlio e Sakura. Portò due ombrellini per i bambini insieme a alcuni rimproveri. Anche se lei era una donna abbastanza gentile, stavolta si comportava in modo freddo e distante. Sakura e Aiko restarono in assoluto silenzio per tutto il tragitto, ascoltavano solo le parole della signora Aihara e la pioggia che colpiva i finestrini dello scuolabus.

L’unico istante nel quale Sakura aprì la bocca per parlare fu quando –dopo essere uscito dallo scuolabus e camminato per alcuni isolati– passarono davanti all’Iwatobi SC Returns, che si trovava di poco vicino a casa di Aiko.

—Me ne vado al club. Addio—disse Sakura con la voce soffocata, sviando dal cammino per dirigersi al club. Ma, i suoi passi si fermarono quando la sua mano venne afferrata dalla signora Aihara.

—Mi dispiace, Sakura-kun. Ma tuo padre mi ha chiesto di non farti andare alle lezioni di nuoto questo pomeriggio—disse la donna, stringendolo con delicatezza.

—M-Ma… —balbettò Sakura senza riuscire a formulare nessuna supplica.

—Te ne starai a casa nostra finché tuo padre non finisce il turno.

Con gli occhi azzurri spalancati e le labbra tremule per la notizia improvvisa, Sakura si bloccò un istante, osservando con frustrazione da lontano come alcuni dei suoi compagni entravano nell’edificio.

Quello era il primo giorno, dopo molto tempo, che non era in contatto con la sua tanto amata acqua.

Quando due ore dopo suonò il campanello di casa della famiglia Aihara, un brivido percorse il corpo di Sakura. Prese lo zaino e il suo capello giallo, e scese le scale fino al primo scalino.
Lì la madre di Aiko stava ricevendo Haruka nell’ingresso di casa, parlando dello sfortunato incidente dei suoi figli e consegnandogli i vestiti umidi di Sakura. Dopo un breve scambio di parole e un sguardo triste complice tra Sakura e Aiko – che lo osservava dalla scala– padre e figlio uscirono dalla casa.

Un ombrello blu che Sakura non aveva mai visto fu aperto da suo padre davanti ai suoi occhi. Quella mattina Haruka era uscito da casa senza ombrello, Sakura pensò che probabilmente aveva ottenuto quegli ombrelli al suo lavoro nel Iwatobi DolphinS. Un attimo dopo, Haruka allungò verso Sakura un ombrello dello stesso colore ma molto più piccolo. Il bambino dubitò un momento, dopodiché lo prese con ambo le mani, lo aprì e iniziò a camminare accanto a suo padre.

Era molto strano camminare insieme a Haruka quando appena un’ora prima lo aveva sgridato per telefono. Sakura lo osservò per un secondo, poi abbassò la testa per evitare il suo sguardo, cercando di distrarsi con le gocce d’acqua che gli rimbalzavano sulle scarpe.

—Non devi disobbedire alla tua maestra, Sakura —parlò subito Haruka con stoica tranqullità, senza voltare lo sguardo da suo figlio.

Sakura non disse nulla, manteneva lo sguardo a terra sentendosi colpevole.
Alzò i suoi occhi azzurri solo un paio di minuti dopo, quando raggiunsero l’angolo di una strada conosciuta da dove si poteva intravedere l’Iwatobi SC Returns. Gli occhi  blu di Sakura si posarono subito sull’edificio, sentendosi all’improvviso ansioso nel sapere che lì dentro c’erano i suoi compagni e la piscina che tanto adorava. Camminarono per alcuni metri senza che lui togliesse gli occhi di dosso al club, superato l’angolo diede un lieve sospiro di rassegnazione finendo per abbassare la testa,  lo sguardo mesto, senza sapere che suo padre lo osservava dall’alto.

—Sai che non mi piace sgridarti, Saku, e non voglio che tu smetta di nuotare —disse Haruka fermandosi di botto. Notò come gli occhi di suo figlio iniziarono subito a inumidirsi—. Hey, non piangere —gli parlò con dolcezza.

—Non sto piangendo—singhiozzò il piccolo, asciugandosi gli occhi con la mano.

Sakura era molto sensibile ed era abituato a piangere spesso, senza dubbio era una delle caratteristiche più evidenti che aveva ereditato da Rin. Haruka non poté evitare di sentirsi dispiaciuto, così, chiuse l’ombrellino di Sakura, con un braccio lo prese per la vita, lo strinse per bene e senza difficoltà lo prese in braccio. Con la mano libera continuava a sorreggere l’ombrello, l’ombrellino che adesso aveva chiuso e la busta con gli abiti bagnati di Sakura.

—Io volevo solo giocare con l’acqua —rispose Sakura nascondendo il viso nel collo del padre. Anche se Sakura di solito era esagerato nelle sue cose, le grida erano timide, singhiozzava piano, dando lievi sospiri.

—Lo sò… —rispose con calma. Haruka comprendeva perfettamente suo figlio, anche lui da bambino correva sotto la pioggia restandone bagnato; in più, nei giorni di neve, si era nascosto in un igloo improvvisato che aveva costruito insieme a Makoto.
Ma, prodotto di quei giochi per Haruka erano più volte delle influenze grave—Sei fortunato che gli alunni delle elementari hanno un cambio extra a scuola in caso di emergenza. Staresti all’ospedale se fossi rimasto con i vestiti bagnati.—

—E non potrei più nuotare —aggiunse Sakura con le lacrime sulle guance, alzando lo sguardo verso l’Iwatobi SC Returns che stava dall’altro lato della strada.

—Questo è molto peggio che mancare al club per un giorno, no? —chiese Haruka con gentilezza. Sakura concordò con la testa in silenzio poi sentì il tocco di un bacio sulla guancia— Torniamo a casa, Saku.

Sakura appoggiò la testa sulla spalla del padre. Quasi non singhiozzò per la stranda verso la stazione degli autobus, adiacente alla stazione ferroviaria di Iwatobi. Mentre Haruka lo prese in braccio, attento a non calpestare le pozzanghere d’acqua per terra, Sakura era più interessato a guardarsi intorno, le poche persone e veicoli che transitavano per il luogo.

Fu per questo motivo che Sakura si rese conto con facilità di quella piccola e conosciuta auto che si muoveva a velocità prudente, che passò a un isolato di distanza senza fermarsi. Il piccolo conosceva il proprietario di quell’auto, quella distratta dell’amica di suo padre. Sakura alzò la testa pronto a dire a Haruka che Gou era passata da quelle parti.

Ma, le intenzioni di Sakura sfumarono quando non riuscì a trovare la donna da nessuna parte, vide solo l’immagine sfocata di un uomo sconosciuto che per tutto il tempo manteneva gli occhi fissi sulla strada dove stava guidando. Mentre tutto ciò che veniva registrato dagli occhi azzurri del piccolo fu l’affascinante colore rosso dei suoi capelli e la strana emozione che lo invadeva dentro lasciandolo stordito.

La vettura passò lungo la strada e si perse sotto la pioggia, lasciandosi dietro un meravigliato Sakura che non capiva il perché delle proprie emozioni.
Accanto a lui, senza nemmeno aver fatto caso all’automobile, Haruka si fermò confuso senza sapere perché, da un momento all’altro, il suo cuore aveva cominciato a battere con più forza.

Il magnetismo di Rin, col passare del tempo, restava ancora intatto.

Continua…

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Note dell’autrice:

Mille grazie per aver letto fin qui! Spero vi sia piaciuto questo capitolo, le basi sono già state poste e da qui in poi la storia inizierà ad andare avanti da sola. In questi due capitoli ho voluto mettere a fuoco il rapporto tra Haruka e Sakura, come potete vedere, sono molto uniti. Haruka ha cresciuto da solo suo figlio, per questo tende a essere iperprotettivo. Nel caso di Rin, lo presenterò poco a poco, così da farvi conoscere le sue paure e, soprattutto, il perché del suo comportamento; già sappiamo la gravità a cui arriva Rin quando è depresso, lo abbiamo visto nella prima serie di Free! :(

Voglio chiarire alcuni dettagli presenti nel capitolo:

- Il santuario di Misagozaki citato all’inizio NON è una mia idea, dal momento che viene citato più volte in High Speed! ed è vicino alla casa di Haruka. Nella realtà il santuario si chiama Tajiri.

-Parlando di quando Rin entra a casa osservando lo spazio dove c’era un delfino giocattolo. Questo viene menzionato nell’Original Drama del Character Song Duet Series Volume 4, Haruka Nanase & Rin Matsuoka [Free! Iwatobi Swimming Club]. Secondo la traccia, Rin lo ha ottenuto nello stesso modo di Haruka al club di nuoto, poi Gou lo ha messo in esposizione all’ingresso di casa. Nella mia storia il delfino già stava da tempo in giardino.

- Kyou Matsuoka è la nonna di Rin e appare in High Speed! 2. Sempre nel romanzo, lei si riferisce a suo figlio come Toraichi Matsuoka. Pertanto, Toraichi è il padre di Rin.

- L’igloo al quale si fa riferimento (quello che Haruka aveva costruito insieme a Makoto quando erano bambini e nel quale si era ammalato), è menzionato nella traccia 1 del Drama CD Volume 1 - Iwatobi Samegara Suiei-Bu Godo Katsudo Nisshi [Free! Eternal Summer].

Vi prego, datemi commenti e critiche con rispetto. Come ho già detto, le vostre parole sono preziose per me :)

 

   
 
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