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Autore: SherlokidAddicted    29/09/2016    2 recensioni
[ Wholock | Johnlock ]
- Voglio sapere chi è lei e che ci fa qui. –
- Sono il Dottore! – Dice porgendomi la mano ed aspettandosi che io la stringa, cosa che però non succede. Assottiglio lo sguardo e lo scruto con attenzione mentre, deluso dalla mia mancata stretta, abbassa il braccio e lo riporta lungo il fianco.
– Il suo vero nome. –
- Beh, è questo il mio nom… -
- Non il nome con cui si fa chiamare, ma il suo vero nome, quello che nasconde a tutti da sempre, forse perché ha fatto qualcosa. Oh, allora è così! Ha fatto qualcosa di brutto, qualcosa di inaccettabile di cui si pente, talmente tanto che si vergogna ad utilizzare il suo vero nome e si nasconde dietro un titolo che la fa sentire meno in colpa di quanto vorrebbe, non è così… Dottore? – Gli occhi del mio nuovo conoscente si strabuzzano non appena mi sente pronunciare quelle parole con quel tono indagatore che mette la maggior parte delle persone che mi stanno attorno in soggezione, lui compreso.
- Oh, è proprio bravo come dicono… –
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The side of the Angels'
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Un ultimo sguardo



Sono stato l’ultimo ad addormentarmi e il primo a svegliarmi. Non mi dispiace affatto continuare a guardare John che dorme. Mi è capitato spesso di farlo… cioè, non al punto da entrare in camera sua e fissarlo, ma quelle volte che crollava sul divano dopo una giornata di lavoro faticosa o… quando ha passato il brutto periodo del lutto. Capitava spesso che si addormentasse, diceva che lo aiutava a non pensare, e aveva spesso bisogno di non pensare, quindi passava tutta la giornata a sonnecchiare. A volte ho creduto che forse se continuavo a guardarlo dormire e pensare quanto fosse bello e quanto avrei voluto che dormisse con me, sarei risultato un po’ troppo egoista, vista la situazione in corso. Ma non riuscivo a farne a meno.

Quando John dorme tiene le labbra socchiuse. A volte capita che sbavi, ma anche se trovo la cosa abbastanza divertente, non mi importa. Le sue labbra semiaperte sono bellissime. Di solito sistema la mano sotto la guancia, come i bambini piccoli, e adora dormire a pancia in giù, come adesso insomma.

Non parla nel sonno, ma a volte ha uno di quegli incubi riguardanti la guerra ed inizia a tremare, a girarsi e rigirarsi fra le lenzuola, a sudare e a mormorare parole incomprensibili. Oggi no, è tanto tranquillo. Sembra anche che sorrida.

Mi giro a controllare l’ora. Le sette del mattino. Ne approfitto per restare ancora a guardarlo, ancora un po’. Contemplo in silenzio il suo viso e vorrei tanto carezzarlo con la punta delle dita, ma non mi va di svegliare e di infrangere quella sua tranquillità. La sua schiena si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro, ma quella… non resisto dal non toccarla e delicatamente poggio il palmo aperto sulla sua pelle calda. Mi limito a muovere delicatamente il pollice per carezzarlo e fortunatamente non lo disturba poi così tanto.

Si sveglia solo qualche minuto più tardi. Apre delicatamente un occhio e poi l’altro, mi guarda per un attimo confuso, poi sorride con dolcezza e si sistema sul fianco, in modo da poter essere faccia a faccia con me. Si stiracchia appena, allungando il braccio sopra alla sua testa e sbadiglia.

- Era ora! – Esclamo con ironia mentre porto un braccio piegato sotto alla guancia. – Stavo per ricorrere alla tipica secchiata d’acqua gelida. – Lo sento ridacchiare e subito dopo mi circonda il collo con un braccio.

- Buongiorno anche a te. – Mi sussurra a fior di labbra, prima di lasciarci sopra qualche piccolo bacio a stampo.

- Sei radioso! – Esclamo con un sorriso soddisfatto. Lui poggia il mento alla mia spalla e mi guarda, quel viso così rilassato e quelle labbra che non smettono un attimo di sorridere.

Dannazione, è così bello.

- Si nota tanto? -

- Abbastanza, John. – La sua leggera risata rimbomba dolcemente nelle mie orecchie, e i movimenti lenti e rilassanti delle sue dita fra i miei capelli mi fanno sospirare felice. Quante volte ho odiato che la gente giocasse con i miei capelli. Ma John è John. – Mi chiedo da quanto tempo. Insomma, avrei dovuto accorgermene, ma mi sa che in queste cose riguardo ai sentimenti sono proprio una frana. –

- Da quanto tempo cosa? –

- Da quanto tempo provi attrazione sessuale per me. – Lo vedo arrossire all’improvviso e mi colpisce piano un fianco con un leggero pugno, indignato da ciò che ho appena detto.

- Non è solo quello. – Il suo viso rimane appena nascosto dalla mia spalla, poi emette un sospiro e solleva la testa per guardarmi. – Non è solo attrazione sessuale. –

- Lo so, John. – Il mio sorriso è sincero e rassicurante mentre lo guardo, e per risposta lui mi afferra una mano e la porta alle labbra, lasciando un dolce bacio sulle mie dita affusolate. Nonostante ciò mi piaccia fino all’inverosimile, io voglio sapere, non mi ha ancora dato una risposta. – Da quanto? – Allontana le labbra dalla mia mano e mi guarda senza dire nulla, poi sospira e stringe in modo quasi possessivo le mie dita fra le sue.

- Non lo so, di preciso. Ma prima che tu fingessi la tua morte sentivo che qualcosa era cambiato. Stavo bene in tua compagnia, e mi sono accorto che l’essere solo il tuo migliore amico non mi bastava più, solo che… quando stavo per avere il coraggio di dirtelo tu sei “morto”, e poi è arrivata Mary. – Fa una pausa abbastanza lunga nella quale si accarezza le tempie con una mano. La sua perdita fa ancora male, ed è assolutamente comprensibile, visto ciò che i due avevano passato insieme. – E quando sei tornato mi sono reso conto che le cose che provavo non erano cambiate. Certo, amavo Mary. – Si mette seduto ed inizia a guardare un punto fisso sulla parete di fronte a lui. – Ma tu eri il primo. – Non dico nulla e mi limito a guardarlo con il lieve accenno di un sorriso. Le sue parole mi spiazzano, in un certo senso. Non mi ero mai accorto di nulla in tutti quegli anni di convivenza. O magari sì, però se si tratta di cose come i sentimenti mi tiro sempre indietro, o faccio finta di non vedere. – E tu? –

- Non so, credo da sempre ma sono riuscito ad ammetterlo a me stesso solo in questi ultimi mesi. – Sono di poche parole, non ho niente di più da dire, anche perché la verità stava in quell’unica frase. E lui lo capisce perché poggia la mano fra i miei capelli e li accarezza con dolcezza, prima di lasciarmi un bacio sulla fronte.

Non ci penso un attimo e lo circondo con le braccia, spingendolo a stendersi su di me, facendolo ridacchiare contro la mia pelle, ed infine… mi lascio trasportare da un bacio passionale che sembra non avere più fine. Sono sicuro anche di aver rotolato fra le lenzuola, al solo pensiero mi stupisco di me stesso. Ma tutto è così naturale che non mi rendo pienamente conto di ciò che sto facendo.

Le mie dita si incastrano fra le sue ciocche bionde e le stringono possessivamente, le nostre lingue non smettono di rincorrersi e le sue mani non smettono di esplorare il mio corpo.

Attorno a noi tutto svanisce, come ogni volta che sento il contatto con quelle labbra sottili, come ogni volta che sono con lui, ma… forse sarebbe stato meglio che io avessi prestato attenzione a ciò che c’è attorno a noi.
Veniamo distratti da uno strano cigolio e ci stacchiamo solo quando entrambi siamo consapevoli di aver sentito la stessa cosa. Ci voltiamo verso il fondo della stanza e… il Tardis è lì, e sulla porta un Dottore distratto.

- Ragazzi spero che siate pronti per… - Si blocca all’improvviso non appena ci vede e si porta immediatamente una mano sugli occhi, girandosi dal lato opposto, mentre John, ancora su di me, afferra con una velocità innata il lenzuolo e ci copre entrambi fino a sopra le spalle. – Per la miseria… mi dispiace, non pensavo che voi due… dannazione! – Si gira di nuovo con gli occhi serrati e afferra la maniglia della porticina alla cieca per chiudersi all’interno della cabina, fin quando non sentiamo la sua voce ovattata che proviene da dietro la porta del Tardis. – Scusate ragazzi, davvero, non credevo che voi due stavate facendo… quello, beh. Vi aspetto qui o se volete passo più tardi. -

John sopra di me si copre il viso con entrambe le mani e scuote la testa. Riesco ad intravedere il rossore delle sue guance fra le sue dita. È imbarazzato da morire mentre ancora si nasconde del tutto sotto il lenzuolo blu del mio letto. Io non sono in imbarazzo. Mi è capitato di andare con solo un lenzuolo a Buckingham Palace, figuratevi se questo può imbarazzarmi più di tanto. Anche se… beh, sono con John, siamo nudi sul letto, in effetti è un po’ imbarazzante essere visti da una terza persona. Quando me ne rendo conto le mie guance assumono il color porpora che tanto avevo sperato di evitare, ma ciò dura pochi secondi, perché sono in grado di ritornare lo Sherlock di sempre.

- Dacci cinque minuti. – Dico ad alta voce, per farmi sentire dall’uomo nella cabina. Lo sento allontanarsi e mi lascio sfuggire una risata divertita. John mi guarda malissimo, mi fulmina con lo sguardo. Se avesse potuto sparare raggi laser mi avrebbe già incenerito. – Andiamo, John! – Dico fra una risata e l’altra. – Non sei contento che gli alieni abbiano visto il tuo culo sodo? – Continua a guardarmi male, ma la mia risata lo contagia in poco tempo e ci ritroviamo a sghignazzare fra le lenzuola come due ragazzini.

- Sei un idiota. – Mormora poi, lasciandomi un bacio dolce sulla fronte. Infine si alza dal letto ed io mi soffermo qualche secondo a guardarlo prima di alzarmi a mia volta ed iniziare a vestirmi.

Circa dieci minuti dopo, mi ritrovo nel Tardis insieme al Dottore, aspettiamo che John finisca di prepararsi. Il Signore del Tempo mi guarda con un piccolo sorriso malizioso, non ha smesso da quando ho varcato l’ingresso.

- Non avete perso tempo… -

- Sta zitto. – Lui ridacchia divertito mentre si poggia alla console a braccia incrociate sul petto, contagiandomi. È così che John ci trova quando ci raggiunge. All’inizio ci guarda come se fossimo pazzi, poi scuote la testa ed accenna un sorriso mentre richiude la porta.

- Allora, dove dobbiamo andare? – Chiede quando il Dottore poggia la mano sulla leva per far partire la nave.

- Beh, dovete scegliere voi. Su su, passato, presente, futuro? –

- Non ci siamo veramente soffermati a pensare ad un luogo dove andare. – Dice John mentre mi affianca ed incrocia le braccia al petto.

- Eravate molto impegnati, da quel che ho potuto vedere. – John apre la bocca per dire qualcosa, ma dalle sue labbra non esce alcun suono, si riescono a vedere solo le sue guance che cambiano completamente colore, ed anche io nascondo il viso nel bavero del mio cappotto scuro, tenendo lo sguardo puntato verso il basso e un piccolo sorriso sulle labbra. – Se non avete preferenze, posso proporvi qualcosa io. -

- Ci affidiamo a te. – Dico facendo sbucare le labbra fuori dalla mia sciarpa, mentre ancora sento l’imbarazzo evidente di John accanto a me, che ha distolto lo sguardo e ha iniziato a strofinarsi una guancia con la mano.

- D’accordo. Che ne dite del pianeta Barcellona? Ve ne ho parlato mi pare. Futuro, futuro molto lontano. Un pianeta di riserva per la Terra, che ormai non è più vivibile come prima. Gli essere umani lo hanno trovato e colonizzato. Si sono evoluti e hanno delle caratteristiche un po’ diverse da voi, ma sono pur sempre umani. Avete mai visto i cani senza naso? Loro li hanno. Sono divertenti! – Mentre lo racconta, inserisce le coordinate sullo scanner, poi aziona la leva e la cabina parte senza esitare. Quando raccontava di queste cose strane ed assurde, assumeva un tono da ragazzino esultante e cominciava a gesticolare e ad accennare risatine buffe che facevano sfuggire sorrisi straniti anche a noi.

Eh sì, alla fine siamo arrivati su questo pianeta. Bizzarro e incredibile pianeta dai palazzi dalle forme strane, con umani vestiti con completi inusuali, e i cani… senza naso di cui parlava il Dottore. Ma non c’erano solo umani, no. Il Dottore ci ha spiegato che col passare del tempo gli umani sono diventati più ospitali e adesso anche alieni di altri pianeti e sistemi dell’universo fanno visita a Barcellona, che pare essere famosa per le incredibili fragranze delle piante curative, per le tisane e per le stranissime foglie di tè. Ecco perché le altre specie si recano qui come turisti, perché è un luogo davvero adatto per rilassarsi.

Ma non solo per questo, a quanto pare ci sono anche vari divertimenti a Barcellona. Nonostante sia un pianeta molto piccolo, si dice ci sia uno dei parchi divertimenti più grandi dell’Universo. John ci è andato, ha fatto alcune delle attrazioni e mi ha trascinato con lui anche se io non ne volevo sapere. “Sei un guasta feste” mi dicevano.

Come ultimo step, abbiamo visitato il mercato tipico. Non so quante tisane mi ha fatto provare quell’uomo. Più di quanto riuscivo a berne in una settimana, e poi il tè. Di ogni sapore e di ogni fragranza possibile, il tipico tè che tutti conosciamo e poi il tè fatto con i frutti strani e nativi di Barcellona. Ne abbiamo preso un paio di scatole da portare con noi al 221B. Lì si paga con i crediti. Di preciso non so spiegarvi come funzionano.

Durante il tragitto per tornare sul Tardis, il Dottore ci ha fermati e ci ha detto di guardare il cielo. Lo abbiamo fatto e all’improvviso è calata la notte.

- Qui le notti durano dieci minuti. E ce ne sono circa tre al giorno. – Non vediamo solo la notte. I pianeti, più di quanti ne potessi mai contare, sono lì che circondano Barcellona, e poco lontano una scia argentea percorre il cielo. – Quella è il motivo per cui molti turisti vengono qui. Rilascia endorfine, strano ma vero. Ogni essere vivente che lo vede si sente felice ed appagato. Ma non fa male, si vede solo di notte. – John afferra la mia mano e sorride mentre i suoi occhi sono puntati verso il cielo, e nel vederlo non posso fare a meno di sorridere anche io, ma non è colpa di quella scia, la mia felicità è dovuta ad altro.

Adesso siamo sul Tardis. Un po’ ci dispiace dover tornare a casa, ma abbiamo gironzolato e festeggiato abbastanza. Io e John siamo seduti sul pavimento, il Dottore sta armeggiando come al solito sui comandi, poi inizia a fissare lo scanner, ma non è lo schermo che guarda. È la foto dell’Angelo che ha appeso proprio lì. Sembra pensieroso, e per un attimo mi preoccupo.

- Tutto ok? – Chiedo, e lui si risveglia da quella trance. Mi sorride allegro come se nulla fosse.

- Certo! – Tira su la leva e la nave parte nuovamente.

- Ti sarei grato se ci lasciassi a Scotland Yard, devo parlare con Lestrade e spiegargli tutto, così che si inventi una storia da raccontare alla stampa. –

- Scotland Yard, allons-y! – Non so quante altre volte lo aveva detto. Quella parola sembrava il suo pane quotidiano.

Poco dopo atterriamo. John apre la porticina e davanti a noi c’è l’ingresso della stazione di polizia. Esce ed aspetta lì davanti, sto per raggiungerlo ma non sento i passi del Dottore dietro di me. Quando mi giro è ancora intento a fissare la foto e stavolta è stupito.

- C’è qualcosa… - Mormora più di una volta. Io mi avvicino, allarmato da quello sguardo. – C’è qualcosa che mi sfugge. – Lo guardo in attesa, poi sposto gli occhi sulla foto e anche io rimango senza parole. C’è il cespuglio, c’è il parco, ma l’Angelo è sparito.

- Che significa? – Chiedo, ma lui pare non sentirmi, sta ancora fissando ad occhi sbarrati quell’immagine.

- L’immagine di un Angelo… l’immagine di un Angelo è anch’essa un Angelo. – Continua a mormorare a bassa voce, poi batte all’improvviso le mani. – Ma certo, l’immagine di un Angelo è un Angelo! – Dice quasi urlando, attirando anche l’attenzione di John, che però rimane fuori ad osservarci stranito. – Questo vuol dire che… - Si blocca e mi guarda quasi impaurito. – Oh no! – Inizia a correre verso l’ingresso ed io lo seguo solo qualche secondo dopo. Non capisco e l’unico modo per farlo è seguirlo. – John! -  Urla allarmato. Corre verso di lui e solo quando il mio sguardo incontra il mio blogger capisco cosa intende.

Succede tutto in un attimo, ma io vedo la scena a rallentatore, come nei film drammatici che John ama tanto guardare: un attimo prima John è lì che ci fissa senza capire, un attimo dopo svanisce, e al suo posto, dietro il punto in cui prima c’era lui, un Angelo tiene un braccio sollevato, la bocca spaventosamente aperta. Io cado in ginocchio e sento il terreno girare vorticosamente sotto di me. Stringo gli occhi, cerco di capire, e quando li riapro il Dottore è immobile e scioccato, in piedi accanto a me, a guardare il punto in cui prima c’era John.

L’Angelo è sparito.

John è sparito.

- Vieni dentro. – Mi prende quasi con la forza e mi trascina all’interno dalla cabina. Io non riesco a muovere un muscolo. Sono ancora pietrificato e quella scena si ripete nel mio cervello in continuazione. Mi rendo conto che sto piangendo solo quando il Dottore chiude la porticina. È scosso anche lui, trema quasi mentre fa partire la nave, e non mi dice dove stiamo andando finché non atterriamo.

Siamo al cimitero.

- Devo accertarmene, anche se… credo che ormai… - Non finisce la frase e sospira, comincia a camminare ed io lo seguo con le lacrime che rigano le mie guance. Non ci vuole molto prima che si fermi e scuota disperato la testa. – Mi dispiace. – Dice poi. Guardo la lapide. A caratteri cubitali il nome “John Hamish Watson” risalta ai miei occhi.

Stava andando tutto così bene, come è possibile?

- Hai una macchina del tempo, riportalo indietro. – Dico senza lasciar trapelare nemmeno un’emozione.

- Lo farei Sherlock, lo farei davvero… -

- Allora fallo. –

- Sai che non posso. L’Universo collasserebbe se io provassi a… -

- CHI SE NE FREGA, VAI A PRENDERE JOHN! – Il mio tono è maledettamente alto. So che non può farlo, ma non può finire qui. John non può morire. Ci deve essere un altro modo. Il Dottore fa un passo indietro, spaventato dalla mia rabbia, poi abbassa lo sguardo e sospira. Non sa cosa dirmi. – Vattene. –

- Sherlock… -

- Ho detto vattene. Non voglio vederti mai più. -

- Ti ho detto che non… -

- Ho detto che devi sparire. – Il Dottore mi guarda mortificato, poi indietreggia lentamente e alle mie spalle riesco a sentire prima la porta del Tardis che si apre e si richiude, poi il suono inconfondibile della cabina che se ne va.



Note autrice:
Bene, mi dispiace informarvi che ciò che avete appena letto è l'ultimo capitolo. Eh già... ve lo aspettavate?
Domenica pubblicherò un piccolo epilogo per dare una conclusione definitiva.
Non uccidetemi per quello che ho fatto, ma non potevo lasciare finire tutto rose e fiori, non è da me.
Farò dei ringraziamenti appropriati a tutti voi nelle note dell'epilogo.
Quindi vi saluto per adesso, a domenica!
Un bacio!

 
  
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