Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Erica K Lovett    28/09/2016    1 recensioni
Erano passati veramente tanti giorni, talmente tanti che la nonna, seduta sul polveroso divano, aveva chiuso gli occhi e non si era più rialzata.
Strano passatempo, pensò la piccina.
Ma la bambina aveva altro per la testa, non era quello il problema che la assillava.
Si sentiva sola, non abbandonata, semplicemente sola.
Genere: Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                               Storia di una bambina e di un allegro palloncino rotolante
C’era una volta o forse non c’era una bambina.
I suoi genitori l’avevano abban…ehm, volevo dire lasciata da sola perché erano partiti per Timbuktù.
Lei si era sempre chiesta dove si trovasse questa famigerata isola o continente o qualsiasi cosa fosse e soprattutto quando i suoi genitori sarebbero tornati.
Erano passati veramente tanti giorni, talmente tanti che la nonna, seduta sul polveroso divano, aveva chiuso gli occhi e non si era più rialzata. Strano passatempo, pensò la piccina.
Ma la bambina aveva altro per la testa, non era quello il problema che la assillava.
Si sentiva sola, non abbandonata, semplicemente sola.
C’è una bella differenza.
Sentirsi abbandonata significa voler bene a qualcuno ma non essere corrisposti, un po’ come una tenera e zuccherosa ciambellina azzurra in mezzo a tante ciambelline bianche e acide.
Sentirsi soli significa semplicemente non avere nessuno.
Così la bambina passò in rassegna tutti i luoghi in cui avrebbe potuto trovare un amico: obitori, case di cura, pensioni per anziani, mattatoi, persino due strip club.
Alla fine giunse ad una conclusione imprescindibile; se davvero gli amici esistevano allora avrebbe aspettato, si sarebbe fatta trovare da loro. Dopo tre giorni e tre notti di attesa, con la nonna muta e la casa che iniziava a puzzare di vecchio, la bambina sconsolata decise di andare in giro a domandare alle persone cosa fosse per loro un amico.
Un ubriacone rispose che la bottiglia era sua amica;
un drogato rispose che la polvere bianca era sua amica;
un becchino rispose che le persone fredde e mute erano sue amiche.
Dinanzi a quelle sentenze la testa della piccola divenne un gran guazzabuglio di idee e mentre rifletteva seduta su una grossa pietra marmorea, qualcosa di piccolo e pallido rotolò ai piedi della bambina.
E’ un palloncino! Pensò tra sé e sé.
Dovevano essere veramente rari i palloncini rotolanti, in fondo i suoi genitori non le avevano mai regalato nulla e in un piccolo paesino come       “ Rumor Hill“ dovevi essere grato al cielo o all’inferno solo per il fatto di essere vivo.
Così la bambina accolse tra le sue braccia il palloncino rotolante e lo squadrò da cima a fondo.
-Ti chiamerò Pepper Pot- affermò annuendo con forza.
Forse a causa del tempo, dei corvi gracchianti o della nonna in decomposizione il palloncino parlò.
La sua voce risuonò come un martello di chiodi contro un seghetto
Porca merda sono vivo!-.
La bambina sbalordita lanciò in aria Pepper Pot facendolo rotolare tra le erbacce.
-Hey cosa diavolo ti dice il cervello?-
- S-scusa non volevo-.
La bambina, rossa di vergogna, raccolse delicatamente Pepper Pot e lo portò a casa con lei.
La prima cosa che la piccola fece rincasando fu far conoscere il nuovo amico alla nonna, la quale rimase…entusiasta?
I denti scoperti dell’anziana vennero interpretati come un sorriso, e la bambina rimase soddisfatta dell’incontro tra il simpatico compagno di giochi e la taciturna nonnina.
-Sei affamato?- chiese la piccola con aria ingenua al palloncino cereo
. -Certo, sono morto di fame ahahah-.
La bambina non si curò della pessima battuta e gli offrì un succo di frutta, ma Pepper Pot rifiutò quella “merda per marmocchi “ come la definì, e rotolò sul cigolante divano, di fianco alla nonna, per piazzarsi davanti ad una televisione degli anni ’70.
-Ahhh questa sì che è vita…vero nonnetta?- ammiccò Pepper Pot alla vecchia.
La bambina atterrita dal comportamento del nuovo amico suggerì
Perché non andiamo a giocare in cortile?-
Pepper Pot la scoraggiò prontamente
Credi davvero che io voglia passare del tempo con te? Non ho tempo, vattene!-.
La bambina avvilita si chiuse in camera e uscì solamente per cena.
I giorni trascorsero indistintamente tutti uguali, con Pepper Pot davanti alla televisione e la piccola che gli faceva da serva.
Un giorno però, uno dei tanti, una forza superiore volle che il corso degli eventi mutasse…o forse era solo ora di gettare i vecchi rifiuti e così la tv esplose.
-Porca troia!, inveì il simpatico palloncino, hey sweetie?! Potresti venire qui e dare un’occhiata a questo scatolone di latta?-
nessuna risposta.
-Hey cazzo vuoi rispondere?-
Dal corridoio si sentì un rumore sordo e poi di nuovo silenzio.
Due occhietti malvagi scortati da un sorrisetto demoniaco si nascondevano nel buio.
C’era qualcosa che non andava.
E finalmente Pepper Pot lo aveva capito.
Due mani che parevano artigli feroci e rapidi agguantarono il mal capitato, che in un attimo si ritrovò intrappolato tra le fauci di un frullatore.
Di Pepper Pot non rimase altro che un mucchio di ossa.
Ed eccola là, sola ad osservare il vuoto, ancora una volta in cerca dell’ennesimo amico.
Fine
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Erica K Lovett