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Autore: Shadow Eyes    28/09/2016    2 recensioni
Kazuhira serrò le dita attorno all’impugnatura della stampella; c’era stato un tempo in cui la natura fotosintetica di Quiet gli avrebbe fatto rivoltare le budella dal disgusto, forse anche dal terrore ma ora, suo malgrado, era costretto ad ammettere che qualcosa era cambiato— l’aveva vista con i suoi occhi, dopotutto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kazuhira Miller/Master Miller, Quiet
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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52. Stirring of the Wind
[100 Themes Challenge Writing Prompts]




You don’t act like you used to
It’s just sad, I miss the old you
nothing, nowhere.
“Neither Here, Nor There”




Spazzarono l’aria di fronte a lui con una forza tremenda – il suo basco ormai una macchia rossa contro l’azzurro del cielo.
Con uno schiocco di lingua vagamente oltraggiato, Benedict “Kazuhira” Miller inchiodò lo sguardo sulle pale dell’elicottero, e si sorprese a sollevare il braccio per schermare i capelli da quelle folate gelide che gli stavano scagliando contro. Bizzarro. Uno sbuffo sardonico gli sfuggì tra i denti; quello, ormai, era un gesto istintivo che apparteneva al vecchio, vanesio Kaz. Erano anni che aveva smesso di curarsi dell’aspetto dei suoi capelli, ma certe abitudini, a quanto pareva, erano davvero dure a morire.
Inspirando lentamente, lasciò che le dita si tendessero verso la luce bianca del sole, ma non ci fu alcun movimento, nessun calore, non sentì nulla. La manica della giacca si accartocciò al vento, sventolando lontano dal suo volto: era vuota. L’uomo aggrottò le sopracciglia con un grugnito, serrando le palpebre dietro le lenti degli occhiali da sole. Quell’inconsistenza… Che idiota. Erano passati anni da quel giorno, eppure non riusciva ancora a capacitarsene.
«Ben tornato, Boss.», mormorò, mentre l’uomo d e m o n e gli passava accanto.
Kazuhira abbassò il moncherino, ignorando gli spasmi che gli stavano facendo tremare la spalla – arti fantasma, era quella la definizione. Un teatro d’ombre, un altro residuo della sua vecchia vita che non riusciva, non voleva, non poteva lasciare andare. Dopotutto, quel dolore era l’unica cosa che riusciva a soffocare il ricordo delle grida dei suoi compagni quando diventavano troppo forti, e a riempire poi il vuoto che il loro silenzio gli lasciava nella testa.
Il vento cambiò inaspettatamente direzione per un istante, sostituendo ai suoi pensieri un familiare senso d’allerta. Avrebbe voluto mantenere sotto controllo la situazione e restare impassibile, ma non appena un tonfo leggero alle sue spalle confermò i suoi sospetti, la mascella cominciò a spostarglisi bellicosamente in avanti.
«Tu…!»
Ancora con quel giochetto. Quella donna a b o m i n i o poteva nascondersi agli sguardi dei soldati quanto le pareva, ma se pensava d’essere in grado d’ingannare i suoi, di sensi… Hah! R i d i c o l o.
Kazuhira serrò le dita attorno all’impugnatura della stampella; c’era stato un tempo in cui la natura fotosintetica di Quiet gli avrebbe fatto rivoltare le budella dal disgusto, forse anche dal terrore ma ora, suo malgrado, era costretto ad ammettere che qualcosa era cambiato – l’aveva vista con i suoi occhi, dopotutto. Tutti l’avevano vista. S’era getta senza esitazione in una stanza satura di disinfettante al cloro, pur di recuperare la collana di un bambino di cui non rimaneva che quello. Un fantasma che i suoi compagni non volevano abbandonare. La domanda, tuttavia, era rimasta sospesa nella sua testa da quell’istante: era quella, la vera Quiet? Oppure il suo era un gesto studiato per guadagnarsi la loro fiducia – la fiducia di Big Boss?
«Cosa stai facendo ancora qui?», le abbaiò contro l’uomo, sapendo esattamente in che direzione voltarsi per affrontarla – una lieve traccia di terra che pareva provenire apparentemente dal nulla era tutto ciò che gli bastava per individuarla. «Torna immediatamente…!»
Un teschio gli comparve davanti in uno sbuffo di particelle bianche e vermiglie, facendogli andare di traverso il resto delle parole. Seguì i bulbi oculari ruotare e fissarlo grottescamente dall’oscurità sanguigna delle orbite, mentre fasci di nervi e tessuto muscolare prendevano forma, flettendosi e gonfiandosi secondo i passi del cecchino, sparendo man mano dietro un velo di pelle chiara ora finalmente visibile. Non c’era modo d’abituarsi a quella vista, pensò tra sé, e tuttavia fu grato d’aver assistito ancora una volta a quello spettacolo. Non c’era modo migliore, infatti, per ricordarsi che l’umanità di quella donna era solo apparente.
Nel frattempo, l’insperata decenza da parte di Quiet di fermarsi a qualche passo da lui, gli diede modo per riprendere a respirare, il volto contratto in una maschera d’ostile circospezione.
«Hai intenzione di stare lì a fissarmi ancora a lungo?»
Il suo tono caustico non parve turbarla, tutt’altro: continuò imperterrita ad osservalo con la fissità di un predatore. Dilatazione delle pupille, traspirazione della pelle, il più insignificante tic – nulla sfuggiva a quegl’occhi. Ed esserne consapevole, non faceva altro che peggiorare il suo umore. Kazuhira si lasciò sfuggire un sospiro, e avanzò di qualche passo, rinfrancato dall’illusione di riserbo che ancora gli garantivano le lenti degli occhiali da sole.
«So che sei in grado di esprimerti a gesti, quando lo ritieni necessario.», cominciò, cercando di suonare più diplomaticamente aperto al dialogo di quanto non si sentisse. «Cosa vuoi?»
In un angolo contorto della sua mente, si ritrovò a sperare di vederle comparire quell’ombra feroce che le aveva annerito lo sguardo la prima volta che l’aveva vista; una macchina da guerra pronta a massacrare tutto il personale della base. Avrebbe reso tutto più facile. L’odio, il risentimento. Era difficile giustificare la rabbia, quando veniva corrisposta dal più freddo decoro.
Quiet tuttavia emise solo un breve mugugno in risposta alla sua domanda, nient’altro e, controluce, l’uomo la vide piegare il gomito. Fu un attimo.
Il tonfo che produsse la stampella all’impatto con il suolo parve stridere nel suo cranio, e deriderlo. Benedict “Kazuhira” Miller serrò i denti, spostando lo sguardo dalla sua mano, ora stretta attorno al polso della donna, alla chiazza rossa indistinta che era appena entrata nel suo campo visivo.
«Cosa…?», si ritrovò a borbottare, allentando piano la presa. «… Oh.»
Il suo basco penzolava mollemente al vento, stretto tra le dita di Quiet, che canticchiò una nota dolce a mezza voce, quasi a volerlo rassicurare. O prendere in giro – ma poco importava. Ciò che contava, era che non aveva alcuna intenzione di staccargli la testa a calci, ma stava semplicemente cercando di restituirgli il cappello che aveva perso qualche minuto prima.
L’uomo si schiarì la voce, percorrendole goffamente il dorso della mano con le dita per tenersi in equilibrio, fino ad afferrare il basco; forse avrebbe dovuto dirle qualcosa, ma gli anni avevano inasprito il suo temperamento a tal punto che sapeva che non sarebbe riuscito cavare una sola parola onesta dall’inferno che era la sua mente, non per lei per lo meno, così tacque. Lasciando ricadere il braccio lungo il fianco, spostò quindi la propria attenzione sulla stampella, scrutandola come se gli stesse facendo un torto atroce a rimanere ancora per terra. Sospirò.
Lo sguardo del cecchino aveva frattanto seguito con interesse i suoi movimenti, e s’era acceso d’una luce ilare alla smorfia imbarazzata del suo viso; non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma Kazuhira poté quasi giurare di sentire quegli occhi rovistagli nel cervello.
Dannata...
Con un movimento delicato della gamba, Quiet fece scivolare il piede sotto l’impugnatura della gruccia, lanciandola in aria; il bagliore del metallo che roteò sotto i raggi del sole lo ipnotizzò per un istante, prima che lei l’afferrasse al volo. Con una nota nuova nella voce, una solenne, che suonava di rispetto, gli porse la stampella, attendendo pazientemente che la recuperasse; lui distolse lo sguardo, e l’afferrò annuendo.
Non fu certo se Quiet avesse visto il suo piccolo gesto di riconoscenza, prima di svanire ancora una volta nel nulla, ma onestamente, la cosa non gli importava. La domanda adesso era cambiata, e non c’era spazio per altro nella sua testa.
Kazuhira s’allontanò nella direzione opposta; aveva bisogno di stare solo, di pensare.
Chi dei due stava recitando una parte?










.:~*~:.

*soffia via la polvere dall’account*
Yo, bello tornare ogni tanto [due anni]! X°D
Ok, questo è un semplice spaccato che avevo voglia di scrivere, nulla di che, però lascio giusto due parole sulla storia… Allora, prima di tutto, ho deciso di ambientarla dopo che Quiet ha recuperato la collana di Shabani, ovviamente, e dopo che Ocelot ha rivelato a Miller lo spoilerone del gioco, ovvero l’identità del protagonista. Ecco spiegato il breve pensiero negativo che ha Miller su Big Boss quando scende dall’elicottero. E il fatto che non sia più eccessivamente ostile con Quiet che passeggia per la base dopo una missione. Anche se l’atteggiamento di fondo resta… Da sindrome post-traumatica, se capite cosa intendo. Prima di MGSV Kaz ha subito parecchie mazzate sia psicologiche che fisiche, quindi durante il gioco è sempre parecchio aggressivo e paranoico.
Comunque sia, tutte le informazioni sui personaggi che ritrovate qui le ho in parte recuperate dal gioco, e in parte dalla wikia inglese. Per esempio io ero convinta che Miller fosse cieco, e invece la Konami *cough*#fuckkonami*cough* ha confermato che ci vede ancora.
In più, ho letto di alcuni giocatori che giustamente notavano che il gesto eroico di Quiet, quello di gettarsi in quella stanza piena di disinfettante non sembra avere molto senso, perché sarebbe bastato aspettare che ne sparisse l’effetto per recuperarla. Solo che... Pensandoci, vista come ne uscita fuori lei da quella stanza in pochi istanti, penso che la collana avrebbe fatto più o meno la sua stessa fine se fosse rimasta per molto tempo a contatto con il cloro. Quindi non so. Va be’, sicuramente sarebbe stato interessante vedere gli sviluppi sul morale dei soldati e sui personaggi principali ma... la Konami è la Konami. E ho detto tutto.
Oh, infine, non sono pazza, lo giuro! Il fatto che Quiet quando appare e scompare diventa così: [X] fa proprio parte del gioco, ma è difficile accorgersene se non si segue con attenzione la scena. XD Ah, i dettagli del buon Kojima kami nandesu~.

P.S.: Qui c'è la challenge con i prompt, per chi fosse interessato: [X].

See ya,

Shadow Eyes
  
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