Blandum
Mortis
Correva l’anno 190 d. C., epoca in cui l’impero romano iniziava a perdere vigore e, se devo essere sincero, non me ne importava molto. Esatto, avete capito bene: al contrario di quanto si possa pensare, non ero così attaccato alle mie origini di romano, ma torniamo davvero indietro nel tempo, e lasciate che vi racconti il perché di questo mio...astio.
[Le
esperienze umane di Felix]
La
mia vita non potrebbe essere definita con parole migliori di queste:
una
miseria.
Fino
all’età di diciannove anni, o giù di
lì, avevo aiutato mio padre a coltivare i
suoi campi, a mietere l’uva per fare il vino e a raccogliere
il grano per far
sì che mia madre ci facesse trovare il pane in tavola.
Non
amavo quella vita.
Sentivo
che non mi apparteneva, che c’era qualcosa di grande ad
attendermi. Odiavo la
mia casa, la mia intera famiglia –che comprendeva oltre me ed
i miei genitori,
anche due sorelle minori- e tutto quel che mi circondava.
Non
ero come l’uomo che mi aveva cresciuto e rozzamente
educato…credo sia per questo
che non ricordo più il suo nome o i lineamenti precisi del
volto segnato dalla
fatica.
Lo
disprezzavo con tutto il cuore, ma allo stesso tempo sentivo di essere
in
debito con lui per aver fatto la cosa migliore di tutte: contribuire
alla mia
nascita.
L’unica
persona che rispettassi davvero, era me stesso. L’immagine
che vedevo riflessa
sullo stretto corso d’acqua che irrigava il campo coltivato,
e che rifletteva
in mille bagliori la luce del sole caldo delle Idi di giugno.
Era
nei momenti in cui restavo solo, che mi regalavo qualche attimo di
riflessione.
Cos’era
la vita? Perché ci donava destini così diversi?
Io ero figlio di un misero
agricoltore, altri invece se la spassavano.
Mercanti,
senatori, uomini giuridici e, non meno importanti, i gladiatori ed i venatores.
Questi
ultimi mi interessavano, ma ancora di più
m’interessava capire cosa provavano
durante i combattimenti.
Avevano
paura di perire per mano degli avversari o delle bestie feroci, o
invece si
sentivano potenti, anche nel momento del giudizio finale?
Pollice
in alto o in basso?
Temevano
la sorte che altri decretavano per loro?
Avvertivo
un fremito in tutto il corpo pensando all’eccitazione che
avrei provato io
combattendo per la mia sopravvivenza…
Amavo
il rischio, ma non mi ero mai preso la briga di fare azioni che
potessero
portarmi alla morte.
...E
poi, un giorno, senza che lo sapessi, la morte mi passò
accanto...
Le
vie di Roma erano piene di persone.
I
bambini si rincorrevano ridendo, con piccole spade di legno tra le
mani,
sguainate, pronte a trafiggere per gioco qualche sventurata vittima.
Alcune
bambine li fissavano col broncio e le guance rosee; forse avrebbero
voluto
giocare assieme a loro, ma di certo quelli non glielo avrebbero
permesso.
Restai
a fissare la scena di una delle ragazzine che si avvicinava ai
fanciulli con
dei passetti decisi, e che chiedeva con la voce acuta, piena di vita
–Possum
vobiscum ludere?*-.
Scossi
il capo nettamente divertito e passai oltre, sapendo che avrebbe
ricevuto una
risposta negativa.
I
maschi e le femmine non potevano fare gli stessi giochi.
Nelle
orecchie mi risuonavano le grida dei mercanti, delle donne e degli
uomini
tutt’intorno, il rumore degli zoccoli dei cavalli sul suolo e
il canto leggero
di un usignolo su un ramo di ciliegio.
Me
n’ero andato di casa senza dir niente a mio padre
perché comunque, anche in
caso mi avesse ordinato di restare a dargli una mano, non
l’avrei ascoltato.
Ero
stufo, e volevo cambiare qualcosa nella mia vita.
L’ispirazione
arrivò quando sentii i muscoli dello stomaco tirati per la
fame, non appena mi
svegliai dal mio riposo sotto l’ombra di un cespuglio al
limitare di una delle
vie più piccole e isolate, che era circondata da piante
verdeggianti.
Mi
alzai in piedi, e puntai lo sguardo su una vecchia che portava con
sé un cesto
di frutta. Aveva i capelli grigi raccolti, un abito dal taglio
più curato di
quello di una semplice donna della plebe e gioielli. Gioielli che
splendevano
al collo e alle braccia. La tentazione fu irresistibile: subito iniziai
a
correre e la raggiunsi.
Era
arrivata proprio in quell’attimo all’imbocco per
una strada larga, piena di
gente, e non riuscii a trattenere che un ghigno mi spuntasse sulle
labbra.
Quell’anziana
con la testa china e il passo strascicato sarebbe stata la mia complice.
Le
strappai le collane di dosso e gioii quando potei colpirla per far
sì che
cessasse di gridarmi ingiurie flebilmente, con la voce stridula e
tremante che
hanno tutti gli esseri umani.
La
vidi cadere a terra e non muoversi più. Se è
morta, tanto meglio, pensai.
La
reazione a catena fu immediata: alcuni uomini erano accorsi incuriositi
dagli
strilli, molti altri ignoravano la cosa, le madri che si erano trovate
per
sbaglio a passare di lì coi loro figli li tiravano via,
lontano, mentre quelli
scalpitavano e pregavano di poter vedere per quale motivo le persone si
stessero raggruppando in un punto ben preciso.
Iniziai
a correre senza lasciare ciò che avevo rubato alla donna,
godendomi gli ordini
gridati da alcune guardie di fermarmi.
Ma
era ancora troppo presto, volevo fuggire per un bel po’ da
quegli individui.
Avevo appena iniziato la mia carriera
di…”malvivente”.
Quasi
non respiravo, ed il cuore sembrava volermi uscire dal petto.
Quando
capii che se non mi fossi fermato avrei perso le forze e mi avrebbero
catturato, iniziai a guardarmi attorno, cercando qualche luogo in cui
nascondermi.
Niente.
Non
riuscivo a trovare un posto abbastanza sicuro. Imprecai e, proprio
nell’attimo
in cui pensavo di arrendermi di fronte al fallimento, una voce
arrivò da un
vicolo buio, alle mie spalle.
-Non
si fugge dai propri nemici, Felix…-.
Mi
bloccai a causa dello stupore. Come faceva quella persona
–chiunque fosse- a
sapere il mio nome?
Sentii
di nuovo le grida delle guardie, i vigiles, e
stringendo i pugni decisi
d’inoltrarmi in quello spazio angusto.
Subito
l’oscurità mi avvolse, ma non percepivo la
presenza di altri vicino a me.
C’eravamo solo io, il mio respiro e il battito frenetico del
cuore.
Dov’era
la voce?
Sussurrai
per togliermi il dubbio, una semplice domanda:
-C’è qualcuno?-. Ma non
ricevetti risposta.
Il
tempo passò rapido, ed io ero stato punito per le mie azioni.
Ero
stato catturato mentre impugnavo un coltello alla gola di un giovane,
con
l’intenzione di derubarlo delle monete che teneva in una
sacca legata alla
veste, ma non avevo fatto in tempo, e qualcuno si era deciso a fare la
spia
avvertendo le guardie…
E
così, ora proseguivo lungo una via affollata, con la gente
della plebe che mi
gridava contro ingiurie.
Ad
alcuni potevo aver ucciso figli, ad altri mogli o mariti. Mi ero
divertito con
giovani fanciulle di ceto più alto derubandole non appena
ero certo che mi
avrebbero fatto da copertura, in qualche modo.
Insomma,
di rimorsi non ne avevo.
E
perché avrei dovuto?
Sapevo
che sarei morto, mentre le guardie mi strattonavano, trovandoci
sicuramente
gusto.
La
cosa più strana però, durante quegli attimi che
sembravano non voler passare,
in cui le grida si dissolvevano e arrivavano alle mie orecchie come un
ronzio,
mentre altri al mio posto avrebbero supplicato di essere risparmiati e
di
sentirsi pentiti, era che io ardevo di rabbia.
Non
era questo che avevo progettato. Morire come un sudicio ladro quale
ero…
Avevo
perso tutto. Ogni speranza di arrivare alla gloria e al rispetto di
tutti.
Se
soltanto fossi diventato servo di qualcuno…era questo a
servirmi. Un padrone
che avrebbe potuto vendermi…era l’unico modo che
servisse per poter riuscire a
diventare gladiatori.
Ma
chi mi avrebbe mai ospitato in casa propria senza temere che gli
conficcassi un
pugnale nel petto?
Gli
stessi dèi e il Dio unico ormai così di moda tra
le menti della gente
sicuramente mi erano contro, diffidando delle suppliche che gli gridavo
coi
pensieri.
Non
potevo dar torto neanche ad essi, perché non gli avevo mai
dato importanza.
Oggi potrei dire che ero uno dei primi atei che ci fossero.
D’improvviso
la mia marcia venne bloccata, e gli uomini e le donne iniziarono a
disperdersi.
Non
riuscii a capire che diamine stesse accadendo, poi vidi tre uomini
venirmi
incontro, mentre i vigiles ancora mi trattenevano saldamente.
Erano
splendidi, più di ogni altro uomo che avessi mai visto.
Quello al centro, coi
lunghi capelli corvini ed i tratti sottili del volto e la pelle
diafana,
sembrava un essere dotato di immenso potere.
Quello
alla sua destra aveva una chioma bianca quasi quanto la carnagione, lo
sguardo
torvo, severo, eppure non faceva lo stesso effetto del primo…
Ed
infine, c’era il terzo individuo a sinistra, con una massa di
fluidi capelli
color carbone e l’espressione vacua.
Di
tutti e tre, quello era il meno affascinante, a parer mio.
-Lasciatelo.
Ci occuperemo noi di lui- sussultai quando riconobbi la voce dello
splendido
uomo nel mezzo.
Era
lui in quel vicolo, tempo prima…
Dovevano
essere molto influenti nella società, visto che i vigiles mi
liberarono dalla presa
indietreggiando di un passo.
L’individuo
parlò nuovamente –Seguici, Felix-.
Feci
come disse, non tanto perché volevo, ma perché
una strana forza mi ordinava di
dargli ascolto.
I
primi tempi, fui loro servo.
Seppi
i loro nomi: Aro, Caius e Marcus; e pur rispettandoli tutti, solo per
il primo
provavo una piena e completa devozione.
Conosceva
l’arte della battaglia, ogni più perfetta
strategia bellica e possedeva
un’immensa raccolta di manoscritti davvero impareggiabili in
lingua greca,
oltre che latina, naturalmente.
Ma
anche con lui e gli altri, ogni tanto immaginavo di fuggire o di
chiedergli di
riuscire a farmi diventare gladiatore.
Un
giorno, tentai di parlare con Aro, visto che era l’unico a
rivolgermi la parola
cordialmente, anche se in modo distaccato.
-Padrone,
sapete che vi sono riconoscente per avermi salvato da morte certa,
ma…- mi
poggiò una mano sulla spalla e subito restai in silenzio,
poi si scostò e
facendomi coraggio continuai -…Non sono diventato un ladro
per divertirmi. Era
una cosa calcolata. Vi prego, padrone, lasciate che io…-
-Ora
come ora, diventare gladiatore ti sembra una cosa splendida, ma solo
perché non
conosci altri modi per essere potente. Sai, Felix…ce
n’è uno che, se solo te ne
parlassi, non ci rifletteresti un minuto di più…-
Aggrottai
la fronte osservandolo.
Aveva
l’espressione tranquilla e mi aveva appena parlato col suo
tono pacato e
suadente.
Strinsi
i pugni e chiesi attento –Qual è questo modo,
padrone?-
Lui
rise e disse movendo la mano in un gesto teatrale –Avrai
notato, certamente,
qualcosa di diverso in me e gli altri. Perfino le guardie che
controllano
questa abitazione, sono differenti in qualcosa da te ed il resto degli
uomini,
no?-
Aveva
ragione, la cosa non mi era sfuggita, ma non mi diede il tempo di
rifletterci
oltre chiedendomi –Puoi decidere, Felix. Preferisci morire
come un servo umano
o vuoi diventare qualcosa di più?-.
La
risposta venne fuori così facilmente…
-No…non
voglio restare così-.
E
sulle sue labbra comparve un sorriso molto diverso dai soliti,
amichevoli…qualcosa
di più simile a un ghigno.
Poi,
accadde tutto troppo in fretta.
Mi
strinse a sé con una forza immensa e mi poggiò le
labbra sul collo, per poi
conficcarmi i suoi denti nella carne.
Confuso.
Ero
estremamente confuso, e spaventato.
Quella
morte era così seducente…mi sentivo ardere in
tutto il corpo.
Ma
poi, in fondo, chi dice che stessi morendo davvero?
Ah…una
vita umana breve ma intensa!
[*traduzione
parole della bambina: ”posso giocare con voi?”]
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Risultati contest "Ci sono anche io!" indetto da Princess of Vegeta6
Seconda Classificata: “Blandum Mortis” di Sammy Cullen
Grammatica(5):
3.5
Le virgole, unica, piccola, pecca le virgole. Ce ne sono qua e
là un po’ fuori
luogo, o del tutto mancanti e punti e virgola che, forse, dovrebbero
essere
sostituiti ai punti, in modo da rendere la lettura più
fluida. In generale
nessun errore grammaticale grave, o di verbi fuori posto, anzi.
I puntini: ce ne sono un po’ troppi, e inadatti.
Sintassi(5):
3
Nota dolente, ci sono ben due frasi dal significato sconosciuto, che
non
scorrono per via di parole sbagliate. Quando leggi fai
“qualcosa non va”. Per
il resto ottimo. Sintassi complessa ma non pesante, che scivola via
senza
problemi; il lettore legge piacevolmente la storia senza doversi
soffermare su
frasi troppo difficili ed articolate senza capo ne coda. Come detto:
quelle due
frasi hanno abbassato il punteggio.
Stile(10):
9.5
Ottimo! Stile impeccabile e veramente amabile. Da ogni parola trasuda
il Felix
di cui vuoi raccontare, fantastico l’inizio molto
“aulico” con i riferimenti
storici, per poi chiudere con un commento scocciato del protagonista.
Già con
poche parole fai capire chi sia, ed è impossibile non
continuare. Perfetti
alcuni nomi, o frasi, in latino, che nel contesto agiscono
magnificamente e
danno l’idea dell’antica Roma in cui viveva Felix.
Semplice e senza troppi
lussi, per cui il massimo che possiamo notare è una bambina
che domanda, in
latino, se può giocare. Il linguaggio usato è
azzeccatissimo, non troppo
semplice o sciatto, dopo tutto Felix è pur sempre un antico
Romano, ma quel
giusto di ricercato che serve. Anche il “corsivo” o
la presentazione del testo
è molto buona, con questi intermezzi che riassumono
ciò che è accaduto e che
accadrà. Come già detto con questo stile hai
fatto rivivere il personaggio!
IC(5):
5
Pieno punteggio! E’ stata una delizia leggere questa storia.
Il tuo Felix E’
Felix, arrabbiato, scanzonato, desideroso di potere, ma! Non il potere
di Aro,
quello stabile, che dura per sempre, quella gloria effimera che tanto
attrae
l’uomo. Felix non vuole potere, vuole gloria, la vuole come
servitore, non come
padrone e chi, meglio del gladiatore, rappresenta
quest’immagine? Felix è
vanitoso ed egocentrico, sicuro. Non gli importa di nessuno
all’infuori di se,
considera suo padre solo come mezzo per esistere non come persona a cui
dare, o
per lo meno, tentare di dare, affetto o riconoscenza. Come dicono i
numeri, hai
reso tuo Felix.
Originalità (10):
8
Felix contadino è stata un’ottima idea, vederlo
come personaggio umile alla
ricerca della fama e della gloria ci giustifica pienamente il vampiro
di cui la
Meyer ci ha scritto, hai trovato un modo molto originale per
giustificare la
sua voglia di sangue e guerra. Anche il fatto di vederlo come ladro
è stata
un’idea geniale, si nota la sua perfetta incuranza per gli
altri.
Gradimento
personale(5):
5
Veramente una delle fan fiction più particolari che ho
letto, hai preso un
personaggio non usato mai e lo hai fatto tuo, rispettando al pieno il
bando. Mi
hai fatto amare questo Felix perfido che con la sua ultima frase ci
lascia
sorridenti, felici per lui; felici per un mascalzone di prima categoria
che con
il suo fascino ammalia tutti. Un servo fintamente umile, che,
però, ha bisogno
di un padrone per sentirsi completo. Con i toni colloquiali, ma che non
scendono mai nel banale, ti accoglie nella sua storia e ti rende
partecipe a
tua volta, è inevitabile. Con vari riferimenti al mondo
antico rendi ancora più
vera la fan fiction, perciò, complimenti! Veramente una
bellissima storia!
34 su 40
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Angolo autrice:
Bene,
ora inizierò a saltare di gioia. Secondo posto...secondo
posto...il mio primo II posto! Basta, amo questa storia xD e l'ho
scritta io, bwahahah...che piacere ripetermelo <3
Sono fiera di me...ma sorvoliamo xD ringrazio con tutto il cuoricino
strabordante di gioia la giudice <.<
Grazie Princess (alias Laura) per il tuo parere e la votazione!
Poi...se devo essere sincera, prima di leggere i risultati
già
pensavo di modificare un pò questa one-shot invece che
metterla
subito su EFP...ma qualcosa mi ha fatto convincere del fatto che se
sono arrivata a un secondo posto lo devo all'originale, così
ho
deciso di lasciarla com'è. Spero piacerà anche
alle
lettrici che faranno un salto a vedere ^^
By
Sammy Cullen