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Autore: SantaStyles    28/09/2016    0 recensioni
-"Pensi davvero che sia stata io a rubare le tue ricette segrete?"Domandò Theresa con tono poco calmo.
-"Non ho detto questo!"Ribatté Willy, camminandole davanti con fermento.
Tutto ebbe fine prima ancora di cominciare...
Questa storia non è mia; ma di Deppiana-Directioners su Wattpad. Tutti i diritti vanno a lei e alla sua meravigliosa storia!
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO


«Pensi davvero che sia stata io a rubare le tue ricette segrete?»Domandò Theresa con tono poco calmo.

«Non ho detto questo!»Ribatté il cioccolatiere, camminandole davanti con fermento.

«Ma lo hai sottinteso!»Replicò lei, rabbiosa.

«Non è colpa mia se sei apparsa in quel maledetto filmato!»Sbottò lui, fermandosi di botto.

«Cosa? Tu hai visto solo quello che la rabbia ha voluto farti vedere!»S'impuntò Theresa, difendendo le sue ragioni.

«Davvero? E dimmi, saputella, cosa avrei dovuto vedere?»Le chiese lui, evidentemente più arrabbiato di lei.

«La realtà! Io stavo solo litigando con Slugworth e non gli stavo affatto dando le tue ricette segrete!»Rispose Theresa, furiosa.

«Eppure in mano avevi una busta bianca, con su scritto SECRET in rosso.»Disse il Signor Wonka, stizzito.

«Ascolta, Willy: ero uscita fuori perché avevo visto Prodnose rubare qualcosa, ma quando l'ho raggiunto lui è andato via e io sono rimasta sola con Slug...»

«BASTA COSÌ!»Urlò egli, interrompendola.

«Bene! Visto che è questa la conclusione...»La ragazza gli diede le spalle, facendo marcia indietro.

«Dove vai?»Le chiese il cioccolatiere, costernato.

«Via da qui!»Rispose lei con astio.

«Theresa, aspetta!»Questa volta era lui ad andarle dietro.

«No, non venirmi dietro! Continua pure a sperimentare nuove cose, che io mi tolgo di torno!»Disse Theresa, trattenendo a fatica le lacrime.

«Cosa vorresti dire?»All'istante, il cioccolatiere la fermò per un braccio.

«Che me ne vado.»Lei abbassò lo sguardo.

«Perché?»Le chiese il Signor Wonka, agitato.

«Perché così non ti sarò più d'intralcio né causerò altri guai.»Theresa cercò di dimenarsi, ma invano.

«E io? Cosa pensi farò senza di te?»Ferito, il cioccolatiere le lasciò il braccio capendo di starle facendo male.

«Quello che facevi prima che c'incontrassimo.»Non riuscendo più trattenere le lacrime, Theresa le lasciò cadere, afflitta.

«Io non voglio che tu vada via.»Lui si addolcì.

«È meglio così, credimi.»Theresa si allontanò da quell'uomo, logorato dalla rabbia, a testa bassa.

«Theresa!»La chiamò, ma non ebbe risposta né lei si voltò.

Continuò a camminare per quel corridoio fino al raggiungimento di una porta circolare con al centro un pulsante, che schiacciò. La porta scorse di lato e lei entrò in una delle tante stanze che condivideva con Willy Wonka, il miglior cioccolatiere del mondo.

La stanza era bianca, ma di fantasia non mancava. I peluche erano sparsi un po' qua e un po' là, tanti cuscini sul letto e mille decorazioni alla Doraemon sulle pareti: quello era uno dei cartoni animati preferito da entrambi, tant'è che il Signor Wonka regalò a Theresa addirittura un peluche di esso. Aveva un sorriso rosso e largo quanto il rotondo faccione bianco, contorno blu e baffi neri, un'elica gialla sulla testa e una manina bianca che salutava. Ma non era il caso di pensare a Doraemon...

Afflitta e con le lacrime agli occhi, Theresa tirò fuori dall'armadio due valigie, che riempì con alcuni abiti. Il cuore continuava ad implorarle di restare, di provare a capire quella rabbia che li aveva circondati, che li aveva spinti a tanto, eppure i pensieri le suggerivano che quella era la cosa giusta da fare... Ma lo era?

Prima che Theresa potesse avere una risposta, sistemò nella valigia l'ultima maglia bianca con una loro foto stampata sul davanti, sorridenti, e la chiuse, adagiandola giù dal letto assieme all'altra. Indossò un giubbotto pesante, si asciugò gli occhi con le mani e uscì infine dalla stanza, imbattendosi nello stesso corridoio di poc'anzi e passando davanti ad una porta aperta, senza fermarsi a salutare quell'uomo distrutto dalla rabbia, seduto sul cancelletto azzurro della Stanza delle Noci.

Una botta al cuore arrecò mille brividi lungo il corpo del cioccolatiere appena scorse le valigie in mano alla sua bimba, spingendolo ad uscire dalla stanza con fermento e fermarla prima che andasse per sempre via dalla sua vita.

«Non andrai via sul serio?»Le chiese allibito.

«Invece sì!»Affermò Theresa con decisione.

«Non puoi andartene! Aspetta che mi sia calmato e chiariremo tutto!»Il cioccolatiere le trottò dietro con più fermento.

«Willy, per favore...»La ragazza si fermò a guardarlo negli occhi un'ultima volta.

«Per favore cosa?»L'apostrofò lui, piccato.

«Lasciami andare.»

«Non posso farlo.»

Il Signor Wonka cercò di abbracciarla, di far pace, ma il suo gesto fu vano perché Theresa si spostò.

«Willy, tu mi vuoi bene?»Gli occhi inondati di lacrime.

«Io ti amo.»La voce del cioccolatiere apparve soffocata.

«Allora, se mi ami per davvero, lasciami andare.»

E così fu.

Una lacrima solcò gli occhi blu del cioccolatiere intanto che l'ombra della sua amata Theresa scompariva dietro la porta di ferro. Le ruote delle valigie  lasciarono il segno sulla neve. Il miglior cioccolatiere di Cherry Street si precipitò fuori, in lacrime, vedendola chiudersi alle spalle il piccolo cancelletto della fabbrica, incastrando -seppur da lontano- i propri sguardi nelle catene invisibili della sofferenza. Poi arrivò un taxi, Theresa lo prese e andò via, lasciando che il silenzio divorasse quel momento da cancellare, quel giorno da riscrivere.

«È finito tutto ormai.»Sussurrò il cioccolatiere al vento.

Il taxi sparì oltre due curve. Il cioccolatiere rientrò in fabbrica battendo forti colpi alle pareti, furioso, lasciandosi andare, poco dopo, ad un pianto smorzato sotto al getto d'acqua, ravveduto di aver inveito contro colei che non c'entrava niente con i furti delle ricette segrete. Infine si diresse in camera con un vuoto allo stomaco mai provato prima, scoprendo che la stanza appariva priva di fantasia senza la presenza di Theresa, senza il suo andirivieni per trovare qualcosa di adatto da indossare. Ed eccolo, in secondo momento, sorridere nel mentre si avvicinava al letto per prendere tra le mani il peluche della sua bimba, Doraemon: l'aveva scordato alla fabbrica, che stupida!

«Mei-Chan ha scordato il suo gattone.»Sorrise egli, mettendosi a letto e stringendo forte a sé il peluche: odorava di Olio D'Argan, il prodotto più usato dalla sua piccola principessa.

La notte si preannunciò lunga, fredda. Le ore scorrevano lente come i minuti e il mago del cioccolato non riusciva ad addormentarsi. Si girava e rigirava nel letto, decidendo in seguito di alzarsi per andare nella Stanza delle Invenzioni per distrarsi da quelle fottute lancette che insistevano nel fare tic tac.

Davanti al tavolo degli esperimenti cercò di inventarsi qualcosa o di farsi venire qualche idea per un nuovo dolce, ma la mente pensava a tutt'altro: aveva i pensieri offuscati dal loro ricordo; e qualcosa lì nella sua testa lo spinse così tanto nell'andare a rivedere quei maledetti filmati di servizio esterno, che alla fine si decise a scoprire la verità; con sé portò il peluche della sua amata.

«Vediamo di vederci chiaro, Doraemon.»Disse, parlando -come Theresa- col gattone di peluche. «La sua mancanza mi porta ad essere scemo...»Parlò ancora col peluche. «Sono scemo per davvero, se parlo con te!»E finalmente si decise a mettere da parte Doraemon.

Prese la cassetta dalla telecamera che s'affacciava sulla strada dalla finestra, la inserì in un videoregistratore e schiacciò il tasto play del telecomando, attendendo con ansia il caricamento...

 

 

«ALLORA SEI TU!»Urlò Theresa nel filmato a qualcuno che, evidentemente, aveva fatto qualcosa.

«Senti, ragazzina, non ho tempo da perdere appresso alle tue idiozie.»Le fu detto da Slugworth.

«Ho sempre detto a Willy di riguardarsi da te e non mi sbagliavo!»Protestò Theresa, stizzita.

«Gné gné! Levati dalle scatole!»Disse l'uomo con tono sprezzante.

«NO! DAMMI QUELLA RICETTA SEGRETA!»Urlò la ragazza, cercando di strappare dalle grinfie di Slugworth quel pezzo di carta molto importante per il cioccolatiere.

«VATTENE VIA, MOCCIOSA!»

«LASCIA!»

«ADESSO BASTA, RAGAZZINA!»Slugworth la scaraventò a terra con facilità, calpestandola pesantemente sullo stomaco. «Non osare metterti contro di me!»

Ringhiò prima di scomparire oltre il grande muro di cinta.

 

 

«Oh, no! Ho combinato un casino!»Costernato, il cioccolatiere fece un balzo da dov'era seduto, alzandosi col cuore martellante forte contro il petto.

Si diresse in piena corsa nella loro stanza, prendendo il suo cellulare tra le mani e digitando in fretta il numero della ragazza. Stava stringendo forte a sé quel peluche che ancora li univa, però dal cellulare usciva solo la voce della segreteria telefonica. Ma Willy Wonka era troppo duro di testa per arrendersi e continuò a provare e riprovare, finché...

«Willy, per favore, lasciami...»

«Piccola, mi dispiace per il casino che ho combinato!»Zittì la ragazza. «Mi sono comportato da idiota...»

«A cosa ti stai riferendo adesso?»Questa volta fu lei ad interromperlo.

«Ho appena rivisto il filmato e... Amore, per favore... per favore, ritorna!»Quella dolce voce cioccolatosa risultò come un amaro singhiozzo sommesso.

«Questa cosa fa più male a me che a te.»La voce di lei era spenta, smorzata.

«Cosa?»Chiese lui.

«Dal primo momento in cui ti ho visto, ho sognato di essere felice al tuo fianco, di stare insieme per sempre. Sapevo che mi avresti fatto stare bene ed è stato così fino ad oggi, ma...  Tuttavia, il destino ha voluto separarci e io lo accetto anche se a malincuore.»Confessò Theresa, l'anima logora, spenta.

«Possiamo rimediare... posso ancora rimediare!»Provò a convincerla lui.

«No, Signor Wonka, è tardi ormai.»Theresa pianse... di nuovo!

«Theresa...»Disse lui, ma lei aveva messo giù.

Erano due anime separate in due mondi completamente diversi: lui in fabbrica, lei in un taxi; lui al caldo, lei al freddo; lui solo, lei sola. Tutto era finito... la loro felicità era finita!

Il giorno seguente giunse rapido e senza preavviso. Il Signor Wonka indossò un completo spento, proprio  come i suoi occhi, un cilindro sulla testa e degli occhiali scuri a coprirgli le occhiaie di una notte insonne dovuta alla mancanza di qualcosa, qualcosa che era lei. I suoi operai erano in attesa dell'apertura del cancello principale della fabbrica per entrare e mettersi a lavoro, ma tutto era silenzioso, fermo. Il cioccolatiere uscì dalla porta di ferro con in mano un microfono, dando loro una pessima notizia:

«Chiudo la mia fabbrica di cioccolato... per sempre... mi dispiace.»

E sparì a testa bassa oltre la porta di ferro che si chiuse alle spalle.

Le ciminiere smisero di fumare e tutto ebbe fine prima ancora di cominciare...

   
 
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